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Immobiliare commerciale, un mercato eterogeneo

Marc Nabi, Equity Investment Director di Capital Group
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A cura di Marc Nabi, Equity Investment Director di Capital Group

Circa metà del mercato dei crediti per il settore IC, che ammontano a circa 5000 miliardi di dollari, è costituita da prestiti erogati dalle banche, in gran parte a tasso fisso. L’altra metà è composta da commercial mortgage-backed security (CMBS), prestiti concessi da enti pubblici federali come Fannie Mae e Freddie Mac, compagnie assicurative e, in misura minore, mortgage real estate investment trust (mREIT), ovvero fondi di investimento immobiliare specializzati in mutui ed MBS.

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Quello dell’IC, nel complesso, è un mercato eterogeneo che non può essere descritto in poche parole. Le principali fonti di preoccupazioni sono gli immobili dedicati a uffici e vendita al dettaglio, mentre altre aree come quelle delle unità multifamiliari e dei magazzini industriali potrebbero reggere relativamente bene.

In media le scadenze dei crediti in ambito IC sono scaglionate, o spalmate, nell’arco di periodi compresi tra 8 e 10 anni, mitigando i possibili rischi associati a un’impennata del fabbisogno di rifinanziamento. I mutuatari nel settore immobiliare che devono rifinanziarsi, oppure tenuti a versare rate elevate in periodi di discesa dei valori immobiliari, cercheranno con ogni probabilità di negoziare una riduzione dei pagamenti minacciando di riconsegnare il proprio immobile; una tattica detta “default strategico”.

Il risultato è che gli utili delle banche che detengono a bilancio un’elevata quota di crediti nel segmento IC verranno messi verosimilmente sotto pressione; che ciò possa portare a una crisi di solvibilità nel settore bancario appare tuttavia improbabile.

In questo ciclo, al contempo, la maggior parte dei REIT sembra essere relativamente ben posizionata: la loro esposizione debitoria è infatti generalmente ben diversificata e possono accedere a un’ampia gamma di creditori sia tra le banche che nei mercati dei capitali.

A causa dei tassi d’interesse odierni rifinanziarsi può non risultare conveniente dal punto di vista economico, anche nel caso di immobili che continuano a evidenziare buone performance. Ciò significa che alcuni tra i più importanti investitori immobiliari, con ogni probabilità, “riconsegneranno le chiavi” ai rispettivi creditori.

Per soppesare l’impatto di questa situazione, il nostro team di analisti ha preso in esame tutti i crediti nel settore IC che fungono da sottostanti di CMBS ipotizzando che vengano sottoscritti alle condizioni attuali (periodo di ammortamento pari a 30 anni, cedola tra il 6 e il 7%, rapporto di copertura dei costi di servizio del debito tra 1,25 e 1,50). Da quest’esercizio è emerso che in tutti i segmenti dell’IC esiste un certo numero di mutuatari che (1) saranno costretti a iniettare capitale di rischio per rifinanziarsi con successo oppure (2) sono incentivati dal punto di vista economico ad andare in default strategico.

Al momento gli immobili da uffici rappresentano circa un quarto di tutti i crediti del segmento IC erogati dalle banche. In base ad analisi Capital Group, perfino qualora i portafogli di immobili da uffici perdessero metà del proprio valore ciò si tradurrebbe in una perdita pari a circa il 5% a carico dei portafogli delle banche nel campo dell’IC.

Come se la caveranno i REIT?

Nel corso di questo ciclo i REIT incentrati sul segmento commerciale sono posizionati relativamente meglio di quelli dedicati all’IC privato, con rapporti loan to value molto migliori rispetto ad altri mutuatari immobiliari.

Storicamente i REIT hanno avuto facile accesso ai mercati del debito, mentre le loro passività sono state generalmente ben diversificate tra crediti garantiti e non, prestiti bancari e linee di credito. Ciò ha fornito loro numerose opzioni a cui attingere con la progressiva riduzione della disponibilità di credito, ma potrebbe non riuscire a isolare il segmento qualora si verificasse un’ondata di default su crediti legati a immobili da uffici a causa di un mix tra riduzione del credito in quest’area da parte delle banche e mancato rifinanziamento per via del calo del valore degli asset e del significativo incremento dei tassi d’interesse.

Segmento degli uffici

In molte città statunitensi quella degli edifici da uffici verrà messa verosimilmente sotto pressione più di altre aree del mercato IC; a causa del sempre maggior numero di aziende che sposano il lavoro da remoto è infatti disponibile un’eccedenza di superfici da uffici. Gran parte del segmento (ma non tutto) sopravviverà con tassi di occupazione al di sotto dei livelli pre-pandemici, ma si verificheranno inevitabilmente correzioni al ribasso dei valori.

La posizione centrale di molti immobili da uffici costituisce un forte incentivo alla loro riconversione. In altri casi conviene di più demolirli. Ma nel segmento degli uffici i valori degli immobili non hanno subito una correzione tale da dare luogo alla loro obsolescenza.

Dal punto di vista dei fondamentali il mercato IC, salvo il segmento degli uffici, ha conservato una relativa resilienza. In tali aree dovrebbero sussistere margini a sufficienza per una crescita ininterrotta delle locazioni, purché venga evitata una grave recessione. Gli immobili multifamiliari, ad esempio, godono ancora di una domanda robusta: a causa dei prezzi delle case e dei tassi dei mutui elevati, infatti, molte persone sono costrette a rimanere in affitto. La robusta crescita dell’e-commerce, al contempo, alimenta la domanda di magazzini e altre tipologie di immobili industriali.

Alcuni hanno suggerito la possibilità di convertire gli uffici inutilizzati in alloggi, ma è improbabile che l’eccesso di offerta di immobili da uffici influisca sul segmento multifamiliare. Trasformare gli uffici in appartamenti non è semplice: gli impianti idraulici ed elettrici commerciali non sono compatibili con le esigenze abitative, per non parlare degli inevitabili problemi legati ai permessi in molte grandi città statunitensi. Il segmento multifamiliare gode inoltre della protezione delle “government-sponsored enterprise” (Fannie Mae, Freddie Mac ecc.), che rende improbabile un’ondata di svendite.

Grande crisi finanziaria 2.0?

L’esposizione agli asset in sofferenza del segmento IC, dunque, darà luogo a una nuova crisi finanziaria? Al momento l’esito più probabile sembra essere quello di un contraccolpo per la redditività delle banche più che una crisi sistemica.

Sebbene nei prossimi anni l’incremento dei saggi di capitalizzazione e dei default sui crediti nel segmento IC possa provocare delle perdite, per gran parte degli istituti finanziari le conseguenze dovrebbero risultare gestibili. Le perdite su crediti a cui potremmo assistere si verificheranno con ogni probabilità nell’arco di un periodo di un paio d’anni.

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