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Intermonte è una Investment bank indipendente leader in Italia e punto di riferimento per gli investitori istituzionali italiani e internazionali nel segmento delle mid & small caps. Quotata sul mercato Euronext Growth Milan di Borsa Italiana, presenta un modello di business diversificato su quattro linee di attività, “Investment Banking”, “Sales & Trading”, Global Markets” e “Digital Division & Advisory”. L’Investment Banking offre servizi rivolti a imprese quotate e non quotate in operazioni straordinarie, incluse operazioni di Equity Capital Markets, Advisory, M&A e Debt Capital Markets. Le divisioni Sales & Trading e Global Markets supportano le decisioni di oltre 650 investitori istituzionali italiani ed esteri grazie a una ricerca di alto standing di più di 50 operatori professionali specializzati nelle varie asset class, azioni, obbligazioni, derivati, ETF, valute e commodities. L’ufficio studi figura costantemente ai vertici delle classifiche internazionali per qualità della ricerca e offre la più ampia copertura del mercato azionario italiano sulla base di un’elevata specializzazione settoriale. La divisione “Digital Division & Advisory” è attiva nel risparmio gestito e consulenza agli investimenti. Websim è specializzata in produzione di contenuti finanziari destinati a investitori retail. T.I.E. – The Intermonte Eye – è l’area riservata a consulenti finanziari e private banker.

  • Le Mid-Small Cap hanno le carte in regola per sovraperformare il mercato

    Le Mid-Small Cap hanno le carte in regola per sovraperformare il mercato

    Report mensile sulle Mid-Small Cap italiane

    A cura di Andrea Randone, Head of Mid Small Cap Research di Intermonte

    ·         Performance (+). Il mercato azionario italiano (prezzi al 17 gennaio 2024) ha registrato una performance negativa dello 0,8% nell’ultimo mese ed è in calo dello 0,9% su base annua. L’indice FTSE Italy Mid-Cap (+0,5%) ha sovraperformato l’indice principale dell’1,3% nell’ultimo mese (-0,1% su base annua), mentre l’indice FTSE Italy Small Caps (+0,8%) ha registrato una performance dell’1,6% superiore al mercato e del -2,6% su base relativa dall’inizio del 2024. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps è sceso del 2,7% nell’ultimo mese, registrando una performance peggiore rispetto alle mid/small cap italiane.

    ·         Stime (=). Dall’inizio del 2024, abbiamo attuato una revisione al ribasso del -0,2/-0,3% delle nostre stime sugli EPS per il 2023/2024; concentrandoci sulla nostra copertura mid/small cap, invece, abbiamo lasciato invariate le stime sugli EPS per il 2023, mentre abbiamo ridotto quelle 2024 di un importo simile (-0,3%). In particolare, nell’ultimo mese le variazioni sono rimaste pressoché inalterate.

    ·         Valutazioni (+). Se confrontiamo la performance YtD con la variazione delle stime per l’esercizio ‘23 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un de-rating YtD dello 0,6% (invertendo il trend positivo registrato un mese fa); le mid-cap hanno registrato un de-rating dell’1,0%, mentre le small-cap del 3,8%. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 33% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%), ma leggermente al di sotto del livello di un mese fa (35%).

    ·         Liquidità (+/-). Osservando l’andamento degli indici ufficiali italiani, notiamo che la liquidità delle large cap nell’ultimo mese (misurata moltiplicando i volumi medi per i prezzi medi in un determinato periodo) è superiore del 15% rispetto allo stesso periodo di un anno fa ed è in crescita del 6,9% a livello annuale. Il quadro è più preoccupante per le mid/small cap: nello specifico, la liquidità per le mid cap è scesa del 6,6% YoY, mentre per le small cap è scesa del 6,3% YoY, nonostante il miglioramento dell’ultimo mese, dovuto soprattutto a una significativa rimodulazione di portafoglio.  

    ·         Strategia d’investimento. All’interno dello strategy report che abbiamo recentemente presentato, abbiamo illustrato le nostre previsioni per un calo graduale dei tassi d’interesse nel corso del primo semestre del 2024, un allentamento della stretta monetaria da parte delle Banche Centrali che potrebbe essere meno aggressivo di quanto attualmente previsto dal mercato. Nonostante le tensioni geopolitiche e la performance positiva registrata dai mercati nel 2023, la nostra view sul mercato italiano resta costruttiva: ci aspettiamo che le mid/small cap riacquistino slancio dopo la sottoperformance del 2023, generata dalla rotazione di portafoglio (dai titoli Growth a quelli Value) e dai riscatti dei fondi PIR. Riteniamo che all’interno di questo segmento vi siano ancora titoli con ottime prospettive di crescita e valutazioni interessanti. In particolare, le nostre preferenze vanno ai titoli con un’elevata visibilità sulle stime e modelli di business resilienti, come le società legate alla trasformazione digitale, le utility, alcuni industriali legati a piani di investimento a lungo termine e i consumer che godono di un forte posizionamento e di un buon pricing power. Le operazioni di M&A potrebbero tornare a interessare quei titoli che generano abbondante liquidità e sono alla ricerca di opportunità di crescita, così come le società che sono un possibile target per acquisizioni o delisting.

    I deflussi dai PIR sono proseguiti anche in ottobre

    Nella sua revisione trimestrale del 22 novembre 2023, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del terzo trimestre ‘23. Nel corso del trimestre, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 731 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato afflussi per 7,5 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 16,3 miliardi di euro, mentre 1,5 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi.

    Secondo l’Osservatorio PIR del Sole 24 Ore, i dati sui deflussi in ottobre e novembre sono rimasti poco incoraggianti, rispettivamente pari a -172,1 milioni di euro e -153,8 milioni di euro, portando i deflussi dei primi undici mesi dell’anno a un totale di 2,48 miliardi di euro.

    Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

    Il PIR alternativo è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 40.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

    Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail).

    Le nostre stime per i PIR ordinari rischiano, ancora una volta, di essere troppo ottimistiche

    I dati di Assogestioni relativi ai primi nove mesi del 2023 mostrano 2.156 milioni di euro di deflussi e i dati preliminari di mercato relativi ad ottobre e novembre confermano questo trend negativo. Al momento prevediamo deflussi pari a 2,5 miliardi di euro, ma è probabile che i dati si dimostrino ancora peggiori.

    Se si guarda alle ragioni dei riscatti dai fondi PIR, si può certamente ipotizzare che molti investitori, per via delle performance positive alla scadenza dei 5 anni (periodo di investimento minimo necessario per godere dei benefici fiscali sulle plusvalenze), abbiano deciso di incassare per poter indirizzare i propri risparmi verso altri fondi e mercati.

    Una nota positiva è rappresentata dalla recente approvazione da parte del governo italiano di un nuovo emendamento che consente agli investitori di detenere più di un piano di risparmio personale (PIR). Il piano non comporterà alcun costo aggiuntivo per il governo, poiché il tetto di investimento di 40.000 euro all’anno per persona (o 200.000 euro in 5 anni) rimane invariato. Accogliamo con grande favore questa iniziativa, che ci auguriamo possa rilanciare gli afflussi verso i fondi PIR, in quanto il vantaggio di diversificare su più prodotti PIR potrebbe aumentare gli investimenti dei singoli.

    Nel lungo termine, ci aspettiamo che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto elevato grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

    Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

    • Per il 2023, ipotizziamo una raccolta lorda di nuovi sottoscrittori di PIR pari a 50 milioni di euro;
    • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 50% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
    • Infine, calcoliamo che l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo sarà pari al ~18% degli Assets under Management nel 2023.
  • FLASH BCE – Toni fermi di Lagarde dopo la “strambata” di Powell

    FLASH BCE – Toni fermi di Lagarde dopo la “strambata” di Powell

    A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte

    Di seguito una sintesi dei principali temi toccati nel corso della riunione della BCE di oggi:

    • Riduzione delle stime di crescita ed inflazione per il 2024. Lo scenario è immutato per il 2025, mentre i livelli di inflazione scendono al di sotto del 2% (1,9%) nel 2026.  
    • Piano PEPP: reinvestimenti immutati fino al giugno 2024, poi in calo di €7,5 mld al mese a partire dal secondo semestre e, infine, arresto completo dei reinvestimenti a fine 2024.
    • Rischi sulla crescita al ribasso e rischi sull’inflazione in entrambe le direzioni. 

      Principali dichiarazioni di Christine Lagarde: 

    • Oggi non è stata affatto discussa l’ipotesi di un taglio dei tassi. 
    • La Bce è data dependent, non time dependent. 
    • La recessione non rappresenta lo scenario base della BCE.

    In sintesi:

    • I toni di Lagarde sono stati diversi rispetto a quelli utilizzati ieri daPowell, così come diversi sono i contesti di fronte a cui si trovano Bce e Fed, malgrado i recenti cali dell’inflazione. 
    • Segnali di un simile orientamento si colgono, ad esempio, nel fatto che per il 2025 sono state confermate le stime di inflazione al 2,1%, con inflazione core stimata in rialzo (da 2,2% a 2,3%) per lo stesso anno. 
    • In altri termini, i recenti cali dell’inflazione non hanno scalfito neanche di un decimale le stime di inflazione generale per il 2025.
    • La Bce si trova in una situazione differente rispetto alla Fed, soprattutto per due fattori:
      • La Fed ha intrapreso prima della Bce il ciclo di rialzi dei tassi; 
      • La Fed ha già iniziato il QT da diversi mesi, mentre per la Bce è ancora in parte in atto un QE, tramite i reinvestimenti del PEPP. 
    • L’ipotesi di un taglio dei tassi, pertanto, potrà essere presa in considerazione non prima dell’inizio della fase di riduzione del piano di reinvestimenti del PEPP, il che pone la Fed potenzialmente in anticipo rispetto alla BCE su un eventuale taglio dei tassi, come prezzato oggi dal mercato mediante la riduzione dei differenziali di tasso sul decennale e il deprezzamento del dollaro in prossimità di 1,10. 
    • La riduzione del piano di reinvestimenti del PEPP è prevista dalla seconda metà del 2024, probabilmente per garantire alla BCE il massimo potenziale dei reinvestimenti del PEPP durante la fase (primo semestre) di picco del refunding di governi/aziende. 
    • La riduzione di tali reinvestimenti pone la questione dei rischi di frammentazione (alias allargamento spread) che Lagarde ha confutato dichiarando “Abbiamo diversi strumenti per contenere la frammentazione”.

    IMPATTO SUI MERCATI 

    • Le dichiarazioni di ieri di Powell offrono un potenziale supporto al mercato obbligazionario nelle ultime settimane dell’anno, supportando anche l’aspettativa di un’ulteriore continuazione del calo tassi nel corso del 2024. Tuttavia, tale percorso potrà comunque risentire delle numerose emissioni,soprattutto nel corso del primo semestre. 
    • Le dichiarazioni odierne di Lagarde consolidano la percezione del fatto che la BCE seguirà solo dopo qualche mese i tagli dei tassi della Fed.
    • Sul fronte valutario, tali indicazioni depongono a favore di un posizionamento verso area 1,12/1,14 nel corso del primo semestre, con possibilità di inversione verso area 1,06/1,08 nel corso dell’estate, in previsione anche dei massicci flussi di acquisti europei di dollari collegati all’acquisto di gas liquido per la ricostituzione delle scorte.  
    • Sul fronte azionario, lo scenario di tassi che si delinea potrebbe offrire supporto soprattutto al comparto mid small cap a partire dal Russell 2000, con un occhio di riguardo per il mondo tech Usa delle ex “Magnifiche 7”, grazie anche al fatto che questo comparto potrebbe essere oggetto di flussi di acquisizione da parte delle big tech Usa, con operazioni sbilanciate sulla modalità carta contro carta.
  • European MidCap Event: le Eccellenze italiane tornano a Ginevra con Intermonte

    European MidCap Event: le Eccellenze italiane tornano a Ginevra con Intermonte

    Milano, 4 dicembre 2023 – Si chiude a Ginevra l’edizione 2023 dell’European MidCap Event, il ciclo di incontri dedicato alle piccole e medie aziende italiane, organizzato da Intermonte – Investment bank indipendente specializzata in intermediazione istituzionale, ricerca, capital markets, M&A e advisory sul mercato italiano – in collaborazione con CF&B Communication – agenzia specializzata nelle relazioni tra società quotate e investitori istituzionali.

    L’evento si terrà domani, 5 dicembre, presso l’Hotel Royale di Rue de Lausanne, e sarà rivolto a investitori provenienti da tutta Europa. Quattro le eccellenze del Made in Italyche Intermonte, in qualità di unico partner per l’Italia, accompagnerà ai 17 meeting in calendario: Antares Vision, Emak, FineFoods, Reply.

    Guglielmo Manetti, Amministratore Delegato di Intermonte, commenta: “La capacità delle pmi di offrire un prodotto innovativo e di qualità resta il motore dell’economia italiana, che oggi si trova ad affrontare sfide complesse, come lo squilibrio del rapporto debito/PIL, il calo demografico e la scarsa produttività della forza lavoro. In momenti di instabilità dei mercati e del quadro politico internazionale come quelli che stiamo attraversando, offrire un aiuto concreto alle aziende del Made in Italy è ancora più importante. Come Intermonte ci impegniamo da sempre per agevolare il dialogo tra pmi e investitori istituzionali e siamo convinti che questa rappresenti la strada maestra per uscire dalla crisi e offrire alle realtà meritevoli l’occasione di esprimere a pieno tutto il loro potenziale”.

    “Con l’appuntamento di Ginevra si chiude la sedicesima edizione dell’European MidCap Event, un evento che negli anni ha saputo crescere ed evolversi, al passo con le esigenze delle piccole e medie imprese italiane; per il futuro ci auguriamo di continuare a supportarle con successo, offrendo loro sempre più opportunità di confronto e apertura ai mercati europei” – conclude Micaela Ferruta, Responsabile Corporate Broking e Specialist.

  • Attacco di Hamas: tra geopolitica e mercati

    Attacco di Hamas: tra geopolitica e mercati

    A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte

    L’attacco di Hamas ad Israele nel fine settimana ha colto di sorpresa non solo gli investitori, ma anche la stessa intelligence israeliana.

    Proviamo ad inquadrare il tema: per avere un metro di confronto, la striscia di Gaza si estende su un territorio pari a circa due volte quello del comune di Milano, con quasi 2 milioni di abitanti e un’età media di 18 anni (anche se almeno il 40% degli abitanti ha addirittura meno di 14 anni).

    Quindi una popolazione giovane, nata in buona parte dopo la morte di Arafat (nel 2004), storico presidente della ANP (Autorità Nazionale Palestinese), di cui molti oggi tendono a non riconoscere più l’autorità. L’attacco di Hamas si è svolto utilizzando strumenti non tecnologicamente avanzati ma comunque capaci di bucare la rete di intelligence. Molti gli ostaggi dei palestinesi, il che rende più probabile che il contrattacco israeliano (mossa obbligata vista l’aggressione a sorpresa) possa risolversi in una guerriglia, che in parte potrebbe svolgersi nei lunghi cunicoli che Hamas ha scavato sotto la striscia di Gaza, denominati “metrò”.

    Questa la breve premessa cui può essere opportuno aggiungere ulteriori considerazioni. L’attacco è arrivato mentre erano in corso da diverso tempo colloqui tra Arabia ed Israele con la partecipazione degli USA, allo scopo formale di arrivare al riconoscimento di Israele da parte dell’Arabia. In cambio l’Arabia cercava di ottenere maggiore garanzia di copertura delle sue esigenze di sicurezza — in vista anche del progressivo alleggerimento del coinvolgimento USA nella regione — oltre all’accesso alle tecnologie israeliane per lo sviluppo, tra l’altro, del nucleare ad uso civile. Il tutto nel contesto del piano arabo “Vision 2030”, che ha come obiettivo la riduzione della dipendenza dalle entrate provenienti dal petrolio.

    Alla luce di queste premesse, qualche prima considerazione:

    • L’attacco di Hamas mette in discussione il potenziale accordo arabo-israeliano, mettendolo quantomeno per il momento in sordina.
    • Il contrattacco israeliano potrebbe risolversi in una guerriglia piuttosto lunga, con il rischio di un allargamento del conflitto ad altri attori, primo fra tutti l’Iran.

    Queste considerazioni portano ad una prima implicazione sul fronte petrolio: negli ultimi giorni il prezzo del barile è calato in vista del rallentamento della domanda, come conseguenza, tra le altre cose, della contrazione della domanda USA per il venir meno da ottobre di diversi fattori di supporto (ritorno del pagamento degli student loan, fine dei risparmi in eccesso, impatto del rialzo di tassi ed energia).

    I fattori di tensione geopolitica, come, ad esempio, la possibilità che l’Arabia decida di estendere a parte del 2024 i tagli alla produzione ad oggi decisi fino a fine 2023, potrebbero ora aggiungersi ad altri fattori, la cui portata potrebbe quantomeno rallentare il calo del petrolio e/o porvi un supporto importante in termini di prezzo. Tra i fattori non geopolitici figura, ad esempio, la necessità Usa di ripristinare le scorte strategiche, arrivate al minimo dagli anni ’80.

    Un altro impatto indiretto dell’acuirsi delle tensioni geopolitiche potrebbe essere un’accelerazione del raffreddamento macroeconomico prima citato, tale da accrescere anche per gli USA il rischio di una recessione nel 2024.

    In sintesi, l’impatto della crisi in Israele potrebbe riguardare soprattutto due fronti: la durata della controffensiva e il particolare momento macro su cui si innesta. Al momento, quindi, si prefigura un’accelerazione del rallentamento macro già evidente in area Euro, che dovrebbe progressivamente coinvolgere anche gli Usa a partire da fine 2023, ma che potrebbe portare ad un risvolto positivo: l’aumento della domanda di bond, in vista dell’arresto e della potenziale inversione delle politiche monetarie. Si tratta di uno scenario importante anche per immaginare un più agevole processo di rifinanziamento da parte dei governi globali e soprattutto del comparto high yield Usa, in vista di scadenze crescenti nei prossimi trimestri e anni.

  • FLASH – BCE: un rialzo da falchi ma un messaggio scritto da super colomba

    FLASH – BCE: un rialzo da falchi ma un messaggio scritto da super colomba

    A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte

    • La BCE ha risolto il compromesso tra falchi e colombe concedendo ai falchi il rialzo dei tassi e concedendo però alle colombe il richiamo esplicito ad una guidance molto vicina all’ipotesi di ultimo rialzo accompagnato da tassi fermi per un periodo di tempo lungo.

    Based on its current assessment, the Governing Council considers that the key ECB interest rates have reached levels that, maintained for a sufficiently long duration, will make a substantial contribution to the timely return of inflation to the target.

    Più in dettaglio

    Di seguito la tabella aggiornata delle stime BCE con, tra parentesi, quelle di giugno:

    • La Lagarde ha dipinto una crescita con rischi al ribasso a fronte di uno scenario più contrastato per l’inflazione con rischi al rialzo derivanti dalla componente alimentare ed energetica e rischi al ribasso derivanti dal rallentamento della domanda. Ha inoltre aggiunto che buona parte della revisione al ribasso del taglio della crescita del Pil 2024 è collegata all’effetto trascinamento del 2023.
    • Con riferimento all’inflazione rimane comunque uno scenario di persistenza su livelli relativamente elevati ancora per diverso tempo.

    Inflation continues to decline but is still expected to remain too high for too long.

    • Con riferimento all’ipotesi di accelerazione del QT, la Lagarde ha sottolineato che non è stato discusso delle vendite di titoli dal programma APP e neanche dei reinvestimenti del piano PEPP.
    • Infine, alla domanda se i tassi BCE abbiano raggiunto un picco e su quanto tempo i tassi saranno tenuti fermi ai livelli attuali, la Lagarde ha dichiarato che l’approccio BCE continua ad essere data dependent.
    • Il rialzo dei tassi apparentemente suona come una vittoria dei falchi ma di fatto il prezzo chiesto in cambio dalle colombe appare più alto del rialzo “venduto ai falchi”.
    • La frase contenente la guidance prima richiamata (e richiamata, letta e scandita più volte dalla Lagarde) fa esplicitamente riferimento al fatto che il livello raggiunto dai tassi, se mantenuto per un periodo sufficientemente lungo, consente di raggiungere il target di inflazione. A ciò si aggiunga la revisione al ribasso dell’inflazione 2025 (da 2,2 a 2,1), ossia molto vicina al target.
    • Tutti questi fattori, in un contesto di marcato calo della crescita, rappresentano fattori di garanzia per le colombe, con il rialzo di oggi il lavoro della Bce è arrivato al capolinea.
    • Utilizzando una metafora, è come se un proprietario di casa sommerso da offerte di acquisto, fosse entrato in agenzia con l’idea di non vendere la casa ma ne fosse uscito vendendola (contrariamente alle sue intenzioni) ad un prezzo ben più alto di quello di mercato.

    In sintesi, un rialzo da falchi con un messaggio (la guidance insieme al ribasso stime di inflazione 2025) esplicito da colomba.

    REAZIONE MERCATI:

    • Il rialzo di oggi consente agli operatori di ribilanciare il peso attribuito al focus sui fattori macro, aumentano quello del rallentamento della crescita a svantaggio dell’inflazione.
      • Il tutto si sintetizza con uno scenario che il rialzo di oggi sia anche l’ultimo del lungo ciclo BCE.
    • I tassi pertanto calano maggiormente in area euro e l’euro rompe al ribasso la soglia di 1,07 consentendo alle borse di festeggiare la potenziale fine della lunga fase di rialzo tassi.
    • Conseguenza ulteriore l’abbassamento delle attese dei tassi future Euribor 3 mesi dal 2025 in poi come da grafico allegato.
  • Intermonte – FLASH – Preview BCE

    Intermonte – FLASH – Preview BCE

    A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte

    In vista della riunione della BCE di giovedì, occorre tenere in considerazione due fattori principali: la spaccatura tra falchi e colombe e la diversa composizione del board dei votanti tra settembre ed ottobre.

    Sul primo punto, la componente “falco” (capeggiata dalla Bundesbank) spinge per un rialzo dei tassi, attribuendo il calo della domanda interna, in atto da fine 2022 (soprattutto in Germania), ad un atteggiamento preventivo volto all’estrema cautela da parte dei consumatori, per il timore di un’inflazione alta e persistente.

    Di conseguenza, nell’ottica della Bundesbank, un rialzo dei tassi servirebbe a cercare di convincere i consumatori che la BCE fa sul serio nella lotta all’inflazione. 

    A tal proposito, un rialzo dei tassi servirebbe anche nella misura in cui potrebbe frenare il deprezzamento dell’euro, riducendo i rischi di inflazione importata, in modo particolare ora che il Brent è ritornato a 90$/b. 

    Discorso diametralmente opposto da parte delle colombe, un atteggiamento tipicamente espressione del Sud Europa, dove il calo della domanda è stato molto più recente.

    Il secondo fattore riguarda la composizione del board dei votanti della BCE: a settembre, in base alla consueta turnazione mensile, alcuni “falchi” (ad esempio Germania e Belgio) non voteranno. Discorso opposto per ottobre, quando invece non voteranno alcune “colombe”, come Spagna ed Irlanda.

    L’incontro potrebbe comunque chiudersi con un esito più “falco”: Lagarde potrebbe infatti alternativamente procedere già ora ad un rialzo, oppure effettuare una pausa, dipingendola nella conferenza stampa come molto probabilmente non definitiva.

    In questo modo lascerebbe implicitamente intendere che il rialzo sarebbe solo rinviato alla riunione del 24 ottobre. 

  • Intermonte – Italian Mid Small Caps Monthly Report Agosto 2023

    Intermonte – Italian Mid Small Caps Monthly Report Agosto 2023

    Stagione degli utili positiva, ma la liquidità è ancora fragile

    A cura del Team di Ricerca di Intermonte

    ·        Performance (+). Il mercato azionario italiano (prezzi al 21 agosto 2023) è sceso del 2,9% nell’ultimo mese, ma è in rialzo del 16,5% su base annua. L’indice FTSE Italy Mid-Cap (-2,3%) ha leggermente sovraperformato l’indice principale dello 0,6% nell’ultimo mese (-11,9% YtD su base relativa), mentre l’indice FTSE Italy Small Caps (+0,3%) ha registrato una performance del 3,2% superiore al mercato, ma del -20,0% su base relativa dall’inizio del 2023. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps è sceso del 4,8% nell’ultimo mese, registrando una performance peggiore rispetto alle mid/small cap italiane.

    ·        Stime (+). Dall’inizio del 2023, abbiamo attuato una revisione al rialzo del +17,5% delle nostre stime sugli EPS del 2023, mentre la revisione è stata più contenuta (+10,9%) sugli EPS per il 2024; concentrandoci sulla nostra copertura mid/small cap, invece, dal 1° gennaio 2023 abbiamo aumentato gli EPS 2023 di appena il 5,8%. In particolare, nell’ultimo mese abbiamo alzato significativamente le stime sia per i titoli del FTSE MIB (+8,4% sugli EPS 2023) sia per la nostra copertura mid-cap (+7,2%, soprattutto grazie ai margini sorprendentemente elevati registrati dai titoli del cemento), mentre abbiamo ridotto le stime per la nostra copertura small-cap (-6,2%).

    ·        Valutazioni (=). Se confrontiamo la performance YtD con la variazione delle stime per l’esercizio ‘23 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un de-rating dello 0,5% su base annua (la stessa metrica era +12,9% un mese fa, prima dell’aggiornamento delle stime); le mid-cap hanno registrato un de-rating del 4,0%, mentre le small cap si sono rivalutate del 14,4%. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 32% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%), ma sostanzialmente in linea con il livello di un mese fa (30%). 

    ·        Liquidità (-). Osservando l’andamento degli indici ufficiali italiani, notiamo che la liquidità delle large cap nell’ultimo mese (misurata moltiplicando i volumi medi per i prezzi medi in un determinato periodo) è superiore del 51,6% rispetto allo stesso periodo di un anno fa (anche grazie agli ottimi risultati del 2Q23), ma rimane inferiore dell’1,2% a livello annuale. Il quadro è molto più preoccupante per le mid/small cap: nello specifico, la liquidità YtD per le mid-cap è scesa del 20,1% YoY, mentre per le small cap è scesa del 28,4% YoY.

    ·        Strategia di investimento. I risultati semestrali pubblicati finora hanno fornito indicazioni complessivamente positive e le principali sorprese sono arrivate, per quanto riguarda la nostra copertura mid small cap, nei settori del cemento e finanziario, più che compensando alcune delusioni sugli utili soprattutto tra le small cap. Tuttavia, il quadro generale rimane fragile non solo a causa dei timori macroeconomici recentemente innescati dalla crisi immobiliare in Cina, ma anche perché, finora, la liquidità investita in titoli a media e bassa capitalizzazione ha continuato a diminuire; per quanto ne sappiamo, è più probabile che la prolungata debole performance di alcuni titoli di alta qualità (ad esempio alcune società del settore digital) sia correlata al fatto che alcuni gestori di fondi hanno ridotto la loro sovraesposizione per bilanciare il rischio nei loro portafogli piuttosto che alle preoccupazioni sulle stime sugli utili societari. Sebbene sia difficile prevedere i tempi, siamo convinti che questa tendenza si invertirà alla luce delle valutazioni di molti titoli di qualità (pensiamo ancora in particolare a quelli del settore digitale) che sono diventate molto attraenti. I deflussi di fondi PIR ordinari sono rimasti significativi nel 2Q23, un miglioramento di questo trend potrebbe rappresentare un importante segnale di inversione anche per le valutazioni del segmento.

    PIR: sono continuati significativi deflussi nel secondo trimestre 2023

    Nella sua revisione trimestrale del 25 maggio 2023, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del primo trimestre ‘23. Nel corso del trimestre, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 779 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato afflussi per 58 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 17,8 miliardi di euro, mentre 1,5 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale è ulteriormente peggiorata rispetto al 4° trimestre e al 3° trimestre del 2022, quando la raccolta netta era stata rispettivamente di -368 milioni di euro e -330 milioni di euro. Il dato di afflusso è peggiore rispetto a quello reso noto dall’Osservatorio PIR de Il Sole 24 Ore, che stimava 667 milioni di euro di deflussi nel 1° trimestre ‘23 (con gennaio, febbraio e marzo rispettivamente a -166 milioni di euro, -268 milioni di euro e -233 milioni di euro).

    Per quanto riguarda i PIR alternativi, gli afflussi nel 1° trimestre ‘23 sono stati pari a 58 milioni di euro, invertendo il trend negativo del 4° trimestre ‘22 (-9 milioni di euro).

    Secondo l’Osservatorio PIR, i deflussi sono proseguiti in aprile, a 144 milioni di euro, in rallentamento rispetto ai trend di febbraio e marzo. Tuttavia, in maggio e giugno sono stati registrati deflussi per, rispettivamente, 196,9 milioni di euro e a 201,9 milioni di euro, segnando un nuovo deterioramento che lascia poco spazio all’ottimismo per i prossimi mesi.

    Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

    Il PIR alternativo, d’altro canto, è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 40.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

    Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello europeo sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi hanno il diritto di acquistare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.

    Le nostre stime per i PIR ordinari

    I dati di Assogestioni relativi al 1° trimestre del 2023 mostrano 779,1 milioni di euro di deflussi, superiori al dato dell’intero 2022 (733,8 milioni di euro): un risultato decisamente più negativo delle attese, che ci induce a rivedere le nostre stime per l’anno in corso, prevedendo deflussi pari a 1,5 miliardi di euro. Le nostre previsioni confermano le aspettative di un miglioramento dei numeri nel secondo semestre 2023, nonostante la visibilità rimanga bassa (i deflussi nel 1° semestre ‘23 dovrebbero essere di circa 1,3 miliardi di euro). Se si guarda alle cause dei riscatti dai fondi PIR, si può certamente ipotizzare che molti investitori, per via delle performance positive alla scadenza dei 5 anni (periodo di investimento minimo necessario per godere dei benefici fiscali sulle plusvalenze), abbiano deciso di incassare per poter indirizzare i propri risparmi verso altri fondi e mercati.

    Secondo la stampa, il governo italiano sta studiando un emendamento per consentire agli investitori di detenere più di un piano di risparmio personale (PIR). Il piano non comporterebbe alcun costo aggiuntivo per il governo, poiché il tetto di investimento di 40.000 euro all’anno per persona (o 200.000 euro in 5 anni).

    rimarrebbe invariato. Accogliamo con grande favore questa iniziativa, che, se approvata, pensiamo possa rilanciare gli afflussi verso i fondi PIR, in quanto il vantaggio di diversificare su più prodotti PIR potrebbe aumentare gli investimenti dei singoli.

    Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto elevato grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

    Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

    • Per il 2023, ipotizziamo una raccolta lorda di nuovi sottoscrittori di PIR pari a 300 milioni di euro;
    • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 50% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
    • Infine, calcoliamo che l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo prima del termine dei cinque anni (per qualsiasi motivo) sarà pari al ~15% degli Assets under Management nel 2023 e oltre.
  • Intermonte – FLASH – Decisione di Fitch sul debito Us

    Intermonte – FLASH – Decisione di Fitch sul debito Us

    FLASH – Decisione di Fitch sul debito Usa

    A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte

    La decisione di Fitch di declassare di un notch il rating del debito US è basata sulla prospettiva di un peggioramento dei conti pubblici nei prossimi tre anni. Paradossalmente, come nel caso di S&P nel 2011, il downgrade è arrivato ancora una volta ad inizio agosto. 

    Le implicazioni della decisione di per sé non portano a pressioni per la vendita di Treasury, trattandosi comunque dei bond della prima economia al mondo con un rating prossimo al massimo. Tuttavia, alcune considerazioni aggiuntive possono essere di aiuto: da un lato ci sono considerazioni sullo stato di salute dei conti pubblici USA, dopo la lunga stagione di rialzi della Fed, dall’altro considerazioni sulle potenziali pressioni a vendere che possono arrivare da altre fonti.

    • Partendo dai conti pubblici:
      • il rialzo dei tassi della Fed e il conseguente rialzo dei tassi di mercato ha comportato un aumento del costo medio di circa $33.000 mld di debito, ora pari a circa 2,75%, al massimo dal 2012.
    • In termini assoluti, la spesa per interessi è arrivata a raggiungere i $ 900 mld annui, ossia poco sopra l’ammontare recentemente messo nel budget di spesa militare. Allo stesso tempo, il deficit di bilancio/Pil è ricominciato a salire, passando da circa il 4% di metà 2022 all’8,5% di metà 2023.
    • Tutto questo ha costretto il Tesoro Usa a rivedere sensibilmente al rialzo l’ammontare di emissioni per il trimestre in corso, portandole da 730 a ben $1000 mld, anche in vista delle minori entrate fiscali su uno scenario di rallentamento economico. 

    In ogni caso, il downgrade di Fitch non mette di per sè pressioni di vendita sui Treasury, visto anche l’elevatissimo rating di cui ancora beneficiano. 

    Tuttavia, le pressioni al rialzo dei tassi nel breve possono derivare innanzitutto da due fattori:

    • incremento dell’offerta di emissioni, come prima sottolineato;
    • recente decisione della banca centrale giapponese di consentire di fatto ai tassi dei titoli di Stato decennali nipponici di potersi spingersi fin verso l’1%, eliminando pertanto il tetto dello 0,5% presente da diversi anni;  
    • può sembrare una decisione che apparentemente non ha punti di collegamento con gli USA, ma in realtà i nessi di causa/effetto in questo caso sono molto forti. Questo perché il Giappone è il principale detentore al mondo di Treasury a lunga scadenza, per un importo pari a 1096 Mld$, già in netto calo rispetto alle punte record del 2021 di oltre $1300 Mld
    • Gli investitori nipponici, dopo la decisione della BOJ hanno ora molta più convenienza a rivolgersi ai titoli di Stato domestici in luogo dei Treasury. Apparentemente il tasso decennale US è molto superiore a quello nipponico (attualmente circa 4,10% vs 0,62%), ma la realtà è diversa: un investitore nipponico che acquisti Treasury decennali coprendosi dal rischio cambio, percepisce addirittura un tasso finale (ossia comprensivo del costo della copertura dal valutario) negativo di circa l’1,5%. 

    In sintesi 

    • La decisione di Fitch di per sè non rappresenta un fattore di pressione alla vendita sui Treasury, trattandosi comunque ancora dei titoli della prima economia al mondo con un rating molto elevato. 
    • Le pressioni in vendita (in modo particolare sul segmento decennale) nel breve arrivano piuttosto da altri due fattori: 
      • L’incremento delle emissioni per finanziare il crescente deficit di bilancio 
      • Le potenziali vendite degli investitori giapponesi dopo la recente decisione della BoJ 
    • Questi fattori possono comportare come conseguenza un richiamo dal mondo tassi tale da portare volatilità sui mercati azionari dopo 5 mesi consecutivi di rialzo nel caso USA, in un contesto in cui la Fed, e in generale le principali banche centrali, stanno riducendo la liquidità in circolazione (sebbene rimanga in assoluto ancora molto elevata) per frenare le spinte inflattive. 
    • Sul fronte macro i rialzi a cui potremmo assistere da un lato aumentano la possibilità di un rallentamento marcato dell’economia, soprattutto in ottica 2024, senza escludere ancora l’ipotesi recessione, dall’altro rappresentano anche un potenziale freno ad un eccesso di manovre restrittive delle banche centrali (Fed in testa), anche per evitare ripercussioni eccessive sui conti pubblici. 
    • Tutto questo depone a favore di Fed e BCE che possono propendere per una pausa a settembre, accompagnando la decisione con un’avvertenza: la pausa non necessariamente sarà definitiva. Un modo per cercare di difendersi dal rischio di recrudescenza dell’inflazione e per frenare l’eccessivo effetto ricchezza derivante dalle borse, soprattutto in Usa, che oltre un certo livello, rischia di mettere a rischio la lunga lotta all’inflazione degli ultimi trimestri.
  • FLASH – DATI EURO: alcune conferme e qualche novità

    FLASH – DATI EURO: alcune conferme e qualche novità

    A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte

    I dati di oggi sul Pil del secondo trimestre e sull’inflazione preliminare di luglio dell’area Euro hanno fornito alcune indicazioni che in parte confermano il trend già in essere.

    Sul fronte della crescita, è emerso un rallentamento soprattutto nell’ambito di alcuni paesi dell’Eurozona, con Italia e Portogallo che hanno evidenziato un calo trimestrale. La Germania, dal canto suo, continua ad arrancare con il Pil fermo nel secondo trimestre, a testimonianza del difficile momento che sta attraversando la manifattura tedesca.

    La Spagna, invece, ha mantenuto una solida crescita trimestrale, mentre la Francia più di tutti ha sorpreso al rialzo, grazie soprattutto (stando alle dichiarazioni del Ministro delle Finanze Le Maire) alle esportazioni e agli investimenti aziendali.

    Tutto questo si è tradotto in una crescita del Pil dell’Eurozona superiore alle attese nel secondo trimestre, con una variazione migliorativa anche rispetto al primo trimestre che cancella la recessione tecnica emersa in precedenza tra il quarto trimestre 2022 e il primo 2023.

    Sul fronte dell’inflazione, i segnali di rallentamento dei prezzi dell’energia sono stati complessivamente bilanciati dalla componente alimentare, dalle utenze e ancora una volta dai servizi, dove la componente ricreazione/viaggi riveste un ruolo centrale.

    L’impatto finale si è condensato in un’inflazione core che, per la prima volta dagli inizi del 2021, si è posizionata al di sopra di quella generale (5,5% vs 5,3%, vedi grafico), facendo ancora rimanere aperta la possibilità di un ulteriore rialzo dei tassi a settembre. 

    Lagarde, tra l’altro, in un’intervista rilasciata recentemente, ha precisato che, anche laddove si optasse per una pausa a settembre, non sarebbe da considerarsi necessariamente uno stop definitivo, segnalando di fondo il timore di una recrudescenza dell’inflazione dopo il rallentamento degli ultimi mesi.

    In estrema sintesi, i dati di oggi su Pil ed inflazione confermano in buona parte i trend già in essere: la prima economia dell’area Euro che stenta a rientrare dalla fase recessiva, alcuni paesi del sud che dopo una buona partenza d’anno hanno manifestato un rallentamento, come nel caso dell’Italia. Per quest’ultima, ha di certo contribuito (stando alle indicazioni qualitative dell’Istat nella pubblicazione preliminare) un calo della domanda interna, che nel trimestre non ha trovato un contrappeso nelle esportazioni nette, che hanno evidenziato una contribuzione nulla. 

    Sul fronte dell’inflazione si conferma la possibilità che i servizi frenino il calo della componente core mettendo la BCE sul trampolino di lancio per un eventuale ulteriore rialzo di 25 pb entro la fine dell’anno.

  • Intermonte – Italian Mid Small Caps Monthly Report Luglio 2023

    Intermonte – Italian Mid Small Caps Monthly Report Luglio 2023

    Report mensile sulle Mid Small Cap italiane

    Cosa può invertire la tendenza alla sottoperformance?

    A cura del Team di Ricerca di Intermonte

    ·        Performance (-). Il mercato azionario italiano (prezzi al 20 luglio 2023) è salito dello 3.9% nell’ultimo mese ed è in rialzo del 19,9% su base annua. L’indice FTSE Italy Mid-Cap (-1,7%) ha sottoperformato l’indice principale dell’5,5% nell’ultimo mese (-12,6% da inizio anno), mentre l’indice FTSE Italy Small Caps (-2,1%) ha registrato una performance del 5,9% inferiore rispetto al mercato e del -23,7% su base relativa dall’inizio del 2023. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps è aumentato dello 1,8% nell’ultimo mese, registrando una performance migliore rispetto alle mid/small cap italiane.

    ·        Stime (=). Dall’inizio del 2023, abbiamo attuato una revisione al rialzo del +8,0% delle nostre stime sugli EPS del 2023, mentre la revisione è stata più contenuta (+5,3%) sugli EPS per il 2024; concentrandoci sulla nostra copertura mid/small cap, tuttavia, dal 1° gennaio 2023 abbiamo aumentato gli EPS 2023 di appena lo 0,5%. In particolare, nell’ultimo mese abbiamo lasciato invariate le stime sia sui titoli del FTSE MIB sia sulle mid/small cap che copriamo.

    ·        Valutazioni (=). Se confrontiamo la performance YtD con la variazione delle stime per l’esercizio ‘23 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un re-rating dell’12,9% su base annua (la stessa metrica era +8,3% un mese fa); le mid-cap si sono rivalutate del 5,4%, mentre le small cap del 8,5%. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 30% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%), ma al di sotto del livello di un mese fa (42%).

    ·        Liquidità (-). Osservando l’andamento degli indici ufficiali italiani, notiamo che la liquidità delle large cap nell’ultimo mese (misurata moltiplicando i volumi medi per i prezzi medi in un determinato periodo) è superiore del 13% rispetto allo stesso periodo di un anno fa, mentre è in calo del 6,5% dall’inizio dell’anno rispetto allo stesso periodo nel 2022. Il quadro è molto più preoccupante per le mid/small cap: nello specifico, la liquidità YtD per le mid cap è scesa del 24,4% YoY, mentre per le small cap è scesa del 30,9% YoY.

    • Strategia di investimento. Nonostante le aspettative di una recessione dovute all’aumento dei tassi d’interesse e dell’inflazione, le economie degli Stati Uniti e dell’Unione Europea si dimostrano resilienti. Il mercato del lavoro rimane forte, la spesa dei consumatori è in crescita e gli utili aziendali sono robusti. Il rallentamento dell’inflazione lascia supporre che gli aumenti dei tassi d’interesse possano terminare presto. Gli economisti sono cautamente ottimisti sulla possibilità di un ”soft landing”, ma i rischi che una recessione si verifichi sono ancora presenti. In questo contesto, non ci aspettiamo che i risultati del 2° trimestre del 2023 provochino un taglio significativo delle stime, ma questo sarà sufficiente a invertire la sottoperformance dei titoli mid-small (soprattutto quelli dell’indice STAR) che ha invece continuato ad allargarsi? Finora la liquidità investita nelle mid/small cap ha continuato a diminuire, e quindi l’attenzione si è concentrata soprattutto sulla ricerca di catalyst negativi per capire cosa vendere piuttosto che di quelli positivi per capire cosa comprare. Sebbene sia difficile fare delle previsioni sulle tempistiche, siamo convinti che questa tendenza si invertirà alla luce delle valutazioni di molti titoli di qualità (in particolare quelli del settore digitale) che sono diventate molto interessanti. Nell’ultimo anno, l’indice STAR ha sottoperformato il FTSE MIB del 34%; non riteniamo che ci siano ragioni sostanziali per cui questo divario si possa ampliarsi ulteriormente.

    PIR: sono continuati significativi deflussi ad aprile e maggio

    Nella sua revisione trimestrale del 25 maggio 2023, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del primo trimestre ‘23. Nel corso del trimestre, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 779 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato afflussi per 58 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 17,8 miliardi di euro, mentre 1,5 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale è ulteriormente peggiorata rispetto al 4° trimestre e al 3° trimestre del 2022, quando la raccolta netta era stata rispettivamente di -368 milioni di euro e -330 milioni di euro. Il dato di afflusso è peggiore rispetto a quello reso noto dall’Osservatorio PIR de Il Sole 24 Ore, che stimava 667 milioni di euro di deflussi nel 1° trimestre ‘23 (con gennaio, febbraio e marzo rispettivamente a -166 milioni di euro, -268 milioni di euro e -233 milioni di euro).

    Per quanto riguarda i PIR alternativi, gli afflussi nel 1° trimestre ‘23 sono stati pari a 58 milioni di euro, invertendo il trend negativo del 4° trimestre ‘22 (-9 milioni di euro).

    Secondo l’Osservatorio PIR, i deflussi sono proseguiti in aprile, a 144 milioni di euro, in rallentamento rispetto ai trend di febbraio e marzo.

    Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

    Il PIR alternativo, d’altro canto, è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 40.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

    Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello europeo sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi hanno il diritto di acquistare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.

    Le nostre stime per i PIR ordinari

    I dati di Assogestioni relativi al 1° trimestre del 2023 mostrano 779,1 milioni di euro di deflussi, superiori al dato dell’intero 2022 (733,8 milioni di euro): un risultato decisamente più negativo delle attese, che ci induce a rivedere le nostre stime per l’anno in corso, prevedendo deflussi pari a 1,5 miliardi di euro. Le nostre previsioni, seppur riviste al ribasso, confermano le aspettative di un miglioramento dei numeri nel secondo semestre 2023. Se si guarda alle cause dei riscatti dai fondi PIR, si può certamente ipotizzare che molti investitori, per via delle performance positive alla scadenza dei 5 anni (periodo di investimento minimo necessario per godere dei benefici fiscali sulle plusvalenze), abbiano deciso di incassare per poter indirizzare i propri risparmi verso altri fondi e mercati.

    Secondo la stampa, il governo italiano sta studiando un emendamento per consentire agli investitori di detenere più di un piano di risparmio personale (PIR). Il piano non comporterebbe alcun costo aggiuntivo per il governo, poiché il tetto di investimento di 40.000 euro all’anno per persona (o 200.000 euro in 5 anni).

    rimarrebbe invariato. Accogliamo con grande favore questa iniziativa, che, se approvata, pensiamo possa rilanciare gli afflussi verso i fondi PIR, in quanto il vantaggio di diversificare su più prodotti PIR potrebbe aumentare gli investimenti dei singoli.

    Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto elevato grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

    Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

    • Per il 2023, ipotizziamo una raccolta lorda di nuovi sottoscrittori di PIR pari a 300 milioni di euro;
    • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 50% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
    • Infine, calcoliamo che l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo prima del termine dei cinque anni (per qualsiasi motivo) sarà pari al ~15% degli Assets under Management nel 2023 e oltre.
  • FLASH – INFLAZIONE USA giugno: indice core al minimo dal 2021

    FLASH – INFLAZIONE USA giugno: indice core al minimo dal 2021

    A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte

    Inflazione USA di giugno inferiore alle attese soprattutto per la componente core, dove l’indice arriva al 4,8% (il minimo dal 2021), e al 4% in termini supercore (cioè al netto anche della componente affitti).

    Il 70% del rialzo mensile è ancora attribuibile alla componente affitti che sta lentamente provando ad assestarsi, come dimostra il grafico del dato a/a.

    Come da attese, sono in calo i prezzi di auto e trucks usati (-0,5% m/m), mentre risultano in calo anche le tariffe aeree (-8,1% m/m). A sorpresa dato che siamo nel pieno della stagione degli spostamenti per vacanze.

    I redditi reali medi settimanali ritornano in positivo, per la prima volta da aprile 2021.

    IN SINTESI

    • Il dato di oggi non dovrebbe mettere in discussione il rialzo di 25pb a lugliomentre restano perplessità sulla necessità di un ulteriore rialzo a settembre.
    • La notizia è positiva per i consumi, il che potrebbe portare la FED a cercare di utilizzare tutti i tecnicismi del caso (ad esempio il tasso reverse repo ed altro), per poter lavorare di più sul calo della liquidità e meno sui tassi, tenendo così sotto controllo i consumi e assicurandosi un trend calante dell’inflazione.
    • Il dato conferma la possibilità che i tassi di mercato possano aver raggiunto il picco, con una possibile conseguente prosecuzione del trend di inversione della curva.
    • Da un punto di vista operativo, i tassi governativi risultano essere al momento appetibili, cercando di lavorare sugli estremi della curva per sfruttare il buon rapporto rischio/rendimento del comparto a breve e i potenziali capital gain della parte entro i 10 anni
  • INTERMONTE: UN NUOVO BOND PER PUNTARE SULL’INVERSIONE DELLA CURVA DEI TASSI D’INTERESSE A LUNGO TERMINE

    INTERMONTE: UN NUOVO BOND PER PUNTARE SULL’INVERSIONE DELLA CURVA DEI TASSI D’INTERESSE A LUNGO TERMINE

    L’obbligazione, ideata da Intermonte ed emessa da Goldman Sachs, presenta una caratteristica struttura Fixed Rate to Inverse Floating Rate: per i primi due anni paga una cedola annuale fissa del 5,25% lordo, mentre per gli ultimi tre anni è prevista una cedola annuale pari alla differenza tra il tasso fisso del 5,25% e l’Euribor a tre mesi

    Milano, 10 luglio 2023 – In uno scenario in cui il ciclo di rialzi dei tassi sembra ormai avviato verso la fine, con il consenso generale degli operatori che prevede possibili tagli da parte delle banche centrali già entro la metà del prossimo anno, intercettare le attese del mercato sull’andamento futuro dei tassi diventa fondamentale per remunerare gli investitori in modo efficiente.

    Ne è consapevole Intermonte – Investment bank indipendente specializzata in intermediazione, ricerca, capital markets, M&A e advisory sul mercato italiano – che ha ideato un nuovo Bond a 5 anni, emesso da Goldman Sachs, con una struttura Fixed Rate to Inverse Floating Rate Note, proprio per adattarsi a una curva dei tassi invertita, con la parte a breve, più sensibile alle decisioni di politica monetaria, più alta e la parte a lungo ribassata, coerente con l’ipotesi di un forte rallentamento dell’economia o, addirittura, di una possibile recessione.

    Il Bond in dettaglio e la struttura Fixed Rate to Inverse Floating Rate

    Il titolo(codice ISIN XS2552813722), denominato in euro, è quotato sul mercato Euro TLX di Borsa Italiana e scadrà il 20 giugno 2028. Per i primi due anni è prevista una cedola annuale fissa del 5,25% lordo (“Fixed Rate”), mentre per gli ultimi tre anni è prevista una cedola annuale pari alla differenza tra il tasso fisso del 5,25% e l’Euribor a tre mesi, con Cap al 5,25% lordo e Floor all’1,2% lordo (“Inverse Floating Rate”). Il tasso Euribor a tre mesi, cioè il tasso di interesse interbancario, rappresenta un ottimo parametro perché approssima molto bene il tasso sui depositi, diventato punto di riferimento per le mosse della BCE.

    Il bond consente all’investitore di ottenere un tasso superiore agli attuali livelli di mercato, e questo, secondo la view di Intermonte e del consenso, dovrebbe durare per i primi due anni, nei quali verrà pagato un tasso fisso del 5,25% lordo (contro il 3,75% lordo pagato dal BTP a 5 anni). Ma anche nei tre anni successivi, se si verificherà la prevista inversione e i tassi inizieranno a diminuire, grazie al meccanismo reverse e al calo dell’Euribor a tre mesi, il bond continuerà ad offrire rendimenti superiori a quelli del mercato, tanto più elevati quanto più rapida sarà la discesa dell’Euribor a tre mesi.

    Il bond non prevede l’opzione di rimborso anticipato: questa caratteristica lo rende più conveniente per l’investitore e più costoso per l’emittente, che in futuro non potrà richiamare l’obbligazione e, se i tassi caleranno come previsto, si troverà a pagare un tasso superiore a quello di mercato. Al contrario, la possibilità di rimborso anticipato per l’investitore significherebbe, in caso di richiamo del bond da parte dell’emittente, dover accontentarsi di rendimenti di mercato più bassi.  

    «Dopo anni di performance insoddisfacenti, il mercato obbligazionario è tornato ad offrire rendimenti attraenti. L’investitore italiano ha una tradizionale predilezione per BOT e BTP, come conferma il grande successo del BTP Valore, ma limitarsi ai titoli di Stato sarebbe un errore: diversificazione e stock picking sono fondamentali anche nell’asset class obbligazionaria e oggi tra i corporate bond di società ad alto standing si possono trovare opportunità interessanti. Per questo nuovo bond, ad esempio, Intermonte ha appositamente studiato un meccanismo reverse in grado di adattarsi al contesto di calo dei tassi previsto per i prossimi anni e remunerare gli investitori nel modo più efficiente possibile, offrendo loro un tasso sopra mercato per tutti e cinque gli anni» dichiara Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte

  • La liquidità è ancora un problema, le valutazioni sono interessanti

    La liquidità è ancora un problema, le valutazioni sono interessanti

    Report mensile sulle Mid Small Cap italiane A cura del Team di Ricerca di Intermonte

    • Performance (-). Il mercato azionario italiano (prezzi al 19 giugno 2023) è salito dello 0,7% nell’ultimo mese ed è in rialzo del 16,1% su base annua. L’indice FTSE Italy Mid-Cap (-0,5%) ha sottoperformato l’indice principale dell’1,2% nell’ultimo mese (-6,3% su base annua), mentre l’indice FTSE Italy Small Caps (-2,1%) ha registrato una performance del 2,8% inferiore rispetto al mercato e del -17,3% su base relativa dall’inizio del 2023. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps è sceso dello 0,8% nell’ultimo mese, registrando una performance sostanzialmente in linea con le mid-cap italiane.
    • Stime (=). Dall’inizio del 2023, abbiamo attuato una revisione al rialzo del +8,1% delle nostre stime sugli EPS del 2023, mentre la revisione è stata più contenuta (+5,1%) sugli EPS per il 2024; concentrandoci sulla nostra copertura mid/small cap, tuttavia, dal 1° gennaio 2023 abbiamo aumentato gli EPS 2023 di appena lo 0,7%. In particolare, nell’ultimo mese abbiamo migliorato le previsioni sugli EPS per la nostra copertura FTSE MIB (+3,9%/+2,6% sul 2023/24), mentre abbiamo lasciato invariate le stime per la nostra copertura mid/small cap (anche alla luce del limitato flusso di notizie dell’ultimo mese).
    • Valutazioni (=). Se confrontiamo la performance YtD con la variazione delle stime per l’esercizio ‘23 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un re-rating dell’8,3% su base annua (la stessa metrica era +6,4% un mese fa); le mid-cap si sono rivalutate del 7,8%, mentre le small cap del 9,2%. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 42% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%), ma al di sotto del livello di un mese fa (47%).
    • Liquidità (-). Osservando l’andamento degli indici ufficiali italiani, notiamo che la liquidità delle large cap nell’ultimo mese (misurata moltiplicando i volumi medi per i prezzi medi in un determinato periodo) è superiore del 9% rispetto allo stesso periodo di un anno fa, mentre è in calo del 10% su base annua. Il quadro è molto più preoccupante per le mid/small cap: nello specifico, la liquidità YtD per le mid cap è scesa del 25,5% YoY, mentre per le small cap è scesa del 33,6% YoY.
    • Strategia di investimento. L’ultimo mese è stato stagionalmente debole in termini di flusso di notizie. Il quadro macro ha fornito segnali contrastanti mentre il PIL italiano mostra una discreta tenuta, in parte grazie al sostegno del turismo ma anche grazie a una domanda locale sorprendentemente solida. In questo contesto, la nostra preferenza per i titoli esposti alla trasformazione digitale ha finalmente segnato un recupero, sostenuto da multipli valutativi interessanti, da una lieve riduzione dei tassi di interesse italiani e da un diffuso dibattito sulle potenzialità inespresse dell’intelligenza artificiale. Guardando al futuro, le valutazioni di alcuni settori, come l’IT, rimangono allettanti e prevediamo che i risultati del secondo trimestre forniscano una conferma della bontà delle nostre stime. La liquidità rimane un problema tra le small cap, soprattutto in relazione ai consistenti deflussi dai fondi PIR che, in media, rappresentano circa il 10% del flottante di questo segmento. Ci auguriamo che alcune iniziative possano contribuire a migliorare la situazione dopo un periodo di flussi contenuti e mancanza di nuove quotazioni.

    PIR: significativi deflussi nel primo trimestre 2023

    Nella sua revisione trimestrale del 25 maggio 2023, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del primo trimestre ‘23. Nel corso del trimestre, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 779 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato afflussi per 58 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 17,8 miliardi di euro, mentre 1,5 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale è ulteriormente peggiorata rispetto al 4° trimestre e al 3° trimestre del 2022, quando la raccolta netta era stata rispettivamente di -368 milioni di euro e -330 milioni di euro. Il dato di afflusso è peggiore rispetto a quello reso noto dall’Osservatorio PIR de Il Sole 24 Ore, che stimava 667 milioni di euro di deflussi nel 1° trimestre ‘23 (con gennaio, febbraio e marzo rispettivamente a -166 milioni di euro, -268 milioni di euro e -233 milioni di euro).

    Per quanto riguarda i PIR alternativi, gli afflussi nel 1° trimestre ‘23 sono stati pari a 58 milioni di euro, invertendo il trend negativo del 4° trimestre ‘22 (-9 milioni di euro).

    Secondo l’Osservatorio PIR, i deflussi sono proseguiti in aprile, a 144 milioni di euro, in rallentamento rispetto ai trend di febbraio e marzo.

    Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

    Il PIR alternativo, d’altro canto, è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 40.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

    Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello europeo sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi hanno il diritto di acquistare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.

    Le nostre stime per i PIR ordinari

    I dati di Assogestioni relativi al 1° trimestre del 2023 mostrano 779,1 milioni di euro di deflussi, superiori al dato dell’intero 2022 (733,8 milioni di euro): un risultato decisamente più negativo delle attese, che ci induce a rivedere le nostre stime per l’anno in corso, prevedendo deflussi pari a 1,5 miliardi di euro. Le nostre previsioni, seppur riviste al ribasso, confermano le aspettative di un miglioramento dei numeri nel secondo semestre 2023. Se si guarda alle cause dei riscatti dai fondi PIR, si può certamente ipotizzare che molti investitori, per via delle performance positive alla scadenza dei 5 anni (periodo di investimento minimo necessario per godere dei benefici fiscali sulle plusvalenze), abbiano deciso di incassare per poter indirizzare i propri risparmi verso altri fondi e mercati.

    Secondo la stampa, il governo italiano sta studiando un emendamento per consentire agli investitori di detenere più di un piano di risparmio personale (PIR). Il piano non comporterebbe alcun costo aggiuntivo per il governo, poiché il tetto di investimento di 40.000 euro all’anno per persona (o 200.000 euro in 5 anni).

    rimarrebbe invariato. Accogliamo con grande favore questa iniziativa, che, se approvata, pensiamo possa rilanciare gli afflussi verso i fondi PIR, in quanto il vantaggio di diversificare su più prodotti PIR potrebbe aumentare gli investimenti dei singoli.

    Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto elevato grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

    Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

    • Per il 2023, ipotizziamo una raccolta lorda di nuovi sottoscrittori di PIR pari a 300 milioni di euro;
    • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 50% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
    • Infine, calcoliamo che l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo prima del termine dei cinque anni (per qualsiasi motivo) sarà pari al ~15% degli Assets under Management nel 2023 e oltre.
  • Nuovo appuntamento a Parigi con l’European Midcap Event di Intermonte

    Nuovo appuntamento a Parigi con l’European Midcap Event di Intermonte

    Milano, 20 giugno 2023 – La capitale francese torna a fare da sfondo ad una nuova tappa dell’European MidCap Event, il ciclo di incontri dedicato alle piccole e medie aziende italiane, organizzato da Intermonte – Investment bank indipendente specializzata in intermediazione istituzionale, ricerca, capital markets, M&A e advisory sul mercato italiano – in collaborazione con CF&B Communication – agenzia specializzata nelle relazioni tra società quotate e investitori istituzionali.

    L’evento si svolgerà giovedì 22 giugno presso l’hotel Westin Paris, situato al centro della città tra Place de la Concorde e Place Vendôme, alla presenza di 15 case d’investimento e 19 investitori, per lo più francesi. Nove le piccole e medie aziende italiane quotate che Intermonte, in qualità di unico partner per l’Italia, accompagnerà ai 32 meeting in calendario: Alkemy, Antares Vision, Cyberoo, Emak, Esprinet, Fine Foods, Mondadori, Tinexta e TXT.

    Guglielmo Manetti, Amministratore Delegato di Intermonte, commenta: “Intermonte, nel suo ruolo di leader nel segmento delle mid-small caps italiane, rappresenta l’interlocutore ideale per gli investitori istituzionali europei che vogliano approcciarsi a un ecosistema vario e dal potenziale ancora in gran parte inespresso come quello delle nostre pmi. Accompagnare queste aziende nel loro percorso di crescita e di raccolta di capitali è un passo decisivo per supportare l’eccellenza Made in Italy e contribuire al benessere dell’economia reale del Paese”.

    “Con questa nuova tappa dell’European Midcap Event, Intermonte ribadisce ancora una volta il suo impegno a supporto di una rosa di aziende italiane scelte per le loro competenze e i loro standard elevati, che si distinguono per capacità di innovare e offrire prodotti e servizi di qualità nei più svariati settori, dalla componentistica alla trasformazione digitale, dall’editoria all’healthcare” – conclude Micaela Ferruta, Responsabile Corporate Broking e Specialist.

  • FLASH BCE: stime inflazione riviste al rialzo. Confermato possibile altro rialzo a luglio

    FLASH BCE: stime inflazione riviste al rialzo. Confermato possibile altro rialzo a luglio

    A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte

    La BCE, come da attese, ha optato per un rialzo di 25 pb del tasso di riferimento e del tasso sui depositi, quest’ultimo ora al 3,5%. 

    Le nuove stime evidenziano una revisione al ribasso per la crescita fino al 2024 ed al rialzo per l’inflazione su tutto l’orizzonte temporale fino al 2025 (2,2% da 2,1%).

     Nella conferenza stampa la Lagarde ha precisato quanto segue:

    • Un ulteriore rialzo a luglio è molto probabile 
    • La Bce non sta considerando l’ipotesi di una pausa 
    • In merito alla scadenza della TLTRO e fine dei reinvestimenti della linea APP a fine giugno, la Lagarde ha dichiarato che era ampiamente noto alle banche, non vi sono state tensioni sui mercati monetari ed in ogni caso le banche hanno a disposizione le linee di rifinanziamento ordinarie.

    Molte domande sono arrivate soprattutto da giornalisti del Nord Europa sui rischi sull’inflazione derivanti dalle pressioni salariali:

    • La Lagarde ha risposto sottolineando che per l’estate c’è l’attesa di inflazione persistente a causa della resilienza della componente servizi ricollegabile soprattutto al comparto ospitalità e trasporti 
    • In ogni caso al momento non vi sono sintomi di spirale prezzi/salari 

    Oltre a questo, la Lagarde ha anche richiamato i rischi per la stabilità finanziaria derivanti dal mercato immobiliare con il contestuale rialzo dei costi di finanziamento e rialzo della disoccupazione. 

    IN SINTESI

    • Complessivamente, il discorso della Lagarde ha confermato le attese di un ulteriore rialzo a luglio
    • Analizzando la reazione di mercato si nota un’accentuazione ulteriore dell’inversione della curva tedesca arrivata a 63 pb sul segmento 2/10 anni, segnale quest’ultimo soprattutto della percezione degli operatori secondo cui spingersi troppo oltre nel rialzo dei tassi può impattare molto più negativamente sulla crescita rispetto ai potenziali benefici in termini di contenimento dell’inflazione. 

    SPREAD 2/10 ANNI GERMANIA

    Lo scenario al momento rimane confermato: 

    • TASSO DEPOSITO BCE: pressoché certo il 3,75% nella riunione del 27 luglio, con eventuale estensione al 4% nella riunione del 14 settembre.
      • Quest’ultima ipotesi su settembre sarà il frutto della ponderazione di due fattori opposti:
        • 1) calo dell’inflazione (soprattutto core) determinato dalla componente servizi;
        • 2) impatto marcato sulla crescita (soprattutto per i paesi come la Germania più legati alla manifattura) determinato da un eccessivo rialzo dei tassi 
    • TASSI DI MERCATO : nel secondo semestre calo dei tassi a medio lungo termine determinato dall’attesa di ripercussioni negative sulla crescita dei rialzi, tale da iniziare a far ipotizzare un atteggiamento più espansivo in ottica 2024, salvo ovviamente eventi straordinari ricollegabili ad esempio alla geopolitica
    • EURUSD: possibilità di ripresa del deprezzamento del dollaro nel secondo semestre in vista della possibilità che la FED per prima dia la percezione di ammorbidimento della politica monetaria in ottica 2024, a fronte invece di una maggiore vischiosità al ribasso dell’inflazione Euro causata dalla maggiore incidenza della componente servizi ricollegabile soprattutto al maggiore impatto delle componenti connesse al turismo.
  • NASCE L’AMC ITALIA TOP SELECTION, IL PRIMO CERTIFICATO A GESTIONE ATTIVA IDEATO DA INTERMONTE PER PUNTARE SULLE ECCELLENZE ITALIANE

    NASCE L’AMC ITALIA TOP SELECTION, IL PRIMO CERTIFICATO A GESTIONE ATTIVA IDEATO DA INTERMONTE PER PUNTARE SULLE ECCELLENZE ITALIANE

    Il certificato, emesso da BNP Paribas, replica linearmente l’andamento di un basket di azioni italiane di media e grande capitalizzazione, aggiornato da Intermonte con l’obiettivo di sovra-performare il mercato italiano

    Milano, 29 maggio 2023 – In un contesto di mercato volatile come quello attuale, dove, dopo un 2022 straordinariamente difficile, l’azionario italiano ha registrato la miglior performance da inizio anno tra i principali indici europei. Un’opzione interessante per gli investitori è quella di puntare sulle eccellenze italiane, storie di successo a livello imprenditoriale e borsistico che contribuiscono a instaurare un circolo virtuoso a supporto dell’economia reale del Paese.

    Analizzare e selezionare i titoli delle migliori aziende italiane quotate rappresenta, però, un’operazione complessa per la maggior parte degli investitori. Per questo Intermonte – Investment bank indipendente specializzata in intermediazione, ricerca, capital markets, M&A e advisory sul mercato italiano – ha ideato l’AMC Italia Top Selection, un nuovo certificato a gestione attiva che replica linearmente l’andamento di un basket di azioni italiane di media e grande capitalizzazione. La selezione è realizzata dal team di Advisory & Gestione, che ha la possibilità di modificarlo anche giornalmenteGliActively Managed Certificates (AMC) sono, infatti, strumenti finanziari quotati che replicano la performance di un indice o di un paniere gestito attivamente da un Index Advisor, con l’obiettivo di massimizzare i rendimenti operando in modo discrezionale e opportunistico.

    Il certificato in dettaglio

    L’AMC Italia Top Selection (ISIN XS2484667311) è emesso da BNP Paribas, è quotato sul mercato EuroTLX al valore nominale di 1.000 euro e, come tutti i certificati, è prezzato continuamente, quindi acquistabile o vendibile in qualunque momento. Si tratta di uno strumento open end, ovvero senza scadenza, che consente un’elevata flessibilità, in quanto il team di Advisory & Gestione può scegliere il livello di liquidità del portafoglio modello, fino ad un massimo del 50%.

    Il processo di investimento

    Nel caso dell’AMC Italia Top Selection il ruolo di Index Advisor è svolto dal team di Advisory & Gestione di Intermonte, che applica un processo di investimento organizzato in tre fasi: anzitutto l’analisi macroeconomica, svolta in collaborazione con il Chief Global Strategist Antonio Cesarano, con l’obiettivo di identificare lo scenario macro di riferimento dell’economia italiana, le sue variabili chiave (tassi, valute, commodities…) e, di conseguenza, i settori che possono esserne influenzati in un orizzonte di breve (1-3 mesi) e medio (1 anno) termine. Segue poi una rigorosa analisi dei fondamentali delle società, con particolare attenzione ai casi di discontinuità di gestione aziendale o di forte turnaround che possono offrire upside elevati. L’analisi fondamentale porta alla definizione di un portafoglio “core” con orizzonte di medio-lungo periodo, che rappresenta mediamente il 70% dell’intero portafoglio, e di un portafoglio “tattico” con orizzonte temporale più breve. Infine, occorre ricordare che il team di Advisory & Gestione di Intermonte intrattiene un dialogo costante con le società in portafoglio e, in particolare, con il management delle aziende “core”, che incontra almeno tre volte all’anno.  

    L’efficacia di questo processo di analisi e selezione è confermata dai risultati registrati dal portafoglio modello di Intermonte che il certificato replica (grafico sotto) che ogni anno, sin dal momento del suo lancio nel 2005, ha sempre battuto l’indice FTSE Italia All Share e, a differenza di quest’ultimo, è già riuscito a recuperare i massimi del 2007. In particolare, nel periodo 2005-2022, il CAGR, ovvero il tasso di crescita annuale composto del portafoglio, è stato del 5,15%, mentre quello del Ftse Italia All Share del -0,9% (o dell’1,5% se si considera il reinvestimento dei dividendi come avviene per l’AMC).

    I vantaggi degli AMC: flessibilità e compensazione fiscale

    L’AMC garantisce grande flessibilità non soltanto all’emittente e all’Index Advisor, ma anche all’investitore, che può contare su:

    • costi amministrativi più bassi, che gli consentono di comporre un portafoglio con agilità sia in fase di investimento che di disinvestimento, avendo a disposizione quotidianamente un prezzo trasparente sul mercato SeDeX e TLX, dove gli AMC sono facilmente acquistabili e vendibili;
    • trattamento fiscale favorevole, perché gli eventuali profitti sono classificati come “redditi diversi” e sono compensabili con minusvalenze pregresse, a differenza della maggior parte dei prodotti di investimento presenti sul mercato, che generano “redditi da capitale”, soggetti alla tassazione del 26%;
    • assenza divincoli UCITS IV, tra cui mancanza di limiti di concentrazione e di un benchmark prestabilito, perché l’obiettivo dell’AMC è la performance assoluta.

    «È noto come il mercato italiano sia quello preferito dagli investitori del nostro Paese, ma è bene ricordare anche che si tratta di un mercato complesso, dove non è semplice effettuare attività di stock picking. L’obiettivo del nuovo certificato a gestione attiva Italia Top Selection è proprio quello di inserire in portafoglio una selezione di eccellenze italiane, affidando il lavoro di analisi e selezione dei titoli all’esperienza del team Advisory e Gestione di Intermonte, che da oltre venticinque anni rappresenta un’eccellenza nel campo dell’intermediazione finanziaria, affiancato da uno dei più importanti Uffici Studi di ricerca su azioni italiane, mettendo quindi a servizio dell’investitore finale un know how di impareggiabile valore» – dichiara Diego Toffoli, Responsabile Investimenti di Intermonte Advisory e Gestione.

  • Report mensile sulle Mid Small Cap italiane

    Report mensile sulle Mid Small Cap italiane

    Risultati trimestrali rassicuranti, ma il quadro della liquidità resta ancora debole

    A cura del Team di Ricerca di Intermonte

    • Performance (-). Il mercato azionario italiano (prezzi al 18 maggio 2023) è sceso del 2,4% nell’ultimo mese, ma è ancora in crescita del 14,2% su base annua. L’indice FTSE Italy Mid-Cap (-2,3%) ha registrato una performance quasi in linea con l’indice principale nell’ultimo mese (-4,7% YtD su base relativa), mentre l’indice FTSE Italy Small Caps (-7,0%) ha registrato una performance del 4,6% inferiore al mercato e del -13,5% su base relativa dall’inizio del 2023. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps è sceso dell’1,1% nell’ultimo mese, registrando una performance migliore rispetto alle mid-cap italiane.
    • Stime (-). Dall’inizio del 2023, abbiamo attuato una revisione al rialzo del +7,8% delle nostre stime sugli EPS del 2023, mentre la revisione è stata più contenuta (+4,8%) sugli EPS per il 2024; concentrandoci sulla nostra copertura mid/small cap, tuttavia, dal 1° gennaio 2023 abbiamo aumentato gli EPS 2023 di appena lo 0,7%. In particolare, nell’ultimo mese abbiamo ridotto le nostre previsioni sugli EPS per il 2023 e per il 2024 per la nostra copertura mid/small cap rispettivamente dello 0,2% e dell’1,6%, con le small cap che hanno subito una riduzione più marcata. L’aumento dei costi di finanziamento è uno dei fattori che hanno spinto al ribasso le stime, insieme al contesto macroeconomico poco favorevole.
    • Valutazioni (=). Se confrontiamo la performance YtD con la variazione delle stime per l’esercizio ‘23 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un re-rating del 6,4% su base annua (la stessa metrica era +13,2% un mese fa); le mid-cap si sono rivalutate del 7,6%, mentre le small cap del 10,8%. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 47% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%) e in linea con il livello di un mese fa (47%).
    • Liquidità (-). Osservando l’andamento degli indici ufficiali italiani, notiamo che la liquidità delle large caps nell’ultimo mese (misurata moltiplicando i volumi medi per i prezzi medi in un determinato periodo) è superiore del 2,7% rispetto alla media a 1 anno, anche se un mese fa la stessa metrica era pari a +9,8%. Anche la liquidità per le mid cap ha mostrato un andamento simile, con lo 0,4% in più rispetto alla media annuale, mentre per le small cap lo stesso parametro è pari a +4,4%.
    • Strategia di investimento. I risultati del primo trimestre 2023 hanno confermato che, nonostante il difficile contesto macroeconomico, le società italiane quotate mantengono fondamentali solidi. Diversi i settori che hanno sorpreso in positivo: in primo luogo le banche, grazie al margine di interesse, in secondo luogo i titoli del lusso, grazie a una domanda in costante crescita, e infine alcuni industriali, che hanno beneficiato di un allentamento delle tensioni sulla catena di approvvigionamento. Tra i segnali negativi abbiamo riscontrato una certa cautela sui margini. La questione del rifinanziamento del debito a tassi più elevati ha un impatto significativo sulle stime, ma il numero di situazioni critiche appare al momento limitato. In questo scenario le valutazioni di alcuni settori, come l’IT, sembrano particolarmente attraenti; non sorprende il recente annuncio di due acquisizioni di small cap di cybersecurity. La liquidità rimane un problema tra le small cap, soprattutto in relazione ai significativi deflussi dai fondi PIR che, in media, rappresentano circa il 10% del flottante di questo segmento. Tra le note positive, segnaliamo che il governo italiano ha dedicato un’attenzione significativa volta a favorire l’accesso da parte delle PMI al finanziamento tramite il mercato dei capitali. Ci auguriamo che alcune iniziative possano contribuire a migliorare lo slancio del segmento dopo un periodo di flussi ridotti e di mancanza di quotazioni.

    PIR: significativi deflussi nel primo trimestre 2023

    Nella sua revisione trimestrale del 22 febbraio 2023, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del 4Q22. Nel corso del trimestre, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 368 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato deflussi per 9 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 17,5 miliardi di euro, mentre 1,4 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale è ulteriormente peggiorata su base sequenziale rispetto al 3° trimestre del 2022 e al 2° trimestre del 2022, quando gli afflussi netti erano stati rispettivamente di -330 e di -96 milioni di euro. Il saldo totale YtD si attesta quindi a -773 milioni di euro, mentre gli AuM si sono attestati a 17,5 miliardi di euro, in aumento rispetto ai 16,5 miliardi di euro di fine settembre, grazie alla performance del mercato.

    Il dato di afflusso è peggiore di quello reso noto dall’Osservatorio PIR de Il Sole 24 Ore, che stimava

    286 milioni di euro di deflussi nel 4Q22 (con ottobre, novembre e dicembre rispettivamente a -92 milioni di euro, -102 milioni di euro e -92 milioni di euro).

    Per quanto riguarda i PIR alternativi, la raccolta nel 4Q22 è stata di -9 milioni di euro, in calo rispetto al 3Q22 (14,5 milioni di euro) e al 2Q22 (153 milioni di euro), con il dato annuale ’22 a 242 milioni di euro e AuM stabili a 1,44 miliardi di euro (stesso dato di fine giugno e settembre).

    Secondo l’Osservatorio PIR, i deflussi sono continuati in gennaio con -166 milioni di euro, in febbraio con -268 milioni di euro e in marzo con -233 milioni di euro, portando il totale del primo trimestre 2023 a -667 milioni di euro. In aprile i deflussi sono stati pari a 144 milioni di euro, in rallentamento rispetto a febbraio e marzo.

    Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

    Il PIR alternativo, d’altro canto, è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 30.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

    Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello europeo sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi hanno il diritto di acquistare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.

    Le nostre stime per i PIR ordinari

    Notiamo che la visibilità sulle stime future rimane bassa, ma confermiamo la nostra visione più ottimista sul 2023 rispetto al 2022 per due motivi principali: 1) le performance di mercato sono state complessivamente positive dall’inizio dell’anno e questo potrebbe spingere gli investitori retail a riprendere gli investimenti azionari in prodotti come i PIR; 2) gran parte dei deflussi nel 2022 potrebbero essere stati causati dalla scadenza del periodo di 5 anni a partire dal 2017, un anno caratterizzato da un boom di afflussi e da buone performance di mercato delle small/mid cap, il che significa che molti investitori entrati nei prodotti PIR nel 2017 potrebbero aver scelto di trarre profitto nel 2022, alla scadenza del periodo minimo di detenzione di 5 anni per godere dei benefici fiscali. Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto alto grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

    Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

    • Per il 2022, stiamo adeguando la raccolta indicata nella tabella al dato Assogestioni di -733 milioni di euro; per il 2023, ipotizziamo una raccolta lorda da nuovi sottoscrittori di PIR pari a 500 milioni di euro;
    • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 50% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
    • Infine, calcoliamo che l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo prima del termine dei cinque anni (per qualsiasi motivo) sarà pari al ~3,5% degli Assets under Management nel 2023 e oltre.
  • INTERMONTE: UN NUOVO CERTIFICATO A CAPITALE PROTETTO 105% PER PUNTARE SU ORO, NASDAQ 100 E TREASURY USA

    INTERMONTE: UN NUOVO CERTIFICATO A CAPITALE PROTETTO 105% PER PUNTARE SU ORO, NASDAQ 100 E TREASURY USA

    Il certificato, ideato da Intermonte ed emesso da Leonteq, investe su un basket equipesato di tre ETF su oro, Nasdaq 100 e Treasury USA. Tre asset class sostenute da un contesto di mercato caratterizzato da inflazione in calo, tassi in discesa e liquidità in aumento

    Milano, 8 maggio 2023 – Con l’inflazione Usa che sembra aver raggiunto il proprio picco, anche le politiche della Federal Reserve sono destinate a diventare più accomodanti e il mercato oggi si attende che la banca centrale statunitense attuerà il primo taglio dei tassi già nella seconda metà del 2023. 

    Per cogliere le opportunità di investimento offerte da questo scenario di disinflazione, tassi previsti in calo e liquidità nuovamente in aumento, Intermonte Investment bank indipendente specializzata in intermediazione, ricerca, capital markets, M&A e advisory sul mercato italianoha ideato un nuovo certificato a capitale protetto 105%, emesso da Leonteq, che investe su un basket equipesato di tre ETF su oro, Nasdaq 100 e Treasury USA, tre asset class che dovrebbero essere sostenute dall’attuale contesto di mercato.

    Oro, Nasdaq e Treasury: tassi in calo e liquidità in aumento guidano la performance  

    Per cominciare, l’andamento dell’oro è inversamente correlato a quello dei tassi Usa (tassi reali in particolare): quando questi ultimi scendono, il bene rifugio per eccellenza sale.Inoltre, osservando il grafico dell’ammontare di oro fisico detenuto dagli ETF mondiali (sotto), si nota come, nonostante le quotazioni del metallo giallo siano in prossimità dei massimi, ci sia ancora ampio spazio di rialzo dei prezzi, soprattutto se la quantità di oro detenuta negli ETF a replica fisica continuerà a salire. A ciò si aggiunga il forte aumento dell’acquisto di oro da parte delle banche centrali mondiali, emerso soprattutto dopo lo scoppio della guerra in Ucraina per diversificare le riserve valutarie da dollari (sotto forma di Treasury Us) ad oro.

    Anche i Treasury USA sembrano essere favoriti in uno scenario di discesa dei tassi: la Fed è infatti la prima banca centrale che potrebbe arrestare, se non invertire, l’attuale trend di rialzo dei tassi.

    Infine, il Nasdaq 100 è anch’esso fortemente correlato con liquidità e tassi: si tratta infatti del listino delle grandi società tech, che lavorano con liquidità presa a prestito, poi reinvestita attraverso buyback, determinando la risalita dei prezzi azionari. Inoltre, le società growth, per definizione, lavorano su progetti e investimenti di lungo termine, per cui traggono giovamento da un basso costo del debito.

    Il certificato in dettaglio

    Il certificato (ISIN CH1257341607) replica l’andamento di un portafoglio equipesato (Leonteq Multi Asset ETF 10%RC) costituitoda tre ETF: SPDR Gold Shares, INVESCO QQQ e iShares USD Treasury Bond 3-7y. Il primo ETF replica il prezzo dell’oro, il secondo replica fedelmente il Nasdaq 100, mentre l’ultimo un paniere di Treasury USA con scadenza compresa tra 3 e 7 anni.

    Il capitale protetto al 105% fa sì che alla scadenza, tra cinque anni (11 aprile 2028), se il basket equipesato avrà performato male, il certificato pagherà comunque 1.050 euro a titolo. Se, invece, la performance del basket sarà positiva, il certificato restituirà tale performance lineare (partecipazione 100%) senza alcun cap ai guadagni.

    Infine, il certificato è Quanto, ovvero permette di investire su questi tre sottostanti in dollari proteggendo l’investitore dal rischio di cambio, e presenta anche un sistema di controllo della volatilità al 10%, quindi qualora la volatilità annua dell’indice sottostante dovesse essere superiore al 10%, il certificato sposterebbe una parte del portafoglio in liquidità (Libor 3 mesi) per poi reinvestirla nell’indice una volta che la volatilità sia tornata al di sotto della soglia critica. Non solo, quando la volatilità realizzata del paniere di ETF è inferiore al 10%, l’indice consente un’esposizione con leva finanziaria, fino a un massimo del 150%.

    «Abbiamo ideato questo certificato per consentire agli investitori di puntare, con un unico strumento, su tre asset class che sono destinate a trarre vantaggio da una particolare congiuntura di mercato che potrebbe contemplare il ritorno del trend calante dei tassi ed incremento della liquidità. In particolare, l’inflazione, dopo aver raggiunto il picco, potrebbe finalmente iniziare a scendere rispetto ai livelli elevati a cui abbiamo assistito nell’ultimo anno, aiutata anche da una possibile recessione USA, attesa già per la fine del 2023. Per cavalcare questo particolare momento di mercato, la ricetta ideale è proprio uno strumento finanziario progettato ad hoc, che consenta di puntare sulle asset class che tipicamente beneficiano dello scenario descritto: oro, Nasdaq e Treasury» – dichiara Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte.