UN COMUNE ANTIBIOTICO POTREBBE DIVENTARE UNA CURA PER UNA RARA MALATTIA GENETICA
Un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, parte del Gruppo Ospedaliero San Donato, sostenuti dalla Fondazione Telethon hanno scoperto che un comune antibiotico potrebbe diventare una possibile cura per l’atassia spino-cerebellare, una rara malattia neurodegenerativa che nei casi più gravi porta alla paralisi degli arti inferiori.
Milano, 9 dicembre 2014 – Un gruppo di ricercatori coordinati da Giorgio Casari, capo Unità di Neurogenomica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e sostenuti dalla Fondazione Telethon ha scoperto per la prima volta che un antibiotico molto comune della famiglia delle cefalosporine ha un’azione terapeutica contro una rara malattia genetica, l’atassia spino-cerebellare.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Journal of Clinical Investigation, apre la strada ad una possibile terapia per una malattia che oggi non ha possibilità di cure.
L’atassia spino-cerebellare di tipo 28, fa parte di un gruppo di malattie neurodegenerative caratterizzate dalla perdita progressiva della capacità di coordinare la deambulazione.
Il gruppo di Casari, che da anni studia i meccanismi molecolari di questa malattia grazie ai fondi Telethon, ha scoperto che un antibiotico, molto comune delle famiglia delle cefalosporine, già in uso da molti anni per curare patologie quali ad esempio le infezioni batteriche dell’apparato respiratorio, ha tra i suoi effetti un’azione anti – glutammatergica, terapeutica per questa grave malattia.
Giorgio Casari, capo Unità di Neurogenomica dell’ IRCCS Ospedale San Raffaele, commenta: “Questo studio apre la strada per una futura terapia. Poiché questo antibiotico è già in uso da tempo e il suo costo è relativamente basso, quello che ci auguriamo è che possano presto iniziare i test per verificare la sua efficacia sull’uomo. A tal proposito abbiamo già avviato la richiesta di designazione di farmaco orfano presso l’European Medicines Agency (EMA) passo indispensabile per la successiva sperimentazione”.
I ricercatori hanno verificato, al momento su modelli murini, l’efficacia del farmaco e hanno evidenziato che se dato preventivamente, ovvero prima dell’esordio dei sintomi, la molecola è in grado di impedire l’esordio della malattia; se invece viene dato in fase anche più avanzata è comunque in grado di arrestarne la progressione: i neuroni salvati fino a quel momento dalle neurodegenerazione, sono probabilmente in grado, grazie alla loro plasticità, di compensare la mancanza degli altri.
La scoperta è stata resa possibile grazie a un finanziamento della Fondazione Telethon che dall’8 al 14 dicembre è impegnata nella venticinquesima edizione della maratona sulle reti RAI e il 13 e il 14 dicembre sarà presente in oltre 2000 piazze italiane per raccogliere fondi a sostegno della ricerca sulle malattie genetiche rare attraverso i cuori di cioccolato.
Filo conduttore delle iniziative Telethon di dicembre è la campagna “La nostra maratona è #ognigiorno” messaggio lanciato dai protagonisti Telethon: malati, famiglie, ricercatori, donatori.
L’atassia spino-cerebellare di tipo 28
L’atassia spino-cerebellare di tipo 28, fa parte di un gruppo di malattie neurodegenerative caratterizzate dalla perdita progressiva della capacità di coordinare il cammino.
Chi ne è affetto spesso presenta anche una cattiva coordinazione dei movimenti delle braccia e degli occhi, oltre che una difficoltà nell’articolare le parole. Il cervelletto è l’organo principalmente colpito e la malattia porta a una perdita progressiva di una particolare classe di neuroni che controllano la coordinazione dei movimenti – i neuroni di Purkinje. La conseguenza è che le persone affette iniziano ad avere sempre maggiori problemi di equilibrio fino a essere costretti sulla sedia a rotelle nei casi più gravi. È una malattia dominante, per cui non esistono portatori sani – tuttavia il fatto che insorga relatibvamente tardi (età media all’esordio di 19 anni) e non sia sempre facilmente diagnosticata, fa sì che ci siano intere famiglie coinvolte. La diagnosi avviene a seguito di una visita neurologica in cui si riscontrino i sintomi di atassia, seguita da una risonanza magnetica del cervello e dalla diagnosi molecolare condotta sul gene AFG3L2. Attualmente non esistono terapie specifiche in grado di risolvere la malattia ma soltanto cure palliative in grado di alleviare i sintomi.
Lo studio è stato possibile anche grazie al supporto di Fondazione Telethon, di Fondazione Cariplo, Ministero Italiano dell’Università e della Ricerca, Associazione Italiana Sindromi Atassiche (AISA), Max Planck Society.