Tag: farmaci equivalenti

  • Ordine Farmacisti: Un testo base per disegnare il futuro della professione

    Ordine Farmacisti: Un testo base per disegnare il futuro della professione

    E’ stato pubblicato il testo del disegno di legge “Disposizioni in materia di attività professionali del farmacista” presentato lo scorso 1° marzo dai Senatori Luigi D’Ambrosio Lettieri e Andrea Mandelli, vicepresidente e presidente della FOFI. Un atto che mira “ad allargare e aggiornare il perimetro al cui interno possono trovare sbocco le competenze e il patrimonio dei saperi del farmacista. Competenze e saperi acquisiti nel corso di studi, ma anche nella formazione post laurea, e che vanno valorizzati per offrire una risposta maggiore e migliore ai bisogni di salute del cittadino e alla governance del sistema, in primo luogo attraverso l’implementazione dei servizi cognitivi all’interno di una farmacia intesa come presidio sanitario polifunzionale” dice Luigi D’Ambrosio Lettieri. “La nostra è una professione antica che molto ha dato alla tutela della salute in Italia, ma che per continuare a dare un contributo all’altezza dei tempi richiede un’azione di svecchiamento e chiarimento degli ambiti e delle modalità di intervento del farmacista, anche come risposta alle evidenti difficoltà sul piano occupazionale” dice Andrea Mandelli. E così, accanto a indicazioni quali l’obbligatorietà della presenza del farmacista in strutture quali le case di cura, i Sert o gli istituti penitenziari, ce ne sono altre che mirano a includere nell’attività del farmacista l’esecuzione e la refertazione di analisi chimiche, chimico cliniche e bromatologiche o l’attività in campo nutrizionale, oltre alle attività di pharmaceutical care, a cominciare dal supporto all’aderenza alle terapie farmacologiche. Un’azione di riforma, dunque, che però, sottolinea D’Ambrosio Lettieri, “non può prescindere da una diversa e più stretta regolazione dell’accesso ai corsi di laurea, e a una programmazione aderente alle necessità del servizio farmaceutico e del sistema salute nel suo complesso”. Questo provvedimento, concludono i due senatori proponenti, rappresenta il “testo base” di un disegno di legge che, nel corso dell’iter legislativo, potrà essere integrato con le proposte che emergeranno nel corso di confronti e approfondimenti che la Federazione promuoverà a partire dall’imminente congresso nazionale FarmacistaPiù che si aprirà a Milano il prossimo 17 marzo.

    Appendice Sintesi delle disposizioni del disegno di legge.

    L’articolo 1, al fine di introdurre a livello normativo una definizione uniforme delle attività professionali, chiarisce che sono tali le attività per le quali la legge prevede l’iscrizione all’albo, nonché quelle svolte dal farmacista per le quali la legge prevede il possesso della laurea in Farmacia o Chimica e Tecnologia farmaceutiche e comunque tutte quelle riconducibili al D. Lgs. n. 258/1991, nonché al D.Lgs. n. 206/2007. La disposizione precisa, inoltre, che nei concorsi per l’assegnazione di sedi farmaceutiche, il requisito dell’iscrizione all’albo deve essere posseduto al momento dell’accettazione della sede e la mancata iscrizione all’albo non preclude la partecipazione al concorso e la valutazione del titolo quanto l’iscrizione stessa non sia obbligatoria per l’esercizio dell’attività espletata. Il medesimo articolo intende inoltre porre fine all’ingiustificata disparità di trattamento determinatasi tra gli specializzandi medici e gli specializzandi non medici, riconoscendo anche per gli specializzandi farmacisti il diritto alla corresponsione del relativo trattamento economico. Inoltre, è previsto che l’iscrizione all’albo dei farmacisti sia consentita anche ai pubblici dipendenti, ferma restando la facoltà di esercitare la professione secondo le modalità previste dai rispettivi ordinamenti.

    L’articolo 2 prevede la possibilità per i farmacisti di effettuare analisi chimiche, chimico-cliniche e bromatologiche, provvedendo alla redazione e sottoscrizione dei relativi referti. La medesima disposizione prevede, inoltre, la possibilità per i farmacisti di elaborare diete salutari e non terapeutiche, nonché di curare l’ attuazione di diete anche prescritte per finalità terapeutiche.

    L’articolo 3 prevede l’istituzione del servizio di farmacia presso le case di cura private e le residenze socio-sanitarie e assistenziali.

    L’articolo 4 prevede la presenza di un farmacista presso i Servizi per le tossicodipendenze (SERT) istituiti nelle aziende sanitarie locali, con il compito di curare l’assistenza farmaceutica dei soggetti assistiti.

    L’articolo 5 prevede l’istituzione del servizio farmaceutico negli istituti penitenziari.

    L’articolo 6 prevede, altresì, la presenza di dispensari farmaceutici presso gli aeroporti, le stazioni ferroviarie e le aree di servizio autostradali, quando in pianta organica non sia prevista una sede farmaceutica e qualora non vi siano i presupposti per l’istituzione delle farmacie suppletive ai sensi dell’art. 11, comma 1 lett. b), del D.L. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla L. 27/2012.

    L’articolo 7 stabilisce, invece, che le navi di crociera ed i treni a lunga percorrenza siano dotati di un medico e di un farmacista per garantire l’assistenza sanitaria di emergenza ai passeggeri, nonché per assicurare la disponibilità di medicinali di uso comune e di pronto soccorso, già confezionati.

    Gli articoli 8 e 9 sono finalizzati a valorizzare il ruolo del farmacista nella prevenzione e nella risoluzione delle problematiche connesse agli errori in terapia, al rischio clinico e alla sicurezza dei pazienti.

    L’articolo 10, in attuazione di quanto previsto dalla Raccomandazione n. 17 emanata dal Ministero della Salute nel 2014, disciplina il ruolo del farmacista nei processi di “ricognizione” e “riconciliazione farmacologica” al fine di garantire l’aderenza alle terapie da parte dei pazienti e, allo stesso tempo, l’ottimizzazione delle risorse economiche, contribuendo ad eliminare sprechi e inefficienze.

    Al fine di garantire la concreta operatività del dossier farmaceutico, il disegno di legge, all’articolo 11, precisa che il farmacista, soggetto abilitato alla consultazione e alimentazione del FSE, ha accesso anche ai dati clinici del paziente; la disposizione demanda, quindi, ad un apposito decreto la modifica del disciplinare tecnico di cui al DPCM 178/2015 e la ridefinizione del ruolo e delle operazioni di accesso del farmacista.

    L’articolo 12 prevede, inoltre, la promozione dell’aderenza del paziente alla terapia farmacologica (ATF) attraverso il servizio professionale di monitoraggio e gestione della terapia reso dal farmacista nelle farmacie di comunità, secondo le linee guida da emanarsi con decreto del Ministero della salute, sentita la Federazione Nazionale degli Ordini dei Farmacisti Italiani.

    L’articolo 13 modifica l’art. art. 102 del R.D. n. 1265/1934 (TULS) in base al quale l’esercizio della farmacia non può essere cumulato con quello di altre professioni e arti sanitarie per evitare possibili situazioni di conflitto di interessi tra il prescrittore e il dispensatore dei farmaci. Tenuto conto dell’evoluzione giurisprudenziale su tale materia, secondo la quale il sopra richiamato art. 102 vieta esclusivamente il cumulo soggettivo e non anche quello oggettivo, il ddl introduce una modifica al suddetto art. 102, in base alla quale il divieto di cumulo, sia oggettivo che soggettivo, riguarda esclusivamente le professioni sanitarie abilitate alla prescrizione di medicinali e l’esercizio della farmacia e della professione di farmacista.

    L’articolo 14 ridefinisce le classi di insegnamento alle quali possano essere ammessi i laureati in Farmacia o in Chimica e Tecnologia Farmaceutica indipendentemente dall’ordinamento accademico del relativo corso di studi. L’obiettivo della citata previsione è quello di ampliare le classi di insegnamento a cui possono accedere i laureati in Farmacia ed in Chimica e Tecnologia Farmaceutica, nonché rimuovere la discriminazione esistente tra i laureati con il nuovo ordinamento rispetto ai laureati con il vecchio ordinamento universitario.

    L’articolo 15 contiene una disposizione finalizzata ad introdurre, a livello nazionale, l’accesso programmato obbligatorio anche per i corsi di laurea in Farmacia e in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, analogamente a quanto previsto dalla legge 2 agosto 1999, n. 264 per altri corsi di laurea tra i quali medicina e chirurgia, medicina veterinaria, odontoiatria ed architettura. I dati riferiti alla professione di farmacista sono, infatti, piuttosto allarmanti, in quanto prevedono la quasi totale impossibilità di assorbimento dei nuovi laureati da parte del mercato del lavoro.

  • Farmacisti: uno sciopero a difesa della propria dignità

    Farmacisti: uno sciopero a difesa della propria dignità

    Quello che si terrà il prossimo 6 maggio per i farmacisti non sarà solo uno sciopero per il mancato rinnovo del contratto nazionale di lavoro, ma sarà anche uno sciopero per difendere la propria dignità di lavoratori.

    Il Movimento Nazionale Liberi Farmacisti sostiene lo sciopero del terziario indetto dalle organizzazioni sindacali ed invita tutto il personale laureato dipendente di farmacia privata ad aderire.

    Nelle farmacie private da troppo tempo si assiste ad un progressivo deterioramento della qualità del lavoro, con i livelli dei diritti che si vanno progressivamente assottigliando. La retribuzione di 7,20 euro netto/ora, tra le più basse in Europa, non rappresenta l’unica problematica, che oggi riguarda anche turni di lavoro massacranti, la rinuncia alle ferie, la presenza tollerata e compiacente al banco di personale non laureato e per ultimo l’utilizzo degli stage post-laurea che riducono drasticamente i livelli occupazionali.

    In questo contesto, fatto anche di rapporti di lavoro retribuiti con i “voucher”, non mancano gli inviti a consegnare, pena il licenziamento, farmaci senza la dovuta ricetta medica.

    Un clima quello vissuto dai lavoratori delle farmacie private che assomiglia sempre di più ad una forma di “neoschiavismo” con il personale laureato sottomesso al silenzio ed adibito di frequente a mansioni di magazziniere e tuttofare del titolare di farmacia.

    Farmacisti di serie A e farmacisti di serie B, con pochi diritti e molte responsabilità anche di carattere penale.

    Il ricatto posto in essere da Federfarma che si rifiuta di rinnovare il CCNL legando la sua discussione all’andamento del Ddl concorrenza ha una sua ragion d’essere: in entrambi i casi si tratta di negare ai colleghi spazi di libertà necessari per determinare il proprio futuro.

    Nessun miglioramento dei livelli retributivi e della possibilità di carriera all’interno delle aziende, ma anche nessuna possibilità di esercitare liberamente la propria professione aprendo nuovi spazi imprenditoriali con la liberalizzazione dei farmaci di fascia C.

    E’ per questo che il Movimento Nazionale Liberi Farmacisti invita tutti i farmacisti a sostenere lo sciopero del prossimo 6 maggio, a prescindere se dipendenti o meno delle farmacie private.

    Al fine di evitare qualsiasi forma di coercizione o minaccia il Movimento Nazionale Liberi Farmacisti ha attivato il proprio ufficio legale ove i colleghi potranno segnalare comportamenti antisindacali che saranno immediatamente girati agli uffici competenti.

    A Ministro del Lavoro l’invito a farsi immediatamente carico di una situazione, quella del contratto, che sta diventando insostenibile.

  • Tarquinia. Il PD ha incontrato i Moderati Riformisti

    Tarquinia. Il PD ha incontrato i Moderati Riformisti

    Prosegue il dialogo del Partito Democratico con le altre forze politiche tarquiniesi. Dopo aver incontrato i rappresentanti dell’Italia dei Valori, la segreteria del circolo “Domenico Emanuelli” ha tenuto una riunione con una delegazione dei Moderati Riformisti, guidata dal vice sindaco Renato Bacciardi e dal capogruppo consiliare Giancarlo Capitani.

    Nella riunione è stata sottolineata l’importanza dell’alleanza politica tra Partito Democratico e Moderati Riformisti, che ha permesso di ottenere risultati amministrativi ed elettorali significativi. «Incontro molto positivo, in un clima di grande cordialità. – afferma il segretario del PD Piero Rosati – Abbiamo fatto il punto della situazione politica e dell’alleanza, mettendo in evidenza i tanti aspetti positivi che la contraddistinguono e quello che può essere fatto per migliorare e crescere a livello amministrativo: sia al Comune, sia all’Università Agraria».

    Per il 9 marzo, il Partito Democratico ha intanto fissato una riunione con il Polo Civico Sinistra.

  • Assogenerici. Farmaci mancanti? Non i farmaci equivalenti

    Assogenerici. Farmaci mancanti? Non i farmaci equivalenti

    Roma, 7 marzo 2016 – “La questione dei cosiddetti farmaci mancanti pare destinata a riproporsi periodicamente, ma in realtà è ormai una costante della sanità italiana e non dovrebbe sorprendere più nessuno” dice Enrique Häusermann, presidente di AssoGenerici.

    “E se ogni volta vengono giustamente richiamati i fattori che causano la mancanza di questa o quella specialità medicinale, dai problemi di produzione a quelli distributivi e persino l’esportazione parallela, è raro che il decisore sanitario additi quella che potrebbe essere la soluzione: ricorrere ai medicinali equivalenti”.

    Infatti se spesso si insiste su alcuni casi che riguardano medicinali ancora coperti da brevetto, o formulazioni particolari per le quali non è disponibile il farmaco equivalente, in realtà per otto dei 13 principi attivi citati nell’articolo di Repubblica è presente l’equivalente di almeno due case differenti. In un paese in cui, si dice, c’è poca concorrenza, è paradossale che laddove la concorrenza è possibile questa venga trascurata.

    “Come ha avuto modo di sottolineare il professor Silvio Garattini, è vero che esistono ancora resistenze culturali all’impiego degli equivalenti ma è innegabile che non esiste una politica culturale coerente e adeguata. Quando si parla di continuità terapeutica, sicuramente a ragion veduta, mi sembra però che non si consideri un fatto semplicissimo: la situazione peggiore in cui può trovarsi il paziente non è tanto quella di avere una confezione differente, ma di restare senza medicinale, in particolare quando si tratta di medicinali oncologici di uso ospedaliero come alcuni di quelli citati in questi giorni.

    Tutti i discorsi sull’eventuale criticità del passaggio da un medicinale all’altro dovrebbe arrestarsi di fronte alla considerazione che la criticità maggiore è il passaggio alla non terapia, accompagnata da peregrinazioni da una farmacia all’altra. Non è e non può essere un’alternativa plausibile per un paese al vertice delle classifiche per l’assistenza sanitaria”.

  • Farmaci biologici, la scelta terapeutica più sicura: maggiori garanzie su alternativa biosimilare

    Farmaci biologici, la scelta terapeutica più sicura: maggiori garanzie su alternativa biosimilare

    Farmaci
    Farmaci

    Roma, 12 dicembre 2014 – Dapprima sono arrivati i farmaci biologici, farmaci innovativi e complessi che hanno cambiato il corso di importanti patologie, come tumori e malattie reumatiche, migliorando sopravvivenza e qualità di vita per moltissimi pazienti. Oggi alcune di queste patologie possono essere trattate anche con i farmaci “biosimilari”, farmaci simili ai primi ma non identici, l’alternativa disponibile una volta decaduta la copertura brevettuale dei farmaci biologici. I biosimilari sono farmaci meno costosi ma, si teme, possano offrire minori garanzie in termini di sicurezza ed efficacia rispetto ai biologici. Molte Regioni però, compresa il Lazio, alle prese con i tagli ai budget della spesa farmaceutica, si preparano ad intraprendere con decisione questa strada, indicando il biosimilare come farmaco di prima scelta per i pazienti naïve, non trattati in precedenza.
    Le esigenze di risparmio del Servizio Sanitario potrebbero quindi prevalere sulla tutela della salute dei pazienti e sul loro diritto ad accedere alle migliori terapie disponibili? È il quesito intorno al quale si confrontano da mesi amministratori pubblici, specialisti e soprattutto i pazienti, che sollevano dubbi circa sicurezza ed efficacia del biosimilare, interscambiabilità tra biologico e biosimilare e sono preoccupati che venga compromesso il principio della libera scelta del medico.
    Il dibattito è aperto e per affrontarlo a 360° la Fondazione Charta sta promuovendo in tutta Italia il ciclo di incontri “Il valore del farmaco biologico tra continuità terapeutica e sostenibilità economica”: nell’ambito di questa iniziativa oggi a Roma si svolge un incontro al quale sono invitati rappresentanti della Regione Lazio, numerosi clinici ospedalieri e universitari e le Associazioni dei pazienti che recentemente hanno presentato il “Manifesto dei diritti e dei bisogni dei pazienti” con il quale, in cinque punti chiave, chiedono alle istituzioni e agli enti regolatori maggiori garanzie.
    «Vogliamo che anche la nostra voce venga ascoltata, mentre le scelte attuali sembrano orientate a privilegiare l’aspetto economico piuttosto che quello della salvaguardia della salute del cittadino-paziente – sostiene Stefania Canarecci, Presidente AMICI Lazio Onlus – il Manifesto, nato dalla collaborazione di diverse Associazioni, tocca i punti salienti e più “caldi” della questione dei biosimilari. Gli aspetti sui quali chiediamo che venga fatta chiarezza, sono molto semplici, non astratti: efficacia e sicurezza del biosimilare, accesso omogeneo al trattamento e corretta informazione».
    Il punto di maggiore discussione è se un farmaco biosimilare equivalga o meno al farmaco originatore. Le norme degli enti regolatori europeo e italiano, EMA ed AIFA, parlano chiaro: il farmaco biosimilare è simile (analogo), ma non identico, al farmaco biologico di riferimento, il cosiddetto originatore. Di conseguenza i due non sono automaticamente interscambiabili e non vale per loro il principio della sostituibilità automatica.
    «L’AIFA sostiene che il biosimilare è simile ma non identico al biologico originator di riferimento e questa definizione è perfettamente condivisibile, nel senso che questi farmaci hanno avuto un grosso processo di fase pre-clinica (studi che caratterizzano le proprietà fisico-chimiche e l’affinità per il bersaglio che devono colpire) e nella fase che precede la sperimentazione clinica sono state evidenziate piccole differenze che indicano come similarità non vuol dire uguaglianza», afferma Alessandro Armuzzi dell’Unità Operativa di Medicina Interna e Gastroenterologia del Complesso Integrato Columbus, Università Cattolica di Roma.
    A far chiarezza sui farmaci biologici e biosimilari è dunque il Position paper dell’AIFA, dove viene per altro ribadito che la decisione clinica sul miglior trattamento da seguire rimane una scelta affidata al medico prescrittore, ma il rischio che le Regioni possano favorire farmaci meno costosi rimane: «Il rischio esiste perché di fronte ad alternative come quella dei biosimilari che costano meno, le esigenze economiche potrebbero avere il sopravvento. I servizi sanitari regionali potrebbero arrivare a dire: “questo o niente” – osserva Guido Valesini dell’Unità Operativa di Reumatologia, La Sapienza/Policlinico Umberto I di Roma – anche se i principi universalistici sui quali si basa il nostro Sistema sanitario rendono quasi “intoccabili” il diritto alla tutela della salute e la libera scelta prescrittiva, alcune Regioni hanno comunque adottato provvedimenti fortemente limitativi».
    Come si stanno muovendo quindi le Regioni? Dal punto di vista delle regole lo scenario è quanto mai variegato: alcune Regioni hanno già emanato decreti che orientano alla prescrizione dei biosimilari per il trattamento dei pazienti “drug naïve” mai trattati in precedenza e si prevede che il medico debba motivare la scelta di non prescrivere il farmaco a minor costo terapia al paziente naïve, mentre per i pazienti in trattamento con il biologico è garantita la continuità terapeutica, per cui il medico può continuare la terapia già iniziata, dandone opportuna documentazione in sede di prescrizione, la stessa regione Lazio sta preparando un documento di prossima pubblicazione.
    Dal momento che biologici e biosimilari non sono identici, ciò che viene valutato è l’effetto terapeutico del biosimilare, che deve essere lo stesso del farmaco originatore senza compromettere la sicurezza. Ma si discute se, una volta iniziata una terapia con un farmaco biologico, si possa imporre, magari per ragioni economiche, il passaggio al biosimilare, il cosiddetto “switch” anche in mancanza di adeguate evidenze cliniche. Gli specialisti sottolineano il valore della continuità terapeutica, ovvero l’opportunità di non modificare la terapia in corso con un farmaco biologico.
    Altra questione che preoccupa i pazienti è la possibilità di trasferire al biosimilare le indicazioni approvate per il biologico originatore, la cosiddetta estrapolazione automatica senza ulteriori sperimentazioni; il regolamento dell’EMA, pur consentendo l’estrapolazione dal biologico al biosimilare, impone una stretta farmacovigilanza per valutare la comparsa di effetti collaterali.
    «Per la sicurezza dei pazienti, la determinazione di interscambiabilità tra biologico e biosimilare, dovrebbe comprendere non solo gli studi completi di safety e di efficacia, ma anche programmi di coinvolgimento dei pazienti attraverso un monitoraggio attivo – sottolinea Stefania Canarecci, Presidente di AMICI Lazio Onlus – il paziente ha diritto che vengano garantiti la sicurezza del farmaco, la modalità di somministrazione, gli effetti a medio e lungo termine e l’efficacia».

    Per i pazienti affetti da patologie gravi e debilitanti, un biologico ha il valore di un farmaco salvavita e le Associazioni chiedono che si scelga l’eventuale passaggio dal biologico originatore al biosimilare su dati clinici che ne avvalorino efficacia e sicurezza piuttosto che sul risparmio.

  • Farmaci biosimilari: un Manifesto dei pazienti per chiedere maggiori garanzie

    Farmaci biosimilari: un Manifesto dei pazienti per chiedere maggiori garanzie

    Farmaci
    Farmaci

    Roma, 11 dicembre 2014 – Farmaci biologici e farmaci biosimilari, simili ma non identici; cautela nel considerare automaticamente valide per il biosimilare tutte le indicazioni approvate per il biologico; libertà per i medici di prescrivere la terapia più appropriata; informazione corretta al paziente e suo coinvolgimento nel percorso di cura; diritto a mantenere la stessa terapia una volta iniziata la cura.
    Sono questi i capisaldi del “Manifesto dei diritti e dei bisogni” sui farmaci biosimilari presentato oggi a Roma: l’iniziativa è promossa da un gruppo di Associazioni dei pazienti decise a far sentire anche la propria voce su un tema di grande attualità.
    «Oggi tra i pazienti c’è molta preoccupazione per il prossimo arrivo dei biosimilari sul mercato – dichiara Antonella Celano, Presidente di A.P.MA.R. Onlus, Associazione Persone con Malattie Reumatiche Onlus – per le Associazioni dei pazienti è doveroso ottenere le rassicurazioni necessarie sugli effetti di questi farmaci, che devono rispondere ai requisiti e ai criteri di benessere e di salute dei pazienti. Lo scopo del Manifesto è duplice: da un lato, far presente il problema a livello istituzionale e tenere alta l’attenzione affinché il paziente riceva le giuste informazioni; dall’altro, sostenere il medico prescrittore affinché si senta supportato a prescrivere il farmaco più appropriato secondo scienza e coscienza».
    Uno dei punti di maggiore discussione riguarda la possibile equivalenza tra un farmaco biologico originatore e un farmaco biosimilare. Come riconosciuto dalle norme dell’Ente Regolatorio europeo (EMA) e italiano (AIFA), complessità molecolare e aspetti inerenti l’immunogenicità rendono farmaci biologici e biosimilari simili ma non identici. Di conseguenza i due tipi di farmaco non sono interscambiabili e non vale per loro il principio della sostituibilità automatica.
    «L’EMA ha necessariamente dovuto fare riferimento al concetto di biosimilarità, poiché i farmaci biosimilari sono molecole complesse di natura proteica che si possono produrre solo per mezzo di processi di sintesi biologica – afferma Corrado Blandizzi del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università degli Studi di Pisa – tali processi sono inevitabilmente soggetti a fattori di variabilità che possono determinare la biosintesi di molecole proteiche simili ma, di fatto, non identiche. Molecole simili, ma non identiche, della stessa proteina-farmaco potrebbero indurre effetti diversi sia in termini di efficacia sia di sicurezza».
    Un punto nodale che preoccupa i pazienti è la possibilità di trasferire al biosimilare le indicazioni approvate per il biologico originatore, la cosiddetta estrapolazione automatica, senza ulteriori sperimentazioni. La richiesta in tal senso è che ciascuna indicazione d’uso sia supportata da studi controllati e randomizzati, metodologicamente rigorosi e con specifici endpoint.
    «Il problema dell’estrapolazione è un punto cruciale del discorso biosimilari – spiega Stefania Canarecci, Presidente A.M.I.C.I. Lazio Onlus, Associazione Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali – si sa, infatti, molto circa l’efficacia e il profilo di tollerabilità del biologico, usato nella pratica clinica ormai da quasi quindici anni, lo stesso non può dirsi per il biosimilare. Lo switch potrebbe presentare rischi considerando che il farmaco biologico e il suo biosimilare non sono identici».
    Ciò di cui si discute è se, una volta iniziata la terapia con un farmaco biologico, si possa imporre, magari per ragioni economiche, il passaggio al biosimilare, il cosiddetto “switch”: gli specialisti sottolineano il valore della continuità terapeutica ovvero l’opportunità di non modificare la terapia già in corso con un farmaco biologico.
    «Lo switch non risponde a un “unmet medical need”: il medico ha già a disposizione tutti i farmaci prescrivibili e non c’è la necessità clinica di averne uno uguale a quello già usato – dichiara Giovanni Lapadula, Direttore Dipartimento Interdisciplinare di Medicina (DIM), Università degli Studi di Bari e Professore ordinario di Reumatologia, Università degli Studi di Bari – i biosimilari nascono da un’esigenza economico-sociale. L’arrivo sul mercato dei biosimilari non comporterà il cambiamento automatico di tutte le terapie in corso con i farmaci originatori. Le motivazioni economiche e sociali dovranno armonizzarsi obbligatoriamente con le esigenze cliniche dei singoli pazienti».
    Da parte loro, le Associazioni dei pazienti richiamano l’attenzione sulla mancanza, al momento, di adeguate evidenze cliniche che legittimino e possano giustificare il passaggio dal farmaco biologico originatore al suo biosimilare. «Occorre cautela nell’effettuare lo “scambio” e la decisione può essere presa solo dal medico – dice Salvatore Leone, Direttore Generale di A.M.I.C.I., Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino – è però indispensabile ottenere l’evidenza richiesta per poter concludere che tra i vari prodotti non sussistano differenze in termini di potenziale immunogenico ed è fondamentale garantire al medico la possibilità di praticare tutte le opzioni».
    Il timore per i pazienti è che esigenze di risparmio possano condizionare la possibilità e il diritto di accedere alle migliori terapie disponibili. Ma in molti si chiedono se veramente l’arrivo e l’utilizzo dei biosimilari porterà a un effettivo risparmio e a una razionalizzazione dei costi per Servizio Sanitario Nazionale. «I vantaggi dell’alternativa biosimilare sono quelli di creare condizioni di competizione economica, e quest’ultima notoriamente implica riduzione dei prezzi e quindi risparmi finanziari oppure incremento delle persone in terapia» spiega Federico Spandonaro, Università Tor Vergata di Roma, CREA Sanità. «La dimensione dei risparmi finanziari dipende da molti fattori: in particolare dalle dimensioni del mercato dei farmaci biologici, che nel medio termine Assogenerici stima arrivi a 1,5 miliardi di euro. Questo dato risulterà probabilmente sovrastimato, in quanto i pazienti nel frattempo si sposteranno verso nuovi farmaci innovativi in arrivo sul mercato e una parte del risparmio si tramuterà in maggior utilizzo. Infine, non necessariamente per tutti i biologici sarà sviluppato un biosimilare».
    Indipendentemente da quali saranno i risparmi effettivi, le Associazioni rivendicano l’importanza di scelte terapeutiche scevre da qualsiasi condizionamento economico perché «l’appropriatezza sanitaria deve venire prima di quella amministrativa» come afferma Renato Giannelli, Presidente Nazionale ANMAR, Associazione Nazionale Malati Reumatici. «Il pericolo che le esigenze economiche vengano anteposte al diritto dei pazienti a ricevere il miglior trattamento disponibile, esiste, è reale, ma noi dobbiamo contrastarlo per arrivare a comportamenti corretti che sappiano valutare in modo adeguato le opportunità e i rischi che conseguono all’utilizzo dei biosimilari».
    I pazienti vogliono, inoltre, essere adeguatamente coinvolti nel percorso di cura e lo strumento più efficace è un’informazione esplicita e specifica su rischi, benefici ed evidenze cliniche legate al trattamento della patologia. All’interno di questo quadro il Consenso informato assume un’importanza cruciale.
    «Il Consenso informato rappresenta oggi la condizione di legittimità di ogni intervento di carattere medico sanitario – osserva Marta Tomasi dell’European Centre for Law, Science and New Technologies dell’Università degli Studi di Pavia, Collaboratrice del Gruppo BioDiritto dell’Università degli Studi di Trento – tale presupposto di liceità è espressione della avvenuta trasformazione del rapporto medico-paziente che, abbandonato il tradizionale approccio paternalistico, si fonda oggi sul concetto di alleanza terapeutica e sulla centralità della figura del paziente e della sua autodeterminazione».
    La scarsa informazione dei pazienti, che rischia di comprometterne il coinvolgimento nel percorso di cura, emerge dall’indagine civica condotta da Cittadinanzattiva sull’esperienza dei pazienti rispetto all’uso dei farmaci. «Il 41% dei pazienti non ha la minima idea di cosa sia un biosimilare – sottolinea Tonino Aceti, Coordinatore Nazionale Tribunale per i diritti del malato (TDM) e Responsabile Coordinamento nazionale Associazioni Malati Cronici di Cittadinanzattiva – avvertiamo la necessità di incrementare l’attività di informazione per i pazienti: il medico prescrittore, per primo deve poter offrire le giuste informazioni, con qualche accortezza in più nel caso dei farmaci biologici e biosimilari. In secondo luogo, l’informazione e la conoscenza su questioni più generali possono essere veicolate dalle istituzioni regolatorie del farmaco che coinvolgono l’intera collettività».