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AcomeA SGR è una società di Gestione del Risparmio specializzata in fondi comuni d’investimento e gestioni patrimoniali, nata nel 2010 dall’iniziativa di un gruppo di gestori e imprenditori con una lunga esperienza nel settore: Alberto Foà, Giordano Martinelli, Giovanni Brambilla, Matteo Serio e Daniele Cohen. La Società si contraddistingue per un approccio innovativo e in continua evoluzione, proponendo servizi che semplificano la finanza e gli investimenti in ottica inclusiva. La strategia di investimento predilige un approccio value contrarian, affidandosi a una valutazione razionale dei titoli, indipendentemente dal consenso sui mercati o da previsioni sul futuro. L’offerta prodotti è composta da un’accurata selezione di fondi comuni di investimento e da mandati di gestione.

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  • AcomeA – Una telefonata allunga la vita. Rotta sul telcos europeo

    AcomeA – Una telefonata allunga la vita. Rotta sul telcos europeo

    A cura di Fabio Caldato, Portfolio Manager, AcomeA SGR

    La saga Telecom Italia ha riportato alla ribalta il settore delle telecomunicazioni, senza, tuttavia, convogliare flussi in acquisto lato mercati finanziari. A livello europeo, Deutsche Telekom rappresenta, a oggi, una felice eccezione. L’azienda tedesca detiene il controllo di uno dei tre grossi operatori USA, T-Mobile US, e giova di dinamiche di business estremamente favorevoli, se paragonate a quelle europee. A ciò consegue un bilancio che evidenzia margini molto maggiori, figli di una minor competizione negli Stati Uniti.

    Tuttavia, sembra si sia, finalmente, arrivati a un punto di svolta analogo anche in Europa. Pur consci del fatto che non si tratterà di un evento immediato, riconosciamo segnali incoraggianti in questo senso.

    I telcos europei hanno dovuto subire nell’ultimo decennio una serie di fattori dannosi concomitanti: grossi investimenti (Capex) in tecnologia, reti e acquisto bande, una concorrenza spietata da nuovi players (come, ad esempio, Iliad) con pressione al ribasso sui ricavi. Senza tralasciare un indebitamento finanziario con tassi in forte rialzo.

    Tutto ciò ha portato inevitabilmente a margini in forte compressione e crescita stagnante. Il management ha, ovviamente, fatto la differenza e si possono individuare aziende più virtuose, come l’olandese KPN, e altre palesemente arrancanti, come la nostrana Telecom Italia.

    Solo negli ultimi trimestri sotto la gestione Labiola, Telecom Italia ha mostrato timidi evidenze di miglioramento dei margini di gruppo. La fotografia del recente passato è, dunque, fosca, ma intravvediamo chiari spiragli di inversione sui tre elementi sopra indicati. Sul fronte Capex, il ciclo di investimenti per il 5G dovrebbe essere vicino alla fine, al di là di costi ovvi di mantenimento. Sul lato dei ricavi, un possibile e fortemente invocato consolidamento dovrebbe ridurre la competizione fratricida e permettere un aumento di tariffe. Infine, per quanto riguarda i costi finanziari, il presumibile ammorbidimento sulla curva dei tassi consentirà una gestione favorevole sul debito.

    La risultante di questi trend dovrebbe portare a bilanci limpidamente migliori e, una volta avuta evidenza di questo, a un chiaro riposizionamento degli investitori istituzionali in un settore ormai dimenticato.

    Il prezzo delle azioni, insomma, dovrebbe largamente beneficiarne. Riteniamo quindi utile, in un portafoglio diversificato, inserire il settore telcos europeo.

  • Fed: l’attenzione si sta spostando verso i primi tagli dei tassi di riferimento

    Fed: l’attenzione si sta spostando verso i primi tagli dei tassi di riferimento

    A cura di Martina Daga, Macro Economist, AcomeA SGR

    Durante il meeting di politica monetaria di ieri la Fed ha deciso all’unanimità di mantenere il target range dei Fed funds fermo, pari al 5.25% – 5.50%

    Era nelle attese del mercato che il FOMC decidesse di tenesse fermi i tassi di riferimento, il ciclo dei rialzi iniziato a marzo 2022 e finora pari complessivamente a 525 bp è, infatti, in pausa ormai per il terzo meeting di politica monetaria consecutivo e l’attenzione si sta spostando verso i primi tagli dei tassi di riferimento.

    Infatti, il valore dell’inflazione è notevolmente sceso rispetto ai massimi raggiunti a giugno 2022 intorno al 9.1%, a novembre il valore totale dell’inflazione è stato pari a 3.10%, nonostante ancora la componente core rimanga più sostenuta e stenti a scendere dall’intorno del 4%. La Fed riconosce che, nonostante l’inflazione rimanga elevata, durante l’ultimo anno è rallentata e che la crescita economica inizia a mostrare segni di indebolimento rispetto alla sorprendente crescita del terzo trimestre di quest’anno. Tuttavia, il mercato del lavoro rimane forte, con la domanda di lavoratori ancora in eccesso rispetto all’offerta, ma in ribilanciamento anche grazie a un incremento nella partecipazione alla forza lavoro. Le pressioni salariali sono ancora particolarmente evidenti nel valore dell’inflazione supercore, ovvero i servizi core escludendo la componente backward-looking di shelter. Ulteriori rialzi non sono più nello scenario base del FOMC, non si vuole rimuovere completamente la possibilità, ma in questo momento sarebbero necessari solo nel caso in cui le previsioni economiche dovessero mostrarsi erronee.

    Dall’aggiornamento delle proiezioni macroeconomiche emerge uno scenario compatibile con un soft landing, in cui l’inflazione scende verso il target, più velocemente di quanto si pensasse a settembre di quest’anno, senza un consistente indebolimento della crescita economica e del mercato del lavoro. Il punto principale di differenza rispetto alle stime di settembre è infatti un valore di inflazione più basso, sia headline che core principalmente per il 2023, ma anche per i prossimi anni.

    Di fronte a questo, i dot plot, le proiezioni dei membri del FOMC del Fed Fund rate, oltre ad eliminare il rialzo che era previsto a settembre per l’anno corrente, alla fine del 2024 si aspettano ora che i Fed Funds siano al 4.6% (con 75 bp di tagli durante il 2024), mentre a settembre si aspettavano un altro rialzo quest’anno e solo 50 bp di tagli il prossimo. La crescita del Pil per questo anno è stata rivista leggermente al rialzo, incorporando il dato di crescita del terzo trimestre, che a settembre non era disponibile; mentre le stime di crescita per i prossimi sono rimaste sostanzialmente invariate.

    L’economia statunitense si sta mostrando molto resiliente di fronte al ciclo di politica monetaria restrittiva, le stime sulla crescita del Pil mostrano infatti solo per il prossimo anno un valore di crescita solo marginalmente inferiore rispetto al livello di lungo termine. Anche le stime sul tasso di disoccupazione sono rimaste sostanzialmente invariate, con solo il tasso di equilibrio di lungo periodo rivisto marginalmente al rialzo dal 4% al 4.1%, e si stima che dal prossimo anno il tasso di disoccupazione cresca rispetto al livello attuale, ma non ecceda il livello di lungo periodo.

  • AcomeA SGR nomina Fabio Caldato Portfolio Manager del fondo AcomeA Strategia Dinamica Globale

    AcomeA SGR nomina Fabio Caldato Portfolio Manager del fondo AcomeA Strategia Dinamica Globale

    Un nuovo ingresso nel team investimenti della società di gestione milanese

    Milano, 12 dicembre 2023 – AcomeA SGR,boutique di investimento indipendente italiana caratterizzata da un approccio value contrarian alla gestione attiva di fondi UCITS e liquid alternative, annuncia l’ingresso di Fabio Caldato come Portfolio Manager del fondo Acomea Strategia Dinamica Globale.

    Caldato viene da Olympia Wealth Management dove ha ricoperto il ruolo di responsabile degli investimenti. In precedenza, è stato per sette anni development manager di Albemarle Asset Management a Londra. Nel corso della sua carriera, ha maturato esperienza anche come trader in derivati, operando con il broker Euroforex.

    AcomeA è una boutique di investimento che crede nel talento. L’ingresso nel nostro team di un professionista di lungo corso come Caldato mira a rafforzare l’area degli investimenti flessibili, e conferma il nostro impegno nell’offrire una gamma di strategie diversificate, atte a rispondere a un contesto di mercato in continua evoluzione” – dichiara Giovanni Brambilla, Responsabile Investimenti, AcomeA SGR.

    “Entro in AcomeA con un bagaglio ventennale e con la consapevolezza di essere parte di un team consolidato, dove potrò mettere a sistema le mie competenze in ambito azionario e obbligazionario. Le sfide che il mercato ci sta ponendo sono, dall’altro lato, una opportunità molto interessante per chi, come noi, fa gestione attiva con un approccio contrarian” – conclude Caldato.

  • AcomeA – Piazza Affari, il valore nascosto delle mid e small cap italiane

    AcomeA – Piazza Affari, il valore nascosto delle mid e small cap italiane

    A cura di Antonio Amendola, Senior Fund Manager, AcomeA SGR

    Analizzando i principali indici di Piazza Affari, emergono due tendenze contrastanti. Da una parte, il Ftse Mib è cresciuto a doppia cifra da inizio anno, toccando quota +15,7% (dati al 25 ottobre 2023). Dall’altra, la performance è stata negativa per tutti gli altri indici di Borsa che sono, tuttavia, maggiormente rappresentativi del tessuto produttivo e industriale del Paese: -4,02% il Mid Cap, – 13,43% lo Small Cap, -14,53% lo STAR; e -16,87% l’Euronext Growth Milan (ex Aim). Il divario da inizio anno tra il segmento STAR e il Ftse Mib è di oltre il 30% e rappresenta un unicum da quando esistono questi due indici. Cosa si cela dietro questa divergenza?

    A trainare il Ftse Mib è stata soprattutto la performance del settore bancario, che per anni è stato sottopesato nei portafogli dei grandi investitori globali. Nell’ultimo anno le banche hanno beneficiato del rialzo dei tassi, che hanno contribuito a migliorare il margine di interesse, rendendo il comparto più attraente per gli investitori internazionali. Tuttavia, anche quando i tassi si abbasseranno per effetto di una politica monetaria più accomodante, resterà la sfida della marginalità. In un certo senso, si può dire che il Ftse Mib si sia mosso sostanzialmente come il mercato americano, con una manciata di titoli, una decina al massimo, che hanno messo a segno il rendimento di tutto il mercato.

    I due fattori che hanno spinto al ribasso le mid/small cap
    Il Ftse Mib espone l’investitore a pochi settori, soprattutto il finanziario, l’energetico, le utilities e le infrastrutture. Se cerchiamo diversificazione, occorre fare un po’ di selezione anche tra gli altri indici di Borsa Italiana. Le principali opportunità a Piazza Affari si possono trovare oggi nelle mid e small cap, che però hanno sottoperformato nell’ultimo anno per gli effetti negativi di due fattori tecnici.

    Il primo dipende dalla tendenza dei gestori internazionali a disinvestire dalle mid/small cap durante le fasi di risalita dei tassi, per via del forte indebitamento di queste imprese. A livello globale, le PMI fanno spesso ricorso alla leva finanziaria per crescere. La tendenza a indebitarsi è più tenue in Italia. Basta considerare il rapporto tra debito netto ed Ebidta delle imprese comprese negli indici STAR, Small e Mid Cap di Piazza Affari, decisamente più basso rispetto a quello delle large cap incluse nel Ftse Mib. L’andamento del rapporto tra indebitamento e capacità di generare cassa si spiega anche con la spiccata prudenza gestionale degli imprenditori italiani, i quali da sempre preferiscono mantenere un elevato livello di liquidità delle imprese, anche nei periodi di tassi piatti o negativi.

    I deflussi dai PIR
    La sottoperformance delle PMI italiane dipende anche da un secondo fattore tecnico: i deflussi dai PIR.  I flussi in uscita assieme alla riduzione dei volumi di scambio ha portato a vendite forzate, creando però occasione di acquisto interessanti. I PIR sono stati lanciati nel gennaio 2016 per attrarre capitali verso le piccole e medie imprese, che costituiscono da sempre lo scheletro del tessuto industriale italiano. Il beneficio fiscale previsto, a fronte del mantenimento dell’investimento per almeno cinque anni, ha spinto però gli investitori ad adottare un approccio tattico verso questi strumenti. I deflussi registrati da questi veicoli negli ultimi due anni sono aumentati: 1,6 miliardi nei primi nove mesi del 2023, che dovrebbero salire a fine novembre a 1,8 miliardi, stando a proiezioni ancora non ufficiali; oltre mezzo miliardo in tutto il 2022.

    Tre titoli da monitorare nelle mid/small cap
    Tendenzialmente le mid/small cap tendono ad anticipare le recessioni e, al contrario, a sovraperformare quando ormai la recessione è accertata. Il mercato ora le sta penalizzando molto più di quanto non meritino. Nonostante la recente sottoperformance, per cogliere le opportunità bisogna concentrarsi su quelle aziende che hanno superato le crisi e hanno la capacità di far fronte alle difficoltà guardando al futuro. Bisogna considerare i fondamentali, che al momento non riflettono le valutazioni in Borsa, partendo dalla cassa e dall’indebitamento.

    Reply, società inclusa nell’indice STAR, che si occupa di fornitura di servizi e consulenza, era arrivata a trattare anche sopra i 150-160 euro. Oggi ha una valutazione sotto i 90 euro, ma presenta una forte capacità di generare cassa. Sta cavalcando, inoltre, il tema dell’intelligenza artificiale, che ha portato gli investitori a puntare sui competitor americani ed europei. La sua sottoperformance è legata, soprattutto, a motivi tecnici. In questo caso, ai deflussi dai PIR. Era una delle società maggiormente presenti nei fondi e, per una questione di peso, è stata una delle più vendute nell’ultimo anno.

    Nel comparto industriale, un altro esempio è Biesse, sempre dell’indice STAR. Si occupa di macchine industriali per il taglio del legno e del vetro. È un titolo legato all’andamento del Capex e dei ciclici, ma con una particolarità: su una capitalizzazione di circa 270 milioni di euro, ha 90 milioni di cassa ed è molto attenta a preservare la marginalità. Nel caso di Biesse, c’è una discrepanza netta tra il prezzo di Borsa e il valore dell’azienda: se guardiamo le valutazioni, sono a livelli di stress; eppure, l’azienda è sana. Reply e Biesse sono due esempi di aziende che hanno tutte le caratteristiche di sovraperformare.

    Un altro esempio, nell’Euronext Growth Milan, è Azienda Bresciana Petroli Nocivelli, attiva nel facility management e costruzioni di grandi opere, quindi legata molto al Pnrr. Capitalizza circa 100 milioni di euro, ha circa 40 milioni di cassa e opera in un settore in fermento.

  • Fed: aspettiamo e vediamo – AcomeA SGR

    Fed: aspettiamo e vediamo – AcomeA SGR

    A cura di Martina Daga, Macro Economist, AcomeA SGR

    Durante il meeting di politica monetaria di ieri la Fed ha deciso all’unanimità di mantenere il target range dei fed funds fermo, pari al 5.25% – 5.50%. Come da attese, è stata dunque confermata la pausa nel ciclo dei rialzi dello scorso meeting, senza chiudere, tuttavia, a ulteriori rialzi in futuro. Durante la conferenza stampa Powell ha riconosciuto che in questo momento l’inflazione sta scendendo, ma è ancora troppo alta rispetto al target del 2%Il mercato del lavoro è ancora troppo forte nonostante si riconosca che la domanda e l’offerta di lavoro si stiano lentamente ribilanciando. Anche la crescita economica è ancora troppo forte, con un tasso annualizzato di crescita del Pil, nel terzo trimestre 2023, stimato al 4.9%, anche se le previsioni mostrano un rallentamento nel ritmo di crescita dei prossimi mesi.

    In questo contesto, il board della Fed vuole procedere con cautela, dopo un ciclo di rialzi finora pari complessivamente a 525 bp e un programma di Quantative Tightening che ha portato alla riduzione del portafoglio titoli detenuto dalla Fed per circa mille miliardi di dollari, e si sta ancora chiedendo se la stance di politica monetaria sia sufficientemente restrittiva. Powell ha dichiarato che è ancora prematuro parlare di tagli.

    Una delle principali novità del meeting di ieri è stata l’aggiunta di un riferimento alle condizioni finanziarie come forza che pesa sull’attività economica. Oltre a vari elementi, tra cui il dollaro forte, si riferisce principalmente alla crescita dei rendimenti dei titoli di Stato in particolare nella parte lunga della curva. Gli effetti sull’economia sono ancora molto incerti, ma è un elemento strettamente monitorato dal board della Fed: un inasprimento delle condizioni finanziarie va nella stessa direzione della politica monetaria restrittiva della Fed e potrebbe dunque rafforzarne l’effetto sull’economia. Anche se Powell ha dichiarato che per avere conseguenze sulle prossime decisioni di politica monetaria, l’inasprimento delle condizioni finanziarie debba essere sufficiente persistente nel tempo.

    È stata sottolineata la forza della crescita economica e anche le stime del terzo trimestre di quest’anno hanno stupito sostanzialmente al rialzo. Prima di essere sicura che l’inflazione converga verso il target del 2%, la Fed ha bisogno di vedere un rallentamento nella crescita economica e un ulteriore raffreddamento del mercato del lavoro, anche se in questo momento una recessione non è lo scenario più probabileLa Fed, dunque, prende tempo, per monitorare i prossimi dati macroeconomici, e vedere se effettivamente la forte crescita economica registrata recentemente rallenterà, garantendo così la convergenza dell’inflazione verso il target; per aiutare il board a raggiungere questo obiettivo servirebbe un persistente inasprimento delle condizioni finanziarie.

  • AcomeA SGR – Fed: non possiamo escludere rialzi nei prossimi mesi

    AcomeA SGR – Fed: non possiamo escludere rialzi nei prossimi mesi

    A cura di Martina Daga, Junior Macro Economist, AcomeA SGR

    Durante il meeting di politica monetaria di ieri la Fed ha deciso all’unanimità di mantenere il target range dei fed funds fermo, pari al 5.25% – 5.50%. Una pausa nel ciclo dei rialzi era nelle attese del mercato, in parte era stata anticipata dal tono delle ultime dichiarazioni dei membri del board e giustificata dai dati: Powell ha indicato come i dati sull’inflazione degli ultimi tre mesi siano molto incoraggianti, la ripresa dei costi energetici del mese di agosto per il momento non preoccupa il board della Fed in quanto la componente core non è stata impattata. Inoltre, gli ultimi dati sul mercato del lavoro mostrano un ribilanciamento tra domanda e offerta, con un favorevole aumento del tasso di partecipazione nel mese di agosto (pari al 62.8% rispetto al 62.6% dove era fermo da 5 mesi), e il numero di nuove offerte di lavoro per ciascun disoccupato in calo, nonostante rimanga notevolmente sopra il livello pre-pandemico. È tuttavia da considerare la sostenuta crescita economica: il FOMC ha voluto porre l’attenzione su questo elemento definendola nello statement di settembre “solid” piuttosto che “modest” come a luglio. Questo pone dubbi sul fatto che l’inflazione possa convergere stabilmente verso il target.

    È chiaro che la decisione di fermarsi a questo meeting non escluda altri rialzi nei prossimi mesi, e la ragione per cui è preferibile aspettare è che siamo vicini al terminal rate, il cui livello non è ancora chiaro. In questo momento i rischi di fare troppo piuttosto che troppo poco sono bilanciati, pertanto, in questa situazione è necessario muoversi con estrema cautela.

    Dalle proiezioni macroeconomiche vediamo come i membri del FOMC si aspettino un’economia più resiliente, rispetto alle proiezioni di giugno. Ciò richiede una stance di politica monetaria più restrittiva per riportare l’inflazione al target del 2%. La crescita del Pil è stata infatti rivista sostanzialmente al rialzo sia per il 2023 sia per il 2024, il tasso di disoccupazione è stato rivisto al ribasso, alla luce dell’attuale situazione del mercato del lavoro. Di fronte a questo scenario, il livello di inflazione è stato rivisto solo lievemente al rialzo per il 2023. Secondo le proiezioni, tuttavia, questo non dovrebbe toccare la parte meno volatile dell’inflazione, infatti, core è prevista ora al 3.7%, rispetto al 3.9% atteso a giugno. Si spiega così la revisione dei tagli per il futuro: di fronte ad un’economia più resiliente delle attese è necessario tenere, come dicevamo, una stance di politica monetaria restrittiva più a lungo. L’attenzione è infatti puntata sui dot plot, le proiezioni dei membri del FOMC del Fed Fund Rate, che mostrano come il terminal rate mediano sia rimasto invariato rispetto alle proiezioni di giugno, lasciando quindi la porta aperta ad un altro aumento entro fine anno. La mediana per il 2024 è rimasta stabile, tuttavia guardando la distribuzione, è evidente che ora il board sia più concorde, infatti, nessuno dei membri del board ha espresso la preferenza per un livello dei tassi più alto rispetto al 5.60%. Higher for Longer è il messaggio principale dei dots, infatti se a giugno erano previsti 100 bp di tagli nel 2024, ora solo 50 bp, 120 bp per il 2025 e altri 100 bp nel 2026, quando tuttavia il livello dei tassi è previsto ancora maggiore rispetto a quello di lungo periodo. Le proiezioni per il 2026, le prime per questo anno, mostrano che si dovrebbe raggiungere il livello di equilibrio di crescita, disoccupazione e crescita dei prezzi, tuttavia ancora con un livello dei tassi più alto del livello di lungo periodo.

  • AcomeA SGR – Il calo dei volumi in Borsa colpisce soprattutto le Micro Cap, ma ci sono opportunità nel lungo periodo

    AcomeA SGR – Il calo dei volumi in Borsa colpisce soprattutto le Micro Cap, ma ci sono opportunità nel lungo periodo

    A cura di Antonio Amendola, Senior Fund Manager Azionario, e Simone Benini, Junior Equity & ESG Analyst di AcomeA SGR

    Il tema centrale che caratterizza il mercato azionario del 2023 è la mancanza di volumi rispetto agli anni passati, un fattore comune a tutte le capitalizzazioni anche se in misura molto differente. Se infatti il controvalore scambiato sul FTSEMIB da inizio anno è del 12% inferiore rispetto a quanto scambiato negli stessi mesi del 2022, la situazione appare notevolmente peggiore osservando gli indici a più bassa capitalizzazione: da inizio anno i titoli sul segmento STAR vedono volumi del 28% inferiori sull’anno precedente, mentre le Micro cap di EGM scambiano il 31% in meno.

    Comparando i volumi mese per mese sull’EGM, inoltre, rispetto al 2022 osserviamo una forte differenza in tutti i periodi considerati: solamente ad agosto l’ammontare scambiato è simile a quanto visto nel 2022. Nonostante l’estate sia strutturalmente caratterizzata da volumi contenuti, un possibile fattore che contribuisce al recupero degli scambi può riguardare le IPO. Da inizio anno, sono 19 le società approdate su EGM (escludendo segmento professionale, SPAC e translisting, di cui 6 nel solo mese di agosto, contribuendo ai volumi scambiati sul mercato.

    Ottimismo per Star e, selettivamente, per mid, small e micro cap

    Nonostante le neo-quotate abbiano registrato in media una performance positiva, la partecipazione alle quotazioni non sembra per il momento segnalare una ripresa dell’interesse verso il comparto Micro cap, oggi caratterizzato da valutazioni molto basse. Proprio le basse valutazioni stanno spingendo molti imprenditori sul mercato a lanciare OPA e delisting verso le proprie aziende, contribuendo ulteriormente a ridurre la liquidità del mercato.

    A impattare la performance delle mid e small cap (FTSE Italia STAR -4,5% YTD) rispetto a quella positiva delle società large (FTSEMIB +18,8% YTD), trainate in particolare dal settore bancario, sono stati i continui deflussi dai fondi PIR, a fine luglio pari a circa il doppio (-1,5 miliardi di euro secondo l’ufficio studi de IlSole24Ore) di quanto uscito dai comparti PIR nell’intero 2022 (-700 milioni). La sottoperformance è altrettanto ampia per le Micro cap dell’EGM, che da inizio anno registrano un -5,2% (Indice FTSE Italia Growth).

    La scarsa attenzione verso le Micro cap secondo la nostra opinione è motivata da:

    • Incertezza macroeconomica su inflazione, tassi di interesse e rallentamento della crescita
    • Mancanza di liquidità su EGM, che innesca un circolo vizioso tra i due fattori: i volumi di scambio contenuti allontanano gli investitori dai titoli, contribuendo ulteriormente alla riduzione della liquidità sul mercato
    • Percezione di maggiori rischi sui titoli neo quotati e di dimensioni più ridotte

    Soffermandoci su quest’ultimo punto in particolare, le dimensioni contenute e il maggior rischio intrinseco nelle Micro cap spingono l’investitore dell’attuale mercato a cercare alternative più safe (e più liquide), ignorando però che sono proprio i titoli su EGM ad avere le maggiori opportunità di crescita per un investitore paziente con un orizzonte di medio/lungo termine. Questa considerazione ha maggior valore se consideriamo l’eccezionale performance da inizio anno delle Large cap, su cui gli investitori sono già ben posizionati e pronti a prendere profitto. In questo caso, la liquidità derivante potrebbe essere impiegata verso le Mid e Small cap, soprattutto alla luce dei prezzi di mercato depressi.

    E le valutazioni fortemente compresse del segmento a bassa capitalizzazione, se legate a un’attenta analisi dei titoli, sono un ottimo punto di ingresso in un mercato oggi depresso, ma ricco di opportunità oltre il breve periodo. Pertanto, per i prossimi mesi abbiamo una visione positiva sul segmento STAR e su determinate Mid /Small dai fondamentali solidi e ingiustamente penalizzate, rimanendo più selettivi su alcune storie ad alto potenziale quotate su EGM. In particolare, riteniamo sottovalutati, nonostante le ottime prospettive di crescita implicite, sul segmento STAR Fine Foods, Reply, Tinexta, Generalfinance e Biesse mentre, tra le Micro cap dell’EGM, Omer, Eles, Officina Stellare, Take Off e Nocivelli.

    (Commento in allegato)

  • Bce – +25 bp hike: siamo arrivati in cima? Iniziamo a pensare a quanto tempo fermarci…

    Bce – +25 bp hike: siamo arrivati in cima? Iniziamo a pensare a quanto tempo fermarci…

    A cura di Martina Daga, Junior Macro Economist, AcomeA SGR

    In occasione del meeting di politica monetaria di oggi la Bce ha deciso di alzare di altri 25 bp i tassi di riferimento, portando così il deposit rate al 4%, il refinancing rate al 4.50% e il marginal lending facility rate al 4.75%. Dall’inizio del ciclo dei rialzi lo scorso anno a oggi, la Bce ha alzato i tassi complessivamente di 450 bp. La decisione non era scontata, nell’ultima riunione di politica monetaria, infatti, Lagarde non aveva dato indicazioni sulla prossima mossa, lasciando la decisione odierna completamente dipendente dai dati. Questi, tuttavia, nelle ultime settimane ci hanno dato indicazioni diverse: da un lato la debole crescita economica, anticipata dai soft data già da alcuni mesi e ora confermata anche da hard data, avrebbe potuto sostenere una pausa nel ciclo dei rialzi; dall’altro lato l’inflazione rimane forte e sopra il target del 2%, con la componente core in particolare che fatica a scendere, e questo ha rappresentato una valida argomentazione per un ulteriore rialzo. Durante la conferenza stampa è stato chiarito che, nonostante la decisione sia stata supportata dalla maggior parte dei membri del board, alcuni avrebbero preferito una pausa.

    Il mercato ha inizialmente letto la decisione in modo dovish, puntando l’attenzione su una frase inserita nel comunicato stampa che potrebbe lasciare intendere che, sulla base di una valutazione della situazione corrente, i tassi abbiano raggiunto un livello sufficientemente restrittivo e che, se mantenuti per un tempo sufficientemente lungo, contribuiranno a riportare l’inflazione al target del 2% tempestivamente. Tuttavia, come negli scorsi meeting le future decisioni rimangono data dependent, non solo nella determinazione del livello dei tassi ma anche nella durata di tempo per cui i tassi dovranno essere tenuti a tale livello.

    In occasione di questo meeting sono state aggiornate e pubblicate le proiezioni macroeconomiche dello staff della Bce. La crescita dei prezzi è stata rivista al rialzo per questo anno e il prossimo, riflettendo una traiettoria più alta dei prezzi energetici, mentre al ribasso per il 2025. Sono invece attesi sviluppi più positivi per la componente core. È stato riconosciuto che i passati aumenti sono in questo momento trasmessi all’economia con forza, l’impatto della stretta monetaria ha portato a un ulteriore inasprimento delle condizioni finanziarie, che ha portato a una riduzione della domanda, fattore importante per riportare l’inflazione verso l’obiettivo. Considerando questo contesto domestico, insieme all’indebolimento del commerciale internazionale, i funzionari della Bce hanno abbassato significativamente le loro proiezioni di crescita economica per tutto l’orizzonte temporale proiettato. La significativa revisione al ribasso della crescita del 2024 è stata giustificata dallo spostamento in avanti nel tempo della ripresa economica. Nonostante non sia stata nascosta la preoccupazione sulle prospettive di crescita, in particolare guardando leading indicator come i PMI, per il momento lo staff della Bce non si proietta in una recessione economica. Durante la conferenza stampa è stato sottolineato come il mercato del lavoro rimanga molto forte in Area Euro, nonostante il rallentamento economico, con una crescita salariale al 5.5, la partecipazione alla forza lavoro in crescita ed il tasso di disoccupazione ai minimi storici (rispettivamente pari a 75% e 6.4%). Tuttavia, in questo momento si monitorano attentamente le nuove assunzioni nel settore terziario, particolarmente labor intensive, e che finora era in espansione e solo recentemente ha iniziato a dare segni di rallentamento in Europa.

    Avvicinandoci alla fine del ciclo dei rialzi l’attenzione si sta spostando da “quanto ancora alzeranno i tassi di riferimento” a “per quanto tempo rimarranno alti” e verso gli altri strumenti di politica monetaria nelle mani della Bce. Per il momento non sono stati annunciati cambiamenti nel programma di Quantative Tightening, da luglio la Bce ha smesso di reinvestire tutti i titoli in scadenza del programma APP, a oggi la Bce detiene un totale di euro 3.135 bn dei titoli in questo programma principalmente concentrati nel PSPP, mentre per il momento rimane garantito il reinvestimento dei titoli in scadenza del programma PEPP fino alla fine del 2024. La liquidità in eccesso è rimasta sostanzialmente stabile da fine giugno, quando ha registrato un calo importante dovuto non solo all’avanzamento del programma di QT, ma anche al ripagamento della scadenza di giugno del TLTRO da parte delle banche europee.

  • AcomeA SGR: Wall Street resta attraente, puntare su tech, healthcare e finanziari

    AcomeA SGR: Wall Street resta attraente, puntare su tech, healthcare e finanziari

    A cura di Simone Obrizzo, Junior portfolio manager azionario, AcomeA SGR

    Negli ultimi cinque anni il federal budget statunitense è diventato pro-ciclico: abbiamo quindi assistito alla riduzione del saldo primario (la differenza tra le entrate e le spese del governo escluse le spese per gli interessi sul debito) come percentuale del GDP (il deficit è aumentato), mentre l’economia è rimasta forte. Negli ultimi 30 anni, invece, una politica monetaria restrittiva è stata correlata con una politica fiscale restrittiva, rinforzandosi vicendevolmente ed agendo controciclicamente. 

    A oggi abbiamo assistito a una repentina crescita dei tassi Fed fund e il deficit primario è incrementato di 4 punti percentuali nell’ultimo anno, arrivando a segnare circa il 5% del PIL. In questo scenario l’economia continua a crescere e attualmente il tasso di disoccupazione è al 3.8%, ci sono 1.5 offerte di lavoro per ogni disoccupato, il dato del Pil del secondo trimestre annualizzato è 2.1% e le stime annualizzate sul terzo trimestre sono intorno al 2-2.5%. L’inflazione al 3.2%, inoltre, sta diminuendo velocemente: se guardiamo gli ultimi 3 mesi annualizzati i prezzi al consumo si attestano al 2%. Per quanto riguarda le stime degli utili dell’S&P 500 per il 2023, ci si aspetta che si posizionino al +1.4% rispetto all’anno precedente, per poi accelerare al +9.9% nel 2024 e +10% nel 2025 (negli ultimi 30 anni la crescita media degli utili è stata del +7% annuo). Il multiplo del mercato a oggi è di circa 20 volte, 3 punti sopra la media storica.

    In questo contesto i futures sui tassi di interesse a breve prezzano il primo taglio dei Fed Fund alla fine di marzo 2024 segnalando, quindi, una vittoria sull’inflazione con un’economia che è ancora resiliente.

    Passando ad analizzare i tassi reali, il 2 anni americano ha un rendimento del 3%, il 10 anni del 2%, i più alti dalla crisi finanziaria del 2008. Il mercato sta scontando un processo di deglobalizzazione e una riduzione del tasso di risparmio degli americani per giustificare un più alto tasso di interesse neutrale, cioè un tasso reale di equilibrio di lungo periodo che implica piena occupazione e inflazione stabile. Tuttavia, osservando il livello del commercio globale vediamo che siamo ancora sui massimi e l’assunzione che il tasso strutturale di risparmio sia il 3.5% (dato odierno) è a mio avviso difficile considerando che tra il 2008 e il 2019 è passato dal 5% al 9%.

    Osservando il lato dei consumi vediamo che i risparmi in eccesso accumulati durante il Covid-19 e aggiustati per l’inflazione a oggi sono esauriti. Questi ultimi sono inoltre messi sotto pressione da interessi più alti e dalla ripresa, in ottobre, del pagamento delle tasse universitarie. Con il tasso di risparmio basso il credito al consumo in aggregato è cresciuto del 20% rispetto al 2019 e anche il tasso di interesse sulle carte di credito è arrivato al 20%. Metà della popolazione americana ha circa il 40% della sua ricchezza in immobili e l’80% dei mutui è a tasso fisso. L’attuale tasso trentennale sui mutui è al 7.5%, il più alto dal 2000, e i nuovi acquirenti stanno diminuendo, come dimostrano i dati sulle vendite delle case. Tutti questi fattori hanno portato pressione sulla fiducia dei consumatori che è ai livelli del 2009 ma che, a oggi, sta risalendo velocemente.

    Passando alla stagione delle trimestrali appena finita si osserva che in aggregato i ricavi hanno battuto le stime di circa 1.6% (la media a 10 anni è dell’1.3%). Hanno fatto bene i settori dei Financials, dei Consumi Discrezionali e Healthcare, male Materials ed Energy. In aggregato le società battono le stime degli utili del 7.5% (la media a 10 anni è dell’6.4%), ma il declino anno su anno è del 4.1% e segna il terzo trimestre consecutivo di utili in decrescita. Circa l’80% delle società dell’S&P 500 hanno battuto le stime sugli utili (la media a 10 anni è del 73%) e in particolare i tecnologici (90%), i consumer staples (89%) e consumi discrezionali (86%). Le aspettative del mercato sono state battute ma l’asticella era molto bassa: -7% il declino anno su anno stimato dagli analisti all’inizio della trimestrale (vedi grafico). Passando alle attese future si osserva che le stime “bottom-up” implicano una crescita del +0.5% e del +8.2% nel terzo e quarto trimestre rispettivamente; questo porta l’EPS (utile per azione) per il 2023 a essere del +1.2% rispetto all’anno precedente. La revisione delle stime sull’anno 2023 è al rialzo in particolare grazie al settore dei consumi discrezionali, tuttavia parzialmente compensato da quello dell’energia.

    Sebbene i dati macro e le aspettative sui risultati societari sembrino lasciare poco spazio potenziale, non esiste attualmente nessun paese posizionato meglio degli Stati Uniti per innovazione e produttività.

    Ritengo che una importante esposizione al Paese debba essere mantenuta per la resilienza che ha dimostrato negli anni e il suo potenziale intrinseco in termini di crescita. Tuttavia, è importante selezionare le società usando un approccio bottom-up per non esporsi a eccessivi rischi macroeconomici indesiderati.

    Vediamo valore in particolare nei settori della Tecnologia, dell’Healthcare e dei Financials.

    Nei mesi successivi sarà da valutare se incrementare l’esposizione al settore delle Utilities per la sua natura difensiva, per il suo sconto rispetto all’indice S&P 500 e per la crescita strutturale nella spesa per infrastruttura ed energia rinnovabile.

    In conclusione, i dati macroeconomici rimangono a oggi positivi e, anche dal lato delle società, nelle “earnings calls” sui risultati del secondo trimestre, la parola “recessione” è stata citata il 50% in meno rispetto al primo trimestre del 2023, a segnalare quindi il buon momento.

    Nei prossimi mesi ritengo che la normalizzazione dell’inflazione possa ancora spingere il multiplo più in alto ma che per avere il prossimo mercato rialzista serva l’effettiva materializzazione della forte crescita degli utili.

    Bisognerà quindi prestare attenzione alla marginalità delle aziende, alla luce del ritardo della trasmissione della politica monetaria, dei più alti costi del capitale e del potenziale deterioramento del potere di acquisto dei consumatori.

  • AcomeA SGR – É il momento di abbandonare il Beta e puntare sulle PMI italiane

    AcomeA SGR – É il momento di abbandonare il Beta e puntare sulle PMI italiane

    A cura di Antonio Amendola, Senior Fund Manager, AcomeA SGR

    È interessante analizzare le performance da inizio anno di alcuni indici: S&P500 (+15%), Ftse Mib (+20%), Ftse Italia All Share Financials Sector (+24%) e Ftse Italia STAR (-2.5%). Perché guardare questi indici così diversi nella struttura e nei fondamentali? E soprattutto, perché con un orizzonte temporale così breve ovvero YTD? Le ragioni sono molteplici. Da inizio anno ha pagato molto bene essere “betati” sul mercato (ovvero essere stati esposti al mercato in generale e non a singole storie idiosincratiche) a discapito dello stock picking sulle singole storie, però, potrebbe essere ora di abbandonare il Beta, per far fronte a dinamiche da risk off nella seconda parte dell’anno. Abbandonato il Beta si potrebbe puntare su investimenti penalizzati per motivi diversi dai fondamentali e che offrano interessanti punti di ingresso de-correlati con il beta di mercato generale (come si può trovare sullo STAR).

    Come dicevamo, questi indici hanno strutture e caratteristiche molto diverse. Dall’inizio del 2023 lo scetticismo sulla tenuta dell’economia, e delle borse, da parte degli operati è stato dilagante. Mese dopo mese, però, questo pessimismo è stato frutto di importanti sottoperformance in quanto i mercati si sono mostrati più resilienti del dovuto. In Italia in particolare il settore bancario ha dominato la scena grazie a un mix di rialzo dei tassi che ha favorito il margine di interesse e ha reso di nuovo “sensato” il business della banca commerciale, basso (se non nullo) livello di accantonamenti in previsione del deterioramento dell’asset quality, generose politiche di distribuzione del capitale tramite buyback e dividendi e una strutturale assenza o sottoperformance nei portafogli dei gestori europei (e non) delle banche italiane

    Da inizio anno quindi il Ftse Mib è tra i migliori indici del mondo, trainato in particolare dal comparto bancario. Al netto delle banche però tutto l’indice ha fatto bene e ha quindi pagato essere stati esposti al fattore mercato in generale. Il tutto favorito da un contesto di generale rialzo dei mercati come si vede anche dalla performance del S&P500. Essere stati “betati” ha dato i suoi frutti da inizio anno.

    Il rovescio della medaglia, restando sul mercato italiano, è il comparto delle PMI. Lo STAR, indice che racchiude le aziende piccole e medie con i più elevati standard di qualità, ha performato particolarmente bene dal post Covid.

    Allargando a 10 anni, abbiamo una performance dello STAR non solo nettamente superiore al Ftse Mib ma anche all’S&P500. Come mai allora questa sottoperformance così marcata da essere un unicum nella storia tra STAR e FTSE MIB? La risposta è nei prodotti che hanno rilanciato questo indice: i PIR. Nel 2023 inizia a maturare il beneficio fiscale di questi prodotti il che ha portato importanti riscatti sui fondi dedicati per ottenere il beneficio fiscale e investire nei BTP resi appetibili dal rialzo dei tassi. Si stima che gli outflow per tutto il 2023 dovrebbero essere più di 1 miliardo di euro, il che combinato con i bassi volumi dei mercati ha portato a prese di profitto ingiustificate e forzate su società dall’indubbia qualità

    Small Cap premium

    Le small cap, incorporando maggiore rischio (ma anche maggiore ritorno atteso), necessitano di un premio rispetto alle large cap. Osservando gli Stati Uniti (S&P500 per le Large Cap vs S&P Small Cap 600) il premio per il rischio delle società Small è più alto che per le Large. Tuttavia, questa dinamica non viene rispettata per gli indici italiani (FSTEMIB vs FTSE Italia Small Cap): lo small cap premium varia nel tempo, ma con la forte sottoperformance delle società più piccole nel 2023, sarebbe stato ragionevole osservare un equity risk premium (ERP) in crescita.

    La ragione della divergenza deve essere individuata nella dinamica degli Earnings per Share (EPS): gli utili del FTSEMIB in aggregato sono cresciuti ininterrottamente perché trainati dal settore bancario (che ha beneficiato del clima di alti tassi di interesse), mentre gli EPS del comparto Small sono cresciuti in maniera inferiore, con una lieve contrazione nei risultati del primo semestre dell’anno. È importante ricordare che questa formulazione dell’ERP è una misura basata su dati passati, e calcolando il premio includendo gli EPS stimati per il prossimo anno, otteniamo uno small cap premium positivo e che tende a crescere, coerente con le attese del mercato per la crescita futura e la sottoperformance effettiva dell’indice Small Cap.

    Lo small cap premium è una misura dibattuta in letteratura finanziaria, ma nell’attuale contesto di forte sconto delle società più piccole contribuisce a dare ulteriore chiarezza sulla sottovalutazione del comparto. Particolarmente per il mercato italiano, dal 2023 i titoli delle PMI soffrono per innumerevoli motivi slegati dalla qualità delle società stesse, che è rimasta invariata come dimostrato dalla capacità di resistere agli shock a cui abbiamo assistito negli ultimi due anni. Infatti, i titoli sono penalizzati per lo più da temi esterni spesso legati al funzionamento del mercato: bassa liquidità e volumi scambiati e deflussi dai fondi PIR tra i principali. Pertanto, riteniamo che questo sia il momento ideale per aumentare il posizionamento nel comparto Mid/Small che offre valutazioni attraenti per PMI italiane di qualità, con un premio per il rischio in aumento.

    Conclusioni

    Da inizio anno i gestori sono stati presi in contropiede dal mercato particolarmente rialzista nonostante le previsioni macroeconomiche in progressivo deterioramento con le tensioni geopolitiche a fare da sfondo. In questo contesto ha premiato essere lunghi mercato, in particolare lunghi sulle large cap italiane (quasi) indiscriminatamente. A questo punto però cosa fare? Uno scenario di “hard landing” non sembra essere più nei radar dei macroeconomisti. Tuttavia, iniziano a vedersi concretamente sull’economia reale i segni di deterioramento che precedentemente era stati soltanto ipotizzati. L’economia cinese continua ad arrancare nonostante una politica monetarie espansiva e inizia a destare serie preoccupazioni la crisi di liquidità inarrestabile del settore immobiliare. In questo scenario, e reduci da performance del 1H23 stellari, il rapporto rischio/rendimento nel continuare con lo stesso posizionamento della prima parte dell’anno è piuttosto sbilanciato sul rischio. Sull’Italia, inoltre, il settore più “sensibile” a momenti di risk off (anche per rischi politici e non solo macroeconomici) è proprio quello che ha fatto meglio sino ad ora ovvero il settore bancario. Crediamo quindi che in una fase delicata come quella attuale sia il momento di abbandonare il Beta (o ridurlo) per favorire storie idiosincratiche dai fondamentali solidi in particolare sul fronte del debito. In questo scenario l’universo ideale è proprio l’indice STAR ed in parte il più piccolo EGM in quanto presentano aziende dai fondamentali solidi e dal comprovato track record, hanno sottoperformato per dinamiche tecniche (outflows) e non di fondamentali. Hanno quindi molto meno downside degli altri indici e hanno una componente di performance de-correlata dal resto del mercato il che dà protezione in momenti di elevata volatilità.

    Oltre a questi indici segnaliamo anche le situazioni company specific con catalyst precisi e totalmente slegate dall’andamento dei mercati o delle trimestrali come può essere il caso Telecom Italia. Fra i titoli che rispecchiano queste caratteristiche per la seconda parte dell’anno possiamo segnalare, oltre a Telecom Italia, anche Biesse, Fine Foods Pharmaceuticals, Reply, Sesa, Tinexta, Svas Biosana, ABP Nocivelli, Officina Stellare, El En.

  • AcomeA SGR – Las PASO, cresce l’attenzione degli investitori sull’Argentina

    AcomeA SGR – Las PASO, cresce l’attenzione degli investitori sull’Argentina

    A cura di Martina Daga, Junior Macro Economist, AcomeA SGR

    A pochi giorni dalle primarie in Argentina (Las PASO) i candidati sono alle battute finali dei loro tour elettorali e l’attenzione degli investitori è massima data la delicatezza della situazione economica in Argentina. Qualunque sia il governo a salire in carica, infatti, si troverà di fronte ad una situazione macroeconomica complessa, con l’inflazione superiore al 110% YoY, riserve FX nette negative e un’onerosa tabella di ripagamenti all’IMF nei prossimi anni. In questo contesto sono necessarie riforme strutturali e un governo il più credibile possibile per portare avanti le negoziazioni con l’IMF. Già qualche settimana fa l’attuale ministro delle finanze Sergio Massa ha raggiunto uno Staff Level Agreement con l’IMF, che dovrà essere approvato dal board non prima della seconda parte del mese di agosto, per anticipare esborsi dovuti dall’IMF all’Argentina nella seconda parte dell’anno al mese di agosto e che dia sollievo al Paese almeno fino alle elezioni generali del 22 ottobre.

    Il PASO, oltre a decretare il candidato Presidente che ciascun partito porterà alle elezioni generali, darà un’importante indicazione sulla popolarità dei partiti nel Paese e sul possibile esito delle elezioni generali di ottobre. Dai più recenti sondaggi sembra favorito per la vittoria il partito all’opposizione Juntos por el Cambio (JxC) che presenta alle primarie due candidati: Patricia Bullrich e Horacio Larreta. Il partito al governo Union por la Patria (UxP) presenta l’attuale ministro delle finanze Sergio Massa e Juan Grabois, volto di estrema sinistra del Paese. I sondaggi vedono i due principali partiti molto vicini, con un leggero vantaggio per JxC ma, dato il lieve scarto, non si può escludere una sorpresa. Queste elezioni vedono la partecipazione di un terzo polo, La Libertad Avanza di Javier Milei, di estrema destra populista, molto popolare tra i giovani in Argentina e che, senza avere dietro una struttura di partito ben affermato, è visto come stand alone man, ha guadagnato molta popolarità, dai sondaggi aveva raggiunto circa un 25% a maggio di quest’anno per poi scendere a circa un 20% recentemente.

    Nonostante i risultati dei sondaggi, potrebbe esserci una sorpresa a favore dell’attuale partito al governo in quanto, nonostante Massa sia ministro delle finanze con un ruolo di primo piano nel deterioramento macroeconomico del Paese, dal punto di vista micro il partito ha sostenuto alcune fasce della popolazione, garantendogli quindi appoggio. Il partito gode di un elettorato molto fedele storicamente e, inoltre, la decisione di avere come altro candidato alle primarie Grabois, rappresentate di un’ala più estrema del partito, potrebbe servire ad attrarre i voti dell’ala più estrema della sinistra, togliendoli a partiti minori. È da ricordare che i partiti per poter partecipare alle elezioni generali devono ottenere almeno 1.5% dei voti al Paso.

    Un altro importante attore nel quadro politico argentino è Javier Milei che è stato in grado di attrarre molti voti dalla destra, togliendoli a JxC; quindi, la performance di questo ultimo dipenderà anche da quanti voti riuscirà effettivamente ad ottenere Milei al PASO e poi alle elezioni generali. Milei rimane una grande incognita per queste elezioni, è riuscito ad ottenere molto consenso basandosi sullo scontento della popolazione e presentandosi come fonte di radicale cambiamento, il suo elettorato è composto principalmente da giovani e votanti per la prima volta, di cui è difficile prevedere il comportamento alle elezioni. Un importante fattore da considerare post-PASO sarà la capacità del candidato alla presidenza di JxC di attrarre i votanti del suo oppositore alle primarie, date le divergenze ideologiche di Larreta e Bullrich non è infatti scontato che i voti ottenuti da entrambi al PASO convergano alle elezioni generali verso l’unico candidato. In caso di vittoria di Larreta, che è tipicamente più moderato e di un’ala più centrista del partito, potrebbe non essere in grado di attrarre i voti della Bullrich, che potrebbero convergere verso Milei. Tra i due per ora sembra favorita Patricia Bullrich, anche se nelle ultime settimane è cresciuta la popolarità di Larreta, probabilmente anche grazie ai voti degli indecisi. 

    Le incognite sono tante e la differenza nei sondaggi tra i primi due partiti è minima, se dovesse essere confermata dai risultati di domenica, ci sarebbe una grande incertezza alle elezioni del 22 ottobre.

  • AcomeA – Fitch declassa il rating degli Stati Uniti

    AcomeA – Fitch declassa il rating degli Stati Uniti

    a cura di Martina Daga, Junior Macro Economist, AcomeA SGR.

    La scelta è imputata a un deterioramento fiscale atteso per i prossimi anni, al costo del debito pubblico elevato e in crescita e a problemi di governance, manifestati in ripetute situazioni di stallo sul limite del debito e in risoluzioni dell’ultimo minuto. Tra le altre maggiori società di rating: Moody’s mantiene il suo rating AAA, mentre S&P aveva già downgradato il paese ad AA+ nel 2011. 

    Ora gli Stati Uniti non sono più nella fascia massima di rating, ma questo non dovrebbe avere un impatto troppo rilevante sull’ammissibilità dei titoli di stato in determinati portafogli, dal momento che ormai la maggior parte degli investitori è più flessibile rispetto a un criterio strettamente AAA.

    Infatti, la Germania rimane l’unico Paese tra le economie maggiori ad avere un rating AAA. Anche guardando alla regolamentazione bancaria, considerando che le banche commerciali sono grandi acquirenti di Treasuries, utilizzandoli come attività liquide regolamentari (HQLA), il quadro normativo di Basilea prevede requisiti patrimoniali pari allo 0% per i titoli di Stato con rating compreso tra AAA e AA- per il suo approccio standardizzato: il declassamento ad AA+ non fa alcuna differenza.

  • AcomeA SGR – Brasile: in attesa della banca centrale, upgrade da parte di Fitch

    AcomeA SGR – Brasile: in attesa della banca centrale, upgrade da parte di Fitch

    A cura di Martina Daga, Junior Macro Economist, AcomeA SGR

    Domani, 2 agosto, verrà annunciata la decisione di politica monetaria della Banca Centrale Brasiliana. Ci avviciniamo ad un meeting molto atteso, in quanto, dopo un anno di tassi di politica monetaria fermi al 13.75%, la BCB sembra finalmente pronta ad iniziare con il ciclo di rilassamento.

    Dopo mesi in cui la BCB ha sempre tenuto un tono molto hawkish, giustificato dal processo di disinflazione troppo lento e aspettative di inflazione sopra al target, posticipando così i tagli ai tassi di interesse, in occasione dell’ultima riunione di politica monetaria ha segnalato che è pronta ad iniziare il ciclo dei tagli con mosse “parsimoniose”, come indicato negli ultimi verbali. Il consensus di mercato si aspetta quindi un taglio di 25 bp, con alcuni che puntano a un taglio più consistente di 50 bp. Tutto ciò, di fronte a un livello di inflazione che ha toccato il picco alla metà dello scorso anno e che, in particolare negli ultimi mesi, ha perso momentum, tendendo verso il target. Il valore dell’inflazione di giugno ha stupito le attese di mercato al ribasso registrando una crescita dei prezzi al 3.16% YoY. Anche le attese di inflazione hanno ormai da alcuni mesi imboccato una traiettoria discendente. Questo scenario ha reso i tassi, anche in termini reali, molto attraenti. Rendimenti reali positivi e un tono hawkish della banca centrale sono stati sicuramente fattori che hanno sostenuto l’ottima performance del real brasiliano che da inizio anno ha guadagnato circa il 13% sul dollaro. La valuta forte a sua volta ha evitato che ci fossero ulteriori spinte inflazionistiche.

    Recentemente alcuni sviluppi hanno migliorato notevolmente l’outlook del Paese. Alcune delle riforme portate avanti dal governo di Lula, tra cui il nuovo quadro fiscale e la riforma sulla tassazione che semplifica il sistema, attualmente in fase di approvazione, sono state ben accolte dal mercatoLe attività economiche stanno sì registrando un rallentamento, ma si sono finora dimostrate molto resilienti, così come il mercato del lavoro, con il tasso di disoccupazione ai minimi storici, nonostante la politica monetaria restrittiva della BCB. Inoltre, il Comitato Monetario Nazionale, composto dal Ministro delle Finanze Haddad, dal Ministro della Pianificazione e Controllo Tebet e dal Governatore della Banca Centrale Neto, che tutti gli anni al meeting di giugno stabilisce il valore target di inflazione per i successivi 3 anni, quest’anno ha preso la decisione di cambiare regime e passare a un target di inflazione continuo e pari al 3% (± 1.5%) a partire dal 2025Questa decisione ha eliminato un ulteriore fattore di incertezza dal contesto macroeconomico, trainando al ribasso le aspettative di inflazione.

    Questo contesto ha portato alcune delle principali società di rating a rivedere il proprio giudizio sul Paese, dopo S&P che a metà giugno ha confermato il rating BB-, ma ha rivisto l’outlook da stabile a positivo, anche Fitch ha annunciato la scorsa settimana l’upgrade da BB- a BB con outlook stabile.  

  • AcomeA SGR – Bce alza di 25pb: l’inflazione rallenta, ma è presto per cantare vittoria

    AcomeA SGR – Bce alza di 25pb: l’inflazione rallenta, ma è presto per cantare vittoria

    A cura di Martina Daga, Junior Macro Economist, AcomeA SGR

    In occasione del meeting di politica monetaria di oggi la Bce ha deciso all’unanimità di alzare di altri 25pb i tassi di riferimento, come da attese, portando così il deposit rate al 3.75%, il refinancing rate al 4.25% ed il marginal lending facility rate al 4.50%. Dall’inizio del ciclo dei rialzi lo scorso anno ad oggi, la Bce ha alzato i tassi complessivamente di 425pb.

    La lettura del mercato della decisione di oggi è stata sostanzialmente dovish. Se fino allo scorso meeting, infatti, Lagarde è sempre stata molto chiara sul fatto che il ciclo dei rialzi non fosse ancora arrivato alla sua conclusione e che ci fosse ancora strada da percorrere per portare i tassi a un livello sufficientemente restrittivo, in occasione della conferenza stampa odierna il tono è cambiato. La Bce ribadisce la necessità che la politica monetaria sia sufficientemente restrittiva per raggiungere il target del 2% il prima possibile, ma non è più scontato che ulteriori rialzi siano necessari per raggiungere tale livello. Il cambio di un verbo nel comunicato stampa, da “bring” a “set”, lascia intuire che i tassi possano già essere ad un livello sufficientemente restrittivo. L’approccio per le future decisioni di politica monetaria è ora completamente dipendente dai dati e rimangono aperte tutte le possibilità: continuare ad alzare i tassi, fermarsi o fare una pausa solo temporanea per poi riprendere con i rialzi.

    La Bce ha anche annunciato la decisione di cambiare la remunerazione delle riserve minime (pari a circa 165 miliardi, una piccola parte rispetto all’ammontare totale di riserve pari a Euro 3.800 miliardi circa) portandola allo 0% anziché al depo rate.

    Lo scenario macroeconomico delineato dalla Bce riconosce che l’inflazione sta scendendo, anche se si aspetta che rimarrà troppo alta rispetto al target troppo a lungo nel tempo, in particolare la componente core. Le attività economiche nello scenario di medio termine stanno mostrando segni di deterioramento, come visibile in particolare nel settore manifatturiero che soffre un calo della domanda sia domestico che dall’estero. I servizi rimangono sostenuti, in particolare dal turismo, anche se il momentum sta calando. Il mercato del lavoro rimane forte, con tasso di disoccupazione ai minimi storici, ma allo stesso tempo alcuni degli indicatori prospettici iniziano a mostrare che il trend di crescita è destinato a rallentare. Il Bank Lending Survey relativo al Q2 2023, pubblicato un paio di giorni prima della riunione di politica monetaria, ha mostrato un ulteriore inasprimento delle condizioni finanziarie e che il meccanismo di trasmissione di politica monetaria tramite il canale bancario si sta mostrando efficace. Gli standard per la concessione del credito sono diventati più stringenti anche nel Q2 2023, anche se, per quanto riguarda il credito a imprese e famiglie per acquisto di abitazioni, il restringimento è stato in misura minore rispetto al trimestre precedente. La domanda di credito ha subito un’altra contrazione, più marcata del trimestre precedente per quanto riguarda il credito alle imprese e principalmente per le PMI, gli alti tassi di interesse sono rimasti il driver principale di tale contrazione. Questi sviluppi sono stati giudicati positivi dalla Bce per frenare la domanda e portare l’inflazione verso il target.

    Non ci sono novità sul programma di Quantative Tightening: come precedentemente annunciato da luglio la Bce ha smesso di reinvestire tutti i titoli in scadenza del programma APP (corrispondenti a circa Euro 25 miliardi al mese in media). Per il momento rimane garantito il reinvestimento dei titoli in scadenza del programma PEPP fino alla fine del 2024. La liquidità in eccesso ha registrato un calo importante alla fine di giugno passando da circa 4.100 miliardi di euro a 3.600 miliardi, oltre all’avanzamento del programma di QT, questo calo è avvenuto in concomitanza con il ripagamento della scadenza di giugno del TLTRO da parte delle banche europee.

  • AcomeA SGR – Fed, una decisione già prezzata dai mercati. Quali le prossime mosse?

    AcomeA SGR – Fed, una decisione già prezzata dai mercati. Quali le prossime mosse?

    A cura di Martina Daga, Junior Macro Economist, AcomeA SGR

    Durante l’ultimo meeting di politica monetaria la Fed ha deciso all’unanimità di aumentare il target range dei fed funds di 25 bp, portandolo così a 5.25% – 5.50%.Dopo una pausa in occasione della riunione di politica monetaria di metà giugno, la Fed ha ripreso con il ciclo dei rialzi portando il totale degli aumenti da marzo 2022 ad oggi a 525 bp.

    La decisione di riprendere con i rialzi era sostanzialmente prezzata dal mercato, in quanto già nella riunione di politica monetaria di giugno era stata chiaramente indicata la possibilità di ulteriori aumenti con la mediana delle proiezioni macroeconomiche di giugno, i dots, che proiettano i Fed Funds Rate al 5.60% a fine anno. Inoltre, i membri del board da giugno ad oggi hanno sempre mantenuto un tono piuttosto hawkish, puntando a un rialzo a luglio.

    Se questa decisione era sostanzialmente nelle attese, ci si chiede invece quali saranno le prossime mosse della Fed. Il comunicato stampa è rimasto sostanzialmente invariato rispetto a giugno, lasciando la strada aperta ad ulteriori rialzi, qualora fossero necessari. Durante la conferenza stampa è stato chiarito che non è ancora stata presa alcuna decisione riguardo ai meeting successivi che saranno guidati dai prossimi dati.

    La Fed lascia che le prossime mosse di politica monetaria siano guidate da un approccio data dependent, cosa ci dicono allora i dati macroeconomici? Il dato di inflazione del mese di giugno ha stupito le aspettative al ribasso, e il momentum rallenta non solo a livello di inflazione headline, ma anche guardando alle componenti meno volatili dell’inflazione core e supercore. Gli ultimi dati di crescita delle attività hanno dimostrano che l’economia è più resiliente delle attese (la crescita è stata upgraded nel comunicato stampa della Fed da “modest” a “moderate”) e che il mercato del lavoro sta sì perdendo forza di crescita, ma rimane ancora molto forte con un sostanziale squilibrio tra domanda di lavoratori e offerta: a maggio (ultimo dato disponibile) in US erano 1.6 le nuove offerte di lavoro per ciascun disoccupato.

    Da guardare con attenzione saranno le proiezioni macroeconomiche dei membri del FOMC di settembre che daranno un’indicazione più precisa sul terminal rate considerato appropriato e sul tempo necessario durante il quale i tassi dovranno rimanere in territorio restrittivo. Siamo infatti alle battute finali del ciclo dei rialzi, con il processo di disinflazione che sta procedendo, seppur lentamente. Le attività economiche resilienti e il mercato del lavoro ancora molto forte pongono dubbi sul fatto che l’inflazione possa convergere stabilmente verso il target. In questo contesto le prossime mosse sono tutt’altro che scontate.

  • AcomeA SGR – Il Giappone è il nuovo Nasdaq?

    AcomeA SGR – Il Giappone è il nuovo Nasdaq?

    A cura di Giovanni Brambilla, Responsabile Investimenti, AcomeA SGR

    Da un anno a questa parte circa, il mercato azionario giapponese ha messo a segno una performance in divisa locale pari a quella del Nasdaq, l’indice dei tecnologici Usa. Entrambi gli indici, da giugno scorso, sono infatti in rialzo di circa il 20%.

    Se da inizio anno l’indice dei tecnologici Usa ha fatto leggermente meglio dell’indice nipponico Topix, quest’ultimo ha comunque registrato un rialzo doppio rispetto a quello dell’indice statunitense S&P 500.

    Le valutazioni della borsa di Tokyo sono oramai da parecchi decenni molto depresse: almeno il 50% del listino giapponese tratta ad un rapporto di price-to-book value (rapporto fra prezzo e valore contabile) di 1, il 25% delle società che fanno parte del Topix presentano un rapporto fra prezzo e utili tra 5 e 10 mentre la restante parte tratta abbondantemente sotto 20. Queste caratteristiche di performance e valutazioni hanno suscitato l’interesse di grandi investitori istituzionali come Warren Buffet.

    L’Abenomics – le politiche portate avanti dal premier Shinzo Abe – ha portato tre elementi che hanno guidato il cambiamento, andando a migliorare la stessa cultura manageriale delle aziende giapponesi: politica monetaria e fiscale espansiva e riforme strutturali per tentare di far uscire il mercato da deflazione e bassa crescita.

    Riteniamo che, a prescindere dagli indicatori di crescita, quello giapponese sia un mercato dal grande potenziale in cui diversificare i portafogli perché offre significativi margini di creazione di valore.

    I fattori dietro la performance degli ultimi mesi

    In particolare, la performance degli ultimi mesi del Giappone può essere ricondotta a una serie di fattori. Innanzitutto, la moral suasion della borsa giapponese verso il miglioramento della corporate governance delle aziende quotate anche se ancora resta da fare.

    A questa spinta si è unita una crescita delle campagne di attivismo (ad oggi se ne contano almeno 70) nella direzione di un utilizzo più efficiente della liquidità aziendale che risulta particolarmente abbondante: il 50% del mercato è infatti “net cash” e i livelli di debito sono molto contenuti.

    Le politiche di buyback e di distribuzione dei dividendi della “corporate Japan” sono attualmente sui massimi storici, contribuendo a un miglioramento dell’efficienza dell’equity attraverso una compressione del denominatore del rapporto price-to-book.

    L’elemento trainante è il maggior focus sul ritorno economico per gli azionisti: oggi il payout ratio è arrivato ad essere 24-25% mentre negli Stati Uniti siamo al 97% o oltre il 100%, cioè le aziende si indebitano per fare buyback o distribuire dividendi. Il divario si sta progressivamente chiudendo a favore del mercato giapponese.

    A fronte di valutazioni ancora a forte sconto rispetto ai listini degli altri paesi occidentali, le aziende giapponesi – alcune delle quali sono leader mondiali nei loro settori – hanno infine messo a segno dei miglioramenti tangibili del ROE (Return on Equity, il rendimento del patrimonio netto) in controtendenza rispetto a Usa e Europa, con effetti positivi sui multipli e quindi un effetto diretto sulle performance di Borsa.

    L’aumento dei multipli è solo in fase iniziale e c’è un ampio spazio di upside, in un contesto di aziende caratterizzate da alta qualità dei bilanci.

    Fino a 5-6 anni fa le aziende giapponesi avevano infatti ancora uno spettro molto ampio di attività, con divisioni in perdita che oggi vengono finalmente separate e dismesse. Questo ha comportato un abbassamento della top line, ma un incremento dei margini.

    Guardando al miglioramento dell’efficienza finanziaria e della marginalità, il potenziale del Giappone è enorme. Lo dimostra l’andamento del titolo Advantest, che produce macchinari per test di semiconduttori: nel 2011-2012 stava a 670 yen, oggi quota a 19.000 yen dopo aver toccato 20.000.

    In termini di ROE (Return on Equity, il ritorno sul capitale) e di price-to-book value, la borsa giapponese oggi, con price-to-book value molto vicino a 1 e ROE leggermente sopra il 10%, si colloca ancora lontano rispetto ad altri mercati, come l’Europa, verso i quali potrebbe tendere: un avvicinamento ai valori dell’Europa, che non è peraltro un mercato che brilla per gestione dell’efficienza, comporterebbe un ROE più vicino al 13-14% e un price-to-book value più vicino a 2, quindi un aumento significativo dei prezzi.

    Dove scovare le migliori opportunità con una gestione attiva e bottom-up

    Le maggiori opportunità da cogliere con una gestione attiva e un approccio bottom-up si trovano nelle storie contrarian o di ristrutturazione, aziende cioè che stanno trasformando il proprio business model, dismettendo divisioni in perdita o a bassa crescita ma il cui cambiamento non è ancora del tutto appezzato dal mercato come Konica Minolta, Fujitsu e Seibu Holding. Sono interessanti, viceversa, aziende che presentano bilanci particolarmente solidi e con posizioni di cassa rilevanti: queste ultime offrono, infatti, un potenziale di efficientamento e un possibile oggetto di campagne di attivismo che può condurre a incrementi significativi del payout agli azionisti. Parliamo di aziende come Rohm, Hosiden – una piccola società che fa componenti elettronici che è arrivata ad avere un enterprise value negativo cioè ad avere più cassa di quello che vale in borsa, Mabuchi Motor e Casio.

    Sotto la lente anche aziende il cui business è maturo ma che pagano un dividendo sostenibile o che possono beneficiare di una risalita dei tassi di interesse come T&D Holding, MUFJ, Takeda Pharma (che ha un ottimo dividend yield e sta ristrutturando la pipeline).

    All’appello non possono mancare, infine, le società leader mondiali nei rispettivi settori come Sony, Toyota, Panasonic e Nikon, con elevato contenuto di innovazione e valutazioni “ragionevoli” rispetto a fondamentali di buona qualità.

    Da anni il Giappone è la mancata promessa, da anni le valutazioni sono compresse. Ma il vento sembra oggi essere cambiato in modo strutturale: in Giappone ci sono leader mondiali con valutazioni incredibilmente attraenti che sono accompagnate da una qualità altissima come testimoniano gli elevati ritorni sul capitale investito e i bassissimi livelli di indebitamento. Questo comincia a produrre performance di Borsa interessanti.

  • AcomeA – Economia reale: cercasi investitori pazienti

    AcomeA – Economia reale: cercasi investitori pazienti

    A cura di Antonio Amendola, Senior Fund Manager, AcomeA SGR

    Da inizio anno si è registrata una marcata differenza di performance tra le large cap e il resto del mercato italiano.

    Questa marcata differenza di performance non è lo specchio di una netta differenza nei fondamentali, anzi il contrario. Possiamo quindi attribuire il tutto a motivazioni tecniche legate ai flussi e ai volumi.

    Dati Assogestioni 1Q23, elaborazione AcomeA

    Per quanto riguarda i flussi, questo è il primo anno di maturazione del beneficio fiscale dei PIR (la maggior parte fu appunto sottoscritta nel 2018) e sta portando importanti riscatti dai fondi PIR sia per “disinformazione” – il prodotto non scade dopo 5 anni ma continua a maturare il beneficio fiscale – sia per prese di profitto e conseguente investimento in titoli di Stato. In termini numerici abbiamo assistito nella prima parte dell’anno a circa 700 milioni di riscatti dai fondi PIR a fronte di circa 500 milioni nell’intero 2022 (dati Assogestioni).

    La seconda tematica è legata ai volumi, sul mercato mid e small cap i volumi scambiati rispetto allo scorso anno sono scesi del 35% circa. La combinazione di pochi volumi e riscatti ha creato il mix perfetto per la sottoperformance delle PMI italiane rispetto alle large cap. Il tutto riconducibile quindi a motivi tecnici e non fondamentali. Infatti, le PMI non solo stanno rispondendo egregiamente alle diverse insidie macroeconomiche e geopolitiche, ma presentano un miglioramento della visibilità prospettica dei loro business.

    Dall’altra parte troviamo, invece, il FTSE MIB con una performance da inizio anno guidata in particolare dal comparto bancario. In un contesto di tassi in rialzo il business bancario torna ad essere competitivo visto il marcato incremento del margine di interesse combinato con le solide posizioni di capitale e le generose distribuzioni tramite dividendi e buyback.

    I grafici seguenti mostrano l’attuale divergenza tra prezzo e utili per azione del segmento EGM e FTSE MIB.

    In particolar modo, nel segmento EGM, continua ad aumentare il differenziale tra andamento del prezzo di borsa (negativo) e incremento positivo degli utili per azione (nel FTSE MIB sono invece allineati).

    A questo punto però bisogna considerare due aspetti dell’esposizione a questo settore: potremmo essere al picco del rialzo dei tassi e quindi del beneficio per le banche e, in un contesto di risk off generale dei mercati, le banche sono il modo più veloce per prendere esposizione al ribasso.

    Effetto PIR e il mercato dell’EGM

    Come anticipato, i deflussi dai fondi PIR e i bassi volumi stanno creando un forte pressione a ribasso sui titoli a piccola e media capitalizzazione. Questo effetto risulta ancora più amplificato sull’EGM che per sua natura ha di base bassi volumi di scambio. Sull’EGM, tuttavia, sono quotate le aziende realmente collegate con la natura industriale del nostro Paese, al contrario del FTSE MIB che presenta per lo più banche, Utilities ed Energy. L’EGM invece incarna la spina dorsale del nostro Paese, le multinazionali tascabili che tutto il mondo ci invidia e sempre più spesso ci vengono portate via. Oggi questi titoli trattano a sconti importanti rispetto alla loro storia e rispetto agli omologhi stranieri, ma non risulta esserci un compratore marginale. In questo contesto, sarebbe infatti auspicabile uno sforzo comune tra: risparmiatori, investitori istituzionali ed autorità per far sì che si creino le condizioni stabili e durature per un mercato strutturato.

    Sicuramente i PIR hanno contribuito tanto, ma da soli non bastano. Ben venga l’incentivo alla quotazione per le PMI ma, senza altri interventi a supporto, questo risulta poco efficace perché l’imprenditore troppo spesso si trova con una azienda quotata ma poco liquida e con il prezzo influenzabile con pochi volumi di scambio.

    Sarebbe opportuno quindi intervenire su tre dimensioni:

    • incentivo e supporto alla quotazione: già in essere ma migliorabile sul supporto post quotazione
    • incentivo alla ricerca: molti dei titoli su EGM non hanno copertura sufficiente per poter attirare investitori esteri o meno specializzati sul comparto
    • incentivo all’investimento su questo mercato: l’Italia ha il più alto risparmio privato al mondo, e sono molteplici le fondazioni e gli enti previdenziali del Paese. L’unico modo per far sì che l’EGM sia un mercato strutturato e autosufficiente è quello di incanalare le risorse esistenti verso queste aziende o verso operatori che investono in queste aziende. Non dimentichiamoci che due anni fa, per numero di quotazioni, l’EGM italiano fu sul tetto d’Europa con ritorni attesi in doppia cifra.

    Se non ora quando

    Come detto, la vera economia reale del nostro Paese è poco presente nel FTSE MIB. Se pensiamo ai mercati di nicchia, alla manifattura di alta qualità, all’aerospazio, alla biotecnologia, alla meccanica di precisione, tutti temi e settori con tassi di crescita importanti e posati su trend secolari, dobbiamo andare dal Mid Cap in giù. Inoltre, in particolare per l’EGM, abbiamo un mercato che ad oggi, prendendo il multiplo EV/EBITDA, tratta alla metà della media delle transazioni di Private equity degli ultimi anni (5-6x EV/EBITDA vs 10/12x) ma con maggiore trasparenza e, seppur poca, liquidità.

    Ci sono quindi su questi comparti occasioni di inserire in portafoglio eccellenze della nostra industria a prezzi di saldo. Il tutto, per un investitore paziente, si tradurrà in performance future più che soddisfacenti.

    Di seguito alcuni esempi di aziende sottovalutate:

    Conclusioni

    È sempre più comune la frustrazione degli imprenditori che, a fronte di ottime trimestrali e numeri prospettici in incremento, vedono il proprio titolo costantemente venduto in borsa anche con volumi minimi. Crediamo che questa fase di mercato offra grandi occasioni di performance per il lungo periodo, il tutto però in una ottica di stock picking perché non è difficile incappare in “value trap”.

    Ci aspettiamo inoltre che questa tipologia di titoli abbiano anche implicita una opzionalità di M&A/OPA ad opera della società stessa o di fondi specializzati. Ovviamente per noi, e per il sistema Paese, questa non è la soluzione auspicabile visto l’enorme potenziale che hanno queste aziende, ma può essere tuttavia uno stimolo alla performance di breve periodo. Per questo motivo abbiamo ridotto sempre più l’esposizione alle large cap, dove troviamo attraente solo Telecom Italia per motivi specifici, a beneficio delle PMI italiane in quanto le reputiamo un driver di performance futura importante per un investitore paziente. Infine, sarebbe auspicabile che sia gli investitori che il regolatore preservi e aiuti questi imprenditori coraggiosi che hanno imbracciato la strada della Borsa con tutte le difficoltà e le problematiche connesse.

  • Borse emergenti, una opportunità storica per i gestori attivi, puntare su Brasile e Cina 

    Borse emergenti, una opportunità storica per i gestori attivi, puntare su Brasile e Cina 

    A cura di Giovanni Buffa, Senior fund manager azionario emergente, AcomeA SGR

    Dopo aver offerto rendimenti superiori a quelli dei mercati sviluppati nella prima decade degli anni 2000, i mercati emergenti hanno subìto una battuta d’arresto a partire dal 2012. Questo ha avuto come effetto una forte crescita del peso di Wall Street nei portafogli globali con, generalmente, una conseguente minore diversificazione, mentre i rendimenti deludenti sui mercati emergenti hanno spinto gli investitori a ridurre molto la loro esposizione a questa area.

    Oggi riteniamo che le borse emergenti rappresentino una opportunità di diversificazione e di investimento storica con un approccio rigorosamente attivo e bottom-up.

    Dal punto di vista del Pil, infatti, ci aspettiamo un differenziale di crescita di 3 punti percentuali, con una crescita media attesa per i paesi emergenti intorno al 4-5% a fronte di un’espansione di circa l’1% per quelli sviluppati dovuta al venir meno degli stimoli dell’era della pandemia e dagli effetti sull’economia di tassi di interesse elevati.

    Rispetto a dieci anni fa, inoltre, i paesi emergenti presentano un quadro macroeconomico più solido, hanno meno sbilanci dal punto di vista della bilancia dei pagamenti e livelli di debito più sotto controllo.  Secondo le rilevazioni di AQR, asset manager Usa specializzato in gestioni quantitative sistematiche, assistiamo ad una convergenza di volatilità fra mercati emergenti e sviluppati con un conseguente rientro dell’eccesso di volatilità tipico dei listini emergenti, accanto ad una accelerazione del Pil pro-capite.

    Un ulteriore fattore di sostegno è rappresentato dai livelli del dollaro che dovrebbe essere vicino ad un picco visto l’approssimarsi della fine del ciclo restrittivo della Federal Reserve.

    Nonostante una rischiosità che si è progressivamente ridotta nel tempo, il premio al rischio per le borse emergenti oggi si attesta sui massimi degli ultimi 25 anni, rendendo i mercati emergenti molto interessanti. Parallelamente, le valutazioni espresse dal rapporto fra prezzi e utili sono sui minimi degli ultimi 10 anni.

    Divario fra titoli a sconto e a premio sui massimi degli ultimi 25 anni

    Le borse dei paesi emergenti oggi presentano una differenza di valutazioni fra titoli cheap e titoli expensive ai massimi degli ultimi 25 anni, un fenomeno diffuso tra le diverse aree geografiche e fra i settori. Di qui la necessità di investire con una strategia attiva e bottom-up senza vincoli geografici, settoriali, valutari e di dimensioni delle società in cui si investe.

    Sulla base di un approccio value-contrarian, con un orizzonte di medio periodo, vediamo valore nelle classiche storie contrarian, quelle di aziende neglette dal mercato perché stanno attraversando delle difficoltà che noi, viceversa, riteniamo abbiano un potenziale di recupero come la brasiliana Hapvida e la sudafricana Aspen Pharmacare.

    Per stabilizzare il portafoglio sono da preferire i dividend play di aziende soprattutto cinesi e taiwanesi il cui business è maturo ma che pagano un dividendo sostenibile come China Mobile e Compal.

    Interessanti anche le storie di ristrutturazione, quelle di aziende che hanno intrapreso un processo di rilancio che non ha ancora prodotto risultati e che dunque il mercato non premia: si tratta di aziende che potrebbero raddoppiare le quotazioni comeè stato il caso di Myers, una catena di centri commerciali australiana entrata in crisi con la pandemia che si è reinventata con l’e-commerce, e Seven West Media.

    Un altro filone di investimento che offre opportunità è quello delle storie deep value, aziende che stanno già scontando uno scenario particolarmente negativo non giustificato da un’analisi fondamentale di medio periodo. In altre parole, storie dove manca un catalyst di breve che noi ci aspettiamo tuttavia si materializzi in futuro. È il caso di Alibaba,che è leader nell’e-commerce cinese e che punta a quotare in borsa tutte le sue business unit, Embraer e Sibanye 

    Venendo ai singoli paesi pensiamo che rappresentino una occasione di investimento il Brasile e, seppur in misura minore, la Cina. Riteniamo come, al contrario, India, Indonesia e Taiwan offrono un rapporto rischio/rendimento meno attrattivo. Il portafoglio adotta un’ampia diversificazione settoriale con alcuni dei titoli più interessanti appartenenti alla categoria dei consumer discretionary.

    In Brasile i timori dell’avvento di politiche socialiste che avrebbero potuto aumentare il debito dopo la vittoria alle elezioni di Lula si sono rivelati infondati e il governo si sta dimostrando neutrale nei confronti dei mercati. Qui abbiamo i tassi nominali e reali fra i più alti del mondo ma un’inflazione in ridimensionamento: quindi vediamo un potenziale di taglio dei tassi come possibile nella seconda parte dell’anno. Le valutazioni, inoltre, sono molto attraenti, a una cifra e pari a 7-8 volte gli utili.

    La Cina è un paese che non può essere ignorato; il mercato in questo momento lo sta penalizzando a causa delle tensioni fra oriente e occidente ma dopo i due anni di lockdown le valutazioni sono molto a sconto e c’è crescita. Ci aspettiamo che il governo cercherà di stimolare ulteriormente la domanda interna facendo leva sui consumi nei prossimi mesi e per questo siamo posizionati sui consumi domestici.