Home Economia Robeco: Dalle api all’acqua, l’urgenza di tutelare la biodiversità

Robeco: Dalle api all’acqua, l’urgenza di tutelare la biodiversità

Lucian Peppelenbos, Climate Strategist di Robeco
Lucian Peppelenbos, Climate Strategist di Robeco
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a cura di Lucian Peppelenbos, Climate Strategist di Robeco

La tutela della biodiversità è diventata urgente quanto la necessità di affrontare il cambiamento climatico; gli investitori, in questo ambito, possono svolgere un ruolo fondamentale. Gli investitori possono contribuire assicurandosi che le aziende in cui investono aiutino a ridurre o contrastare i fattori che determinano la perdita di biodiversità. Stiamo consumando le risorse del pianeta a un ritmo tale che la Terra non è in grado di rigenerarsi. Poiché dipendiamo dalla natura per tutto ciò che facciamo, questo è un grosso problema per noi. Sta diventando un rischio di investimento sistemico.

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La nostra economia e società dipendono interamente dalla biosfera, dagli ecosistemi e dai servizi ecosistemici. Se questi servizi si degradano, anche l’attività economica è a rischio. È un problema molto più urgente di quanto si pensi e sta avendo attualmente effetti diretti sull’economia.

Guardate le api, per esempio. Le api sono fondamentali per l’impollinazione; ora in California c’è un mercato per l’affitto di alveari a prezzi elevati perché le api sono necessarie per molte colture, in particolare per quelle di alto pregio come le mandorle. È un servizio ecosistemico che è diventato un mercato. Questo è un esempio di rischio per la biodiversità e di come influisce sull’economia reale. Mostra gli impatti disastrosi che può avere la mancata protezione della biodiversità.

Un altro servizio ecosistemico vitale è l’acqua. Le recenti siccità, come quelle che si sono verificate quest’anno in tutti i continenti, aumentano il rischio di fallimento dei raccolti e, in alcune zone dell’Africa, di scarsità alimentare. Ma gli effetti non si fermano qui: l’acqua è vitale anche per l’industria e il commercio sui fiumi che si stanno prosciugando.

Certamente la regolamentazione è essenziale. Abbiamo bisogno di standard industriali rigorosi per limitare gli impatti negativi della produzione, del commercio e del consumo. Sebbene lo scarico di rifiuti chimici sia ormai illegale, pratiche distruttive del genere continuano ancora oggi. Anche la pesca è una delle industrie più distruttive. I pescherecci a strascico emettono una quantità di CO2 pari a quella dell’industria aerea. Inoltre, il processo di pesca a strascico distrugge tutta la biodiversità presente sui fondali marini.

L’UE ha ora il suo Green Deal – un piano piuttosto rigido ma, allo stesso tempo, interessante. Di recente sono state annunciate alcune leggi che fanno parte del Green Deal e che ridurranno del 50% l’uso dei pesticidi e proteggeranno il 20% di tutta la natura europea. Ci aspettiamo che nei prossimi anni assisteremo ad un incremento: limiti reali e severi all’attività economica. Perché il costo del non agire sta iniziando a superare il costo di queste misure di limitazione.

I divieti, però, non bastano. Abbiamo bisogno di incentivi politici che premino le attività positive per la natura. L’azione di mercato non progredirà abbastanza velocemente finché ci saranno gli incentivi sbagliati. Questo vale sia per il clima che per la biodiversità.

Un’economia positiva per la natura è essenzialmente un’economia circolare, in cui le risorse naturali vengono utilizzate e riutilizzate al posto dell’attuale modello economico lineare di prendere, usare e smaltire. L’economia circolare non solo aiuta il clima e la biodiversità, ma potrebbe aprire un mercato da 4,5 trilioni di dollari per il riutilizzo, la riprogettazione, la riparazione e il riciclo.

Cambiare i processi di consumo significa anche cambiare le abitudini umane. Per produrre un solo grammo di carne bovina sono necessari sei grammi di proteine vegetali in terreni agricoli e mangimi. Nel frattempo, i bovini sono una delle principali fonti di emissioni di metano, che contribuiscono per il 14,5% ai gas serra globali.

Il consumo di carne nei Paesi industrializzati è insostenibile a livello globale. Ma non si tratta solo di carne. Il sistema alimentare in generale è fortemente inefficiente: un terzo di ogni caloria prodotta si perde nel processo di produzione alimentare, dall’allevamento alla tavola.

Ci sono anche inefficienze relative: in Messico occorrono cinque volte più mucche per produrre la stessa quantità di latte di una mucca statunitense al di là della frontiera, mentre in India ne occorrono fino a 20. Come fattore di compensazione, mentre l’India ha una popolazione di 1,4 miliardi di persone, il 40% degli indiani è vegetariano.

Quindi, cosa possono fare gli investitori? Essi non hanno il potere dei governi, ma hanno autonomia sull’allocazione dei capitali, oltre a quello della partecipazione attiva, come l’engagement, per fare la differenza.

Possiamo sfruttare l’engagement con le aziende e indirizzare il capitale verso le migliori soluzioni esistenti. Un’altra cosa che possiamo fare è orientare sistematicamente i nostri portafogli verso aziende che non sono necessariamente soluzioni per la biodivesità in sé, ma che stanno contribuendo a invertire la perdita di biodiversità.

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