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  • Pictet AM – Prospettive di crescita globale: favorite le obbligazioni dei mercati emergenti e l’azionario di qualità

    A cura della Strategy Unit di Pictet Asset Management

    17.01.2024

    • Azioni e obbligazioni hanno registrato un forte rally, in scia alle attese degli investitori di un allentamento monetario aggressivo nel 2024; i tassi diminuiranno, ma non così bruscamente come previsto dai mercati
    • Le azioni svizzere e giapponesi rappresentano interessanti opportunità di investimento, se confrontate con quelle statunitensi, che appaiano più costose
    • La diversificazione degli investimenti si estende anche alle valute, con un’aspettativa di indebolimento del dollaro statunitense e un focus su mercati emergenti

    Il 2023 era iniziato con prospettive incerte per l’economia globale, timori di un’inflazione incontrollata e di un aumento dei tassi di interesse che avrebbero potuto innescare una recessione globale. Un anno dopo, gli investitori si trovano davanti a un significativo cambiamento del panorama economico. L’economia globale potrebbe rallentare, ma rimane abbastanza resiliente da evitare un hard landing. L’inflazione è in calo in tutto il mondo, sebbene con qualche ostacolo, fatto che incoraggerà la maggior parte delle principali banche centrali a terminare la politica di stretta monetaria e a iniziare a tagliare i tassi di interesse nei prossimi mesi. Nelle ultime settimane del 2023, le aspettative per uno scenario “Goldilocks” di questo tipo hanno dato luogo a un forte trade reflazionistico sui mercati. Ma abbiamo motivi per essere cauti, non da ultimo perché sembra che gli investitori stiano correndo troppo in un momento in cui le dinamiche di mercato di fine anno potrebbero distorcere i prezzi. Ecco perché preferiamo essere in linea con il benchmark nella nostra asset allocation, declassando le obbligazioni a neutrali e promuovendo a neutrale la liquidità. Rimaniamo neutrali anche sulle azioni.

    La nostra analisi del ciclo economico mostra che è improbabile che gli Stati Uniti riacquistino presto la leadership nella crescita tra le economie sviluppate. I settori manifatturiero e immobiliare hanno subito un rallentamento, mentre gli indicatori anticipatori suggeriscono che gli investimenti di capitale si contrarranno nei prossimi mesi in linea con le basse aspettative di spesa futura. Inoltre, ci aspettiamo un prossimo rallentamento dei consumi statunitensi nei servizi. Questo perché i consumatori statunitensi stanno esaurendo una buona parte dei propri risparmi, scesi a soli 337 miliardi di dollari in ottobre rispetto al massimo di 1.800 miliardi di dollari a metà 2021. Prevediamo che tale cifra si azzererà entro la fine del primo trimestre del 2024. Allo stesso tempo, il mercato del lavoro statunitense mostra i primi segni di indebolimento. Le offerte di lavoro sono calate di circa 3 milioni rispetto al picco raggiunto a metà del 2022. Per tali ragioni, anche con un calo dell’inflazione più rapido del previsto, non crediamo che la Fed riterrà opportuno intervenire per abbassare i tassi reali. Ci aspettiamo che la banca centrale USA tagli i tassi tre o quattro volte quest’anno, uno scenario molto meno accomodante di quanto prezzato dal mercato obbligazionario.

    La nostra analisi della liquiditàsupporta la nostra posizione neutrale nell’asset allocation. L’eccesso di liquidità globale, ovvero la differenza tra il tasso di incremento dell’offerta di denaro e la crescita del PIL nominale, è solo leggermente positivo. A nostro avviso, eventuali futuri tagli dei tassi da parte della Fed sarebbero finalizzati a evitare tassi di interesse reali eccessivamente elevati. Ciò significa che le aspettative del mercato di un allentamento fino a 150 punti base, il doppio di quanto segnalato nell’ultimo meeting della Fed, appaiono eccessive. È altrettanto improbabile che altre banche centrali operino tagli aggressivi dei tassi d’interesse, dato il rischio di riaccendere l’inflazione. Per contro, riteniamo che l’allentamento della politica monetaria della Cina sia insufficiente. Le autorità monetarie hanno bisogno di ulteriori tagli dei tassi di interesse per contrastare le pressioni derivanti dalla riduzione del debito di bilancio strutturale che mette a rischio i settori dell’economia fortemente indebitati.

    Il nostro modello di valutazione mostra che le azioni sono ancora relativamente care anche dopo il rally obbligazionario, in particolare negli Stati Uniti, dove il premio per il rischio azionario si attesta a un minimo pluriennale del 3,8%. Prevediamo che la crescita degli utili societari delle aziende sviluppate sarà ben inferiore alle stime degli analisti, soprattutto negli Stati Uniti, dove il nostro scenario di base per un aumento dell’EPS del 2,5% è meno di un quinto delle stime di mercato. Sebbene le obbligazioni offrano valore nel lungo termine, in particolare i Treasury, l’asset class sembra leggermente ipercomprata considerando il recente rally. Pertanto, i nostri indicatori tecnici sono neutrali sia per le azioni che per le obbligazioni.

    Fig.1 – Griglia mensile dell’asset allocation

    GENNAIO 2024

    Fonte: Pictet Asset Management

    Regioni e settori azionari: troppo e troppo presto

    L’eccezionale performance di fine anno del mercato azionario ha realizzato, in poco più di un mese, gran parte delle aspettative per l’intero 2024. Di conseguenza, rimaniamo cauti sull’asset class, nonostante i segnali positivi provenienti dalla Fed in merito alla probabilità di un taglio dei tassi. Gli investitori hanno scontato rapidamente uno scenario “Goldilocks” di inflazione in rapido calo e di rispettivi tagli dei tassi di interesse, in un contesto di crescita relativamente stabile. In particolare, i titoli azionari statunitensi sembrano aver fatto il passo più lungo della gamba, sia dal punto di vista tecnico che di valutazione, motivo per cui manteniamo un sottopeso sul mercato. Un segnale di allarme emerge quando si confrontano i rapporti P/E delle azioni statunitensi con le misure di volatilità del mercato. Rispetto all’indice VIX, il P/E delle azioni statunitensi è stato superiore ai livelli attuali solo una volta negli ultimi 30 anni (Fig.2). Preso singolarmente, questo dato suggerisce che le azioni statunitensi sottoperformeranno le obbligazioni del 15% nel corso dell’anno. Sulla base del solo P/E, invece, il mercato è sopravvalutato di circa il 5%. Il risultato è che qualsiasi ulteriore guadagno per i titoli statunitensi può avvenire solo attraverso un aumento della crescita degli utili societari. Naturalmente, la liquidità della Fed avrà un ruolo nel comportamento dei mercati azionari. A partire dalla pandemia, calcoliamo che circa l’80% della varianza del mercato azionario statunitense derivi dalla posizione di liquidità relativa della Fed. I fattori tecnici relativi alle operazioni monetarie della Fed nei prossimi mesi potrebbero ancora far guadagnare un paio di punti percentuali a questo rally.

    Fig.2 – Valutazioni eccessive?

    Indice S&P 500 vs rapporto forward P/E a 12 mesi S&P 500 diviso per l’indice VIX

    Fonte: Refinitiv, Pictet Asset Management. Dati relativi al periodo dal 29/06/1990 al 15/12/2023.

    Dall’altra parte, se il mercato statunitense appare nuovamente costoso, le azioni di altri Paesi sembrano più appetibili: continuiamo a sovrappesare le azioni svizzere e giapponesi. Il mercato svizzero è orientato verso i titoli di qualità, che riteniamo essere quelli in cui gli investitori dovrebbero allocare il capitale in questa fase del ciclo economico. L’ottima performance delle azioni giapponesi quest’anno implica che il mercato offre meno valore rispetto al passato, ma per il momento le spinte strutturali legate all’uscita dalla deflazione e un forte programma di riforme societarie continuano ad essere di supporto. Tra i comparti, privilegiamo i titoli quality e value. Manteniamo il sovrappeso sull’energia. Sebbene i prezzi del petrolio si siano ridotti, un calo dei tassi di interesse dovrebbe sostenere la domanda. Allo stesso tempo, le tensioni in Medio Oriente, non da ultimo gli attacchi alle navi nel Mar Rosso da parte dei ribelli e dei pirati dello Yemen, potrebbero innescare un’impennata dei prezzi del greggio. Un contesto economico più debole dovrebbe continuare a favorire i beni di consumo di prima necessità, in cui deteniamo una posizione superiore all’indice, e penalizzare i consumi discrezionali, in cui manteniamo un sottopeso. Il consumatore statunitense è rimasto sorprendentemente resiliente finora, ma riteniamo che ci siano segnali di allarme provenienti dalle famiglie a basso reddito e dal mercato del lavoro. Nel lungo termine, l’andamento delle azioni dipenderà dal comportamento delle economie, ovvero se ritorneranno al regime post-crisi finanziaria globale di disinflazione e tassi di interesse vicini allo zero o a un’era pre-2008 di inflazione più pronunciata e tassi reali più alti.

    Reddito fisso e valute: margine di crescita per i mercati emergenti

    La rarità tende a rendere le cose più preziose. Il prossimo anno, con il rallentamento dell’economia mondiale, la crescita diventerà un bene sempre più raro. Tra i pochi a possederlo ci saranno i mercati emergenti (ME) e ciò dovrebbe giocare a favore delle loro obbligazioni in valuta locale. Prevediamo che la crescita nei Paesi sviluppati si dimezzerà nel 2024 scendendo allo 0,8%, ben al di sotto del suo potenziale. Per contro, il ritmo di espansione nei Paesi in via di sviluppo dovrebbe effettivamente accelerare leggermente fino a raggiungere il 3,9%, appena al di sopra del potenziale. La nostra ricerca mostra che un premio di crescita significativo e in aumento che tende a favorire le valute e le obbligazioni dei mercati emergenti, e per tale ragione continuiamo a sovrappesare il debito in valuta locale dei paesi emergenti.

    Anche i Treasury USA hanno potenziale di crescita, nonostante il recente e significativo rally. In primo luogo, i nostri modelli di valutazione suggeriscono che le obbligazioni statunitensi appaiono particolarmente interessanti rispetto alle azioni statunitensi. In secondo luogo, i Treasury tendono a performare bene in tempi di maggiore avversione al rischio, e potrebbero quindi rappresentare un’utile copertura in un anno in cui le tensioni politiche globali sono destinate a rimanere elevate: in numerosi Paesi (non da ultimo negli Stati Uniti) sono previste elezioni e vi è molta incertezza sul percorso di crescita, inflazione e tassi. Data l’attuale curva dei rendimenti statunitense relativamente piatta, vediamo il miglior potenziale nei titoli con maturity a breve termine (fino a circa 5 anni). Per i titoli di riferimento a 10 anni, le nostre previsioni di inflazione e crescita suggeriscono un rendimento al fair value pari al 3,75%, rispetto ai livelli attuali pari a circa il 3,9%. Con le aspettative sull’inflazione ora tornate ai livelli pre-Covid, vediamo valore nelle obbligazioni statunitensi protette dall’inflazione, soprattutto per i portafogli globali multi asset.

    Fig.3 – Vantaggio in termini di rendimento

    Obbligazioni sovrane dei mercati sviluppati ed emergenti, rendimenti reali a 10 anni, %

    Fonte: Refinitiv DataStream, FMI, Pictet Asset Management. * Rendimenti reali basati sul rendimento dei titoli di Stato a 10 anni in valuta locale meno il tasso di inflazione a lungo termine previsto (utilizzando le previsioni del FMI per il 2028). Dati relativi al periodo dal 19/12/2018 al 19/12/2023.

    Per quanto riguarda i mercati del credito, continuiamo a privilegiare le obbligazioni di elevata qualità, in particolare il debito investment grade statunitense. Il credito ha tenuto molto bene, soprattutto in un momento di rallentamento della crescita economica e di aspettative in calo per la crescita degli utili societari. Le obbligazioni high yield non sono invece al momento particolarmente interessanti. Sebbene il recente calo dei rendimenti obbligazionari riduca il costo di rifinanziamento del debito per i debitori non investment grade, riteniamo che gli spread high yield statunitensi (circa 350 punti base alla fine di dicembre 2023) siano troppo esigui per essere giustificati a fronte del fatto che i tassi di insolvenza sembrano destinati ad aumentare. In effetti, si tratta di uno degli asset a reddito fisso più costosi della nostra griglia di valutazione.

    Per quanto riguarda le valute, vediamo un ulteriore indebolimento del dollaro statunitense. Con il calo dei tassi di interesse statunitensi (prevediamo da tre a quattro tagli nel 2024) i differenziali dei tassi di interesse smetteranno di sostenere il biglietto verde. Il dollaro è sotto pressione anche a causa della sua elevata valutazione e di un picco nella performance relativa dell’economia statunitense. I beneficiari del calo della valuta statunitense includeranno le valute dei mercati emergenti. Ma siamo anche positivi sullo yen giapponese e sul franco svizzero. Sia in Giappone che in Svizzera assisteremo a un progressivo inasprimento della politica monetaria rispetto al resto dei Paesi sviluppati. Secondo i nostri modelli, lo yen è sottovalutato di circa il 20-30% e, a differenza di altre grandi banche centrali, la Bank of Japan (BoJ) sta assumendo un atteggiamento più aggressivo. Riteniamo che l’imminente normalizzazione della politica della BoJ, insieme agli afflussi di capitale, sarà un potente catalizzatore per trainare lo yen verso l’alto. Il franco svizzero, invece, beneficia delle sue proprietà difensive, nonché della crescita non inflazionistica e della disciplina fiscale del Paese. Manteniamo, infine, il sovrappeso sull’oro con un target di prezzo di 2.150 dollari l’oncia entro la fine del 2024. L’oro non è a buon mercato, ma l’atteso calo dei tassi USA e del dollaro, nonché l’offerta mondiale piatta, compensano abbondantemente.

  • Mirae Asset – Mercati emergenti: venti favorevoli e contrari nel 2024 in Asia (ex Japan)

    Joohee An, Chief Investment Officer, Mirae Asset Global Investments, asset manager rappresentato in Italia da Amchor IS

    A cura di Joohee An, Chief Investment Officer, Mirae Asset Global Investments, asset manager rappresentato in Italia da Amchor IS

    I venti contrari affrontati quest’anno sono destinati a diventare venti favorevoli nel 2024 per l’Asia (ex Japan), in particolare per quanto riguarda la forza del dollaro USA e i differenziali di rendimento. Molte valute asiatiche si sono deprezzate rispetto al dollaro USA, mentre i rendimenti statunitensi sono rimasti elevati in un contesto di inflazione. La traiettoria del dollaro e dei rendimenti rimane incerta; tuttavia, verso la fine del 2023 sono stati osservati timidi segnali di inversione.

    La performance macroeconomica della Cina rappresenta un’altra dinamica che potrebbe rappresentare un vento di coda o un potenziale vento contrario. Nel 2023, le divergenze nell’attività economica tra Stati Uniti, Europa e altri mercati emergenti, in particolare la Cina, sono state pronunciate. Ciò ha contribuito alla significativa variazione di performance tra mercati emergenti e sviluppati, aggravata dalla forza del mercato statunitense. Nei prossimi mesi, quando l’attenzione si sposterà gradualmente dai rendimenti, i mercati asiatici potrebbero diventare più interessanti per gli investitori globali.

    La stabilizzazione della Cina
    Finora le aspettative sono state più volte deluse ma, a partire dal terzo trimestre, abbiamo iniziato a vedere alcuni segnali di stabilizzazione in Cina. Il passaggio del governo a politiche più proattive, segnato da un aumento del deficit di bilancio a fine ottobre, ha sorpreso il mercato. Secondo il nostro scenario di base, prevediamo una lenta e graduale stabilizzazione della Cina nel corso del prossimo anno. Anche se ci saranno alcuni alti e bassi su base mensile, dovrebbe esserci meno “paura” per i rischi macro-sistemici.


    Pertanto, nel 2024 dovremo aspettarci delle fluttuazioni, in quanto non si prevede che la ripresa sia né regolare né robusta. Tuttavia, almeno abbiamo iniziato a vedere alcuni segnali di stabilizzazione economica, in parte dovuti alla proattività del governo cinese nel sostenere il settore immobiliare. Anche se la ripresa richiederà del tempo, è importante notare che lo scenario non sarà come quello del crollo di Lehman Brothers, anche se alcuni hanno espresso notevoli preoccupazioni. Ciò è dovuto in gran parte al fatto che la maggior parte delle banche all’interno del sistema finanziario cinese sono imprese statali (SOE), il che riduce intrinsecamente la probabilità di rischio sistemico.

    Nel settore immobiliare, le preoccupazioni dei consumatori si sono concentrate sulla sospensione dei progetti immobiliari. Tuttavia, il governo sta facendo molto per aiutare gli sviluppatori a riprendere e completare i progetti esistenti. Per quanto riguarda il settore delle costruzioni, in autunno abbiamo assistito a numeri incoraggianti, ma la volatilità è tornata a farsi sentire. Poiché il settore immobiliare continua a mostrare debolezza, il governo ha continuato ad allentare le restrizioni, come le regole per l’acquisto di case nelle città più importanti. A seguito dei cambiamenti politici proattivi avviati l’estate e l’autunno scorsi, ci aspettiamo di vedere ulteriori segnali di stabilizzazione nel prossimo anno. Tuttavia, se il ritmo di stabilizzazione dovesse risultare più lento del previsto, l’anno prossimo potrebbe rappresentare un significativo vento contrario.

    Le elezioni statunitensi come ulteriore fattore di oscillazione
    Oltre al settore immobiliare cinese, le relazioni tra Stati Uniti e Cina rimarranno un’altra fonte di rischio nel 2024, che ha influenzato il sentiment degli investitori in passato. Un numero sempre maggiore di aziende internazionali sta adottando la strategia “Cina+1” per spostare parte delle proprie attività produttive in altri Paesi accessibili ma economicamente vantaggiosi all’interno dei mercati emergenti e di frontiera. Ciò ha comportato una riduzione degli investimenti diretti esteri e ha influito sulle spese in conto capitale di queste aziende. Queste mosse hanno iniziato a ripercuotersi sul mercato del lavoro cinese, segnalando che le tensioni USA-Cina stanno estendendo la loro influenza dal sentimento degli investitori agli effetti tangibili sull’economia reale.

    Con le elezioni americane all’orizzonte l’anno prossimo, è difficile prevedere un’attenuazione o un miglioramento dei rischi geopolitici tra i due Paesi. Tuttavia, è possibile che gli Stati Uniti adottino un approccio più pragmatico nei confronti della più grande economia asiatica per conquistare voti negli Stati in bilico. Tali Stati potrebbero beneficiare economicamente dell’importazione di prodotti agricoli da parte della Cina, ad esempio. D’altro canto, il discorso elettorale potrebbe avere un impatto negativo sul sentimento degli investitori nei confronti della Cina se i toni dei candidati si fanno più aggressivi.

    Opportunità in Asia (ex Giappone)
    In Cina, la nostra strategia d’investimento privilegia un approccio bottom-up, puntando su opportunità specifiche piuttosto che sul mercato più ampio. Le nostre aspettative per l’indice cinese sono moderate a causa della situazione del settore bancario che deve essere affrontata e di alcune questioni macro che devono essere risolte. Tuttavia, siamo ottimisti nei confronti di alcune società cinesi che stanno vivendo cicli di aggiornamento degli utili e che scambiano a valutazioni quasi storicamente basse. Un esempio è rappresentato dal settore online che, dopo un significativo de-rating dovuto alle restrizioni normative e alle politiche Zero-Covid, presenta un valore emergente. Queste società continuano a registrare una crescita robusta, beneficiando delle nuove tendenze dell’intelligenza artificiale, dei servizi cloud, dei giochi online, ecc.

    Le nostre previsioni rimangono positive per l’India e l’Indonesia, che stanno beneficiando di un ciclo virtuoso alimentato da una nuova domanda di investimenti. La domanda chiave per il 2024 riguarda la velocità e la forza della stabilizzazione del mercato cinese. Finora l’indice cinese è stato sottoposto a pressioni macroeconomiche più che ai fondamentali delle aziende. La destabilizzazione dei mercati cinesi o l’indebolimento dei dati macro potrebbero avvantaggiare l’India o l’Indonesia, che hanno già sovraperformato negli ultimi tre anni. Entrambi i Paesi stanno vivendo un ciclo costruttivo di crescita, trainato dagli investimenti e dai progressi nelle infrastrutture e nello sviluppo del sistema bancario. In India, in particolare, prevediamo che la crescita del PIL si modererà nei prossimi trimestri a causa del calo della produzione agricola e del rallentamento della spesa fiscale. Tuttavia, dovrebbero persistere fondamentali sani, tra cui una solida domanda dei consumatori, lo slancio degli investimenti da parte del governo per le infrastrutture e dell’industria manifatturiera e la stabilizzazione dell’inflazione, che secondo noi, sosterranno gli utili societari e la sovra-performance del mercato indiano rispetto ad altri mercati regionali.

    Le imminenti elezioni in India e Indonesia del prossimo anno non sembrano introdurre rischi significativi a breve termine, data la continua attenzione globale per la Cina, che rappresenta un’ampia fetta del mercato asiatico. In India è probabile che il Bharatiya Janata Party (BJP) del primo ministro Modi vinca nuovamente, mentre in Indonesia sembra che tutti i candidati siano propensi a mantenere la direzione politica del presidente Jokowi. Infine, ci piacciono ancora alcuni nomi del settore tecnologico in Corea e Taiwan, che possono beneficiare della ripresa del ciclo della domanda di prodotti tecnologici di consumo e degli investimenti nell’intelligenza artificiale negli Stati Uniti, e che hanno un potenziale di revisione al rialzo degli utili.

  • Capital Group: L’evoluzione dei mercati emergenti

    Capital Group: L’evoluzione dei mercati emergenti

    A cura di Lisa Thompson, Gestore di portafoglio azionario di Capital Group

    #capitalgroup #mercatiemergenti

    La ricostruzione delle filiere di molti settori può giovare ai Paesi in via di sviluppo e contribuire a promuovere nuove fonti di crescita per una gamma più ampia di Paesi. Ad esempio, anziché allinearsi con una superpotenza economica, Paesi come l’Indonesia, l’India e il Messico stanno sfruttando finanziamenti e investimenti provenienti sia dai Paesi occidentali leader che dalla Cina. Inoltre, nel tentativo di diversificare le loro filiere, le multinazionali stanno anche creando impianti di produzione in diverse aree geografiche. Le società cinesi si stanno diversificando anche all’estero: alcune di esse realizzano l’assemblaggio del prodotto finito ai fini dell’esportazione negli Stati Uniti in Paesi quale il Messico. 

    Un incremento degli investimenti diretti esteri (IDE) può influire positivamente sulle economie locali. Quando una multinazionale costruisce un impianto di produzione, spesso attira investimenti da parte di altre società dell’ecosistema dei fornitori, che a loro volta stabiliscono una presenza fisica in quella specifica regione del mondo. Inoltre, gli investimenti IDE tendono a essere più vischiosi rispetto ai flussi di portafoglio. Oltre a rappresentare un investimento di capitale a lungo termine, i flussi relativi agli IDE hanno in genere un effetto moltiplicatore sulle economie, generando occupazione che a sua volta favorisce i consumi.

    I cambiamenti a livello di filiera ampliano il panorama degli investimenti

    La diversificazione delle filiere globali dovrebbe giovare a diversi mercati. L’Indonesia sta adottando un approccio concertato per diventare un importante trasformatore di nichel e parte integrante della filiera legata alle batterie per veicoli elettrici, sfruttando la sua posizione in qualità di fornitore leader mondiale di nichel – un minerale fondamentale per le batterie per i veicoli elettrici. Nel 2020, il presidente del Paese ha vietato le esportazioni di minerale di nichel non lavorato, nell’ambito di un piano più ampio che prevede la transizione del Paese da esportatore di materie prime a trasformatore di metalli a valore aggiunto.

    Rispetto al suo passato caratterizzato da forte crescita e repentina contrazione – trainate dai cicli delle materie prime – il successo in questo caso potrebbe rappresentare un mutamento strutturale per l’economia. Acquisire una quota maggiore dell’intera filiera, dalla fusione del nichel alla produzione di batterie e automobili, potrebbe cambiare il profilo economico del Paese. 

    L’Indonesia richiama gli investimenti delle società estere. Le imprese statali cinesi hanno speso miliardi di dollari per contribuire al finanziamento e alla costruzione di impianti di raffinazione del nichel nel Paese. Nel frattempo, multinazionali come la casa automobilistica sudcoreana Hyundai, il produttore chimico tedesco BASF e la casa automobilistica statunitense Ford hanno stipulato accordi per partecipare alla lavorazione del nichel.

    Di recente, il Messico ha sostituito la Cina come maggior partner commerciale degli Stati Uniti. Grazie a un solido fondamento nella produzione di automobili e di dispositivi elettronici di piccole dimensioni, oggi gli investimenti si stanno ampliando ai dispositivi medici, all’elettronica più complessa, ai mobili e ai beni industriali generali.

    Gli investimenti diretti esteri sono in aumento. Alcuni dei maggiori investimenti provengono dalle case automobilistiche Tesla e BMW e dai produttori di componenti elettronici Bosch e Continental. Un altro importante investitore è la giapponese Daikin, che sta espandendo la propria produzione di sistemi di condizionamento dell’aria ad alta efficienza energetica.

    La capacità produttiva dell’India si sta ampliando nei segmenti dei telefoni cellulari, elettrodomestici, computer e attrezzature per le telecomunicazioni. Il governo è stato aggressivo nel corteggiare le società giapponesi, taiwanesi e statunitensi al fine di investire in nuove capacità, tra cui Apple, Foxconn, Daikin e Mitsubishi Electric.

    La transizione energetica potrebbe rappresentare un altro fattore propizio per la crescita. Da quando nel 2011 si è concluso l’ultimo superciclo del settore minerario con bilanci fortemente indebitati e capacità in eccesso, le società minerarie sono diventate più disciplinate dal punto di vista finanziario, privilegiando il valore rispetto ai volumi. Inoltre, hanno speso maggiori flussi di cassa per le distribuzioni agli azionisti anziché per l’aumento della capacità. Attualmente, con lo slancio globale alla costruzione di veicoli, reti elettriche ed edifici ad alta efficienza energetica, si registra una domanda crescente per garantire l’approvvigionamento di rame, nichel, minerale di ferro e litio. A nostro avviso, ciò convoglierà importanti investimenti in nuovi progetti minerari in alcune zone dell’Africa, del Sud America e dell’Asia.

    I mercati emergenti si sono evoluti, così come le relative opportunità

    22 anni fa, è stata coniata l’espressione “BRIC” per descrivere il potenziale dei mercati emergenti di Brasile, Russia, India e Cina. Non tutti si sono dimostrati all’altezza di queste aspettative entusiastiche, e le azioni dei ME sono rimaste indietro rispetto ai mercati sviluppati nell’ultimo decennio.

    Riteniamo che le tendenze destinate a durare — reshoring delle filiere, forti cambiamenti demografici, crescita delle infrastrutture, transizione energetica, emergere di marchi nazionali vischiosi e di grandi dimensioni — possano ulteriormente ampliare i mercati azionari dei ME.

    Inoltre, i bilanci statali sono più solidi, l’inflazione è sotto controllo e, dopo dieci anni, il mercato rialzista per il dollaro USA potrebbe attenuarsi. Oltre a questo, le valutazioni di quasi tutti i settori all’interno dell’indice MSCI EM sono prossime ai minimi decennali, il che rende l’asset class interessante nel medio e lungo termine.

  • Capital Group: Mercati emergenti, segnali positivi

    Capital Group: Mercati emergenti, segnali positivi

    A cura di Lisa Thompson, Gestore di portafoglio azionario di Capital Group

    Nell’era post COVID-19 abbiamo assistito a un reset dei mercati finanziari da molti punti di vista: tassi di interesse, aspetti geopolitici e paradigmi di crescita. Tale condizione ha inoltre comportato una nuova definizione del panorama per i mercati emergenti. Riteniamo che la prossima fase di crescita per i mercati emergenti sarà diversa rispetto agli ultimi 20 anni. L’economia cinese è maturata e sta attraversando un difficile periodo di riforme. Le tensioni geopolitiche e la transizione energetica mondiale stanno spingendo gli investimenti esteri verso un mix più ampio di Paesi in via di sviluppo per il fabbisogno produttivo e di risorse naturali. Inoltre, le riforme governative stanno cambiando la traiettoria di alcuni Paesi in via di sviluppo, come l’India e l’Indonesia. A nostro avviso, le prospettive per i mercati emergenti sono ottimistiche nel medio termine e si estenderanno a mercati che non sono stati il primo pensiero per gli investitori.

    1. L’inflazione e i tassi di interesse seguono un trend discendente

    Le banche centrali di molti Paesi in via di sviluppo, in particolare in America Latina, hanno operato un rialzo dei tassi prima della Federal Reserve statunitense, al fine di neutralizzare il più possibile gli effetti dell’inflazione. La maggior parte dei mercati emergenti non ha avuto la capacità di intraprendere il quantitative easing nel corso dell’ultimo decennio, che ha penalizzato i tassi di crescita dei mercati sviluppati. Con il rallentamento dell’inflazione in alcuni Paesi emergenti, è probabile che le banche centrali di questi mercati si orientino verso un taglio dei tassi nei prossimi mesi e trimestri. Molte hanno già iniziato, tra cui Brasile, Cile, Ungheria e Cina. Un calo dei tassi e delle pressioni inflazionistiche dovrebbe favorire le economie e, di conseguenza, le aree cicliche del mercato. Le autorità monetarie dovranno bilanciare la pressione sulle proprie valute dovuta al calo dei tassi di interesse con il sostegno alle economie nazionali. Nel complesso, riteniamo che le minori pressioni inflazionistiche e il calo dei tassi dovrebbero favorire le economie e i mercati azionari dei mercati emergenti.

    2. Le economie sono sostanzialmente più solide

    Il profilo economico di molti Paesi dei ME è nettamente migliore rispetto a quello di un decennio fa. I bilanci statali sono più solidi. Nel 2021, i surplus delle partite correnti delle economie in via di sviluppo hanno totalizzato 480 miliardi di dollari USA, ovvero più del triplo di quanto registrato nel 2019. Inoltre, durante la pandemia, a differenza di quanto accaduto in molti mercati sviluppati, i policymaker dei Paesi in via di sviluppo non hanno elargito grandi aiuti ai privati, il che ha aiutato la loro posizione fiscale. Le riforme statali hanno semplificato l’attività d’impresa in Paesi come l’India. Il governo indiano ha avviato riforme orientate all’imprenditoria e introdotto un sistema di identificazione digitale che hanno accelerato la crescita favorendo l’espansione del credito e portando ampie fasce dell’economia al livello formale. I programmi di incentivazione legati alla produzione elaborati per allargare la base manifatturiera nazionale dell’India stanno a loro volta acquisendo slancio. L’Indonesia ha costruito più aeroporti, strade e porti marittimi, ha aperto un maggior numero di settori alla possibilità di ricevere investimenti esteri e ha cercato di ridurre le procedure amministrative apportando modifiche alle norme fiscali e sul lavoro. 

    3. L’indebolimento del dollaro dovrebbe fornire sostegno nel medio termine

    Secondo il nostro analista valutario, il dollaro USA è sopravvalutato rispetto alla maggior parte delle valute principali e dei Paesi emergenti, in base a diversi parametri. Nel breve periodo, il dollaro potrebbe mantenere la forza nei confronti di diverse valute principali, tra cui l’euro, lo yen e la sterlina britannica, grazie soprattutto ai differenziali dei tassi di interesse. A medio termine, i nostri analisti e gestori di portafogli obbligazionari globali prevedono un indebolimento del dollaro o, come minimo, un suo mantenimento ai livelli attuali.

    Per quanto riguarda i mercati emergenti, in molti Paesi i tassi di riferimento delle banche centrali sono più alti rispetto agli Stati Uniti. Anche se alcune banche centrali hanno iniziato a tagliare i tassi di interesse in seguito al calo dell’inflazione, i tassi nominali rimangono ancora elevati. Molti Paesi dei mercati emergenti presentano inoltre surplus delle partite correnti, mentre gli Stati Uniti e le altre principali economie sviluppate registrano dei disavanzi. Questa situazione dovrebbe essere di buon auspicio per le valute dei mercati emergenti nel medio termine. Negli ultimi 12 mesi alcune valute dei mercati emergenti hanno iniziato a compiere progressi rispetto al dollaro, in particolare il peso messicano e il real brasiliano. Ciò dovrebbe favorire i rendimenti di tali mercati, grazie all’effetto delle operazioni di conversione valutaria sui portafogli.

  • Schroders – Europa emergente: la regina dei mercati emergenti nel 2023. E il prossimo anno?

    Schroders – Europa emergente: la regina dei mercati emergenti nel 2023. E il prossimo anno?

    A cura di Rollo Roscow, Emerging Markets Fund Manager e Andrew Rymer, Senior Strategist, Strategic Research Unit, Schroders

    È stato un anno difficile per i mercati emergenti globali a causa della combinazione di una forte performance degli Stati Uniti e di una debole performance della Cina. La dispersione dei rendimenti all’interno dell’universo emergente è stata ampia e ci sono stati vincitori e vinti. L’Europa emergente è una regione che quest’anno ha registrato rendimenti eccellenti. L’indice MSCI EM Europe è avanzato di oltre il 26% da un anno all’altro (al 22 novembre 2023). I risultati elettorali, favorevoli alle prospettive a lungo termine, rappresentano uno dei fattori. Questa performance segue anche un 2022 difficile, con la regione colpita dallo shock dei prezzi dell’energia e dall’impatto dell’invasione russa dell’Ucraina, che ha portato anche all’eliminazione della Russia dall’asset class d’investimento.

    Dal punto di vista degli investitori, l’Europa emergente comprende la Repubblica Ceca, la Grecia, l’Ungheria, la Polonia e la Turchia, sebbene nella regione vi siano anche mercati di frontiera investibili. L’Europa emergente può essere più piccola in termini di capitalizzazione di mercato rispetto al mercato emergente globale, ma racchiude alcune interessanti opportunità strutturali a lungo termine.

    Il quadro positivo della crescita economica nell’Europa emergente

    In base alle previsioni del Fondo Monetario Internazionale di ottobre, le prospettive di crescita economica per il 2024 per la maggior parte dei mercati europei emergenti sono positive, con un’espansione del 2% o più per tutte le economie regionali. La Turchia rappresenta un’eccezione, ma per le altre economie le prospettive sono sostenute da un calo dell’inflazione, che consente ulteriori riduzioni dei tassi d’interesse e che dovrebbe sostenere i consumi. I fondi di coesione dell’Unione Europea e il dispositivo per la ripresa e la resilienza post-pandemia rappresentano ulteriori sostegni, sebbene vi siano alcuni rischi in Ungheria e, in parte, in Polonia. Inoltre, il miglioramento delle prospettive globali dovrebbe essere di supporto alle esportazioni.

    Le banche centrali delle economie CE3, Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia, hanno aumentato significativamente i tassi di interesse da quando è iniziata la stretta monetaria nel 2021, per contrastare l’aumento dell’inflazione. La situazione è stata complicata dallo shock dei prezzi dell’energia seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Di conseguenza, il grado di inasprimento della politica monetaria è stato piuttosto significativo, in particolare in Ungheria, dove i tassi sono stati aumentati di oltre 12 punti percentuali. Come altrove, quest’anno la pressione inflazionistica è diminuita e il calo significativo del prezzo del gas naturale è stato un notevole sostegno.

    Tuttavia, c’è ancora del lavoro da fare per riportare l’inflazione più vicina all’obiettivo e i tassi di policy potrebbero rimanere più alti a lungo nella regione, anche se le banche centrali di Ungheria e Polonia hanno iniziato ad allentare la pressione. In effetti, i tassi di riferimento in Polonia e Ungheria rimangono in territorio negativo.

    In Grecia, l’inflazione complessiva, nonostante la recente ripresa, è scesa a un livello più basso, attestandosi al 3,4% su base annua (a/a) in ottobre. In quanto membro dell’Eurozona, la politica monetaria della Grecia è stabilita dalla Banca centrale europea. Dopo aver aumentato i tassi di riferimento al 4,0% e al 4,5% a settembre, ci aspettiamo che la Bce rimanga in attesa fino al prossimo anno, quando è previsto il taglio dei tassi.

    L’eccezione: la Turchia

    La Turchia rimane un’eccezione alla regola. Il tasso d’inflazione nominale in Turchia rimane non ancorato e ha accelerato fino al 61%. La banca centrale, dopo la nomina di un nuovo governatore, ha aumentato il tasso di riferimento di oltre 25 punti percentuali, portandolo al 35%, ma il tasso reale rimane profondamente negativo. In vista delle elezioni municipali del 2024, vi è un notevole incentivo a sostenere l’economia e quindi il rischio di un’altra inversione di rotta rimane elevato.

    Il miglioramento dei bilanci

    I conti pubblici di tutta la regione sono in deficit ma, ad eccezione dell’Ungheria, sono a livelli ragionevoli. Le proiezioni dell’UE indicano miglioramenti fino al 2024, anche se quest’anno la Polonia potrebbe registrare un certo deterioramento a causa dell’aumento della spesa in vista delle elezioni. Il governo entrante probabilmente onorerà gli impegni pre-elettorali del governo precedente. Nonostante ciò, il rapporto debito/Pil rimane ragionevole rispetto alle altre grandi economie, al di sotto del 50%.

    In Ungheria, il deficit fiscale dovrebbe scendere al 4% per quest’anno, dal 6,2% del 2022. Il rapporto debito/Pil era al 74% alla fine del 2022. Anche il debito lordo in rapporto al Pil è elevato, oltre il 70% del Pil, molto più alto rispetto ai vicini dei Paesi CE3.

    Quali sono i rischi?

    Un rischio evidente per queste economie è il potenziale di un altro shock dei prezzi dell’energia e di un rallentamento più grave nell’Eurozona. Questo rischio si è in qualche modo attenuato, grazie alla moderazione dei prezzi energetici globali e alla buona situazione degli stoccaggi di gas nell’Unione Europea. Tuttavia, lo scenario di prezzi energetici elevati rimane una minaccia per le prospettive, dato il potenziale impatto sulla crescita e sull’inflazione. Una nuova escalation del conflitto tra Russia e Ucraina potrebbe inoltre far aumentare nuovamente i premi di rischio.

    Mentre si prevede un miglioramento delle relazioni della Polonia con l’Ue, in Ungheria questi rischi permangono. Le scarse relazioni con Bruxelles sono state una caratteristica a lungo termine sotto la guida del Primo Ministro Orban. Sembra che alcuni fondi di coesione, pari a circa 13 miliardi di euro, possano essere sbloccati in relazione alla riforma giudiziaria. I fondi per la ripresa e la resilienza rimangono bloccati. Se i requisiti di finanziamento esterno aumenteranno nel 2024, si potrà trovare un ulteriore accordo per sbloccare almeno una parte di questi fondi. L’aumento dei disavanzi fiscali rappresenta un ulteriore rischio soprattutto per l’Ungheria, così come il potenziale di nuove imposte settoriali.
    In Turchia, il rischio principale è che la politica torni a essere ancor meno convenzionale.

    Conclusioni

    Non siamo ottimisti su Turchia e Repubblica Ceca. Per quanto riguarda la Turchia, ciò è dovuto ai continui dubbi sull’impegno a lungo termine di una politica monetaria ortodossa. Inoltre, esiste un rischio valutario. Per quanto riguarda la Repubblica Ceca, le prospettive macroeconomiche stanno migliorando, grazie al sostegno dei fondi europei per la ripresa, e le valutazioni sono ragionevoli. Tuttavia, le opportunità bottom-up sono limitate.
    Abbiamo una visione positiva su Grecia, Polonia e Ungheria, con valutazioni complessive interessanti in tutti e tre i mercati. In Grecia, le solide prospettive a lungo termine rimangono inalterate, grazie al continuo sostegno dei fondi di ripresa di Bruxelles e allo slancio delle riforme.In Polonia, le prospettive di crescita a medio termine sono positive, sostenute dal miglioramento del flusso di fondi europei e dal nearshoring. Infine, in Ungheria, il rischio politico continua a preoccupare, mentre la crescita economica è stata debole. Tuttavia, l’inflazione sta scendendo da un livello elevato e la banca centrale ha iniziato ad allentare la politica monetaria.

  • TCW – Obbligazionario mercati emergenti: valutazioni interessanti, ma resta il rischio geopolitico

    TCW – Obbligazionario mercati emergenti: valutazioni interessanti, ma resta il rischio geopolitico

    A cura di Anisha A. Goodly, Managing Director Emerging Markets Portfolio Specialist, TCW


    In vista del 2024, siamo costruttivi sui mercati emergenti sulla base dei fondamentali e delle valutazioni. Le economie emergenti globali dovrebbero crescere tra il 3,5 e il 4,0% nel 2024, facendo meglio degli Stati Uniti, dove si prevede invece un rallentamento della crescita da oltre il 2% quest’anno a circa l’1% nel 2024. Le prospettive di crescita degli emergenti riflettono una combinazione di prezzi delle materie prime persistentemente forti, politiche monetarie accomodanti e ripresa della crescita dei mercati sviluppati, al di fuori di Stati Uniti e Giappone.

    I rendimenti dei mercati obbligazionari emergenti saranno probabilmente guidati nel breve termine dalla direzione dei tassi, dell’inflazione e dalle aspettative di crescita (recessione) negli Stati Uniti. Con la Fed che ha già raggiunto i 525 punti base nel suo attuale ciclo di rialzi, e con l’emergere di una tendenza al ribasso dell’inflazione di base negli Stati Uniti, la probabilità di ulteriori aumenti dei tassi rispetto ai livelli attuali appare bassa. Nel nostro scenario di base, prevediamo che la crescita degli Stati Uniti rallenti nel quarto trimestre del 2023 e nel 2024, consentendo alla Fed di sospendere il suo ciclo di rialzi.

    Cina in rallentamento
    Per quanto riguarda la Cina, prevediamo una crescita leggermente più lenta nel 2024, al 4,5% rispetto al 5% del 2023. È probabile che il settore immobiliare e le esportazioni continuino a frenare la crescita (anche se in misura minore rispetto a quest’anno), data la determinazione delle autorità a incanalare gli investimenti lontano dal real estate e considerando la debolezza della domanda estera. La People’s Bank of China (PBOC) manterrà probabilmente le condizioni monetarie piuttosto accomodanti, ma le sue azioni saranno frenate dal desiderio di limitare l’eccessiva volatilità del tasso di cambio e dei flussi di capitale e dalla necessità di proteggere i margini di interesse netti delle banche. Inoltre, data la ripresa cinese con i servizi che superano il settore manifatturiero e la continua debolezza del settore immobiliare e delle esportazioni, non prevediamo che la crescita cinese fornisca una spinta ad altri paesi, emergenti e sviluppati, come ha fatto in passato.

    Valutazioni interessanti
    Nel reddito fisso le valutazioni rimangono interessanti. I rendimenti complessivi dei titoli sovrani EM investment grade, pari al 6%, sono al novantanovesimo percentile rispetto agli ultimi dieci anni. Gli spread sovrani EM high yield sono ai livelli massimi dalla fine dell’ultima grande crisi finanziaria rispetto agli high yield statunitensi. Per quanto riguarda le valute locali, i cicli di rialzo più precoci e più aggressivi per affrontare l’inflazione negli emergenti rispetto alle economie avanzate hanno fatto sì che alcuni mercati presentassero profili di carry interessanti. Se e quando la fine del ciclo di rialzi della Fed sarà confermata, la pressione al ribasso sul dollaro dovrebbe riprendere, anche se un indebolimento su larga scala del dollaro richiederà probabilmente un quadro di crescita più forte nel resto del mondo, in particolare in Europa e in Cina.

    I paesi vicini alla promozione
    Prevediamo rendimenti differenziati nei mercati emergenti, determinati dalla qualità del credito, dai fattori macroeconomici, da quelli interni e dalla geopolitica. Vi sono diversi paesi con un potenziale di upgrade, tra cui Azerbaigian, Brasile, Costa Rica, Croazia, Ghana, Indonesia, Giamaica, Kazakistan, Mongolia, Oman, Qatar, Sri Lanka, Vietnam e Zambia. Alcuni di questi debiti sovrani saranno rivalutati da livelli di rating molto bassi, mentre altri usciranno dall’insolvenza. L’Argentina dovrebbe registrare miglioramenti politici dopo le elezioni. D’altro canto, i paesi emergenti che rischiano di essere declassati con maggiore probabilità nel prossimo anno sono Egitto, Israele, Kenya, Tunisia, Bolivia, Panama e Perù.

    Il rischio geopolitico in Medio Oriente
    Il mercato rimane vulnerabile ai rischi geopolitici. Attualmente, i mercati stanno ancora facendo i conti con la guerra tra Israele e Hamas e i suoi potenziali rischi di ricaduta regionale. Nel nostro scenario di base, il conflitto durerà almeno qualche mese ed è difficile ora prevedere quando e in che modo si concluderanno i combattimenti. Nel peggiore dei casi, ossia il coinvolgimento diretto nel conflitto di Iran e Stati Uniti, riteniamo che gli asset di rischio a livello globale subirebbero un impatto negativo con una probabile fuga verso la qualità. La guerra tra Russia e Ucraina è diventata nel tempo un fattore di mercato meno rilevante, ma anche in questo caso la sua fine è ancora imprevedibile. Una forte riduzione della propensione al rischio in Europa e nella regione euroasiatica non può essere completamente scontata. Anche le tensioni tra Cina e Taiwan, in particolare dopo le elezioni presidenziali di quest’ultimo paese (gennaio 2024) e in vista delle elezioni statunitensi (novembre 2024), richiederanno un attento monitoraggio da parte degli operatori di mercato.

  • Capital Group: Per le valute dei mercati emergenti il contesto rimane favorevole nonostante il calo del carry trade

    Capital Group: Per le valute dei mercati emergenti il contesto rimane favorevole nonostante il calo del carry trade

    A cura di Jens Søndergaard, Analista valutario, Capital Group

    Da inizio anno il carry trade dei mercati emergenti (ME)[1] si è rivelato una strategia di successo, poiché molti Paesi di tali mercati, in particolare quelli dell’America Latina, sono stati in grado di offrire agli investitori tassi di interesse reali elevati, rischi politici ridotti e valutazioni interessanti. La solidità del carry trade dei ME sembra ora svanire con l’avvio dei tagli dei tassi da parte delle banche centrali di questi mercati. L’Ungheria ha dato il via al ciclo di tagli dei tassi a maggio, mentre Cile, Brasile e Polonia hanno seguito l’esempio nel corso dell’estate. I mercati prevedono che la maggior parte dei restanti Paesi dell’America Latina e dell’Europa centrale/orientale si uniranno al ciclo di taglio dei tassi nel corso dell’anno, mentre l’Asia probabilmente inizierà l’anno prossimo. Nel frattempo, i tassi reali statunitensi sono saliti (e ora sono positivi), mentre le aspettative di taglio dei tassi sono state posticipate al 2024 per Stati Uniti ed Eurozona.

    Tale riduzione dei differenziali dei tassi di interesse tra i Paesi dei ME e quelli dei mercati sviluppati (MS) potrebbe indebolire alcune valute dei ME, come accaduto in Cile all’inizio di quest’anno. L’affollato posizionamento degli investitori rispetto ai carry trade dei ME, inoltre, è potenzialmente in grado di amplificare qualsiasi inversione di tendenza. Detto questo, dato l’elevato tasso di interesse di partenza di molti Paesi dei ME, i tassi reali potrebbero continuare a sembrare interessanti anche quando le banche centrali opereranno tagli dei tassi. Il Brasile ne è un esempio, con tassi reali superiori al 4%[2]. L’andamento ribassista dell’inflazione primaria dei ME sta portando anche a un miglioramento dei premi al rischio reali. Inoltre, in molti casi, gli investitori si basano sulla propensione al rischio e sui fondamentali, oltre che sul differenziale dei tassi reali. Di seguito analizzeremo entrambi questi fattori. 

    Aumento dell’avversione al rischio, ma relativamente contenuto

    In genere, i tassi di cambio dei ME sono percepiti come asset class a più alto rischio e pertanto, in caso di contesti di propensione al rischio, le valute dei ME tendono a ricevere maggiori afflussi, mentre è vero il contrario nei contesti di avversione al rischio. La propensione al rischio comprende un’ampia gamma di fattori, tra cui il ciclo macroeconomico globale, i rischi finanziari e geopolitici e gli shock ad hoc, come la pandemia. Le tensioni tra Stati Uniti e Cina sono forse la principale fonte di rischio geopolitico per i mercati globali, in quanto le società europee e americane continuano a dipendere dalla Cina per quanto riguarda ricavi, filiere e produzione, mentre il conflitto in corso tra Russia e Ucraina e la de-dollarizzazione dell’economia globale (anche se non crediamo che possa avvenire a breve) pongono ulteriori rischi al panorama geopolitico. Sul fronte positivo, una recessione negli Stati Uniti sembra ora meno probabile, mentre i ME escl. Cina sembrano resilienti con dati relativi all’attività relativamente solidi unitamente a una continua disinflazione.

    I fondamentali dei ME offrono supporto ad alcune valute di tali mercati

    I fondamentali dei Paesi dei ME svolgono un ruolo attivo nel determinare il livello di vulnerabilità delle valute dei mercati emergenti a una riduzione del differenziale dei tassi reali o a un cambiamento della propensione al rischio. Ad esempio, un calo della propensione al rischio nel 2022, insieme a un aumento dei tassi di interesse statunitensi, ha comportato un netto aumento dei costi di finanziamento per gli emittenti di debito in dollari nei ME con fondamentali più deboli, quali Sri Lanka, Ghana e Pakistan. Alcuni di questi Paesi più di frontiera hanno dovuto affrontare importanti adeguamenti valutari – alcuni sono stati di fatto esclusi dai mercati primari – mentre le ristrutturazioni del debito sovrano hanno raggiunto livelli record.

    La situazione si è rivelata completamente diversa per alcuni dei Paesi dei ME più sviluppati, quali Brasile e Messico, molti dei quali sono stati meno dipendenti dai finanziamenti esteri rispetto ai periodi di volatilità precedenti. Questi Paesi emettono ormai titoli a più lunga scadenza e la quota delle obbligazioni in valuta locale in capo a soggetti esteri è generalmente diminuita. Molti di essi presentano situazioni patrimoniali sull’estero sufficientemente robuste e un accesso ai capitali che consentono loro di far fronte alla volatilità e si sono dotati di ampie riserve in valuta estera che rimarrebbero consistenti anche in caso di pressioni.

    In genere, i Paesi che non dipendono eccessivamente da una specifica materia prima o da un particolare Paese sono meno esposti a un cambiamento delle condizioni macroeconomiche. Se la crescita cinese continuerà a deludere, ad esempio, ciò potrebbe avere un impatto sulle valute con forti legami commerciali con il Paese, come il Cile (che risente anche di un pesante deficit delle partite correnti), sulle valute che dipendono dalle materie prime, come il ringgit malese e il rand sudafricano (entrambi dipendenti dall’acciaio) e su quelle che hanno legami finanziari con la Cina, come il baht thailandese e il won coreano. Valute come la rupia indiana, il peso colombiano e il peso messicano, invece, dovrebbero dimostrarsi più resilienti.

    Infine, anche le solide prospettive di crescita, che possono essere in parte cicliche, sono in grado di sostenere la solidità delle valute. In genere, i Paesi a forte crescita attirano maggiori afflussi, contribuendo al rafforzamento delle valute. L’India è un esempio di Paese che continua a esibire una crescita robusta mentre gran parte del mondo rallenta. Il Paese sta beneficiando di dinamiche demografiche favorevoli e di un credito robusto, unitamente a bilanci solidi del settore privato, un’ampia base di risparmio nazionale ed elevate riserve in valuta estera. I modelli sui tassi di cambio basati sui fondamentali tengono conto di alcuni di questi fattori e cercano di valutare il fair value delle valute. Il grafico seguente mostra il nostro modello valutario interno, FEVER, secondo cui la maggior parte delle valute dei ME rimane sottovalutata, sebbene alcune appaiano ora sopravvalutate, nonostante una prospettiva relativamente positiva a livello di fondamentali, in quanto si sono già apprezzate in modo significativo.   

    Conclusioni

    In linea generale, i fattori alla base del posizionamento dei tassi di cambio dei ME sono tre: i differenziali dei tassi di interesse reali (il carry trade), la propensione al rischio e i fondamentali. I differenziali dei tassi reali si sono ridotti, mentre l’avversione al rischio si è probabilmente accentuata con la flessione della crescita globale. Tuttavia, i fondamentali relativamente solidi della maggior parte dei principali Paesi dei mercati emergenti dovrebbero sostenere i tassi di cambio di tali mercati a partire da un’impennata dell’avversione al rischio. Quest’anno si sono verificati alcuni eventi che avrebbero potuto portare a un netto aumento dell’avversione al rischio (come una crisi delle banche regionali e i timori per una recessione negli Stati Uniti e un rallentamento in Cina), ma i fondamentali relativamente solidi dei principali Paesi dei mercati emergenti hanno fatto sì che le eventuali contrazioni siano state relativamente modeste e i tassi di cambio si siano ripresi rapidamente.

    1. Un “carry trade” sul tasso di cambio è in contrasto con la teoria della parità scoperta dei tassi di interesse.  Secondo tale teoria, la variazione attesa di un tasso di cambio dovrebbe essere pari al differenziale del tasso di interesse delle due valute nello stesso periodo. Se ciò non accade, in teoria, è possibile ottenere un rendimento anomalo, utilizzando il carry trade, prendendo in prestito una valuta a basso tasso di interesse e investendo in una valuta a tasso di interesse più elevato.

    2. Dati al 5 settembre 2023. Fonte: Bloomberg

  • GAM: Sfruttare le opportunità di sostenibilità nei mercati emergenti

    GAM: Sfruttare le opportunità di sostenibilità nei mercati emergenti

    Commento a cura di Tim Love, Investment Director, Emerging Markets Equities di GAM

    L’universo degli investimenti nei mercati emergenti si estende su circa 35 Paesi, con altrettante valute diverse e livelli significativi di rischi e opportunità di diversificazione. Se a ciò si aggiungono le enormi differenze sul piano della governance, è chiaro che il margine di diversione e di opportunità di alfa nell’universo azionario dei mercati emergenti è ampio e riguarda diversi tipi di strategie.

    L’ampiezza delle possibilità implica che l’opportunità di investimento non è facilmente replicabile dai veicoli passivi. Tuttavia, per i gestori attivi focalizzati sull’alfa, i mercati emergenti rappresentano un territorio interessante in cui accrescere valore per gli investitori.

    La nostra filosofia d’investimento mira a capitalizzare i differenziali all’interno dell’asset class, che presenta frequenti errori di valutazione sotto molteplici forme diverse.

    Per loro stessa natura, i mercati emergenti sono in costante evoluzione in termini di composizione, con frequenti cambiamenti legati alla politica interna e ai fattori geopolitici. Se a ciò si aggiungono i cambiamenti strutturali e i fattori di credito, si ottiene un’idea delle opportunità di identificare regolarmente titoli di alta qualità che possono presentarsi a noi con valutazioni interessanti.

    Data la natura in continua evoluzione dei mercati emergenti e l’ampia gamma di opportunità, possiamo essere certi di trovare un numero sufficiente di società che soddisfano i nostri criteri per popolare a pieno il portafoglio. Inoltre, se ci concentriamo su titoli con un’elevata volatilità implicita – che suggerisce che il peggio si è già riflesso nei prezzi – riteniamo che il rialzo dei titoli selezionati sia estremamente interessante rispetto al potenziale ribasso.

    Una serie di opportunità che, a nostro avviso, è destinata a crescere in modo massiccio nei mercati emergenti è rappresentata dagli investimenti in sostenibilità. Di fronte a tutte le incredibili innovazioni in corso nel mondo a favore di un ambiente globale a basse emissioni e più pulito, non possiamo non affrontare i problemi e le opportunità dei mercati emergenti.

    Considerando la comparsa di una classe di consumatori in crescita in tutti i Paesi emergenti – non ultimo l’India, che ha appena superato la Cina come Paese più popoloso del mondo con una popolazione di 1,4 miliardi di persone, la metà delle quali ha meno di 30 anni – è sufficiente dire che qualsiasi risparmio ambientale previsto per l’Europa o gli Stati Uniti sarà probabilmente più che compensato dall’aumento dell’impronta di carbonio della Cina, dell’India o di molti altri Paesi emergenti in rapida crescita.

    A nostro avviso, la dimensione del problema e l’opportunità di investimento sono enormi. Investendo in società orientate alla sostenibilità che soddisfano tutti gli altri criteri di selezione dei nostri portafogli per i mercati emergenti, riteniamo che gli investitori possano diventare parte della soluzione.

  • J. SAFRA SARASIN: Valute dei mercati emergenti – Carry is king

    J. SAFRA SARASIN: Valute dei mercati emergenti – Carry is king

    A cura di Mali Chivakul, Emerging Markets Economist di J. Safra Sarasin

    Da metà luglio in poi, abbiamo assistito ad alcuni cambiamenti nel contesto globale. In primo luogo, la Federal Reserve statunitense ha confermato che manterrà i tassi alti più a lungo. Sebbene la narrativa “higher for longer” abbia preso piede negli ultimi mesi, il presidente Powell l’ha menzionata esplicitamente solo durante l’ultima riunione del FOMC. In secondo luogo, i prezzi dell’energia sono aumentati significativamente negli ultimi due mesi. Il prezzo del petrolio Brent è ora quotato a 93 dollari, invece degli 80 dollari al barile di metà luglio. L’aumento dei prezzi è dovuto ai tagli significativi dell’offerta da parte di Russia e Arabia Saudita, mentre la domanda da parte di Stati Uniti e Cina si è mantenuta solida. L’higher for longer ha fatto salire i rendimenti del Tesoro USA a 10 anni sono saliti ai livelli più alti degli ultimi anni e l’indice del dollaro USA è salito dopo aver toccato il minimo del 2023 a metà luglio. In generale, questa situazione non è di supporto ai cambi EM.

    Higher-for-longer è solitamente sinonimo di debolezza delle valute dei mercati emergenti

    L’ultima volta che la Federal Reserve degli Stati Uniti ha mantenuto i tassi di interesse per un periodo prolungato è stato alla fine degli anni Novanta. Molte delle principali economie dei mercati emergenti hanno sperimentato una crisi della bilancia dei pagamenti a causa del flusso di capitali in uscita dai suddetti mercati. Oggi le principali economie dei mercati emergenti sono molto meno vulnerabili sul fronte esterno. Si indebitano di più all’interno, non dipendono completamente dai prestiti esterni e i loro regimi di cambio sono diventati più flessibili. Gli spread ristretti sul credito sovrano in dollari per gli emittenti EM investment grade attestano la loro resistenza. Le economie dei mercati emergenti di frontiera, tuttavia, continueranno probabilmente a soffrire in questo contesto. L’Egitto, ad esempio, continua ad affrontare rischi di finanziamento esterno.

    L’aumento dei prezzi del petrolio potrebbe rallentare il ritmo del ciclo di tagli dei tassi sui mercati emergenti

    Il rincaro del petrolio, insieme ad alcuni aumenti regionali dei prezzi dei generi alimentari (come in India), ha già influito sull’inflazione headline dei mercati emergenti. L’aumento dei prezzi del petrolio potrebbe inoltre mantenere higher for longer le aspettative di inflazione ed esercitare pressioni al ribasso sulle bilance commerciali degli importatori di petrolio dei mercati emergenti.

    Sostenere le valute dei mercati emergenti con carry elevato

    In questo contesto, riteniamo che le valute dei mercati emergenti con un carry elevato saranno ben supportate. Alcune banche centrali dei mercati emergenti con tassi elevati hanno già iniziato il loro ciclo di tagli dei tassi, mentre l’inflazione si attenua e le preoccupazioni per la crescita aumentano. Se il prossimo anno i tagli dei tassi eroderanno ulteriormente il carry, le valute dei mercati emergenti saranno probabilmente meno favorite.

    In generale, le valute latino-americane dovrebbero registrare i risultati migliori grazie al maggiore carry. Continuiamo a preferire il real brasiliano (BRL), il peso colombiano (COP) e il peso messicano (MXN). Sebbene la banca centrale brasiliana abbia già tagliato i tassi di 100 pb, il rendimento reale del BRL rimane il più alto tra i principali mercati emergenti. Prevediamo che il Banco de Mexico (Banxico) manterrà il suo tasso di riferimento ancora a lungo. In entrambi i casi, i rischi fiscali potrebbero essere un motivo di rallentamento per entrambe le banche centrali. Per il Brasile, il rischio è che l’obiettivo fiscale del 2024 venga allentato e questo potrebbe portare a un sell-off. In Messico, nel 2024 è prevista un’ampia espansione fiscale, che manterrà Banxico più hawkish. In Colombia, la comunità imprenditoriale ha chiesto sempre più spesso di ridurre il tasso di riferimento. A nostro avviso, è probabile che la banca centrale inizierà ad allentare la politica nei prossimi due mesi, quando la dinamica dell’inflazione apparirà migliore. Tuttavia, il tasso reale (utilizzando le aspettative di inflazione a 12 mesi) rimane elevato, intorno al 7%.

    Le banche centrali asiatiche per lo più in attesa del primo taglio della Fed

    I prezzi del petrolio più alti e a più a lungo sono particolarmente problematici per le economie dei mercati emergenti asiatici, che sono per lo più importatori di petrolio con bassi tassi di interesse. Le valute asiatiche a basso rendimento (CNY, KRW, MYR e THB) continueranno probabilmente a subire la pressione dei deflussi di capitale. Anche un’economia cinese relativamente debole e una Banca Popolare Cinese dovish aumentano la pressione. Il baht thailandese potrebbe invertire la rotta alla fine dell’anno grazie al fattore stagionale del turismo. A causa del mutato contesto globale, ci aspettiamo che le banche centrali asiatiche rimangano higher for longer nel 2024, anche se l’inflazione è già tornata al target in molti Paesi (Indonesia, Thailandia). Al di là dei differenziali di tasso relativamente più elevati, l’Indonesia dovrebbe comunque essere sostenuta da una forte bilancia delle partite correnti e da una politica che è rimasta concentrata sulla stabilizzazione della valuta. Sebbene anche l’India risenta dell’aumento dei prezzi del petrolio, gli afflussi di portafoglio e l’intervento della banca centrale hanno sostenuto l’INR.

    Le valute della CEE saranno sotto pressione a causa dei timori per la crescita

    Per le banche centrali dell’Europa centrale e orientale (CEE), le preoccupazioni per la crescita sono diventate prioritarie, dato che l’economia tedesca sta probabilmente entrando in recessione, nonostante l’inflazione headline sia ancora elevata. Il taglio dei tassi operato a sorpresa dalla Polonia all’inizio del mese ne è un esempio. Poiché questi paesi sono anche importatori di petrolio, vi è anche una pressione sui tassi di cambio derivante dal peggioramento delle bilance commerciali.

    Ancora alcuni rischi di ribasso per il rand sudafricano (ZAR) e la lira turca (TRY)

    Sebbene il carry sia relativamente elevato in Sudafrica, siamo preoccupati per il rischio di interruzioni dell’elettricità e per il peggioramento dei bilanci commerciali (in quanto importatore di petrolio) che potrebbero tenere sotto pressione il Rand. In Turchia, l’ultimo impegno a favore di una politica monetaria ortodossa ha segnalato che il Paese potrebbe essere sulla strada giusta, il che contribuirà a portare afflussi di valuta estera. I maggiori afflussi di FDI dai Paesi del Golfo dovrebbero contribuire a rafforzare le riserve internazionali nette, ma la Turchia risentirà anche dell’aumento dei prezzi del petrolio e il tasso reale rimane profondamente negativo. Il mercato sta prezzando soltanto il tasso a 12 mesi al 38%, mentre le aspettative di inflazione a 12 mesi sono al 45% (il tasso odierno è del 30% e l’inflazione di agosto è stata del 59%). Considerato l’orientamento da falco dell’ultima dichiarazione di politica monetaria, l’orientamento monetario potrebbe avvicinarsi a un territorio restrittivo più rapidamente di quanto il mercato si aspettasse. Anche se vediamo ancora alcuni rischi di ribasso per la lira turca nei prossimi 3-6 mesi, un orientamento più restrittivo dovrebbe contribuire a stabilizzare la lira.

  • T. Rowe Price – Mercati emergenti: allentamento dei tassi in arrivo

    A cura di Chris Kushlis, Chief of China and Emerging Markets Macro Strategy, T. Rowe Price

    Dopo una solida performance nel primo semestre, per i mercati emergenti si prospetta una conclusione dell’anno simile ai mesi precedenti, ma sarà importante tenere d’occhio la Cina e capire se il rallentamento del Dragone trascinerà il resto degli emergenti e peserà sul sentiment. Per il momento, vediamo una certa resistenza sul fronte della crescita, mentre l’inflazione è scesa rapidamente. Sul fronte della politica monetaria, diversi paesi sono posizionati per avviare presto un ciclo di riduzione dei tassi d’interesse, anticipando i loro omologhi dei mercati sviluppati. Questo è un segnale incoraggiante visto che gli emergenti stanno maturando come asset class.

    Inizia un nuovo ciclo di politica monetaria

    Con i progressi sostanziali compiuti nella riduzione dell’inflazione, le banche centrali dei paesi emergenti sono in procinto di allentare la pressione monetaria, guidando la svolta nel ciclo dei tassi d’interesse. Non solo hanno iniziato ad alzare i tassi prima dei mercati sviluppati, ma li hanno anche aumentati. Questa strategia ha creato un cuscinetto per gli emergenti per iniziare a tagliare, anche se è improbabile che la maggior parte dei mercati sviluppati si trovi presto in questa posizione. Tuttavia, non si sa quanto le banche centrali emergenti possano spingersi in questo ciclo.

    È possibile che i tassi non tornino ai livelli precedenti al rialzo, poiché le condizioni sono diverse.

    Le banche centrali delle nazioni emergenti dovranno anche tenere conto della stabilità valutaria durante i tagli. L’attuale forza del dollaro e l’aumento dei tassi statunitensi rappresentano un potenziale ostacolo, in particolare per i paesi a basso tasso di interesse che non dispongono di un cuscinetto di carry sufficiente.

    Il Cile ha già avviato il suo ciclo di allentamento e ci aspettiamo che altri paesi latinoamericani si uniscano a loro nei prossimi mesi. Nell’Europa centrale e orientale, l’Ungheria ha iniziato il ciclo di allentamento e prevediamo che la Repubblica Ceca seguirà presto il suo esempio. La regione asiatica è in controtendenza: è probabile che i tagli inizieranno nel 2024. I problemi di inflazione non sono generalmente così profondi, quindi le banche centrali non hanno avuto bisogno di aumentare i tassi in modo così significativo.

    Rallentamento della Cina: pesa il settore immobiliare

    L’economia cinese sta rallentando a un ritmo più rapido del previsto. Una serie di sviluppi negativi riguardanti i settori immobiliare e fiduciario potrebbero minare la fiducia nella seconda economia mondiale e portare a un ulteriore indebolimento. I rischi di ribasso stanno aumentando, minacciando di creare feedback negativi.

    Per sostenere l’economia, la Banca Popolare Cinese ha iniziato ad allentare la politica monetaria, una tendenza che ci aspettiamo continui nei prossimi mesi. Ma con una domanda di credito bassa, il meccanismo di transizione monetaria potrebbe essere debole, quindi resta da vedere quanto saranno efficaci le misure di allentamento.

    Sul fronte fiscale, la risposta delle autorità è stata incrementale. Se questo approccio continuerà, ci vorrà del tempo per ravvivare la fiducia delle famiglie e delle imprese. Finora sembra esserci un’avversione per i tipi di stimolo su larga scala che le autorità hanno attuato in passato, a causa del rischio di un aumento del rapporto debito/Pil.

    Riteniamo che le autorità vorranno premunirsi contro i rischi di feedback negativi per evitare che si trasformino in una crisi finanziaria più grave o che trascinino l’economia in recessione. La politica fiscale dovrà probabilmente essere la leva principale per gestire questi rischi.

    Tre fattori della futura crescita economica

    Finora la crescita dei Paesi emergenti ha mostrato una certa resistenza a fronte di un notevole rallentamento del ciclo manifatturiero globale e dell’economia cinese. Come per i mercati sviluppati, la parte non manifatturiera di queste economie ha retto meglio, mentre il rallentamento della Cina non si è ancora tradotto in una flessione più profonda dei prezzi delle materie prime. Questo dato è incoraggiante per gli emergenti, ma è importante notare che la qualità della crescita è eterogenea e c’è una certa dispersione geografica. 

    In generale, i servizi sono rimasti resistenti come i mercati sviluppati. Ciò indica una rotazione negli emergenti dal consumo di beni a quello di servizi.

    In futuro, la tenuta della crescita di questi Paesi dipenderà probabilmente da tre fattori. In primo luogo, dal fatto che i prezzi delle materie prime rimangano stabili di fronte all’indebolimento del ciclo industriale. In secondo luogo, dalla tensione tra il rallentamento del settore manifatturiero e la tenuta del mercato dei servizi e del lavoro. In terzo luogo, dal fatto che la Cina riesca a stabilizzare la propria economia e non trasformarsi in un vero e proprio freno alla crescita. 

    L’andamento dell’inflazione

    Negli emergenti l’inflazione è scesa rapidamente dopo gli shock strutturali della pandemia e dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Per il futuro, analizziamo i prezzi dei generi alimentari a causa dei rischi di rialzo posti da El Niño e dalla fine dell’accordo sul grano tra Russia e Ucraina. Anche se siamo vigili su quest’ultimo aspetto, ci aspettiamo che l’impatto sia modesto rispetto allo shock dei prezzi causato lo scorso anno dallo scoppio della guerra.

    Nel complesso, riteniamo che i rischi di rialzo segnalino un punto di inflessione nella tendenza alla disinflazione alimentare. Questo potrebbe a sua volta rallentare il ritmo dei tagli dei tassi qualora i rischi si concretizzassero in sorprese al rialzo dell’inflazione, anche se questo non è il nostro scenario di base. Dato che i paesi emergenti stanno uscendo da un periodo di politica monetaria restrittiva e la crescita è intorno, o leggermente al di sotto, del trend in una serie di paesi, i rischi di effetti di secondo impatto sull’inflazione derivanti da shock dei prezzi alimentari dovrebbero essere contenuti.

    Tassi, credito e valute

    Il contesto di disinflazione e l’avvio di cicli di riduzione dei tassi da parte delle banche centrali sono costruttivi per i tassi locali degli emergenti. La nostra analisi mostra che le posizioni lunghe sui tassi locali tendono storicamente a generare rendimenti positivi durante i cicli di riduzione.

    Nell’ambito degli emergenti esterni, siamo incoraggiati dalla bassa volatilità e dalla resilienza che stiamo osservando nel segmento di mercato di alta qualità.

    Tuttavia, dopo un periodo di forte crescita, le valutazioni in questo settore sono limitate, il che spinge alcuni investitori a inseguire le parti più in difficoltà del mercato, dove la ricerca fondamentale e la selezione dei titoli sono essenziali. In generale, al momento vediamo più valore nello spazio societario emergente rispetto al debito estero emergente. Per quanto riguarda le valute di questi paesi, il nostro entusiasmo è diminuito in quanto il differenziale dei tassi d’interesse sembra destinato a indebolirsi, dato che le banche centrali emergenti iniziano a tagliare i tassi d’interesse prima dei mercati sviluppati. Anche se riteniamo che si possano ancora realizzare guadagni interessanti, sarà importante scegliere con attenzione i momenti in cui farlo.

  • T. Rowe Price – Mercati emergenti: obbligazioni societarie, trascurate ma interessanti  

    T. Rowe Price – Mercati emergenti: obbligazioni societarie, trascurate ma interessanti  

    A cura di Samy Muaddi, Head of Emerging Markets Fixed Income, T. Rowe Price

    La crescente dimensione dei mercati del debito societario offre agli investitori un’ampia gamma di possibilità di investimento e diversificazione. Tuttavia, gli investitori nei mercati emergenti tendono ancora a concentrarsi sulle azioni e sui titoli di Stato. Le obbligazioni societarie costituiscono un’asset class ancora trascurata, poco posseduta e poco studiata. Ciò offre interessanti opportunità d’investimento agli investitori.

    Nell’ultimo decennio, i mercati emergenti hanno sviluppato e migliorato enormemente i mercati dei capitali. Le società ora emettono obbligazioni in valuta locale e in valuta forte (dollaro o euro). Ciò ha fatto aumentare notevolmente le dimensioni del mercato delle obbligazioni societarie emergenti. Questo mercato ha superato il mercato high yield statunitense per dimensioni, in termini di numero di obbligazioni sottostanti e di emittenti.

    Il segmento in valuta forte dell’asset class vanta oggi 2,500 miliardi di dollari, per lo più investment grade ma anche high yield. In confronto, la dimensione di questo mercato nei paesi sviluppati è di 7,400 miliardi di dollari nel settore investment grade e di circa 1,300 miliardi di dollari nel settore high yield. E c’è ancora spazio di crescita: la maggior parte delle società emergentisi finanzia ancora attraverso i mercati bancari locali e ha un’esposizione limitata al mercato obbligazionario globale in dollari. Questo potenziale di crescita è una buona notizia per gli investitori, perché le obbligazioni societarie dei mercati emergenti offrono un rendimento competitivo e un insieme diversificato di società e settori.

    Preconcetti sull’asset class

    Questa asset class è poco considerata soprattutto a causa di preconcetti – i rischi, nei fatti, sono spesso inferiori a quelli percepiti – o semplicemente per la mancanza di conoscenze e competenze locali. I numerosi emittenti presenti in questo mercato possono offrire possibilità di diversificazione e alfa, ma gli investitori dovrebbero conoscere i fondamentali di ciascuna società. I fondamentali generali dell’asset class sono solidi: molti emittenti sono stati in grado di rifinanziare il proprio debito con scadenze più lunghe negli ultimi anni e hanno aumentato i livelli di liquidità a causa delle perturbazioni dei mercati finanziari globali innescate dai rialzi dei tassi delle banche centrali, il che sostiene i fondamentali del credito.

    Notiamo che, nel caso in cui i clienti abbiano un’esperienza limitata nei mercati emergenti, di solito gravitano sul debito sovrano degli emergenti, e mentre acquisiscono maggiore familiarità con l’asset class tendono a fare una seconda allocazione nel credito societario di questi mercati. Le obbligazioni societarie dei mercati emergenti sono un’operazione complessa da sottoscrivere, in quanto è necessario padroneggiare e combinare il punto di vista sovrano e quello societario.

    Nel mercato complessivo del debito emergente, gli investitori dedicati sono una minoranza: rappresentano solo il 12% del mercato del debito statunitense da 4.000 miliardi di dollari in valuta forte. Molti investitori hanno orizzonti d’investimento più brevi, che possono tradursi in allocazioni meno stabili. Questi investitori sono particolarmente sensibili all’andamento dei tassi di interesse negli Stati Uniti. Il panico finanziario che si scatena dopo un rialzo dei tassi può portare a deflussi elevati, con conseguente overselling. Questo crea volatilità ma anche opportunità per la strategia smart money, che può raccogliere questi asset sottovalutati. Secondo la nostra esperienza, ogni momento di panico finanziario è seguito da una ripresa.

    I punti di forza sono il rendimento premium e le possibilità di diversificazione

    Un chiaro vantaggio per gli emergenti corporate è il premio di rendimento. Le obbligazioni dei mercati emergenti di tipo investment-grade offrono attualmente un premio di circa 100 punti base rispetto alle obbligazioni investment-grade americane e europee. Il premio offerto dal segmento high-yield degli emergenti invece è ancora più alto: 200 punti base.

    I paesi emergenti sono un ottimo strumento di diversificazione di portafoglio in combinazione con i mercati azionari tradizionali. Inoltre, esistono molte differenze tra le società di questi mercati che offrono opportunità agli investitori attivi. Il ciclo economico degli Stati Uniti può diventare uno scenario importante, ma la maggior parte di questi paesi si trova in un ciclo completamente diverso. Ad esempio, la maggior parte delle nazioni emergenti ha gestito meglio l’inflazione rispetto alla maggior parte dei mercati sviluppati, grazie ai rialzi precoci dei tassi di interesse. Ciò ha determinato un migliore contesto inflazionistico, che sta consentendo ad alcune banche centrali emergenti di iniziare a tagliare i tassi, ad esempio in Brasile e in Cile. il che rappresenta un altro vantaggio per gli investitori.

    Naturalmente, i mercati emergenti presentano rischi specifici, come il rischio politico che rappresenta un fattore costante. Per gestire questi rischi è necessaria una gestione attiva. Il rischio maggiore per i mercati emergenti è tuttavia un fattore globale: l’inflazione globale e la politica monetaria. Fino a che punto si spingerà la Fed per affrontare l’inflazione? Questo è l’interrogativo più sentito dagli investitori. La domanda si estende anche all’Europa e al Regno Unito. Il timore è che le banche centrali inneschino una recessione se continuano ad adottare una politica restrittiva. Questo si ripercuoterà anche sugli emergenti, causerà volatilità sui mercati e, dal punto di vista economico, rappresenterà un potenziale vento contrario per loro. La buona notizia è che gli emergenti stanno già attraversando un ciclo di aggiustamento e le riforme fiscali e di governance che vengono attuate ora stanno gettando le basi per i rendimenti futuri.

  • GAM: Mercati emergenti, ecco quali sono i catalizzatori

    GAM: Mercati emergenti, ecco quali sono i catalizzatori

    A cura di Tim Love, Investment Director, Emerging Markets Equities di GAM

    È stato un anno discreto per le azioni dei mercati emergenti, fino al 27 giugno, con un rialzo del 4% in dollari. Non c’è niente di speciale da riferire, a parte che la Cina, che rappresenta il 30% dell’indice, nel periodo ha perso il 5%. Come sempre, la risposta nei mercati emergenti è sfaccettata ed eterogenea. È stato un buon anno? Rispetto al Dow in calo del 2% nello stesso periodo, diremmo di sì. Rispetto al Nasdaq, in crescita del 29% nello stesso periodo, no. Ci sono componenti dei mercati emergenti che sono state al passo con la crescita a un prezzo ragionevole trainata dall’AI nei Paesi sviluppati? La risposta è sì. Per esempio, Taiwan ha guadagnato il 19%, la Corea il 16%. Questi mercati hanno certamente beneficiato dell’accelerazione dell’intelligenza artificiale che ha fatto salire il Nasdaq e l’S&P. Tutto ruota attorno all’alpha, alla selezione dei titoli e all’asset allocation. A livello settoriale, è evidente la risalita dell’IT del 19%, ma i titoli value, come per esempio l’energia, sono saliti del 7% circa, qualche titolo industriale del 3%, i finanziari sono saliti del 7% con l’irripidimento della curva dei rendimenti, dunque sono rimasti indietro rispetto all’IT. Ma hanno fatto meglio delle componenti difensive e costose, come servizi di pubblica utilità, sanitario e beni di prima necessità, che sono scesi nel periodo.

    Crediamo che ci siano molte opportunità per gli investitori che cercano un’esposizione nei mercati di frontiera, o nei titoli secondari. Vietnam, Argentina, Romania e qualche opportunità di rilocalizzazione nel Messico del Nord, rientrano in questo gruppo. Le opportunità secondarie in società con una governance migliore in India, con più liquidità, sono eccellenti. Crediamo che la biforcazione delle catene di distribuzione mondiali, la biforcazione tra le democrazie liberali d’Occidente e le economie pianificate non sia necessariamente un fattore positivo o negativo, ma è un fattore da considerare. Le catene di distribuzione stanno cercando di contenere i rischi e il fenomeno della rilocalizzazione, o nearshoring, è un tema che interesserà molto gli investitori occidentali nei prossimi 5 o 10 anni.

    Per quanto riguarda le previsioni a breve e medio termine,i mercati emergenti, nel complesso, sono sottovalutati, sottopesati e trascurati dagli investitori, ed è sempre stato così. Nel 2004-2008 i mercati emergenti hanno riportato performance assai superiori a quelle dei mercati sviluppati. Da allora ci sono stati 15 anni di movimenti altalenanti e svalutazioni, che da un certo punto di vista non ha molto senso poiché gli utili hanno continuato a salire, e gli utili previsti del 16-18% per i mercati emergenti non sono male e potrebbero giustificare una rivalutazione da un PE di 9,5 del portafoglio o intorno a 11 per l’indice. Con un ROE oltre il 15% e un rendimento da dividendi ben coperto di 3,5, in un gruppo di Paesi in cui i primi 8 su 10 oggi sono investment grade, a differenza del 2004, quando erano solamente sei, o talvolta anche cinque. È una situazione diversa. Gli utili sono più robusti, correlati a segmenti più moderni come l’intelligenza artificiale, la robotica o la sicurezza informatica o la consulenza, con servizi a più valore aggiunto, più uniformi, più efficienti, in grado di competere con i mercati sviluppati e maggiormente integrati, con le catene di distribuzione dei Paesi sviluppati. In tal senso, perché un’asset class nei mercati emergenti non cresce per 15 anni, come invece è accaduto nei mercati sviluppati?

    Crediamo che assisteremo a una profonda rivalutazione, come accadde nel 2004 quando continuò per quattro anni, con risultati migliori dei mercati sviluppati. In considerazione di tale scenario di lungo periodo, qual è il catalizzatore? Normalmente è correlato alla liquidità. Perché gli investitori dovrebbero puntare su un’asset class che viene percepita a più alto rischio? E la percezione la fa da padrone. La risposta è che, se la realtà è chiaramente, innegabilmente, evidentemente positiva sul fronte degli utili, con valutazioni convenienti e sottopesata, allora i flussi di denaro, sia passivi che attivi, inizieranno a tornare e la svalutazione cesserà. In tal senso, il catalizzatore sarebbe un picco del dollaro, certamente un picco nei tassi di interesse e il riconoscimento dello status di investment grade, l’interesse cross-asset, per valore, crescita e rendimento, a livello locale e della domanda locale, fattori che vengono completamente ignorati, con la nascita di numerosi fondi pensione, con molti mercati emergenti che si vanno stabilizzando, e se gli investitori esteri se ne vanno, la domanda arriverà dall’interno. E poi c’è la liquidità, gli investimenti passivi esteri peseranno meno di quelli interni, istituzionali a più lungo termine. È ciò che sta accadendo in molti di questi mercati. Un cuscinetto di liquidità, la confluenza dell’attività secolare e ciclica, delle valutazioni. Nel complesso, sommando tutti questi fattori, crediamo che lo scenario a più lungo termine sia incredibilmente positivo.

  • T. Rowe Price – Obbligazioni societarie: la porta d’accesso più difensiva ai mercati emergenti

    T. Rowe Price – Obbligazioni societarie: la porta d’accesso più difensiva ai mercati emergenti

    A cura di Samy Muaddi, Head of Emerging Markets Fixed Income, T. Rowe Price

    Il debito dei mercati emergenti, una definizione che in un certo senso raggruppa ingiustamente diversi Paesi e asset, è tradizionalmente percepito come un investimento volatile. Tuttavia, negli ultimi decenni i mercati dei capitali delle economie in via di sviluppo hanno subito una trasformazione significativa. Oggi si distinguono tre asset class di debito dei mercati emergenti: titoli sovrani in valuta forte, titoli sovrani in valuta locale e bond corporate in valuta forte. Il mercato delle obbligazioni societarie in valuta forte, pur essendo ancora un segmento relativamente nascente, presenta alcune delle più grandi società del mondo che vantano solidi fondamentali e posizioni competitive dominanti. Rispetto ai concorrenti dei mercati sviluppati, questi solidi fondamentali sono evidenziati dal tasso di insolvenza relativamente più basso registrato negli ultimi anni.  Negli ultimi tre anni, i tassi di default del debito societario sono stati pari a quelli dei mercati sviluppati, pur offrendo rendimenti più elevati. Questo è il riflesso di una penalizzazione ingiustificata da parte delle agenzie di rating, di altre idee sbagliate sul rischio e di un legittimo premio di liquidità.

    Il rischio e la volatilità delle società dei mercati emergenti sono tradizionalmente percepiti come elevati, ma questa percezione sta cambiando. La volatilità delle società dei Paesi emergenti è pari a quella di obbligazioni societarie simili nei mercati sviluppati, con un rischio di default paragonabile. Allo stesso tempo, le società di questi mercati offrono un interessante premio di rendimento rispetto ai mercati sviluppati. Le emissioni emergenti con rating da A a BB presentano uno spread da due a tre volte superiore a quello dei titoli di credito statunitensi.

    Un premio interessante rispetto ai mercati sviluppati

    Le obbligazioni emergenti di tipo investment-grade offrono attualmente un premio di circa 100 punti base rispetto alle obbligazioni di tipo investment-grade negli Stati Uniti e in Europa. Il premio offerto dal segmento high-yield dei mercati emergenti è ancora più alto: 200 punti base.

    Qual è la spiegazione di questo premio? In primo luogo, si tratta di una compensazione per la relativa illiquidità del debito societario dei mercati emergenti. Questo vale soprattutto per le obbligazioni in valuta forte, l’universo d’investimento più adatto agli investitori che vogliono limitare il rischio (valutario).

    Una seconda spiegazione è che il rischio percepito del debito societario dei mercati emergenti è spesso elevato. Ciò pone le basi per rendimenti più elevati. Questa percezione si basa in larga misura sulla valutazione del rischio del Paese in cui le società operano e meno sulla forza fondamentale delle società emittenti.

    Questa focalizzazione sul Paese può portare a un’immagine distorta del rating di un’azienda presso gli investitori e le agenzie di rating. Gli analisti non assegnano facilmente alle società dei mercati emergenti un rating più alto di quello del loro Paese di origine, il cosiddetto ‘tetto sovrano’.

    Una visione distorta del rischio di credito effettivo 

    Le distorsioni e le possibilità di mispricing sono maggiori. I segmenti BB e single B nei mercati emergenti sono ben noti per le inefficienze del mercato, dovute a idee sbagliate sul rischio o alla limitata disponibilità di dati. 

    In genere, nelle nostre strategie corporate emergenti possediamo più titoli high yield (BB) che investment grade. I casi di mispricing sono in sostanza opportunità per gli investitori attivi. Permettono di trovare obbligazioni di qualità a un prezzo interessante. Le società che non sono molto seguite dal mercato, ma che hanno un forte potenziale di miglioramento del rating, offrono un ulteriore fattore di rendimento per gli obbligazionisti.

    Le obbligazioni societarie emergenti offrono rendimenti più consistenti 

    I titoli azionari emergenti offrono agli investitori i dividendi, che però sono molto meno stabili dei pagamenti di interessi. Questi ultimi possono offrire un rendimento costante nel corso degli anni che, una volta composto, fornisce un rendimento convincente a lungo termine. I tassi delle cedole sono in genere più elevati rispetto al mercato monetario, in linea con i rendimenti più elevati di questi mercati. Ciò offre agli investitori la promessa di un reddito elevato e costante. Naturalmente, esiste un rischio di default, ossia il rischio che la società non sia in grado di onorare i propri doveri obbligazionari. Tuttavia, il rischio di insolvenza è pari a quello delle società del Regno Unito, nonostante la percezione che possa essere più elevato.

    Soprattutto le società che emettono per la prima volta offrono normalmente cedole elevate. Queste società non sono ben conosciute dagli investitori e molte di esse hanno un track record di performance minimo. Queste obbligazioni finiscono per essere emesse con cedole elevate, anche se i fondamentali sottostanti della società indicano un rischio di credito molto più basso.

    In generale, gli investitori in bond corporate emergenti possono aspettarsi un rendimento elevato a fronte di un rischio relativamente basso. Naturalmente, i mercati emergenti possono essere più vulnerabili ai rischi politici e agli shock economici, nonché ai regimi fallimentari locali non ancora collaudati. Pertanto, la gestione attiva che incorpora la ricerca fondamentale offre vantaggi fondamentali nei mercati emergenti.

  • RBC BlueBay – Mercati emergenti: il più grande rimescolamento degli ultimi due decenni

    RBC BlueBay – Mercati emergenti: il più grande rimescolamento degli ultimi due decenni

    A cura di Polina Kurdyavko, BlueBay Head of Emerging Markets e Senior Portfolio Manager, RBC BlueBay

    Quando si discute di potenziali ostacoli per il resto dell’anno riteniamo necessario concentrarci sulla Cina. Se si considerano le relazioni tra Stati Uniti e Cina, è purtroppo piuttosto evidente il trend secondo cui, nel medio-lungo periodo, è più probabile che tale rapporto peggiori, piuttosto che migliori. Fatta questa premessa, le interconnessioni tra le economie sono relativamente elevate; pertanto, è improbabile che vengano imposte alla Cina sanzioni generalizzate “in stile Russia”.

    Il lato positivo è che gli Stati Uniti avranno bisogno del maggior numero possibile di alleati a livello globale quando questo rapporto peggiorerà. Ed è proprio qui che i paesi dei mercati emergenti più grandi e consolidati, come Indonesia, Brasile, India e Messico, ne trarranno vantaggio. Ci aspettiamo che ulteriori accordi commerciali vengano rivisti a favore di alcuni paesi emergenti, come il Cile. Prevediamo una maggiore tolleranza in relazione ad alcune politiche monetarie e fiscali e ad alcuni mercati emergenti, come ad esempio la Turchia, e ipotizziamo che diversi paesi dei mercati emergenti traggano vantaggio dal più grande rimescolamento geopolitico degli ultimi 20 anni.

    La volatilità dei mercati locali rimarrà elevata 

    Negli ultimi 18 mesi abbiamo assistito a una sovraperformance dei mercati in valuta locale rispetto al reddito fisso denominato in dollari. Inoltre, secondo le nostre previsioni, ciò proseguirà in termini assoluti. Tuttavia, ci aspettiamo che la volatilità rimanga elevata sui mercati in valuta locale rispetto a quelli in valuta forte. In particolare, sottolineiamo che è meno probabile che la volatilità sul mercato in valuta locale sia spinta dalle sorprese sull’inflazione, ma è più verosimile che sia guidata da rischi complessivi come governi bipolari e notizie negative sia sul fronte fiscale che su quello politico, che potrebbero tradursi in una volatilità degli asset in valuta locale.

    Cosa ci riserva il futuro 

    Considerando il contesto in cui ci troviamo oggi e i driver che determineranno la performance da qui a fine anno, la gran parte di tali driver sarà costituita dalle aziende più in difficoltà, che hanno subito una ristrutturazione sul piano creditizio e che ora stanno conseguendo rendimenti consistenti in relazione al reddito fisso.

    Sul piano macroeconomico, il recente rallentamento dell’inflazione core negli Stati Uniti è stato significativo e riflette la probabilità che la Federal Reserve dovrà effettuare meno rialzi nel breve termine. Sebbene sia ancora troppo presto per dire se questo calo dell’inflazione negli Stati Uniti sarà sostenibile, ha comunque delle implicazioni per i mercati emergenti. In particolare, è costruttivo per i mercati emergenti locali, in quanto la prevista debolezza del dollaro statunitense fornirà verosimilmente un aiuto ai mercati valutari, in un momento in cui si prevede che molte banche centrali dei mercati emergenti avvieranno autonomamente i loro cicli di riduzione dei tassi.

  • GAM: Mercati emergenti verso la rivoluzione industriale 5.0

    GAM: Mercati emergenti verso la rivoluzione industriale 5.0

    A cura di Rob Mumford, Investment Director, Emerging Markets Equities di GAM

    I nuovi prodotti e servizi digitalizzati generano dati a un ritmo in esponenziale aumento e richiedono sempre più potenza informatica per gestirli, interpretarli e metterli in pratica. Nei mercati emergenti, il settore tecnologico è al secondo posto per dimensioni nell’indice MSCI Emerging Market (col 21,2%, leggermente inferiore ai finanziari con il 21,9%). Considerato il ruolo importante dei mercati emergenti in numerosi settori, i nuovi e vecchi costituenti dell’indice saranno fondamentali per la prossima fase della digitalizzazione, Digital 4.0.

    I progressi tecnologici hanno un effetto top-down positivo: secondo le stime di PwC, l’intelligenza artificiale da sola farà aumentare le stime del Pil in Cina del 26,1% e in Nord America del 14,5% entro il 2030. Questi due Paesi rappresentano circa il 70% del totale globale. A nostro giudizio, grazie alle tecnologie avanzate, all’ampia quantità di dati e alla rapida adozione, il Nord America può produrre un impatto positivo superiore alla media. Per quanto concerne i mercati emergenti, la disponibilità limitata di chip avanzati in Cina viene compensata dall’abbondanza dei dati, da personale d’eccellenza, dalle opportunità a livello applicativo (essendo un’economia fortemente digitalizzata) e dall’adozione di una serie di politiche con possibili effetti positivi sul Pil oltre la media.

    Per far funzionare Chat-GPT servono circa 300.000 processori (280.000 CPU e 10.000 GPU) e Gartner prevede che il mercato globale dei semiconduttori per l’intelligenza artificiale crescerà del 21% in termini di CAGR (tasso di crescita composito annuo) dal 2023 al 2027. Questi processori non funzionano da soli, dobbiamo tenere presente che servono numerose tecnologie correlate, non solo per quest’applicazione, ma anche per i servizi e la tecnologia avanzata della Digital 4.0 e oltre.     

    I veicoli elettrici e a guida autonoma che utilizzano l’intelligenza artificiale sono un segnale dell’enorme domanda di semiconduttori, elaborazione dati e infrastrutture che serviranno in futuro per i dispositivi e i servizi di Digital 4.0. Una moderna auto elettrica si avvale di circa 3.000 semiconduttori, quasi il doppio rispetto alle auto tradizionali. Per la guida autonoma, l’intelligenza artificiale è fondamentale poiché consente alle auto di identificare e reagire in tempo reale alle situazioni che si presentano sulla base dei dati raccolti dai sensori. Un rapporto di Bank of America cita uno studio Intel secondo il quale un veicolo a guida autonoma connesso potrebbe generare la stessa quantità di dati di 3.000 utenti internet, mentre due auto in comunicazione tra loro potrebbero generare l’equivalente di 8-9.000 utenti internet.

    La crescita e la gamma in espansione di beni e servizi hanno implicazioni positive per le società del settore tecnologico nel suo complesso, compresi semiconduttori, semi equipment, memorie (memorie realizzate appositamente per i server), substrato, confezionamento di schede madri e montaggio. Le società asiatiche e dei mercati emergenti sono particolarmente esposte in questi ambiti e hanno un ruolo dominante in diversi segmenti. I chip di memoria avanzati (che immagazzinano e/o elaborano dati) sono fondamentali per l’intelligenza artificiale che ha bisogno di capacità computazionale più rapida (con un minor consumo di energia), e non solo della semplice capacità di immagazzinare dati. Il settore delle memorie è un mercato con tre grandi operatori, e due delle tre società coreane (SK Hynix e Samsung Electronics) hanno una quota di mercato del 60% circa.

    I server AI stanno conquistando rapidamente posizioni in Asia nella catena di distribuzione di prodotti ODM, ovvero sviluppati dal fornitore, che grazie ad anni di ricerca e sviluppo e interazione coi clienti hanno una quota di mercato del 90% circa. I progressi nei processori e nelle tecnologie correlate hanno spinto le fonderie verso il packaging avanzato, ma il mercato dei test e del confezionamento è ancora dominato dalle società asiatiche con una quota di mercato di poco superiore al 50%. Lo abbiamo visto chiaramente durante i lockdown per il COVID-19.

    Per la maggior parte della catena di distribuzione correlata, i progressi nell’intelligenza artificiale hanno effetti positivi non solo sui volumi, ma anche sul prezzo di vendita (ASP) e sui margini. I due segmenti che abbiamo citato (memorie e server) esemplificano bene tale fenomeno. Nelle memorie, 1Gb di DDR4 costa 0,2 dollari, l’HBM 1,2-1,3 dollari e 128GB DDR5 costano 0,9-1,0 dollari, il prodotto in più rapida crescita ha un prezzo tra 5 e 7 volte superiore. Lo stesso vale per gli ODM, il prezzo di un server AI è pari al doppio o al triplo di quello dei server generici, oltre a essere il segmento in più rapida crescita. Grazie a tale duplice vantaggio, gli analisti (tra cui Bank of America) prevedono che i server AI rappresenteranno circa il 20-30% dei ricavi totali dei server ODM entro il 2025.

    Invitiamo gli investitori alla cautela sulla scorta delle profonde oscillazioni registrate, delle valutazioni attuali, dello scenario ciclico della tecnologia e anche del fatto che alcuni prodotti correlati all’intelligenza artificiale rappresentano solo una piccola percentuale dei prodotti delle aziende in questo momento (per quanto siano in rapidissima crescita).

  • COMGEST: MERCATI EMERGENTI, L’IMPATTO DELL’INFLAZIONE IN CALO

    COMGEST: MERCATI EMERGENTI, L’IMPATTO DELL’INFLAZIONE IN CALO

    David Raper, Gestore del fondo Comgest Growth Emerging Markets di Comgest

    La crescita e l’inflazione negli Stati Uniti, con le conseguenti prospettive per i tassi d’interesse, sono stati i fattori esterni più importanti per i mercati emergenti, ed entrambi si sono rivelati più solidi del previsto. Tra i principali di questi mercati, la Corea e Taiwan, orientati al settore IT e alle esportazioni, sono entrambi saliti grazie all’aspettativa di una ripresa della crescita mondiale. Il settore IT è stato ulteriormente favorito dalla riduzione senza precedenti della capacità produttiva delle memorie DRAM, mentre l’interesse per l’intelligenza artificiale ha portato a una rivalutazione del settore.

    Per la Cina la situazione è stata diversa, mentre crescevano le preoccupazioni riguardo alle prospettive di crescita in un contesto di ripresa della fiducia dei consumatori inferiore alle aspettative, persistenza di un alto tasso di disoccupazione, ripresa non significativa del settore immobiliare, dati negativi dell’indice PMI dei direttori degli acquisti del settore manifatturiero e sostegno limitato da parte del governo.

    Messico e Brasile hanno registrato una buona performance, con valute in netto apprezzamento. L’economia messicana è stabile e dovrebbe beneficiare sempre più, a spese della Cina, della delocalizzazione e le preoccupazioni del mercato che hanno afflitto il Brasile quando Lula è stato eletto presidente si sono in gran parte dissolte. Un altro Paese che ha beneficiato dei problemi cinesi è l’India. Dopo aver attuato alcune riforme positive, la crescita economica è in ripresa e le dinamiche geopolitiche favoriscono attualmente questo Paese.

    I tassi di inflazione sono in calo in tutti i mercati emergenti. Ciò significa che anche i tassi di interesse saranno tagliati, mentre le stime di crescita economica saranno riviste al rialzo. Allo stesso tempo, il rischio valutario è basso, con elevati rendimenti reali positivi ed economie generalmente solide. Riteniamo che ciò lasci ben sperare per la crescita degli EPS delle società dei mercati emergenti.

    La Cina si riprenderà col tempo e, probabilmente, quanto più a lungo il governo ritarderà qualsiasi tipo di misura di stimolo serio, tanto più radicale sarà alla fine. Un esempio è dato da Sany Heavy, produttore cinese di macchinari per l’edilizia in posizione dominante e di alta qualità: riteniamo che, verso la fine del 2023, il mercato immobiliare cinese mostrerà segni di ripresa tali da sostenere il fatturato dell’azienda. Allo stesso tempo, il 50% dei ricavi di Sany deriva dalle vendite al di fuori della Cina.

  • RBC BlueBay: l’Indonesia potrebbe rivelarsi una delle più grandi storie di successo nei mercati emergenti

    RBC BlueBay: l’Indonesia potrebbe rivelarsi una delle più grandi storie di successo nei mercati emergenti

    A cura di Laurence Bensafi, RBC Emerging Markets Equity team, RBC BlueBay AM

    L’Indonesia è oggi una delle economie più forti e in rapida crescita, non solo nel Sud-Est asiatico ma anche tra i mercati emergenti più in generale. La crescita del Pil nel 2022 è stata del 5,3% e si prevede una cifra simile per il 2023, secondo i dati di Statistics Indonesia.

    Nel 2013, l’Indonesia era uno dei “Fragile Five” e dipendeva fortemente dal dollaro USA, e quando la Fed adottava una politica restrittiva, ne risentiva negativamente. Il Paese mostra ora un avanzo delle partite correnti, grazie alla focalizzazione sulle esportazioni di prodotti downstream.

    Inoltre, di recente, il governo ha istituito la “Vision Forward Indonesia 2045”, che mira a trasformare in modo significativo il Paese, con l’obiettivo di diventare una delle prime cinque economie del mondo entro il 2045, anno del suo centenario, secondo i dati della Banca Mondiale.

    La politica è stata un argomento di discussione, ma la popolazione locale sembra rilassata sull’esito delle prossime elezioni generali previste per il 2024Ci si aspetta una continuazione delle politiche attuali, che finora sono state molto positive per il Paese.

    Ad esempio, il programma di privatizzazione parziale è stato molto positivo. Il governo vuole maggiore trasparenza e responsabilità per il settore statale, e crediamo che questo porterà a una rivalutazione complessiva.

    Inoltre, l’elevato numero di targhe blu, simbolo dei veicoli elettrici a Giacarta, è un’indicazione significativa del fatto che la spinta del governo verso l’elettrificazione sta guadagnando terreno tra la popolazione, almeno nelle grandi città. Secondo Fitch, nel 2023 saranno venduti nel Paese 50.000 veicoli elettrici.

    Una tendenza che abbiamo riscontrato di recente è che i giovani stanno tornando a lavorare a Giacarta una volta terminati gli studi all’estero, sfruttando le interessanti opportunità e i servizi a loro disposizione, tra cui decine di ristoranti e caffetterie alla moda.

    Sul fronte dei consumi, sembra chiaro che gli indonesiani non siano diversi dai consumatori di tutto il mondo e che il loro appetito per il lusso sia in rapida crescita.

    Conclusioni

    Nel complesso, i buoni risultati economici e la fiducia nell’attuale amministrazione si sono tradotti in forti investimenti, visibili soprattutto nello sviluppo delle infrastrutture nel vivace centro di Giacarta. Il presidente Joko Widodo (noto come “Jokowi”) ha cambiato il Paese, e in meglio.

    Riteniamo che l’Indonesia possa rivelarsi una delle più grandi storie di successo nei mercati emergenti. Ha un’economia diversificata, con consumi interni ed esportazioni di prodotti di downstream che contribuiscono a un solido conto delle partite correnti.

    Ci auguriamo che il Paese continui su questa strada positiva. A nostro avviso, l’attuale traiettoria ascendente dovrebbe tradursi in forti rendimenti azionari per gli investitori nel lungo periodo.

  • Capital Group: L’indebolimento del dollaro può favorire i mercati emergenti nel prossimo decennio?

    Capital Group: L’indebolimento del dollaro può favorire i mercati emergenti nel prossimo decennio?

    A cura di Natalya Zeman, Investment Director di Capital Group

    Storicamente il dollaro e le azioni dei mercati emergenti hanno sempre avuto una correlazione inversa: nei periodi di apprezzamento del dollaro, l’azionario dei mercati emergenti perdeva terreno rispetto ai mercati sviluppati e viceversa. Con il marcato deprezzamento del dollaro negli ultimi mesi, molti hanno iniziato a pensare che il lungo decennio rialzista del biglietto verde possa finalmente concludersi. La domanda è, dunque, se questo contesto può incentivare una nuova ondata di sovraperformance per le azioni dei mercati emergenti. Il dollaro rimane la valuta dominante degli scambi internazionali: circa metà sono denominati in dollari e i pagamenti internazionali avvengono prevalentemente in dollari. Quando il dollaro è solido, le società che operano in economie con valute diverse lo utilizzano per quotare e regolare le transazioni. Questo spinge al rialzo il costo delle importazioni, il che può influire negativamente sui margini delle aziende dei mercati emergenti. Un dollaro solido è inoltre associato con una tendenziale “fuga verso la sicurezza”. In genere nei periodi di incertezza gli investitori si sono sempre rifugiati nella valuta – ad esempio nel 2022 quando la Russia ha invaso l’Ucraina – in ragione della sua liquidità, dello status di riserva, del track record di stabilità economica e politica, della trasparenza e della rule of law.

    Guardando al futuro, tuttavia, ci sono segnali di un possibile indebolimento ciclico del dollaro e questa prospettiva in generale favorisce l’azionario dei mercati emergenti. Sotto il profilo strutturale, dopo 15 anni di leadership degli USA a livello economico e di valuta, l’attrattiva relativa della regione rispetto ai mercati emergenti potrebbe ridursi. Ancora una volta questo avvalora la tesi a favore di una diversificazione dei portafogli di investimento rispetto agli USA, verso i mercati internazionali ed emergenti. La storia indica che la riduzione dei tassi di riferimento da parte della Fed dovrebbe coincidere con l’indebolimento del dollaro. Tassi relativi più elevati negli USA determinano un carry interessante per gli investitori. Quando questo differenziale inizia a chiudersi, i rendimenti relativi perdono la loro attrattiva. Storicamente la solidità del dollaro tende a indebolirsi quando i tassi della Fed sono in calo, e viceversa.

    I mercati emergenti hanno superato i mercati USA durante e dopo le recessioni. Dai primi investimenti negli emergenti alla fine degli anni Ottanta, gli USA hanno attraversato sei recessioni tecniche, che si sono tendenzialmente manifestate durante o dopo la fine di un ciclo di tagli dei tassi. Il dollaro si è generalmente rafforzato durante le recessioni – periodi in cui gli investitori cercano sicurezza. Infine, i dati dimostrano che l’attrattiva relativa degli USA rispetto ai mercati emergenti si sta riducendo. Il deficit commerciale USA continua ad ampliarsi, finanziato dal debito estero. Il deficit commerciale degli USA è aumentato del 112% alla fine del 2022, finanziato da prestiti contratti da altri Paesi. Il rapporto debito USA/PIL è aumentato dal 57,2% del 2002 al 129% del 2022 e quasi metà di tutto il debito estero USA deriva da soli cinque Paesi: Giappone, Cina, Regno Unito, Belgio e Lussemburgo.

    Le prospettive di crescita economica sono divergenti. Le previsioni di crescita del Fondo Monetario Internazionale (FMI) per i mercati emergenti sono pari a +3,9% per il 2023 e 4,2% per il 2024. Sono invece nettamente inferiori per i mercati sviluppati: 1,3% per il 2023 e 1,4% per il 2024. Anche i cicli economici sembrano divergere: gli USA sono alla fine del loro ciclo e continuano a contrastare l’inflazione, le economie emergenti sono in fase di ripresa. La probabilità di una recessione indotta dalla politica negli USA è aumentata anche in ragione della crisi del settore bancario della regione.

    I mercati emergenti, inoltre, divengono meno sensibili al ciclo del dollaro. L’aumento dei finanziamenti locali e mercati dei capitali più maturi riducono il rischio di debito e il rischio di fuga dei capitali storicamente associati al rialzo del dollaro. Con lo sviluppo dei mercati delle obbligazioni in valuta locale, gli investitori esteri hanno iniziato a partecipare direttamente a tali mercati, così come gli investitori sofisticati di lungo periodo nei mercati emergenti locali come banche, assicuratori e fondi pensione. I mercati del debito in valuta locale hanno quindi registrato un netto rialzo nello scorso decennio e i mercati dei capitali sono maturati per includere strumenti più sofisticati, ad esempio a titolo di copertura dai rischi valutari e di inflazione. Questa tendenza dovrebbe proseguire per i mercati azionari e del debito in valuta locale, con l’ulteriore sviluppo dei mercati dei capitali dei mercati emergenti.

    Negli ultimi anni molti mercati emergenti si sono focalizzati sulla diversificazione delle loro economie – promuovendo il consumo interno, investendo in infrastrutture e istruzione e incoraggiando lo sviluppo dei settori high-tech e dei servizi. Cina e India, ad esempio, ora i due Paesi più popolosi al mondo, hanno mercati di consumo interni ampi e in crescita, che rappresentano circa un quarto della spesa al consumo globale. Tuttavia, è importante rilevare che una modifica sostanziale nello status del dollaro quale valuta di riserva mondiale richiederebbe tempi piuttosto lunghi. Secondo i dati del FMI, il dollaro rappresentava il 58% di tutte le riserve delle banche centrali durante il quarto trimestre 2022, l’euro poco più del 20% e il renminbi solo il 2,7%. Come sempre, vale la pena considerare i rischi a carico di questa prospettiva di indebolimento del dollaro e di un potenziale periodo solido per i mercati emergenti.