Home Economia Mid Small Cap italiane: Confermato l’approccio selettivo, quadro della liquidità ancora debole

Mid Small Cap italiane: Confermato l’approccio selettivo, quadro della liquidità ancora debole

finanza
finanza
Pubblicità
Condividi

A cura del Team di Ricerca di Intermonte

  • Performance (-). Il mercato azionario italiano (prezzi al 19 aprile 2023) è salito del 9,1% nell’ultimo mese e del 17,1% su base annua. L’indice FTSE Italy Mid-Cap (+5,8%) ha sottoperformato l’indice principale del 3,3% nell’ultimo mese (-5,4% YtD su base relativa), mentre l’indice FTSE Italy Small Caps (+2,0%) ha registrato una performance inferiore del 7,2% rispetto al mercato nell’ultimo mese e del -9,0% su base relativa dall’inizio del 2023. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps è cresciuto del 4,7% nell’ultimo mese, sottoperformando leggermente le mid-cap italiane.
  • Stime (-). Dall’inizio del 2023, abbiamo attuato una revisione al rialzo del +4,3% delle nostre stime sugli EPS del 2023, mentre la revisione è stata più contenuta (+2,7%) sugli EPS per il 2024. Concentrandoci sulla nostra copertura mid/small cap, dal 1° gennaio 2023 abbiamo aumentato gli EPS 2023 dell’1,9%. In particolare, nell’ultimo mese abbiamo ridotto le nostre previsioni sugli EPS per il 2023 e per il 2024 per la nostra copertura mid/small cap rispettivamente dello 0,9% e dello 0,4%, con le small cap che hanno subito una riduzione più marcata. Le nostre nuove stime sono coerenti con uno scenario macro più volatile.
  • Valutazioni (=). Se confrontiamo la performance YtD con la variazione delle stime per l’esercizio ‘23 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un re-rating del 13,2% su base annua (la stessa metrica un mese fa era pari al +2,6%); le mid-cap si sono rivalutate del 9,7%, mentre le small cap del 16,7%. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 47% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%) e in linea con il livello di un mese fa (46%).
  • Liquidità (-). Osservando l’andamento degli indici ufficiali italiani, notiamo che la liquidità delle large caps nell’ultimo mese (misurata moltiplicando i volumi medi per i prezzi medi in un determinato periodo) è al di sopra della media annuale, registrando un +9,8% in più rispetto alla media a 1 anno, anche se un mese fa la stessa metrica era pari a +39,7%. Anche la liquidità per le mid cap ha mostrato un andamento simile, con un +16,8% rispetto alla media annuale, mentre per le small cap lo stesso parametro è pari a +12,5%.
  • Strategia di investimento. Nelle ultime settimane, a causa dei continuimutamenti di scenario, la volatilità sui mercati è rimasta elevata, rendendo difficile la performance degli investitori attivi. La riapertura dei confini cinesi ha rappresentato un importante fattore di stimolo, con un aumento delle speranze di un possibile ritorno dei turisti cinesi in Europa, ma allo stesso tempo, le tensioni politiche, soprattutto tra Cina e Stati Uniti, stanno destabilizzando il quadro macro. In questo scenario, suggeriamo di rimanere concentrati su titoli di qualità, in particolare sui nomi esposti a trend di settore come rivoluzione digitale, sostenibilità, transizione verde o assistenza sanitaria per l’invecchiamento della popolazione. Tuttavia, individuiamo anche alcune opportunità tra i titoli value che sono leader di mercato nei loro settori, dato che il quadro macro si sta dimostrando più resiliente del previsto, soprattutto in Europa. Tra le mid/small cap la liquidità rimane un problema aperto, soprattutto in relazione ai significativi deflussi dai fondi PIR che, in media, rappresentano circa il 10% del flottante di questo segmento. Una nota positiva è rappresentata dalla recente approvazione da parte del governo italiano di un pacchetto di riforme (il cosiddetto ” Ddl Capitali”) volto a facilitare il finanziamento tramite il mercato azionario per le PMI italiane, che potranno beneficiare di una maggiore flessibilità in materia di governance e di un processo di quotazione accelerato. Anche se è presto per dire quale sarà l’impatto di queste misure, questo incentivo potrebbe contribuire a migliorare lo slancio del settore dopo un periodo di flussi ridotti e di mancanza di quotazioni nel settore delle mid-cap.

PIR: i deflussi sono proseguiti nel primo trimestre 2023

Pubblicità

Nella sua revisione trimestrale del 22 febbraio 2023, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del 4Q22. Nel corso del trimestre, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 368 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato deflussi per 9 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 17,5 miliardi di euro, mentre 1,4 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale è ulteriormente peggiorata su base sequenziale rispetto al 3° trimestre del 2022 e al 2° trimestre del 2022, quando gli afflussi netti erano stati rispettivamente di -330 e di -96 milioni di euro. Il saldo totale YtD si attesta quindi a -773 milioni di euro, mentre gli AuM si sono attestati a 17,5 miliardi di euro, in aumento rispetto ai 16,5 miliardi di euro di fine settembre, grazie alla performance del mercato.

Il dato di afflusso è peggiore di quello reso noto dall’Osservatorio PIR de Il Sole 24 Ore, che stimava

286 milioni di euro di deflussi nel 4Q22 (con ottobre, novembre e dicembre rispettivamente a -92 milioni di euro, -102 milioni di euro e -92 milioni di euro).

Per quanto riguarda i PIR alternativi, la raccolta nel 4Q22 è stata di -9 milioni di euro, in calo rispetto al 3Q22 (14,5 milioni di euro) e al 2Q22 (153 milioni di euro), con il dato annuale ’22 a 242 milioni di euro e AuM stabili a 1,44 miliardi di euro (stesso dato di fine giugno e settembre).

Secondo l’Osservatorio PIR, i deflussi sono continuati a gennaio con -166 milioni di euro e in febbraio sono stati ancora peggiori, con -268 milioni di euro.

Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

Il PIR alternativo, d’altro canto, è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 30.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello europeo sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi hanno il diritto di acquistare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.

Le nostre stime per i PIR ordinari

Notiamo che la visibilità sulle stime future rimane bassa, ma confermiamo la nostra visione più ottimista sul 2023 rispetto al 2022 per due motivi principali: 1) le performance di mercato sono state complessivamente positive dall’inizio dell’anno e questo potrebbe spingere gli investitori retail a riprendere gli investimenti azionari in prodotti come i PIR; 2) gran parte dei deflussi nel 2022 potrebbero essere stati causati dalla scadenza del periodo di 5 anni a partire dal 2017, un anno caratterizzato da un boom di afflussi e da buone performance di mercato delle small/mid cap, il che significa che molti investitori entrati nei prodotti PIR nel 2017 potrebbero aver scelto di trarre profitto nel 2022, alla scadenza del periodo minimo di detenzione di 5 anni per godere dei benefici fiscali. Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto alto grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

  • Per il 2022, stiamo adeguando la raccolta indicata nella tabella al dato Assogestioni di -733 milioni di euro; per il 2023, ipotizziamo una raccolta lorda da nuovi sottoscrittori di PIR pari a 500 milioni di euro;
  • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 50% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
  • Infine, calcoliamo che l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo prima del termine dei cinque anni (per qualsiasi motivo) sarà pari al ~3,5% degli Assets under Management nel 2023 e oltre.
Pubblicità

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui
Captcha verification failed!
Punteggio utente captcha non riuscito. Ci contatti per favore!