Tag: recessione

  • J. SAFRA SARASIN: Asset allocation – lieve recessione, e poi?

    J. SAFRA SARASIN: Asset allocation – lieve recessione, e poi?

    A cura di Philipp E. Bärtschi, CFA, Chief Investment Officer di J. Safra Sarasin

    Le aspettative degli operatori di mercato sui tassi di interesse sono cambiate in modo significativo nel quarto trimestre. Le aspettative del mercato sul numero di tagli dei tassi di interesse nel 2024 sono raddoppiate, passando da tre a fine settembre a sei a fine anno.

    I rappresentanti della Federal Reserve statunitense non hanno opposto una forte resistenza al calo delle aspettative sui tassi di interesse durante la riunione di dicembre o nelle settimane successive. Si può quindi ipotizzare che il ciclo di rialzi dei tassi sia concluso e che presto seguiranno i primi tagli dei tassi. Ciò è dovuto principalmente all’inflazione, che è in calo e probabilmente continuerà a scendere nei prossimi mesi grazie ai bassi prezzi dell’energia.

    La crescita economica degli Stati Uniti è rimasta solida nel quarto trimestre. Sebbene alla fine dell’anno si siano evidenziate alcune debolezze, ad esempio nel settore dei servizi, non vi sono segnali di recessione. Il mercato del lavoro, in particolare, rimane forte e l’aumento dei redditi reali dovrebbe continuare a sostenere la fiducia dei consumatori all’inizio di quest’anno.

    Sebbene sia possibile che l’economia cada in una lieve recessione quest’anno, gli attesi tagli dei tassi di interesse dovrebbero garantire un atterraggio morbido. I mercati finanziari si stanno quindi già concentrando sul periodo successivo e si aspettano una nuova ripresa e un aumento degli utili aziendali nella seconda metà dell’anno.

    In Europa, l’anno scorso l’economia è stata significativamente più debole rispetto agli Stati Uniti e all’inizio di quest’anno si trova in una fase di stagnazione. L’Europa ha sofferto negli ultimi trimestri, non da ultimo a causa della debolezza della domanda cinese. A partire da questo scenario, i rischi di ribasso per la crescita economica nel 2024 appaiono ora limitati. Anzi, grazie all’aumento dei salari reali, i consumi potrebbero addirittura sorprendere in positivo nel 2024.

    In Cina, il mercato immobiliare continua a destare preoccupazione. Tuttavia, il graduale stimolo dell’economia da parte del governo dovrebbe avere un impatto positivo sulla domanda nel 2024. Non ci aspettiamo una forte ripresa nel 2024, ma almeno una crescita del 4-5%.

    Obbligazioni – Gran parte del potenziale è stato esaurito

    I mercati obbligazionari hanno causato molta volatilità nel quarto trimestre del 2023. Mentre i tassi d’interesse statunitensi a 10 anni erano ancora al 5% in ottobre, alla fine dell’anno erano al di sotto del 4%. L’enorme inversione di tendenza è stata dovuta al calo dell’inflazione e delle aspettative sui tassi di interesse. Ora che sei tagli dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve statunitense sono già stati prezzati, ci si chiede se i tassi d’interesse a lungo termine possano scendere ulteriormente.

    Naturalmente, un undershoot è sempre possibile, ma con i rendimenti attuali di circa il 4%, il potenziale per un ribasso dei rendimenti sembra limitato. Questo vale anche per l’Europa e la Svizzera, dove i titoli di Stato hanno subito un andamento molto simile negli ultimi mesi.

    Anche i mercati del credito hanno registrato una performance molto positiva nei mesi di novembre e dicembre, con i premi per il rischio di credito nel segmento high yield scesi al livello più basso dal maggio 2022. Ora sono ben al di sotto della media storica e quindi offrono una scarsa protezione contro un’eventuale recessione. Rimaniamo pertanto leggermente sottopesati nelle obbligazioni high-yield e ci concentriamo sulla buona qualità del segmento investment grade.

    Azioni – Sentiment molto ottimista nel breve termine

    Il mercato azionario ha beneficiato soprattutto dell’attesa inversione di tendenza dei tassi di interesse e molti indici azionari hanno messo a segno un significativo rally di fine anno. Il sentiment degli investitori è cambiato nel quarto trimestre ed è ora molto ottimista. Non sorprende quindi che all’inizio dell’anno si stiano verificando prese di profitto. Storicamente, un sentiment positivo degli investitori non rappresenta un problema per i mercati azionari.

    In passato si sono verificate molte fasi in cui il sentiment è rimasto a livelli elevati per diversi trimestri, mentre i mercati azionari hanno registrato performance molto positive. Poiché il posizionamento di molti investitori nei confronti delle azioni non è particolarmente elevato, ma piuttosto neutrale, come dimostrano diversi sondaggi recenti, uno slancio positivo sostenuto potrebbe portare a ulteriori afflussi nei mercati azionari. Il fattore decisivo per la performance dei mercati azionari sarà l’andamento dell’economia nei prossimi mesi. Esiste il rischio di una lieve recessione negli Stati Uniti, che potrebbe mettere sotto pressione gli utili aziendali. Tuttavia, gli attesi tagli anticipati dei tassi d’interesse limitano il rischio di ribasso dell’economia.

    Nel caso di una flessione significativa o di un aumento della volatilità dei mercati finanziari, è probabile che la Fed riduca i tassi di interesse più del previsto. Poiché l’inflazione sembra essere sotto controllo, almeno nel breve periodo, il margine di manovra della Fed si è nuovamente ampliato. È tornata la copertura dei mercati dei capitali da parte della Fed, la cosiddetta “Fed Put”, che sta avendo un effetto molto positivo sui prezzi degli asset di rischio. Anche in vista delle elezioni presidenziali di novembre, è probabile che la Fed faccia tutto il possibile per evitare un atterraggio duro.

    Asset allocation – una buona diversificazione

    Dopo l’importante rally dei mercati finanziari nel quarto trimestre, all’inizio dell’anno è auspicabile una pausa. La durata di questa fase di consolidamento dipende da diversi fattori. Da un lato, i prossimi dati sull’inflazione dovrebbero confermare la tendenza al ribasso. Dall’altro lato, questa tornata delle trimestrali e i risultati per l’intero anno 2023 non dovrebbero quanto meno riservare sorprese negative. Se questi due fattori si riveleranno positivi, i mercati azionari dovrebbero continuare a beneficiare del vento di coda dei tagli dei tassi attesi.

    Attualmente manteniamo una ponderazione neutrale nella nostra allocazione di portafoglio, ma acquisteremmo azioni in caso di significative battute d’arresto. Nel mercato azionario, non abbiamo convinzioni importanti in termini di regioni o settori. Siamo positivi sulle obbligazioni a medio termine, ma prevediamo un aumento dei tassi d’interesse in controtendenza nel breve periodo. Abbiamo pertanto ridotto

    leggermente la nostra allocazione alle obbligazioni. Manteniamo la nostra attenzione sull’alta qualità, poiché i premi per il rischio sono diminuiti notevolmente. Questo vale anche per le obbligazioni subordinate bancarie.

    Tuttavia, queste ultime appaiono ancora valutate in modo interessante rispetto ad altre obbligazioni di qualità simile.

    Nell’ambito degli investimenti alternativi, continuiamo a puntare su una buona diversificazione dei nostri portafogli misti. Preferiamo le obbligazioni catastrofali e le materie prime, entrambe caratterizzate da una bassa correlazione con le azioni. Le materie prime sono, inoltre, particolarmente adatte come protezione contro l’inflazione, nel caso in cui questa dovesse inaspettatamente tornare ad essere un problema.

  • T. Rowe Price: Portafogli in attesa della recessione più in ritardo della storia

    T. Rowe Price: Portafogli in attesa della recessione più in ritardo della storia

    A cura di Arif HusainHead of International Fixed Income, Sébastien Page, Head of Global MultiAsset, e Justin Thomson, Head of International Equity – T. Rowe Price

    La pandemia Covid e la successiva ripresa continuano a distorcere i dati economici, costringendo gli economisti che si basano sui tradizionali segnali di recessione a rivedere continuamente le loro ipotesi. Di conseguenza, la recessione globale più attesa della storia è diventata la recessione più in ritardo della storia.

    Certo, le prospettive economiche globali inducono alla cautela. L’Europa sembra destinata a subire una crescita stagnante all’inizio del 2024, prima di riprendersi nella seconda metà dell’anno. In Asia, le prospettive economiche della Cina rimangono cupe, con pochi segnali di miglioramento nel mercato immobiliare del Paese. Il settore immobiliare commerciale rimane fragile anche in molti altri Paesi.

    Nel frattempo, gli Stati Uniti, il Giappone e l’Europa si trovano in fasi diverse dell’equilibrio tra crescita e inflazione, il che significa che la Fed, la Banca Centrale Europea e la Banca del Giappone  probabilmente perseguiranno con politiche monetarie sempre più asincrone nel 2024, aumentando il potenziale di crescita della volatilità del mercato.

    Anche l’incertezza geopolitica potrebbe portare ulteriore volatilità, in particolare se i conflitti in Medio Oriente e in Ucraina dovessero causare una ripresa dei prezzi dell’energia. Le recenti vittorie elettorali di candidati populisti di estrema destra in Argentina e nei Paesi Bassi sollevano la questione se ulteriori vittorie di partiti populisti possano verificarsi anche altrove, in particolare negli Stati Uniti, dove le elezioni del novembre 2024 saranno l’evento politico attualmente più importante dell’anno.

    A fine novembre 2023, la maggior parte delle economie globali ha mostrato una sorprendente resilienza all’aumento dei tassi, con l’economia statunitense che ha registrato risultati migliori del previsto. I livelli di liquidità senza precedenti generati dalle misure di sostegno alla pandemia e da altre misure di stimolo fiscale sono stati un supporto fondamentale per i bilanci delle famiglie e delle imprese statunitensi. L’eccesso di risparmio dei consumatori dovrebbe continuare a sostenere la crescita economica degli Stati Uniti anche in futuro. La spesa per i consumi è stata il motore di crescita più resistente, grazie alla forza del mercato del lavoro statunitense. A fine settembre 2023, negli Stati Uniti c’erano 9,6 milioni di posti di lavoro disponibili per 6,4 milioni di disoccupati.

    Affrontare il cambio di regime
    Anche se l’economia statunitense dovesse rimanere solida nel 2024, riteniamo che gli investitori dovranno adattarsi a un nuovo regime di mercato. Per comprendere le implicazioni di questo cambiamento, è utile esaminare i quattro regimi storici che i mercati statunitensi hanno sperimentato dal 1955, dopo che le distorsioni create dalla Seconda Guerra mondiale e dalla Guerra di Corea si erano in gran parte dissolte.

    Sebbene il regime post-pandemico non si allinei perfettamente con nessuno di questi periodi precedenti, includerà alcuni fattori che hanno prevalso durante tali regimi. Dato l’allontanamento dalle forze strutturali che hanno sostenuto la disinflazione e i tassi più bassi sulla scia della crisi finanziaria globale del 2008, un ritorno alla “nuova normalità” post-crisi finanziaria globale ci sembra l’esito meno probabile per il futuro.

    In vista del 2024, i rischi di inflazione sono orientati al rialzo. I prezzi dell’energia sono un problema a causa delle pressioni sul lato dell’offerta. Nel terzo trimestre del 2023, i salari statunitensi crescevano ancora a un tasso annuo di quasi il 4%. Se l’inflazione al consumo statunitense dovesse cambiare rotta e riaccelerare mentre la crescita economica rimane anemica, il rischio di stagflazione aumenterebbe notevolmente.

    Quale regime è più probabile che prevalga nel 2024? Le letture recenti del tasso sui Fed funds e dell’inflazione sono state le più vicine alla “vecchia normalità” precedente alla crisi finanziaria globale. Ma il regime più vicino alle condizioni recenti non è la stagflazione, bensì il boom del dopoguerra.

    Resta da vedere come i tassi d’interesse reali (al netto dell’inflazione) superiori al 2% si manifesteranno sui mercati. Ma non crediamo che i tassi elevati uccideranno l’economia statunitense. I tassi sono alti rispetto al periodo successivo alla crisi finanziaria globale, ma non rispetto alla storia del mercato dei capitali. Il tasso sui Fed funds ha superato il 5% per decenni e i mercati azionari sono andati bene lo stesso. Un’inflazione vischiosa è stata storicamente positiva per gli utili.

    Neutrali sugli asset di rischio
    Nonostante le incertezze macroeconomiche, non vediamo motivi per essere eccessivamente ribassisti. I segmenti di mercato che non scambiano a prezzi stracciati, come le azioni a piccola e media capitalizzazione e i real asset, appaiono interessanti su base relativa. Se dovessimo assistere a un’impennata della volatilità e a un sell-off del mercato, ci potrebbe essere un’opportunità per acquistare azioni. Tuttavia, non riteniamo che questo sia il momento giusto per fare grandi scommesse di allocazione tattica. La recente “dis-inversione” della curva dei rendimenti statunitensi potrebbe far presagire volatilità sia per le azioni sia per le obbligazioni nei prossimi mesi. Riteniamo che l’approccio migliore in vista del 2024 sia quello di rimanere ampiamente neutrali sugli asset di rischio, comprese le azioni.

    Con i tassi d’interesse statunitensi più vicini alle loro medie storiche, un portafoglio bilanciato potrebbe offrire vantaggi di diversificazione, in quanto le obbligazioni forniscono ora un rendimento più elevato e una zavorra alle azioni. Tuttavia, è probabile che il contesto dei tassi di interesse sia destinato a rimanere volatile nel 2024, per cui preferiamo mantenere un sovrappeso sulla liquidità o sulle obbligazioni a breve termine. Questi asset offrono attualmente rendimenti interessanti con un’esposizione minima alla duration e potrebbero essere potenziali fonti di liquidità in caso di opportunità di mercato.

    Per gli investitori che guardano al di là del tradizionale portafoglio azionario/obbligazionario 60/40 e sono disposti ad assumersi un rischio maggiore, privilegiamo anche le alternative con correlazioni più basse con gli asset tradizionali e con le aree del mercato che potrebbero trarre vantaggio dalle dislocazioni del mercato e dai rendimenti più elevati, come il credito privato.

  • COMGEST: FOCUS SULLA QUALITÀ IN VISTA DELLA RECESSIONE PIÙ ATTESA DI SEMPRE

    COMGEST: FOCUS SULLA QUALITÀ IN VISTA DELLA RECESSIONE PIÙ ATTESA DI SEMPRE

    Zak Smerczak, Analista & Gestore del fondo Comgest Growth Global

    La volatilità è proseguita, con i principali mercati mondiali che hanno registrato rendimenti negativi. Lo scenario macroeconomico e sociopolitico rimane incerto, con una moltitudine di rischi: dati economici europei più deboli, conflitti e tensioni in Medio Oriente oltre al proseguimento della guerra in Ucraina, preoccupazioni per l’indebolimento dei consumi negli Stati Uniti, compreso il rallentamento del ciclo del credito, le deboli prospettive economiche della Cina, non da ultimo a causa della sua crescente crisi immobiliare, e infine la ferma riluttanza delle banche centrali a invertire la rotta verso il proseguimento della politica restrittiva.

    Eli Lilly, azienda farmaceutica leader negli Stati Uniti, che ha proseguito il suo slancio positivo grazie agli ottimi risultati del trimestre chiuso a giugno 2023. Considerando la progressione del lancio del nuovo farmaco Mounjaro (trattamento del diabete di tipo 2 a base di GLP-1), ci aspettiamo che i risultati attesi dell’azienda per settembre 2023 vedano una continua e forte crescita dei ricavi. Microsoft, il gigante dell’informatica aziendale e personale, ha ottenuto risultati eccezionali per il trimestre conclusosi a settembre 2023, registrando un’accelerazione della crescita dei ricavi di Azure Cloud grazie all’aumento dei carichi di lavoro dell’intelligenza artificiale, che ha più che compensato la tendenza all’ottimizzazione del cloud in corso ma in attenuazione in tutto il settore. EssilorLuxottica, leader nel settore delle montature e delle lenti per occhiali, ha pubblicato solidi risultati trimestrali, evidenziando un aumento del fatturato del 5% su base annua (a/a) nonostante la maggiore concorrenza nella distribuzione e nell’attività direct-to-consumer.

    LVMH, leader mondiale dei prodotti di “soft luxury”, che ha comunicato una crescita organica del fatturato a/a più debole del previsto per il trimestre conclusosi a settembre 2023. La debolezza è stata determinata dall’Europa e non è del tutto inaspettata dal mercato, vista la contrazione multipla registrata nel corso dell’anno.

    Tuttavia, i modelli di business di alta qualità che, secondo le nostre previsioni, dovrebbero continuare a crescere in modo duraturo nella maggior parte delle condizioni economiche, compresa la più attesa recessione di tutti i tempi.

  • Regno Unito ancora a rischio recessione: -0,3% per il PIL di ottobre

    Regno Unito ancora a rischio recessione: -0,3% per il PIL di ottobre

    A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm*

    Milano, 13 dicembre 2023 – Secondo i dati pubblicati stamattina dall’Office for National Statistics, in ottobre il Regno Unito ha registrato una contrazione del PIL dello 0,3%, trainata dal calo di industria manifatturiera, edilizia e servizi.

    Un risultato più debole delle attese che, dopo la recessione sfiorata nel terzo trimestre 2023, allontana la prospettiva di un miglioramento dell’economia britannica e fa riaffiorare il timore che il Regno Unito entri in recessione già entro la fine dell’anno. 

    Alla vigilia dell’ultima decisione di politica monetaria di quest’anno, non pensiamo che il dato sul PIL di oggi influenzi la decisione di domani della Bank of England – i cui tassi resteranno probabilmente invariati al 5,25% come ampiamente anticipato – ma aumentano le probabilità di un taglio dei tassi all’inizio del 2024.

  • Capital Group: Che fine ha fatto la recessione

    A cura di Peter Becker, Investment Director di Capital Group

    Peter Becker, Investment Director di Capital Group
    Peter Becker, Investment Director di Capital Group

    Finora, i mercati sviluppati hanno evitato una recessione, ma il rischio che si manifesti non è ancora escluso. Il contesto macroeconomico attuale è decisamente peculiare. Raramente, se non mai, si è venuta a creare una combinazione così singolare di pandemia globale, tecnologie rivoluzionarie, aumento del rischio geopolitico e cambiamenti strutturali nel mercato del lavoro. Questo insieme unico di circostanze potrebbe aiutare a spiegare il motivo per cui il ciclo economico si è discostato dai pattern tradizionali.

    Forse gli USA hanno evitato una recessione sincronizzata ma hanno registrato piccole crisi l’una dopo l’altra. È possibile che non si sia manifestata una tradizionale recessione economica ampia e sincronizzata, quanto piuttosto una serie di recessioni consecutive a livello settoriale. Fondamentale per raggiungere questo risultato positivo è stato il mercato del lavoro, che è rimasto resiliente e sta contribuendo alla crescita della spesa al consumo. Vale la pena ricordare che la spesa al consumo è un fattore chiave nella crescita economica statunitense, e rappresenta circa il 70% del PIL. Finché le persone hanno un lavoro e spendono, l’economia USA non avrà alcun problema. In questo ciclo il tasso di disoccupazione rimane estremamente basso. Le aziende hanno ancora difficoltà a trovare candidati qualificati e si tengono stretti i loro dipendenti oppure ne cercano di nuovi. Nonostante la resilienza del mercato del lavoro e dell’economia nell’ultimo anno, non ci riteniamo ancora del tutto al sicuro. La possibilità di una recessione è ancora piuttosto concreta.

    Come reagiranno le banche centrali? Gli sviluppi dell’inflazione rimangono fondamentali

    Le dinamiche dell’inflazione saranno probabilmente il fattore chiave che detterà la reazione delle banche centrali nel prossimo futuro. Nell’ultimo anno l’inflazione ha evidenziato un rallentamento, ed è plausibile che il prossimo anno tornerà ad avvicinarsi al 3%. L’inflazione primaria è in calo già da qualche tempo e l’inflazione inerziale inizia a muoversi sulla stessa traiettoria. Anche se l’inflazione è in discesa, così come la componente dei servizi core, c’è il rischio che il ritmo della disinflazione che abbiamo visto nel 2023 possa calare.

    Il ritorno dell’inflazione al 2%

    Nonostante i segnali incoraggianti nell’inflazione inerziale, la stessa rimane vischiosa e superiore al tasso target delle banche centrali. Il motivo potrebbero essere fattori strutturali come l’aumento del rischio geopolitico, il rallentamento della globalizzazione e una forza lavoro potenzialmente reclutata sul mercato domestico a un costo superiore rispetto ai decenni scorsi, quando i lavoratori erano delocalizzati in luoghi in cui la manodopera era più economica. Tutto questo potrebbe rendere più complicato ridurre stabilmente l’inflazione al 2%.

    La crescita dei salari nominali è ancora solida nei mercati sviluppati e rimane ben superiore ai trend pre-COVID. Nonostante questo, a causa della forte crescita dei salari e dell’importanza della credibilità delle banche centrali nel definire le aspettative sull’inflazione, i tassi potrebbero rimanere elevati più a lungo. L’elemento più importante sotto il profilo della politica monetaria è che il rallentamento dell’inflazione significa che le banche centrali potrebbero essere vicine, o aver già raggiunto, il picco dei tassi. Oggi dobbiamo chiederci non tanto di quanto la Fed alzerà ancora i tassi, ma per quanto a lungo li manterrà ai livelli attuali.

    Quali sono le conseguenze per i mercati obbligazionari

    Nel complesso, il contesto rimane favorevole per il reddito fisso; sia lo scenario del soft landing che quello della recessione sarebbero in generale positivi per l’asset class.

    Soft landing. Se le banche centrali centreranno il soft landing, significa che la politica era stata fissata al livello corretto. I tassi potrebbero quindi rimanere elevati e gli investitori obbligazionari continueranno a beneficiare di un buon livello di carry. Questo dovrebbe aiutare a compensare i periodi di volatilità e supportare i rendimenti totali.

    Recessione. Le condizioni finanziarie più rigide, l’impatto dei tassi più alti più a lungo, i segnali eterogenei sul fronte dei consumi e le continue incertezze sulla situazione delle banche regionali USA e dell’immobiliare commerciale fanno sì che la recessione rimanga un rischio concreto. Tuttavia, in uno scenario di recessione, gli obbligazionisti continuerebbero a beneficiare di un carry iniziale elevato e della potenziale decisione delle banche centrali di tagliare i tassi di interesse al fine di stimolare la crescita economica. Una decisione del genere favorirebbe le obbligazioni, in particolare la componente di qualità elevata del mercato.

    Alcune considerazioni importanti

    Il credito investment grade (IG) è ben posizionato per offrire rendimenti positivi su un anno considerando gli scenari macroeconomici più probabili. In uno scenario di recessione moderata, i risultati sono positivi. Anche in una situazione di recessione severa, i risultati potrebbero rimanere positivi in caso di riduzione dei tassi. E questo rispecchia due importanti caratteristiche dell’asset class: innanzitutto gli effetti positivi sulla duration del calo dei tassi d’interesse e, in seconda battuta, i rendimenti iniziali più elevati al momento offerti dal credito IG che forniscono un cuscinetto in periodi di volatilità dei prezzi.

    Anche la prosecuzione dell’attuale contesto in cui le banche centrali mantengono i tassi elevati più a lungo porta in linea generale a risultati positivi, ancora una volta grazie al carry elevato, in grado di assorbire la volatilità di spread e tassi. In uno scenario Goldilocks, l’asset class beneficia del carry elevato e dell’effetto positivo del calo dei tassi sulla duration. I rendimenti iniziali elevati aiutano a ridurre le perdite anche negli scenari più ribassisti.

  • Amchor IS – Recessione, quattro rischi da monitorare

    Amchor IS – Recessione, quattro rischi da monitorare

    A cura di Alvaro Sanmartin, Chief Economist, Amchor IS

    Continuiamo a prevedere un atterraggio morbido per la grande maggioranza dei paesi. È molto probabile che l’economia statunitense rallenti e inizi a crescere un po’ al di sotto del potenziale prima della fine dell’anno. Continuiamo a ritenere che l’Eurozona possa ottenere una crescita positiva, anche se moderata, a partire dal quarto trimestre. La crescita leggermente inferiore al potenziale sia negli Stati Uniti che in Europa, unita ad aspettative di inflazione che rimangono ben ancorate e a un’immigrazione che sta aumentando l’offerta potenziale, creano il contesto adatto per un calo significativo dell’inflazione core entro la metà del prossimo anno su entrambe le sponde dell’Atlantico.

    Tali sviluppi sia nell’attività che nei prezzi dovrebbero indurre sia la Fed che la Bce a non aumentare nuovamente i tassi di interesse in questo ciclo, anche se, come il mercato sta imparando a sue spese nelle ultime settimane, è molto probabile che i tassi rimarranno alti ancora per un po’ di tempo. Riteniamo che la Cina mostrerà un certo miglioramento nell’ultima parte dell’anno e riteniamo anche che il Giappone sia sulla strada giusta per stabilizzare l’inflazione intorno al 2%. Dopo aver preso atto di quanto sopra, approfondiremo un po’ i rischi “economici” che potrebbero far deragliare la nostra view.

    I rischi da monitorare

    Il primo dei rischi riguarda la possibilità che il recente spostamento verso l’alto dell’intera curva dei tassi reali finisca per generare una debolezza economica maggiore di quella che ci aspettiamo, forse al punto da spingere le principali economie più o meno immediatamente in recessione. Il secondo rischio è un eccesso di forza della domanda aggregata, in particolare nel caso dell’economia statunitense. La sequenza degli eventi potrebbe essere la seguente: la crescita potrebbe rimanere al di sopra del potenziale; stando così le cose, ci sarebbero poche ragioni per aspettarsi cali sostenuti dell’inflazione core e non sarebbe irragionevole che i salari potessero ricominciare a salire. Di fronte a tutto ciò, le banche centrali non avrebbero altra scelta che riprendere i rialzi dei tassi. Il risultato potrebbe essere una recessione a partire dalla metà del 2024. Il terzo rischio per il nostro scenario riguarderebbe un possibile shock negativo dell’offerta, magari associato a un rapido aumento del prezzo del petrolioInfine, un altro rischio che non possiamo trascurare di menzionare è quello associato a un’eventuale perdita di fiducia del mercato nella sostenibilità del debito pubblico in alcuni paesi. Se ciò dovesse accadere, potremmo assistere a un significativo inasprimento delle condizioni finanziarie che, a sua volta, renderebbe molto difficile per le economie interessate evitare di entrare in recessione.

    Market view

    Obbligazioni governative: preferiamo continuare a puntare sulla parte breve della curva (fino a 2 anni), almeno fino a quando non vedremo qualche segnale di rallentamento dell’attività economica statunitense. Nell’Eurozona riteniamo che si debba mantenere un atteggiamento cauto sul debito periferico, in attesa che i Paesi più indebitati siano in grado di produrre strategie di consolidamento fiscale ragionevolmente credibili. Per quanto riguarda il Giappone, la nostra previsione rimane che il rendimento a 10 anni tenderà a salire sensibilmente tra 6-9 mesi.

    Azioni: continuiamo a credere che il segmento di mercato value/ciclico (comprese le banche europee) dovrebbe fare meglio di quello growth/difensivo. Dal punto di vista geografico, alla luce di quanto sopra e dei livelli di valutazione relativi, preferiamo i mercati europei e asiatici a quelli statunitensi.

    Credito: preferiamo le obbligazioni societarie perché nel nostro scenario macro i tassi di default non dovrebbero aumentare troppo. In ogni caso, dato che gli spread non sono particolarmente elevati, riteniamo sensato combinare l’esposizione al credito con posizioni ben selezionate in obbligazioni governative emergenti in valuta locale.

    Valute: puntiamo solo su un’esposizione molto moderata al dollaro, perché riteniamo che il rallentamento degli Stati Uniti arriverà presto. Visti i buoni segnali che il Giappone sta generando, riteniamo che lo yen possa essere una buona copertura per il resto dell’anno. Per il resto, manteniamo una visione positiva su valute come la corona norvegese, il dollaro neozelandese e il dollaro australiano; continuiamo, inoltre, ad apprezzare le valute dei paesi emergenti con una buona governance macro e prospettive di crescita economica favorevoli.

  • TCW: La recessione negli Usa è in arrivo, meglio essere difensivi

    TCW: La recessione negli Usa è in arrivo, meglio essere difensivi

    A cura di Katie Koch, CEO, TCW

    Una recessione è quasi inevitabile per gli Stati Uniti e in questo scenario gli investitori dovrebbero adottare un approccio conservativo. Siamo rimasti sorpresi dalla resilienza mostrata dai mercati sin da inizio anno. Mentre Wall Street si è preparata a una contrazione per gran parte degli ultimi due anni, l’economia statunitense ha tenuto soprattutto grazie alla liquidità e alla resilienza dei consumi e del mercato del lavoro.

    Di recente, sta cominciando a emergere invece una maggiore avversione al rischio. In questo momento, siamo più pessimisti rispetto alla maggior parte degli investitori su ciò che ci aspetta da qui in avanti e pensiamo che l’economia statunitense si stia deteriorando più di quanto stimasse il consensus negli scorsi mesi. Questo ci ha portato a essere rialzisti sull’obbligazionario e molto più cauti sull’azionario.

    Pensiamo che l’effetto dei rialzi dei tassi d’interesse della Federal Reserve, mirati a rallentare l’economia e a ridurre l’inflazione, cominceranno a far sentire i loro effetti sull’economia reale. Da tempo si ritiene che l’aumento dei tassi abbia effetti ritardati, la cui tempistica è incerta e dipende da una serie di fattori.

    Potrebbe sembrare audace dirlo, ma stiamo andando incontro a una recessione, perché è così che funzionano i cicli economici. Non ne abbiamo avuta una vera e propria da oltre un decennio e mezzotranne che per un breve lasso di tempo.

    In questo contesto, destano preoccupazione le aziende e i consumatori che hanno utilizzato la strategia “extend and pretend” per rimandare il pagamento dei prestiti. Questa strategia è stata il fondamento dell’economia statunitense, soprattutto per i consumatori e per le piccole e medie imprese, che però in un contesto in deterioramento faranno fatica a finanziarsi. Questo scenario ci porta a una prospettiva relativamente ribassista.

    Abbiamo avuto molti eccessi sui mercati negli scorsi anni e occorre andare verso una normalizzazione, anche se l’atterraggio questa volta rischia di essere più duro. Quando il capitale si riprezza in modo così aggressivo, qualcosa si rompe. Già si sono sentiti i primi scricchiolii sul mercato: si sono viste forti criticità sui fondi pensione britannici, sono fallite alcune banche regionali Usa e ci saranno altri problemi in futuro.

    Un altro motivo per essere cauti, è che oggi siamo pagati per essere pazienti. La liquidità ha un buon ritorno e conviene essere difensivi, investendo in titoli investment grade di alta qualità o restando nello spazio del debito cartolarizzato, MBS, cash e Treasuries. Tutti questi strumenti stanno remunerando gli investitori. E li remunerano per pazientare e vedere gli effetti del rialzo dei tassi, perché ancora non abbiamo visto il pieno effetto della politica restrittiva.

  • Robeco: I rischi di recessione non sono scomparsi

    Robeco: I rischi di recessione non sono scomparsi

    a cura di Michiel de Bruin, Head of Global Macro e Portfolio Manager di Robeco

    Due caratteristiche fondamentali dell’attuale panorama economico sono la tenuta dei dati macroeconomici statunitensi nel contesto di una debole dinamica di crescita in Cina e in Europa e la tenuta dei mercati del lavoro globali, che appaiono più solidi di quanto ci si aspetterebbe visto il ritmo della crescita economica.

    La resistenza dei consumatori statunitensi può essere spiegata da una serie di fattori, come una politica fiscale più morbida del previsto, il basso tasso di risparmio personale e una ricaduta inusualmente più lenta dell’inasprimento della politica monetaria. Con un’inflazione inferiore alla crescita dei salari, la spesa per consumi negli Stati Uniti potrebbe continuare a sfidare la gravità.

    Tuttavia, ciò sembra improbabile con l’aumento dei prezzi del petrolio che sta facendo rallentare la tendenza alla disinflazione e la crescita dei posti di lavoro. Inoltre, è ancora più improbabile se si considera che i risparmi in eccesso si sono esauriti e la morosità dei consumatori è in aumento. Pertanto, riteniamo che sia prematuro concludere che un “soft landing” sia ora lo scenario di base per l’economia statunitense. Non pensiamo, inoltre, che gli Stati Uniti possano disaccoppiarsi in modo duraturo dalla debolezza della crescita in Cina e in Europa.

    Certamente, di recente in Cina sono stati lanciati nuovi stimoli monetari e immobiliari. Ma ciò non costituisce un bazooka che impedirà alla proprietà di rimanere un ostacolo alla crescita, anche se lo slancio ciclico migliorerà un po’ nel 2024, aiutato da una ripresa dell’attività dei servizi. Perciò, la performance mediocre dell’economia cinese dovrebbe continuare a limitare la crescita delle esportazioni nelle economie più dipendenti dalla domanda cinese, tra cui Corea del Sud, Taiwan e Germania.

    L’economia tedesca – e più in generale l’Eurozona – ha già subito una battuta d’arresto a causa della flessione del settore manifatturiero che, come negli Stati Uniti, avrebbe potuto essere ancora peggiore se non fosse stato per la ripresa della produzione automobilistica, legata al venir meno dei precedenti colli di bottiglia sul lato dell’offerta. Per un certo periodo, il settore dei servizi è stato in grado di fornire una contropartita, ma con l’attività dei servizi che è salita al di sopra del suo trend pre-pandemico, ci si dovrebbe preparare a una stagnazione continua in Europa, nel migliore dei casi, e a una recessione, nel peggiore. Ciò è corroborato dall’idea che il forte aumento dei tassi di interesse e l’inasprimento delle condizioni di prestito bancario si stiano sempre più ripercuotendo sulla debolezza del flusso dei prestiti bancari, sia sul fronte dei prestiti alle imprese che dei mutui alle famiglie. Certamente, il basso tasso di disoccupazione potrebbe continuare a impedire che la crisi diventi più grave. Detto questo, riteniamo che sarà difficile che i mercati del lavoro rimangano isolati da un contesto di crescita debole.

    In breve, sebbene finora siano state evitate grandi recessioni, grazie alla tenuta dei mercati del lavoro, agli effetti di riapertura del settore dei servizi e, in alcuni casi, al nuovo sostegno fiscale, i rischi di recessione non sono scomparsi. Tuttavia, riconosciamo che, soprattutto nel caso degli Stati Uniti, potrebbero essere necessari ancora diversi mesi prima che l’ulteriore fragilità della crescita si traduca in una significativa debolezza del mercato del lavoro, il che sembra una pietra miliare per le banche centrali nella loro lotta all’inflazione.

    Prospettive di inflazione: il petrolio attenua la tendenza alla disinflazione

    In molti mercati emergenti e sviluppati l’inflazione core sta scendendo, trainata dalla disinflazione dei beni, recuperando il precedente indebolimento del CPI headline. Tuttavia, questo processo potrebbe essere potenzialmente ostacolato se la recente tendenza al rialzo dei prezzi del petrolio dovesse continuare. In effetti, in un contesto di mercati del lavoro rigidi, un nuovo rialzo nel CPI headline guidato dall’energia potrebbe innescare nuove richieste di aumento dei salari, soprattutto in Europa, e, di conseguenza, mantenere elevata l’inflazione core dei servizi. 

    Tuttavia, per il momento, data la natura guidata dall’offerta dell’aumento del prezzo del petrolio e le nostre previsioni di crescita al di sotto del consenso – e quindi della domanda di petrolio – riteniamo che la tendenza all’ammorbidimento dell’inflazione core non sarà completamente annullata.

    A questo proposito ci conforta l’osservazione che la crescita dei salari negli annunci di lavoro, che tende ad anticipare la tendenza più ampia dei salari negli ultimi anni, ha continuato a rallentare. Questa tendenza dovrebbe continuare, soprattutto la nostra ipotesi è corretta e cioè che la debolezza della crescita inizierà a ripercuotersi sul mercato del lavoro nei prossimi 6 mesi.

    Le banche centrali dei Paesi sviluppati continueranno a fare la voce grossa

    Mentre le banche centrali dei paesi dell’America Latina e della Comunità Economica Europea hanno deciso di intraprendere il taglio dei tassi, la maggior parte delle controparti dei paesi del mondo sviluppato mantiene un orientamento al rialzo. In alcuni paesi, come la Norvegia e il Regno Unito, questo potrebbe essere seguito da almeno un altro rialzo di 25 punti base, mentre in altri, come gli Stati Uniti, la possibilità di un ulteriore rialzo è in bilico. Nell’Eurozona, dove la crescita si è arrestata e si profila una contrazione, i tassi potrebbero essere già al picco, anche se sembra sempre più probabile che la BCE anticipi la data di fine dei reinvestimenti completi nell’ambito del programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP), attualmente previsti fino “almeno alla fine del 2024”.

    In tutte le regioni sviluppate sopra citate, le banche centrali, visto il livello ancora elevato dell’inflazione core e l’ultimo aumento del prezzo del petrolio, probabilmente segnaleranno la volontà di mantenere i tassi in territorio restrittivo per un periodo di tempo prolungato. Tuttavia, se l’inflazione attesa dovesse diminuire (ulteriormente) e/o i mercati del lavoro iniziassero a indebolirsi in modo significativo, il discorso di un’inversione di rotta verso l’allentamento nel 2024 potrebbe rapidamente prendere piede, anche perché mantenere stabili i tassi in presenza di un’inflazione attesa più bassa implicherebbe l’avvio di un orientamento più restrittivo.

    In Giappone, dove i tassi rimangono in territorio negativo, la Bank of Japan sembra destinata a porre fine a questa situazione entro la fine dell’anno, modificando ulteriormente la propria politica di controllo della curva dei rendimenti (YCC). In Cina, invece, l’ultimo allentamento monetario dimostra che la tendenza secolare al ribasso dei tassi di interesse non è ancora terminata.

  • TCW – La recessione sta arrivando, ma non sappiamo quando

    TCW – La recessione sta arrivando, ma non sappiamo quando

    A cura di Stephen M. Kane, gestore del TCW Core Plus Bond Fund, TCW

    Uno dei miei film preferiti è L’uomo dei sogni, la pellicola del 1989 basata sul romanzo Shoeless Joe. La storia di fantasia è incentrata su un agricoltore del Midwest, il quale sente una voce che lo ispira ad arare il suo campo di mais per costruirvi un campo da baseball, in modo che i fantasmi delle leggende del baseball possano risorgere e tornare a giocare ancora per una volta.

    Una parte del film con cui mi sono sentito particolarmente affine a livello personale negli ultimi mesi è l’ostinata convinzione e determinazione di Ray Kinsella (interpretato da Kevin Costner) nei confronti della realizzazione del progetto del campo da baseball e nel seguire le voci di chi gli dice “se lo costruisci, lui tornerà” e “va’ fino in fondo”, nonostante quasi tutti gli ripetano che è matto e che potrebbe perdere la fattoria per pignoramento se non cambia direzione.

    In TCW, la stessa tipologia di dubbio permea le nostre attuali prospettive di investimento, in quanto il nostro quadro di valutazione dei cicli economici e dei tassi di interesse basato sul valore ci sta dicendo di preparare i portafogli a una recessione economica e a un’inversione del ciclo dei tassi, nonostante le voci del mercato che ci circonda ci dicano che stavolta è diverso, perché la Fed ha architettato quel raro atterraggio morbido che farà sì che l’inflazione si calmi magicamente fino al target del 2%, senza perdere posti di lavoro e senza l’allentamento del mercato dell’occupazione.

    Come Ray Kinsella ha visto i fantasmi di Shoeless Joe Jackson, Mel Ott, Gil Hodges, e “Smoky” Joe Wood, così li stiamo vedendo anche noi. I nostri, sono i fantasmi delle recessioni passate: il fantasma della crisi finanziaria globale del 2008-2009 (GFC), il fantasma del post schianto del NASDAQ del 2001-2002, il fantasma della crisi Savings and Loan/guerra in Iraq del 1990, il fantasma indotto dalla pandemia del 2020 e persino i fantasmi Volcker delle gravi recessioni, una attaccata all’altra, all’inizio degli anni ‘80 per combattere l’inflazione a due cifre. Tutti fantasmi con una connessione comune, ossia tutti preceduti da cicli di inasprimento della Fed, quasi tutti meno aggressivi di quest’ultimo.

    I fattori a sostegno di uno scenario di “atterraggio morbido” non sono forward-looking

    E allora, come mai solo noi stiamo vedendo i fantasmi della recessione? Come mai sembra che nessun altro li veda? La risposta più semplice è che c’è una forte spinta psicologica da parte degli investitori e dei partecipanti al mercato a sposare una visione che sembra corretta al momento, chiamata anche “recency bias” o “momentum investing”. Sono moltissime le evidenze recenti che forniscono elementi in tal senso al popolo dell’atterraggio morbido: da inizio anno le azioni sono in rialzo a doppia cifra e alcuni indici azionari sono prossimi ai massimi storici; gli spread del credito Investment Grade e High Yield sono al di sotto delle medie a lungo termine; secondo le previsioni, il Pil del terzo trimestre sarà tra il 2% (minimo) e il 5% (massimo); il Consumer Price Index e il Producer Price Index sono calati significativamente rispetto ai massimi del 2022; l’inflazione è diminuita, mentre l’occupazione netta ha continuato ad aumentare e la disoccupazione rimane vicina ai minimi record; Il prezzo delle abitazioni, uno dei settori economici più sensibili ai tassi, si è stabilizzato malgrado l’aumento di oltre il 7% del tasso dei mutui.

    Tutti argomenti reali e inconfutabili in termini di ciò che è accaduto e di ciò che sta accadendo ma che non aiutano necessariamente a determinare cosa accadrà. Noi, dal canto nostro, grazie a una visione prospettica a più lungo termine, capiamo come i tassi di interesse interagiscano con i mercati del credito e l’economia per portare un comportamento autocorrettivo (che inverte la media). La complessità sta nell’estrema difficoltà di predire le dinamiche e le tempistiche esatte di come questo si manifesterà. Una crisi imprevista accelererà in diverse occasioni il drenaggio di liquidità e lo spostamento di capitali, mettendo sotto pressione i debitori e provocando una riduzione degli investimenti, della spesa, delle assunzioni e, infine, una recessione. Che siano catalizzati o meno da un evento, gli scarti tra la politica monetaria e il conseguente impatto economico sono “lunghi e variabili”; e in questo ciclo ci sono alcuni fattori che potrebbero inclinarli nella direzione più lunga: i risparmi legati alla pandemia – $2-3 mila miliardi in totale – hanno fornito ai consumatori molto capitale per compensare l’impatto dei tassi di interesse più elevati; nel periodo 2020-2021 i proprietari di case/mutuatari avevano bloccato i mutui a tasso fisso e con cedola bassa (2-4%), senza essere soggetti allo shock immediato nei pagamenti nel momento in cui i tassi di interesse sono aumentati, a eccezione di chi ha cambiato casa. Anche le imprese, a livello generale, nel periodo post-pandemico avevano bloccato debiti con cedola bassa e stavano gestendo i livelli debitori in modo conservativo (la leva finanziaria non era ai livelli di picco all’inizio del ciclo di rialzi); le imprese del terziario, che hanno avuto difficoltà ad assumere lavoratori durante la pandemia, sono state più lente nel

    licenziare i dipendenti rispetto ai cicli precedenti a fronte di una contrazione dell’offerta di lavoro correlata al Covid.

    Tutti questi fattori hanno attutito l’impatto immediato dei tassi più alti, incidendo tuttavia solo sul momento dell’impatto sui mutuatari e non sul se lo avranno o meno. Crescono i segnali di un esaurimento dei risparmi legati alla pandemia – saldi più bassi per assegni e risparmi, aumento delle insolvenze su carte di credito e prestiti per auto – e del fatto che le imprese, sotto pressione per le spese maggiori, sono sempre più spesso obbligate a tagliare i posti di lavoro (i licenziamenti annunciati sono in aumento, mentre l’offerta diminuisce).

    Le aziende con debito a bassa cedola dovranno affrontare la resa dei conti del rifinanziamento man mano che il muro delle scadenze, in particolare per i mutuatari high yield sensibili ai tassi, si avvicina. Senza contare che gli standard dei prestiti bancari si stanno inasprendo, in quanto i profitti rimangono schiacciati dalla curva dei rendimenti invertita e dai margini di interesse netti inferiori. La recessione sta arrivando, solo che non sappiamo esattamente quando. La nostra ipotesi migliore sarebbe la prima metà del 2024.

    Rendimenti Treasury a due anni più attraenti di scadenze più lunghe

    Sul fronte degli investimenti, cominciando dalla parte del mercato con il rischio più basso, è da notare che i Treasury a 2 anni attualmente rendono circa il 5%. Dovremmo tornare indietro di oltre 15 anni (fino al 2006-2007) per trovare rendimenti superiori al 5%; e prima ancora, al 2000. Inoltre, i rendimenti dei Treasury a due anni sono più attraenti rispetto ai Treasury con altre scadenze. L’inversione della curva dei rendimenti (rendimento a 10 anni inferiore a quello a 2 anni), pur non essendo esattamente ai massimi (minimi) del ciclo a -70 punti base (bp), non è lontana. Oltre all’HY, il potenziale di aumenti di prezzo eccessivi man mano che questo rapporto si normalizza (rendimenti a 10 anni superiori a quelli a 2 anni) rende i Treasury a 2 anni particolarmente interessanti.

    C’è inoltre un settore sensibile ai tassi di interesse che negli ultimi due anni ha sottoperformato altri segmenti dei mercati del reddito fisso: i titoli di agenzie garantiti da ipoteca (MBS). A causa di una combinazione di fattori (volatilità dei tassi di interesse, QT della Fed, inversione della curva dei rendimenti che incide sulla domanda da parte delle banche), gli spread degli MBS di agenzie sono vicini sia ai massimi storici (quasi l’1,8% in più rispetto ai Treasury comparabili) sia a valutazioni storicamente basse rispetto

    alle obbligazioni corporate. Mentre l’economia rotola verso la recessione, i tassi di interesse scendono e la curva dei rendimenti si inasprisce, gli MBS di agenzie dovrebbero ottenere ottime performance, in particolare rispetto alle parti sensibili ai default e a livello economico dei mercati del credito.

  • PIMCO: La BCE privilegia la lotta all’inflazione rispetto alla prevenzione della recessione

    PIMCO: La BCE privilegia la lotta all’inflazione rispetto alla prevenzione della recessione

    A cura di Konstantin Veit, Portfolio Manager di PIMCO

    Aumentando di un quarto di punto il tasso sui depositi a settembre, la Banca Centrale Europea (BCE) ha manifestato il suo impegno a raggiungere la stabilità dei prezzi. Anche se questo aumento dei tassi potrebbe non essere l’ultimo, l’attenzione si sposta ora su quanto a lungo i tassi resteranno a questo livello massimo. Rimaniamo scettici sul fatto che la BCE taglierà i tassi così presto come il mercato si aspetta. L’incertezza incombe sulla traiettoria dell’inflazione. Sebbene lo slancio economico nell’area euro si sia indebolito in modo sostanziale, i mercati del lavoro rimangono forti e l’inflazione sottostante appare stabile. Di conseguenza, le nuove proiezioni dello staff della BCE indicano una crescita a breve termine notevolmente più debole di quanto previsto in precedenza, ma un’inflazione ancora al di sopra dell’obiettivo nel 2025, al 2,1%.

    Secondo Eurostat, l’inflazione complessiva e di fondo dell’Eurozona si è attestata al 5,3% in agosto. Sebbene l’inflazione complessiva si sia dimezzata rispetto al picco del 2022, le pressioni sui prezzi sottostanti rimangono ostinatamente elevate, soprattutto a causa di fattori interni. Affinché l’inflazione torni all’obiettivo del 2% della BCE, potrebbe essere necessario un ulteriore indebolimento del mercato del lavoro e dell’economia in generale. I reinvestimenti del programma di acquisto di asset (APP) della BCE sono stati interrotti, come previsto, in quanto la banca intende ridurre gradualmente la politica accomodante. Inoltre, la BCE potrebbe prendere in considerazione una riduzione anticipata dei reinvestimenti del programma di acquisto per l’emergenza pandemia (PEPP), forse già quest’anno. In presenza di un elevato fabbisogno di emissioni, ciò indebolisce il quadro tecnico relativo dei titoli di Stato e fa pensare a una ricostruzione dei premi a termine nel tempo.

    Implicazioni per gli investimenti: Riteniamo che gli swap sui tassi d’interesse europei dovrebbero continuare a sovraperformare i titoli di Stato core e prevediamo un irripidimento delle curve dei tassi d’interesse.

    Tassi di interesse: La debolezza della crescita incontra la tenuta del mercato del lavoro

    Sebbene la BCE abbia dichiarato di aspettarsi che gli attuali tassi di riferimento contribuiranno in modo sostanziale al ritorno dell’inflazione verso l’obiettivo, l’enfasi dei policymaker rimane su un approccio di dipendenza dai dati, riunione per riunione, guidato da una valutazione regolare delle prospettive di inflazione, della dinamica dell’inflazione sottostante e della forza della trasmissione della politica monetaria.

    Subito dopo il rialzo di un quarto di punto della BCE al 4,0% il 14 settembre, i mercati hanno prezzato circa 5 punti base di rialzi cumulativi della BCE nelle riunioni successive e tagli dei tassi a partire dal primo trimestre del prossimo anno. Pur ritenendo ragionevole il tasso terminale attualmente prezzato dai mercati finanziari, rimaniamo scettici sul fatto che la BCE possa procedere a tagli dei tassi così presto, viste le dinamiche inflazionistiche più persistenti.

    Le prospettive di crescita dell’area euro a breve termine sono nettamente peggiorate. Il calo significativo dell’indice dei responsabili degli acquisti (PMI) nell’area dell’euro suggerisce che l’economia sia sull’orlo di una lieve recessione: Il PMI composito è sceso a 46,7 in agosto, un valore storicamente coerente con una modesta contrazione del PIL di circa l’1% annualizzato. Mentre le altre indagini sull’attività dei servizi hanno mostrato un indebolimento più moderato e i dati quantitativi rimangono più resilienti, il notevole raffreddamento dei dati sui servizi indica una debole dinamica di crescita futura.

    Le proiezioni della BCE di settembre vedono una crescita dei redditi da lavoro dipendente del 3,8% anno su anno nel 2025, in calo rispetto al picco del 5,3% del 2023, ma ben al di sopra della media di lungo periodo del 2,1%. Secondo Eurostat, il tasso di disoccupazione nell’area euro ha raggiunto il minimo storico del 6,4% a luglio.

    Sebbene il mercato del lavoro rimanga rigido, inizia anche a mostrare alcuni primi segnali di ammorbidimento, in quanto la crescita dell’occupazione è rallentata e gli indicatori prospettici segnalano un’ulteriore moderazione. Inoltre, alcuni indicatori salariali suggeriscono che le pressioni sulle retribuzioni hanno iniziato ad allentarsi con il calo dell’inflazione complessiva. È probabile che sia necessario un ulteriore indebolimento per riportare l’inflazione verso l’obiettivo.

    Bilancio della BCE: Nessuna modifica a settembre, ma altre in arrivo

    Nella riunione di settembre la BCE non ha modificato il proprio orientamento sul bilancio e intende ancora reinvestire le scadenze del PEPP almeno fino alla fine del 2024. Il reinvestimento flessibile del PEPP rimane la prima linea di difesa contro il rischio di frammentazione, ossia il rischio che i vari rendimenti sovrani dell’area dell’euro si spostino o rispondano in modo diverso alla politica della BCE, il che può destabilizzare i mercati. Tuttavia, riteniamo che la BCE stia puntando a una riduzione anticipata dei reinvestimenti del PEPP, potenzialmente già quest’anno.

    Oltre al fatto che le considerazioni legate alla pandemia stiano diventando meno imperanti, i piani di emissione governativa ridotti per la seconda metà dell’anno, le curve dei rendimenti sovrani piatte e gli spread sovrani stabili sono tutti fattori che favoriscono un’ulteriore normalizzazione del bilancio. Sia per l’APP che per il PEPP, non prevediamo che la BCE escluda la vendita delle partecipazioni obbligazionarie, ma prevediamo una graduale e ordinata riduzione passiva dei reinvestimenti.

    Non ci aspettiamo che la BCE aumenti a breve il coefficiente di riserva obbligatoria dall’attuale 1%. La logica degli obblighi di riserva obbligatoria è meno chiara in un contesto di ampia liquidità in eccesso, e una tale mossa potrebbe sollevare questioni sugli obiettivi della funzione di reazione dell’Eurosistema relativi ai profitti e alle perdite delle banche centrali.

    La BCE potrebbe anche decidere di modificare al ribasso le indicazioni sulla remunerazione dei depositi governativi nazionali, dall’attuale tetto dell’euro short-term rate (€STR) meno 20 punti base, per incoraggiare una riduzione di tali depositi. Di recente la Bundesbank ha deciso di remunerare questi depositi allo 0%, osservando che non svolgono una funzione autonoma di politica monetaria.

    In ogni caso, riteniamo che né la decisione di aumentare il coefficiente di riserva obbligatoria della BCE né quella di abbassare ulteriormente il tetto di remunerazione dei depositi governativi avrebbero un impatto duraturo sui mercati monetari europei.

  • Columbia Threadneedle Inv.: Si avvicina la prospettiva di una recessione per UK e UE?

    Columbia Threadneedle Inv.: Si avvicina la prospettiva di una recessione per UK e UE?

    Weekly market outlook a cura di Steven Bell, Chief Economist EMEA di Columbia Threadneedle Investments

    Si avvicina la prospettiva di una recessione per UK e UE?

    ·        Gli indici dei responsabili degli acquisti dell’Eurozona, Stati Uniti e Regno Unito hanno registrato forti cali.

    ·        Per l’Eurozona e il Regno Unito, l’indice composito è sceso al di sotto di 50, indicando una contrazione.

    ·        Il quadro generale dei dati ci porta a stimare un rischio elevato di recessione in Europa, soprattutto in Germania, Paesi Bassi e Italia.

    ·        Il Regno Unito dovrebbe cavarsela con una crescita debole, mentre gli Stati Uniti sembrano avere una base più solida.

    Durante la scorsa settimana si è registrato un forte calo degli indici dei responsabili degli acquisti in zona Euro, Stati Uniti e Regno Unito. Per l’Eurozona e il Regno Unito, l’indice composito è sceso al di sotto di 50, indicando una contrazione e riaccendendo i timori di una recessione. Questi indici PMI sono tenuti sotto stretta osservazione e sono ampiamente considerati come indicatori accurati e tempestivi dell’attività economica complessiva. Alla luce di questi ultimi dati, dopo un’approfondita analisi, riteniamo che via sia un rischio elevato di recessione in Europa, soprattutto in Germania, Paesi Bassi e Italia, mentre il Regno Unito dovrebbe cavarsela con una crescita debole e gli Stati Uniti sembrano presentare una situazione ancora più stabile.

    I dati provenienti dall’Eurozona mostrano una debolezza generale. In particolare, la fiducia dei consumatori e delle imprese si è indebolita, nonostante il calo dell’inflazione e i livelli record di disoccupazione. Diversi sono i fattori alla base di questa situazione. In primo luogo, sebbene i prezzi dell’energia siano scesi, sono ancora ben al di sopra dei livelli che si registravano prima che la Russia interrompesse le forniture di gas. Le imprese tedesche che si affidavano al gas russo a basso costo non sono più in grado di sostenere la concorrenza. Sebbene la disoccupazione in Germania sia in calo, l’impennata dei fallimenti aziendali, ampiamente pubblicizzata, spaventa sia i consumatori che le aziende. Si registra, dunque, un’incertezza diffusa, dovuta anche all’aumento dei tassi d’interesse.

    La mancanza di fiducia implica che i consumatori sono riluttanti ad utilizzare i risparmi accumulati durante la pandemia da Covid-19. Sebbene la spesa dei consumatori non sia debole ovunque, con le vendite al dettaglio in Spagna in piena espansione, questo trend rappresenta più un’eccezione che la regola. Con l’inflazione ancora ben al di sopra dell’obiettivo del 2% fissato dalla BCE, i tassi di interesse sembrano destinati a salire ulteriormente e vi è una concreta possibilità di andare incontro ad una crescita negativa nel corso dell’inverno. È probabile che la disoccupazione aumenti, anche se non in misura significativa.

    Anche nel Regno Unito i PMI sono risultati deboli, con gli ultimi dati che mostrano un forte calo, in particolare nel settore dei servizi, che si era finora dimostrato resiliente. Nonostante ciò, i dati più ampi si sono rivelati solidi. A differenza dell’Eurozona, nel Regno Unito la fiducia dei consumatori è in ripresa e si prevede un aumento delle vendite al dettaglio in autunno. Con il passare delle settimane si assisterà, inoltre, ad un incremento del numero dei mutui a tassi molto più alti, mentre il prezzo delle case continuerà a diminuire e la disoccupazione aumenterà. Tuttavia, i tassi ipotecari sono scesi significativamente dai massimi registrati all’inizio di luglio e il calo dell’inflazione significa che i redditi reali stanno iniziando a crescere. La Banca d’Inghilterra potrebbe decidere di alzare i tassi ancora una volta, ma il picco dovrebbe essere ormai vicino.

    I PMI sono tenuti sotto stretta osservazione, sebbene da un po’ di tempo a questa parte siano troppo pessimisti sulla crescita economica. Nell’Eurozona, la debolezza dei PMI è stata confermata dai dati concreti, soprattutto in Germania, Paesi Bassi e Italia. Tutto questo contribuisce a delineare un quadro preoccupante, anche per il Regno Unito. Se la prospettiva di un’inflazione in calo si rivelerà corretta, si registreranno miglioramenti per quanto riguarda la fiducia dei consumatori e la crescita. Infine, negli Stati Uniti la recessione sembra meno probabile; la ripresa dei pagamenti dei prestiti agli studenti potrebbe causare una battuta d’arresto, ma i fondamentali economici più ampi si dimostrano positivi.

  • J. SAFRA SARASIN: Europa, il settore industriale resta in recessione

    J. SAFRA SARASIN: Europa, il settore industriale resta in recessione

    A cura di Karsten Junius, Chief Economist di Banca J. Safra Sarasin

    La produzione industriale continua a deludere nell’eurozona. I dati di maggio (0,2% su base mensile e -2,2% su base annua) non mostrano una grande ripresa dopo il disastroso calo di marzo. Rispetto ad aprile, la produzione è aumentata in tutte le categorie, ad eccezione dell’energia. Tuttavia, rimane al di sotto dei livelli di gennaio in tutte le categorie, ad eccezione dei beni strumentali. Questi ultimi sono leggermente aumentati, ma non nella misura attesa con la riapertura dell’economia cinese. Le componenti dell’energia e dei beni intermedi rimangono addirittura al di sotto dei livelli pre-pandemia. Nei cinque maggiori Paesi dell’area dell’euro, la produzione di maggio è diminuita solo in Germania rispetto ad aprile, mentre rispetto a maggio 2022 è aumentata solo in Germania e Francia. Solo in Spagna è superiore a gennaio 2020, quindi prima della pandemia. Osservando i diversi settori, colpisce anche il fatto che la produzione di autoveicoli rimanga del 7% al di sotto del livello pre-pandemia.

    Non ci aspettiamo un’inversione di tendenza nei prossimi mesi. A differenza dell’anno scorso, il costante apprezzamento del 10% dell’euro ponderato per il commercio reale dallo scorso settembre costituisce un significativo vento contrario e anche la recessione globale del settore manifatturiero non sta aiutando l’area euro. Sia gli indici dei responsabili degli acquisti (PMI) che l’indice di fiducia del settore industriale della Commissione europea suggeriscono un’ulteriore debolezza in futuro. Le aspettative di produzione per i prossimi mesi sono appena positive e le scorte di prodotti finiti sono aumentate a tal punto che anche le aspettative sui prezzi di vendita sono diminuite in modo massiccio. I colli di bottiglia nella produzione e la mancanza di materie prime non sembrano più essere un fattore limitante. In linea con ciò, la valutazione dei livelli dei portafogli ordini è peggiorata in 10 degli ultimi 12 mesi, indicando che la domanda repressa, i problemi delle catene di fornitura e altre distorsioni legate alla pandemia sono un tema del passato.

    Le condizioni finanziarie restrittive e l’indebolimento dell’economia globale probabilmente peseranno ulteriormente sulla produzione industriale. Queste forze probabilmente deprimeranno ulteriormente la domanda nei prossimi mesi, poiché di solito ci vogliono alcuni trimestri prima che la politica monetaria più restrittiva mostri il suo pieno effetto.

    Le vendite al dettaglio sono diminuite in aprile e maggio, così come la spesa per le costruzioni in aprile. Presumendo livelli costanti per le vendite al dettaglio, le costruzioni e la produzione industriale per i restanti mesi del trimestre, si otterrebbero variazioni trimestrali negative per tutti i settori. Di conseguenza serve un settore dei servizi forte, potenzialmente stimolato da un altro ciclo di domanda repressa di servizi al turismo, come forza equilibrante.

    In breve, la stagflazione descrive al meglio lo stato attuale dell’economia dell’area dell’euro

  • TCW: Downgrade USA una “non notizia”, recessione slitta a 2024

    TCW: Downgrade USA una “non notizia”, recessione slitta a 2024

    A cura di Steve Kane, co-CIO e Generalist Portfolio manager, TCW

    La notizia del declassamento del merito di credito sovrano degli Stati Uniti da AAA a AA+ non ci preoccupa e non sembra preoccupare neppure il mercato. Tutti i fattori e le motivazioni esposte dall’agenzia di rating, incluse la questione del tetto del debito, l’aumento del deficit e l’incremento del rapporto debito/Pil sono già noti.

    Avrebbe potuto essere un problema una reazione con vendite tecniche se gli investitori fossero stati sensibili al rating sui Treasury ma così non è: gli investitori negli indici non guardano al rating quindi l’evento non ha avuto di fatto alcun impatto.

    Nel 2011, quando questo accadde per la prima volta e S&P declassò il merito di credito degli Stati Uniti, ci si iniziò a chiedere che cosa sarebbe successo se fosse arrivato un altro downgrade e molti investitori avessero cambiato la propria politica di investimento scegliendo di investire in titoli di stato Usa a prescindere dal rating sovrano. Penso che il mercato fosse preparato.

    Sul fronte obbligazionario stiamo assumendo una visione di lungo periodo che sta diventando ancora più di lungo periodo: alla fine i rialzi dei tassi Fed e il deterioramento delle condizioni di finanziamento rallenteranno l’economia e sfoceranno in una recessione e stiamo cercando segnali che confermino questo scenario. E alcuni segnali ci sono: l’inversione della curva dei rendimenti, standard sui prestiti più rigidi, la Senior Loan Officer survey, ci sono indicazioni sul mercato del lavoro con la Jolt Survey. Ma altre informazioni che arrivano allo stesso tempo sempre dal mercato del lavoro, l’andamento dei consumi e degli utili societari, sembrano dirci che l’economia non cambierà direzione presto

    Stiamo cercando indicazioni prospettiche nel mercato del lavoro e in quello del credito e queste stanno emergendo, ma molto lentamente.

    Il mercato si sta adagiando sullo scenario di un “atterraggio morbido”. L’ultima volta che si è parlato molto di “soft landing” è stato a inizio marzo quando poi ci sono state le crisi bancarie. Prima si era sentito parlare di “atterraggio morbido” nel 2006, 2007 e anche all’inizio del 2008 prima della peggiore crisi finanziaria e recessione fino allo scoppio della pandemia.

    La nostra view di lungo periodo non è in nessuno modo influenzata da un consensus che va nella direzione opposta.  Ne capiamo i motivi. Vuol dire che la Fed dovrà rimanere “falco” e tenere il piede sul freno più a lungo e questo forse aumenta paradossalmente le probabilità di un “atterraggio duro”. Se la Fed dovrà fare “overtightening”, concentrandosi su indicatori in ritardo sul ciclo che arrivano dal mercato del lavoro e sull’inflazione, potrebbe portarla, a mio avviso, a rimanere più restrittiva più a lungo. 

    Per noi la recessione invece che avvenire nel 2023, arriverà probabilmente a metà 2024.

    A livello dei diversi segmenti del mercato obbligazionario Usa, pensiamo che il credito high yield offra rendimenti ancora interessanti con coupon del 7%, che rappresenta un cuscinetto alla possibile volatilità dei prezzi. Ma non pensiamo che questa asset class remuneri meglio rispetto ad altre aree del mercato di qualità più alta come i Treasuries e il credito investment grade perché ci aspettiamo che il differenziale di rendimento sul credito sia destinato ad allargarsi a mano a mano che entriamo in una recessione.

  • COMGEST: COME REAGIRE ALL’INCERTEZZA DI FRONTE ALLA RECESSIONE PIÙ ATTESA DI TUTTI I TEMPI?

    COMGEST: COME REAGIRE ALL’INCERTEZZA DI FRONTE ALLA RECESSIONE PIÙ ATTESA DI TUTTI I TEMPI?

    Zak Smerczak, Analista & Gestore del fondo Comgest Growth Global

    I mercati globali in generale hanno visto un inizio fortemente positivo nel 2023 e in particolare gli Stati Uniti (soprattutto nei titoli a grande capitalizzazione esposti alla crescita e all’intelligenza artificiale) e il Giappone (soprattutto nei conglomerati commerciali industriali a grande capitalizzazione che hanno suscitato il noto ottimismo degli investitori) hanno continuato a salire nel secondo trimestre. Nel corso dell’anno non si sono registrati cambiamenti significativi e sostanziali nel contesto macro.

    Stiamo aspettando l’imminente e “più attesa recessione di tutti i tempi”. Le banche centrali globali continuano a inasprire le misure, riducendo la liquidità e aumentando i tassi (nonostante la pausa di giugno della Federal Reserve statunitense e della Banca del Giappone), il rischio di contagio derivante dallo stress delle banche regionali statunitensi ed europee (anche se ora più attenuato) continua a preoccupare, l’inflazione continua a essere ostinatamente elevata (anche se in rallentamento grazie al raffreddamento dei mercati energetici) e i dati economici cinesi appaiono deboli, con uno scarso sostegno fiscale di un certo peso.

    Tra i titoli più interessanti figurano Eli Lilly, Microsoft e ASML. Eli Lilly, leader in diverse terapie, in particolare nel campo del diabete e dell’obesità, ha registrato ottimi risultati trimestrali, con una crescita entusiasmante e fondamentale che si è concretizzata nella sua linea di prodotti per il diabete, dove Trulicity e Mounjaro (che insieme rappresentano il 37% delle vendite) sono cresciuti di ben il 59% su base annua. Una volta che Mounjaro sarà approvato per la perdita di peso nel corso di quest’anno, lo slancio della crescita dovrebbe continuare. Microsoft continua a beneficiare della crescita della sua piattaforma cloud (Azure) che, pur avendo registrato un rallentamento rispetto al settore in generale, ha beneficiato in particolare dei servizi di intelligenza artificiale.

    Le sinergie di cross-sell e revenue e le implicazioni dell’utilizzo dell’IA sono un potente motore per ulteriori aumenti di prezzo. ASML, il produttore monopolista de facto di macchine per litografia EUV per l’industria dei semiconduttori, ha registrato solidi risultati nel primo trimestre, con una crescita del fatturato pari a un incredibile 90% su base annua. L’azienda ha mantenuto la sua guidance di crescita delle vendite del 25% per l’intero anno 2023.

    Sebbene l’incertezza permanga, confidiamo nel profilo di crescita e di qualità di società con bilanci solidi, redditività e aspettative di crescita a due cifre sul lungo periodo, ovvero una performance assoluta e corretta per il rischio favorevole, con livelli di volatilità pari o inferiori a quelli del mercato nel lungo periodo, nella maggior parte delle condizioni di mercato.

  • T. Rowe Price – Solo una recessione potrebbe impedire alla Bce di aumentare i tassi a settembre

    T. Rowe Price – Solo una recessione potrebbe impedire alla Bce di aumentare i tassi a settembre

    A cura di Tomasz Wieladek, Chief European Economist, T. Rowe Price

    La BCE aumenterà il tasso di deposito di 25 punti base, portandolo al 3,75 questa settimana, come è stato praticamente preannunciato alla riunione di giugno. Ciò avverrà indipendentemente dai dati dei PMI e dall’indagine sui prestiti bancari della Bce della prossima settimana.

    Nel meeting di luglio la comunicazione sarà complessa da gestire

    Persino alcuni dei policymaker più falchi affermano che la mossa di settembre dipenderà dalle previsioni e dai dati. La Presidente della Bce Lagarde vorrà rafforzare questo messaggio nel corso della conferenza stampa. Sarà una sfida per lei. Storicamente, è stato difficile dare un messaggio completamente dipendente dai dati in questa fase del ciclo di rialzo. I mercati prenderanno inavvertitamente una direzione da falco o da colomba, indipendentemente dalle reali intenzioni della Bce.

    I dati chiave sono i PMI e l’indagine sui prestiti bancari della Bce

    Mi aspetto che i PMI, soprattutto nel settore dei servizi, scivolino in territorio chiaramente recessivo durante l’estate. Pertanto, mi aspetto un peggioramento nei dati dei PMI pubblicati oggi. La rapida stretta monetaria della Bce sarà ancora una volta chiaramente visibile nell’indagine sui prestiti bancari, dove mi aspetto che le banche segnalino standard di credito ancora più rigidi per famiglie e imprese e una domanda di prestiti più debole. La debolezza della domanda di prestiti è storicamente un forte segnale di recessione. La Bce lo sa bene, ma aumenterà comunque i tassi di interesse.

    A settembre resta probabile un altro rialzo di 25 pb

    Mi aspetto che i dati delle indagini di settembre indichino che l’area euro è in recessione. L’indagine della Bce sul credito bancario, che verrà pubblicata questa settimana, dovrebbe confermare questa view. Tuttavia, poiché i mercati del lavoro rimangono resilienti e reagiscono solo con un ritardo significativo, la Bce probabilmente effettuerà comunque un rialzo a settembre, con l’inflazione core CPI che inizierà a scendere in modo significativo solo dopo la riunione di settembre. È proprio l’attenzione all’inflazione core CPI e alla stabilità dei prezzi che probabilmente farà sì che la Bce continui nel suo ciclo di rialzi a settembre, indipendentemente da ciò che accade all’attività nel breve periodo.

    Tre catalizzatori che potrebbero impedire alla Bce di aumentare i tassi a settembre

    Il tasso di disoccupazione dell’area dell’euro potrebbe aumentare da qui a settembre, ma questo è meno probabile dato che il mercato del lavoro di solito risponde con un certo ritardo. Una banca dell’area dell’euro potrebbe finire in amministrazione controllata a causa delle forti pressioni sui mercati immobiliari dovute all’aumento dei tassi di interesse. Il mercato azionario potrebbe vedere una significativa correzione anticipando una recessione dell’economia reale. Tuttavia, storicamente una correzione del mercato azionario è molto più probabile a settembre, cioè dopo la riunione di settembre della Bce.

  • T. Rowe Price – Banche centrali: gli atteggiamenti falco potrebbero provocare una recessione

    T. Rowe Price – Banche centrali: gli atteggiamenti falco potrebbero provocare una recessione

    A cura di Arif Husain, Head of International Fixed Income and Chief Investment Officer, Fixed Income, T. Rowe Price

    Potremmo incappare in un errore di policy monetaria globale? Le recenti posizioni falco assunte da alcune delle principali banche centrali dei mercati sviluppati rendono questa domanda pertinente. Esiste il rischio concreto che queste banche centrali possano irrigidirsi eccessivamente nel tentativo di contenere l’inflazione contribuendo a spingere l’economia globale verso la recessione, oltre a indurre una recessione dei mercati finanziari. La banca centrale cinese, dall’altro lato, potrebbe commettere un altro tipo di errore, non allentando la politica a sufficienza per sostenere l’economia del Paese.

    Banca Centrale Europea: in vista un nuovo rialzo dei tassi?

    La Bce ha fornito quello che probabilmente è l’esempio recente più evidente di una posizione estremamente falco da parte di una grande banca centrale. Nella riunione di giugno, ha aumentato i tassi di 25 punti base e la Presidente Christine Lagarde ha dichiarato di aspettarsi un altro rialzo a luglio. L’aspetto più significativo è che la Bce ha sorpreso i mercati alzando le previsioni sull’inflazione per il 2025, fatto che ha dato un segnale fortemente ribassista. In seguito alla revisione delle previsioni di aumento dell’inflazione, riteniamo che la Banca centrale europea potrebbe addirittura procedere a un nuovo rialzo nella prossima riunione di settembre. Tuttavia, come la maggior parte delle banche centrali, la Bce non ha una solida esperienza nel prevedere con precisione l’inflazione, per cui c’è la possibilità netta che l’inflazione possa essere inferiore alle previsioni, con conseguente eccessivo irrigidimento della politica monetaria.

    Fed: i rialzi potrebbero essere due

    Sebbene la Fed abbia mantenuto i tassi fermi nella riunione di giugno, dopo 10 aumenti consecutivi per un totale di 500 punti base, il Summary of Economic Projections (SEP) ha mostrato che i policymaker prevedono di aumentare i tassi altre due volte nel 2023. Il presidente della Fed Jerome Powell ha sottolineato l’approccio apparentemente muscolare della Fed per domare l’inflazione, dichiarando che i tagli dei tassi sono improbabili per un paio d’anni. Questo potrebbe rappresentare un tentativo di convincere i mercati a non prezzare tagli quest’anno, e dobbiamo ammettere che ha funzionato: i contratti a termine successivi alla riunione della Fed hanno mostrato riduzioni dei tassi a partire dall’inizio del 2024. Tuttavia, il commento di Powell di non aspettarsi tagli fino al 2025 è in contrasto con le proiezioni del SEP, che prevedevano un allentamento di 100 punti base nel 2024.

    La Fed ha indicato che prenderà in considerazione gli effetti cumulativi dell’inasprimento delle politiche al momento di stabilire di quanto aumentare ancora i tassi, segnalando che probabilmente passerà più tempo tra un rialzo e l’altro. Sarà sufficiente per evitare una recessione? La vischiosità dell’inflazione core statunitense e il focus della Fed sul ritorno dell’inflazione all’obiettivo del 2% potrebbero facilmente indurla a spostare i tassi troppo in alto e ad essere lenta a tagliare quando l’economia entrerà in recessione.

    Bank of England: rialzi dei tassi e possibile recessione

    La BoE sembrava posizionata dalla parte giusta quando è stata una delle prime banche centrali dei mercati sviluppati ad aumentare i tassi dopo il rimbalzo economico del 2020 dalla recessione indotta dalla pandemia. Tuttavia, ha poi adottato un atteggiamento rilassato per gran parte del 2022. Di conseguenza, è rimasta indietro nella lotta all’inflazione e l’inflazione dei prezzi al consumo nel Regno Unito è schizzata ben oltre il 10%.

    Ora i lavoratori del settore pubblico nel Regno Unito chiedono massicci aumenti di stipendio, sollevando il timore che possa instaurarsi una spirale salari-prezzi. In risposta, la Bank of England ha sorpreso i mercati con un rialzo di 50 punti base, più ampio del previsto, al 5% durante la riunione di giugno, facendo prevedere che il tasso finale di questo ciclo sarà del 6%. I tassi ipotecari potrebbero raggiungere l’8%, schiacciando la spesa dei consumatori in un Paese in cui i mutui a tasso fisso sono rari. Sotto la pressione di questo contesto di inflazione ancora elevata, la BoE potrebbe facilmente aumentare i tassi a un livello tale da spingere l’economia in recessione.

    People’s Bank of China: l’economia cinese sta vacillando

    Invece di alzare troppo i tassi, la Cina potrebbe non tagliarli in modo abbastanza aggressivo per sostenere la crescita economica. A giugno la PBOC ha abbassato il tasso sui prestiti a medio termine a un anno di soli 10 punti base, il primo taglio dall’agosto 2022. Sebbene abbia seguito con tagli minori i tassi di riferimento sui prestiti a uno e cinque anni, l’economia cinese sta palesemente vacillando dopo l’ondata di politiche post-zero-Covid e potrebbe avere difficoltà a raggiungere anche l’obiettivo di crescita annuale relativamente modesto del 5% che il governo ha fissato per il 2023.

    Tuttavia, la Cina è un’anomalia in un mondo in cui molte banche centrali dei mercati sviluppati cercano di contenere l’inflazione. Prolungando i loro cicli di rialzo in presenza di un’inflazione vischiosa, queste banche centrali potrebbero creare ulteriori problemi economici a lungo termine. Al contrario, alcune banche centrali dei mercati emergenti stanno riuscendo a ridurre l’inflazione dopo aver aumentato i tassi in modo più rapido e significativo. Le banche centrali di paesi come il Brasile stanno ora prendendo in considerazione tagli dei tassi, il che ci porta a chiederci se le obbligazioni in valuta locale di questi paesi siano prezzate con un premio al rischio eccessivo e se i titoli sovrani dei mercati sviluppati abbiano un premio al rischio sufficiente.

  • Columbia Threadneedle Inv.: Recessione e Inflazione in UK e USA

    Columbia Threadneedle Inv.: Recessione e Inflazione in UK e USA

    Weekly market outlook a cura di Steven Bell, Chief Economist EMEA di Columbia Threadneedle Investments

    Recessione e inflazione in UK e USA

    • L’economia statunitense sembra destinata a subire una lieve recessione, con il sostegno alla spesa dei consumatori da parte dei cosiddetti “salvadanai da Covid” esauriti
    • I dati sull’IPC e sull’occupazione rilasciati tra oggi e il 26 luglio, quando il FOMC si riunirà per fissare i tassi di interesse, determineranno la futura linea d’azione della Banca Centrale
    • Nel Regno Unito l’inflazione si è dimostrata ostinatamente persistente, ma con il calo dei prezzi dell’energia, degli alimenti e dei beni dovrebbe comunque dimezzarsi entro la fine dell’anno
    • La forza della crescita salariale del Regno Unito manterrà la pressione sulla Banca d’Inghilterra affinché questa aumenti ulteriormente i tassi, mentre i tassi ipotecari finiranno per influenzare la spesa dei consumatori
    • Gli asset di rischio saranno in difficoltà in caso di recessione negli Stati Uniti, ma le obbligazioni dovrebbero recuperare e il sell-off delle azioni dovrebbe essere limitato, offrendo un’opportunità di acquisto

    L’economia statunitense sta rallentando e sembra destinata a subire una lieve recessione. Il sostegno alla spesa dei consumatori derivante da tutta la liquidità accumulata durante la pandemia – i cosiddetti “salvadanai da Covid” – si è esaurito. I dati diffusi la scorsa settimana lo hanno confermato: la spesa dei consumatori sta crescendo lentamente e il tasso di risparmio è in aumento. La ripresa dei rimborsi dei prestiti agli studenti a settembre, che valgono in media 400 dollari al mese per ogni beneficiario, rappresenterà un ulteriore colpo. Allo stesso tempo, la spinta temporanea all’edilizia abitativa derivante dalla riduzione dei tassi ipotecari all’inizio della primavera e dallo smaltimento delle scorte da parte dei costruttori di case è ormai alle spalle. Il CAPEX è in calo. I dati sull’occupazione sono attesi per venerdì e, qualunque sarà il loro valore, il quadro generale è di rallentamento. L’offerta di manodopera è aumentata, quindi anche una ragionevole crescita dell’occupazione farebbe aumentare la disoccupazione.

    Allo stesso tempo, l’inflazione è in calo. I prezzi dei beni alimentari e dell’energia si sono ridotti e anche l’inflazione core ha subito un netto rallentamento. Il Federal Open Market Committee (FOMC) si riunirà il 26 luglio per determinare i tassi di interesse, e i dati che si avranno da qui ad allora, in particolare quelli relativi all’IPC e all’occupazione, determineranno se procedere con un ulteriore aumento. In ogni caso, pensiamo di essere vicini al picco. La questione principale è se la Federal Reserve procederà a dei tagli in modo aggressivo nel 2024. Prima del crollo della Silicon Valley Bank a marzo, il mercato prevedeva che il tasso sui Fed funds avrebbe chiuso il 2024 al 4,25%; quest’ultimo è poi sceso precipitosamente al 2,8%, ma da allora si è riportato sopra il 4%. Pensiamo che i tassi statunitensi l’anno prossimo saranno inferiori alle aspettative del mercato, e certamente più bassi di quanto la Fed ci faccia credere.

    Intanto, nel Regno Unito l’inflazione core è andata nella direzione opposta: attualmente, infatti, è significativamente più alta delle aspettative e, per questo, abbiamo dovuto alzare le nostre previsioni sull’inflazione di fine anno: invece del 3%, ora ci aspettiamo un probabile 4%. Si tratta comunque di un calo notevole, che consentirebbe al Primo Ministro inglese di raggiungere l’obiettivo di dimezzare l’inflazione (che al momento della sua definizione era pari al 10%). I prezzi dell’energia sono già scesi ed entro ottobre le bollette delle famiglie dovrebbero registrare un calo di circa il 20% su base annua, in netto contrasto con gli aumenti di oltre il 200% registrati all’inizio dell’anno. Anche l’inflazione dei prezzi dei beni alimentari dovrebbe ridursi notevolmente, passando dal picco di quasi il 20% di marzo a una sola cifra. Sono in arrivo altre notizie migliori, con anche un calo dell’inflazione dei prezzi dei beni. Gran parte di questo andamento riflette i prezzi internazionali, ma anche la forza della sterlina sta contribuendo. Stimiamo che la debolezza della sterlina stia aggiungendo quasi due punti percentuali all’inflazione attuale; entro Natale questo effetto sarà scomparso.

    Ma tutto ciò non rappresenta un calo sostenuto dell’inflazione, e la forza della crescita salariale del Regno Unito manterrà la pressione sulla Banca d’Inghilterra affinché aumenti ulteriormente i tassi. Il miglioramento della fiducia sta incoraggiando i consumatori britannici ad attingere ai loro salvadanai da Covid. A differenza dei cugini statunitensi, l’anno scorso i consumatori britannici non hanno speso, spaventati dalla prospettiva di bollette energetiche alle stelle durante l’inverno. Poiché la paura si è attenuata, i consumatori stanno ora spendendo di più. Tuttavia, con il tempo, l’impennata dei tassi ipotecari del Regno Unito frenerà la spesa di quest’ultimi, indebolirà il mercato del lavoro e rallenterà l’inflazione salariale. Tuttavia, riteniamo che uno scenario simile si realizzi nel 2024. Per il momento, la domanda dei consumatori manterrà in vita l’economia britannica.

    Che cosa significa questo per i mercati? Se abbiamo ragione rispetto a una recessione negli USA, gli asset di rischio si troverebbero in difficoltà. Il dollaro spesso sale in un simile contesto, ma se i differenziali dei tassi di interesse si muoveranno a sfavore degli Stati Uniti, come ci aspettiamo, potrebbe accadere il contrario. In ogni caso, le obbligazioni dovrebbero registrare un aumento. Non prevediamo una profonda recessione negli Stati Uniti, quindi il sell off dei titoli azionari dovrebbe essere limitato e fornire un’opportunità di acquisto, sostenuta dalla prospettiva di tassi di interesse più bassi. Ma la debolezza potrebbe essere evidente prima.

  • T. Rowe Price – Recessione all’orizzonte, ma molto diversa dalle precedenti

    T. Rowe Price – Recessione all’orizzonte, ma molto diversa dalle precedenti

    A cura di Nikolaj Schmidt, Chief International Economist, T. Rowe Price

    Continuano ad accumularsi prove del fatto che ci stiamo dirigendo verso una recessione. Durante l’ultima fase di questo percorso, il mercato del lavoro perderà velocità fino a quando le autorità non interverranno con un allentamento monetario. La prossima recessione sarà probabilmente molto diversa dalla crisi finanziaria globale e da quella legata al Covid. Tuttavia, è necessaria cautela e per questo potrebbe essere giustificato aumentare l’allocazione nei titoli del reddito fisso.

    Negli ultimi tempi, ci sono state alcune evoluzioni positive: il drastico calo del prezzo dell’energia, il progressivo attenuarsi dei problemi legati alla catena di approvvigionamento e l’abbandono della politica “zero Covid” in Cina hanno risollevato la crescita globale da recessiva a leggermente indebolita. La domanda chiave è se la crescita rallenterà fino al punto in cui entreranno in gioco dinamiche recessive.

    A differenza di una flessione più benigna, una recessione è un processo in cui una crescita debole, attraverso il suo impatto sul mercato del lavoro, si autoalimenta creando una spirale discendente. Per porre fine alla spirale è necessario uno shock positivo, spesso favorito da un allentamento della politica monetaria. Le dinamiche del mercato del lavoro sono quindi una variabile chiave da monitorare. Le notizie dagli Stati Uniti non sono incoraggianti su questo fronte: sebbene i numeri principali dell’occupazione continuino a sembrare solidi, le crepe hanno iniziato a manifestarsi sotto la superficie.

    Dato che un alleviamento delle pressioni sul mercato del lavoro è una delle motivazioni principali del ciclo di rialzo della Federal Reserve, è probabile che la politica monetaria rimanga restrittiva e le crepe continuino ad allargarsi.

    ­Il ridimensionamento della liquidità metterà sotto pressione i mercati

    L’accordo bipartisan tra Democratici e Repubblicani sul tetto del debito degli Stati Uniti è stato uno sviluppo positivo. Tuttavia, ha portato un’altra sfida. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha ridotto la liquidità depositata presso la Federal Reserve per finanziare le spese correnti. In sostanza, questa manovra ha funzionato come una forma di quantitative easing. Ora il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti dovrà rimpinguare le casse, il che comporterà un notevole calo di liquidità dal sistema finanziario. Come abbiamo imparato nell’ultimo decennio, i mercati finanziari tendono a performare molto meglio quando la liquidità è in aumento rispetto a quando si contrae.

    La situazione attuale è stata ulteriormente complicata dalle recenti difficoltà riscontrate dalle banche regionali statunitensi, la causa principale è stata proprio la riduzione della liquidità. Le banche regionali potrebbero affrontare ulteriori pressioni man mano che la liquidità viene drenata dal sistema, ma almeno hanno la possibilità di accedere alle misure messe in atto dalla Federal Reserve. Al contrario, gli intermediari finanziari non bancari non dispongono di tali protezioni e saranno quindi ancora più vulnerabili a una riduzione della liquidità rispetto alle banche locali.

    Per controbilanciare alcuni di questi rischi, durante l’ultima riunione del Federal Open Market Commitee, il presidente Jerome Powell ha suggerito che il tasso di riferimento attuale degli Stati Uniti abbia raggiunto un livello adeguatamente restrittivo: quindi, è probabile che la Fed sia arrivata all’ultimo rialzo dei tassi di interesse.

    Cautela degli investitori in un contesto incerto

    Al di fuori degli Stati Uniti, mentre il settore manifatturiero si trova in una fase di stallo, la domanda di servizi è sostenuta. La combinazione di un mercato del lavoro rigido e salari in aumento mette pressione sulla Bce affinché adotti una politica monetaria più restrittiva. Questo processo di restrizione continuerà fino a quando l’Eurozona non mostrerà dinamiche recessive proprie.

    Fino ad ora, la ripresa successiva alla politica “zero COVID” in Cina ha superato le aspettative. Tuttavia, come previsto, il recupero si è concentrato sulla domanda di servizi. Di conseguenza, ha avuto pochi effetti positivi sul resto del mondo. I dati più recenti suggeriscono che il recupero si stia moderando e potrebbe aver perso slancio anche nel settore manifatturiero.

    Quindi, quale sarà l’impatto di tutto ciò sui mercati finanziari? Tradizionalmente, la fine del ciclo di rialzo dei tassi da parte della Fed favorisce i risky asset, come le azioni, e porta ad un aumento del prezzo dei titoli di Stato. Tuttavia, mentre la risposta del mercato obbligazionario ha seguito il tradizionale copione, la risposta dei risky asset è stata sorprendentemente contenuta finora. Credo che ciò rifletta le preoccupazioni legate a un mercato del lavoro in deterioramento e alle problematiche (ora risolte) legate al limite del debito statunitense.

    Gli investitori probabilmente continueranno a perseguire una strategia conservativa per quanto riguarda l’assunzione di rischi fino a quando non ci sarà maggiore chiarezza su una possibile recessione negli Stati Uniti e, di conseguenza, nell’economia globale. Se le previsioni sono corrette e ci troviamo nelle fasi finali dell’attuale ciclo di espansione dell’attività economica, le prospettive per gli asset sensibili alla crescita sono sfidanti. La cautela è giustificata poiché il potenziale di apprezzamento limitato si scontra con rischi al ribasso significativi. Ad oggi, la costruzione di un portafoglio di successo probabilmente sarà sbilanciata sul reddito fisso che dovrebbe essere favorito da un rallentamento della crescita e un’allocazione più conservatrice di asset come le azioni, che dovrebbero beneficiare delle prospettive di un aumento della crescita.