«È una vera rivoluzione nella gestione della fertilità quella che il social egg freezing introduce. È un cambio di prospettiva, una scelta di libertà che la donna ha disposizione, come avvenne più di 50 anni fa con l’introduzione della pillola anticoncezionale». Michael Jemec, specialista in medicina della riproduzione e tra i fondatori del centro per la fertilità ProCrea di Lugano difende la crioconservazione degli ovociti. «Da iter prettamente medico, indicato nelle situazioni a rischio perdita di fertilità, è oggi una strada che le donne possono percorrere per non perdere la possibilità di diventare madre».
Partiamo da tre dati: innanzitutto, la tendenza a posticipare sempre l’età del parto. In Italia nel 2000 una donna aveva il primo figlio poco dopo i 30 anni, nel 2013 l’età media del parto è salita a 31,5 anni, nel mezzo un trend che non ha mai smesso di crescere (dati Istat). Inoltre, secondo quanto rilevato dal Censis con la recente indagine “Diventare genitori oggi”, il 90% degli under 35 intervistati ha dichiarato che vorrebbe diventare genitore, ma la crisi ed il contesto economico costringono a rinviare la scelta. Non certo ultimo, c’è una scarsa conoscenza dei problemi legati alla fertilità: sempre secondo l’indagine Censis, sei intervistati su dieci dichiarano di sapere poco o nulla di infertilità, cause e problemi connessi.
«Il quadro è chiaro: siamo davanti ad una situazione dove si tende, per diversi motivi, a rimandare la scelta di avere un figlio e non si ha conoscenza dei problemi legati all’infertilità. In questo quadro, un elemento è stabile: il tempo è il peggior ostacolo ad una gravidanza. L’orologio biologico non tiene conto delle condizioni sociali, economiche ed emotive. E dopo i 35 anni la capacità fertile di una donna tende a diminuire in modo significativo. A 40 anni non si è anagraficamente vecchi, ma vecchi sono gli ovuli che il proprio sistema produce». Prosegue Jemec: «Se l’esigenza non è non avere figli, ma rimandare la scelta, la risposta è quella di fermare il processo di invecchiamento degli ovuli. E questo è possibile conservando i propri ovuli quando si è ancora relativamente giovani, per poterli così utilizzare in un secondo tempo quando le condizioni personali saranno migliori o potranno far affrontare questo passo con maggiore serenità. Non abbiamo la certezza matematica che una scelta di questo tipo porterà ad una maternità; ma, avendo a disposizione ovuli “giovani”, ci saranno sicuramente maggiori possibilità».
Ecco perché il social egg freezing rappresenta oggi una rivoluzione. «È un passo ulteriore verso l’emancipazione della donna», aggiunge Jemec. «Non bisogna demonizzare questa scelta, ma occorre quantomeno prendere atto che esiste questa possibilità. Com’è oggi per la pillola anticoncezionale: è una possibilità di scelta che negli anni 70 ha rappresentato però un elemento rivoluzionario, capace di scardinare un certo modo di pensare. E oggi l’uso della pillola è socialmente accettato come una possibilità di scelta. E così bisogna guardare al social egg freezing: una possibilità in più dove fare una libera scelta».
Come funziona il social egg freezing? Attraverso una mirata stimolazione ormonale vengono prelevati e raccolti gli ovociti da conservare. Il congelamento avviene attraverso il procedimento di vitrificazione (congelamento rapido) che permette elevati tassi di sopravvivenza degli ovuli (oltre il 95%). Quindi questi vengono conservati in azoto liquido in attesa di essere utilizzati. Individuato il momento di utilizzo, gli ovuli vengono scongelati e fecondati in vitro; quindi impiantati. I tassi di successo, ovvero di raggiungimento di una gravidanza si aggirano intorno al 60%, sono comunque legati all’età della donna al momento del congelamento. L’importante è affidarsi ad un centro specializzato.
ProCrea – Eo Ipso