Tag: fertilità

  • Vacanze, un toccasana anche per la fertilità

    Vacanze, un toccasana anche per la fertilità

    • In vacanza l’atmosfera rilassata e i ritmi distesi aumentano le possibilità di concepimento perché abbassano i livelli di stress. 
    • La vitamina D è benefica per la fertilità.
    • Il tempo all’aria aperta rafforza l’organismo e, in particolare, il sistema immunitario.
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  • Congresso Nazionale SIE: Cattivi stili di vita influenzano la fertilità

    Congresso Nazionale SIE: Cattivi stili di vita influenzano la fertilità

    La disciplina endocrina ha posto grande attenzione alla prevenzione primaria e secondaria nel campo della fertilità. Alcuni studi e interventi di prevenzione si sono focalizzati sugli effetti negativi di stili di vita dannosi, come fumo, alcol, sostanze stupefacenti e cattiva alimentazione, come anche sull’obesità. E’ quanto emerge dall’intervista rilasciata da Andrea Lenzi,

 Direttore del dipartimento endocrinologia dell’Università la Sapienza di Roma, nonché presidente eletto della Società italiana di endocrinologia.

    Taormina, 4 giugno 2015 – “Il sistema riproduttivo è regolato dagli ormoni e dunque particolarmente vulnerabile alle “interferenze” endocrine. In diversi casi l’infertilità è infatti da ricondurre ad endocrinopatie. Si pensi – spiega Andea Lenzi – a tutte le patologie endocrine ovariche e/o extraovariche che possono inficiare l’ovulazione rendendo pertanto la donna infertile o subfertile. Tipici esempi sono la sindrome dell’ovaio policistico, l’amenorrea da stress, l’iperprolattinemia, il diabete, i distiroidismi e l’eccesso di glucocorticoidi. Anche nella controparte maschile, alcune endocrinopatie si associano a disfunzione testicolare. Tra queste la carenza di gonadotropine sia congenita che acquisita per neoplasie o lesioni infiltrative che danneggiano la funzione ipotalamica o ipofisaria. Inoltre, similmente alla donna, anche nell’uomo l’alterazione nei livelli di prolattina e di cortisolo, l’ipertiroidismo e il diabete possono comportare una ridotta funzione riproduttiva”.

    [easy_ad_inject_1]La disciplina endocrina ha dunque posto grande attenzione alla prevenzione primaria e secondaria nel campo della fertilità e si è focalizzata sugli effetti negativi di stili di vita come anche sull’obesità. “Il tessuto adiposo, (il grasso) – illustra lo studioso – contrariamente a quanto si riteneva in passato, oggi è considerato un organo endocrino a tutti gli effetti poiché capace di produrre ormoni e di interagire con altri organi endocrini. L’obesità è dunque uno di quei fattori modificabili capaci di influenzare la fertilità in ambo i sessi. Nella donna, infatti, l’obesità si associa ad alterazioni del ciclo mestruale, ad aumentato rischio di aborti e di complicanze di natura ginecologica, mentre nell’uomo l’obesità e il sovrappeso determinano un innalzamento della temperatura fisiologica dei testicoli, oltre che uno squilibrio degli ormoni sessuali, che comporta conseguenze negative sulla spermatogenesi”.

    Secondo il Direttore del dipartimento di endocrinologia dell’Università la Sapienza di Roma, la fertilità è influenzata anche da molti fattori ambientali in grado di modificare la funzione riproduttiva e il sistema endocrino alterando specificatamente l’omeostasi degli ormoni sessuali e tiroidei. Tra i fattori ambientali maggiormente chiamati in causa, vi sono gli interferenti endocrini. “Si tratta – spiega Andrea Lenzi – di un ampio gruppo di sostanze che agiscono attraverso vari meccanismi. L’azione di tali interferenti endocrini sembra essere associata ad un incremento del rischio di sviluppare malformazioni genitali, alcuni tumori, nell’uomo adulto alterazioni del liquido seminale, sterilità e nella donna alterazioni della pubertà, del ciclo mestruale, dell’ovulazione e della fertilità”.

    Infine, sempre nell’ambito dei programmi di prevenzione della fertilità, la stretta sinergia tra la continua ricerca scientifica e la multidisciplinarietà ha permesso di raggiungere traguardi impensabili solo fino a qualche anno fa. “Si pensi – ricorda Andea Lenzi – al successo delle tecniche di crioconservazione del seme e degli ovociti. Tali procedure permettono di mantenere in uno stato quiescente e per un tempo indefinito le cellule e i tessuti prelevati da pazienti affetti da gravi patologie, quali ad esempio quelle neoplastiche, correlate a sterilità permanente o temporanea. La neoplasia può indurre sia effetti diretti, causati dalla patologia stessa, che indiretti, determinati dagli effetti negativi associati ai trattamenti (per esempio radio e chemioterapie), sulla gametotogenesi maschile e femminile. Quindi la crioconservazione rappresenta la possibilità di preservare la fertilità per quei pazienti che in passato sarebbero stati inesorabilmente condannati alla sterilità”.

  • Sicilia, morte neonata: Ministro Lorenzin, lunedì task force a Catania

    Sicilia, morte neonata: Ministro Lorenzin, lunedì task force a Catania

    Beatrice Lorenzin
    Beatrice Lorenzin

    Roma, 13 febbraio 2015 – Si riunirà lunedì mattina a Catania la task force che il ministro della salute Beatrice Lorenzin ha inviato in Sicilia per chiarire tutti gli aspetti della morte della piccola Nicole. A Catania, in un vertice che si terrà nella sede del Nas, carabinieri e ispettori del ministero confronteranno i primi dati raccolti. Il ministro, dopo la richiesta dell’assessore regionale siciliano Lucia Borsellino, ha disposto che alla riunione possano partecipare anche i funzionari della Regione Siciliana.
    [easy_ad_inject_1]In merito alle dichiarazioni del governatore Crocetta, il ministro Lorenzin precisa quanto segue: “Vorrei ricordare al presidente della Sicilia che gli accreditamenti di cui lui parla competono esclusivamente all’ Amministrazione che lui presiede. Su questo, con mio rammarico, il ministero della salute non ha alcun potere esclusivo di intervento. Ricordo che l’Accordo che identifica i requisiti e gli standard che i Punti nascita devono possedere per garantire qualità e sicurezza del percorso nascita, definisce che tutte le strutture, sia pubbliche che private accreditate che effettuano più di 1000 parti/anno, devono prevedere una Unità di Terapia Intensiva Neonatale, con posti letto pari a: intensiva 1/750 nati e sub intensiva 2 posti letto per ogni letto di terapia intensiva, mentre le strutture di I livello, cioè quelle che effettuano meno di 1000 parti l’anno, sia pubbliche che private accreditate, devono possedere una U.O di pediatria/neonatologia, con la presenza di tutti i requisiti contemplati nell’Accordo e deve essere prevista una rete secondo il modello Hub e Spoke, sia per il trasposto assistito materno (STAM) che neonatale d’urgenza (STEN), garantendo in tal modo l’integrazione funzionale tra i Punti nascita di I e II livello. E’ il caso di precisare inoltre che anche l’Intesa tra il Governo e le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano del 5 agosto 2014 sul Regolamento recante “Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, riprende quanto stabilito nell’Accordo citato e siglato il 16 Dicembre 2010. Attendo il documento finale degli ispettori per assumere tutte le decisioni e le iniziative che competono al ministero e valutare alla luce non solo di questo drammatico caso se i livelli essenziali di assistenza siano correttamente erogati dalla regione o se ricorrano elementi per un nuovo commissariamento sugli aspetti di organizzazione e l’appropriatezza per garantire la sicurezza dei pazienti. E il governatore Crocetta stia sicuro che, come sempre, chi ha responsabilità oggettive dovrà renderne conto”.
    Ministero della Salute

  • Denatalità in Italia: Lorenzin su dati Istat sulla fertilità

    Denatalità in Italia: Lorenzin su dati Istat sulla fertilità

    Beatrice Lorenzin
    Beatrice Lorenzin

    Roma, 12 febbraio 2015 – In merito ai dati diffusi dall’Istat sulla denatalità italiana il Ministro della salute Beatrice Lorenzin ha commentato:
    “I dati rilevati dall’Istat evidenziano la necessità dell’avvio del percorso per la promozione della natalità e la protezione della fertilità che abbiamo messo in campo nei mesi scorsi. Attendo a breve i risultati del gruppo di lavoro che ho istituito pochi mesi fa, composto da esperti nelle materie correlate a questo tema: medici, psicologi, genetisti, esperti di tecniche di PMA, comunicatori, per definire il Piano nazionale sulla fertilità e dare l’avvio ad importante una campagna di comunicazione.
    [easy_ad_inject_1]Il calo delle nascite registrato nel 2014, con 5.000 bimbi in meno rispetto al 2013, pone il nostro Paese al livello minimo di nascite dall’ Unità d’Italia ad oggi. Siamo vicini alla cosiddetta “soglia di non sostituzione”, vale a dire che le persone che muoiono non sono sostituite dai nuovi nati. Questo significa che siamo un Paese che muore. La denatalità porta implicazioni enormi che toccano tanti settori: economico, sociale, sanitario, pensionistico, tanto per citarne alcuni. Occorre quindi promuovere una consapevolezza nelle persone e un cambiamento culturale che porti negli anni ad una inversione di tendenza. Dobbiamo informare che la fertilità va protetta dai fattori che la mettono a rischio, tra cui le infezioni sessualmente trasmesse, nei confronti delle quali soprattutto i giovani hanno scarsa consapevolezza, e sensibilizzare le persone sul fatto che la possibilità di diventare genitori non è illimitata. Da qualche parte si doveva iniziare, io ho cominciato dagli aspetti di mia competenza, quelli sanitari.
    Ministero della Salute

  • Dalla pillola anticoncezionale al social egg freezing: la fertilità vive la sua seconda rivoluzione

    Dalla pillola anticoncezionale al social egg freezing: la fertilità vive la sua seconda rivoluzione

    Allattamento al seno
    «È una vera rivoluzione nella gestione della fertilità quella che il social egg freezing introduce. È un cambio di prospettiva, una scelta di libertà che la donna ha disposizione, come avvenne più di 50 anni fa con l’introduzione della pillola anticoncezionale». Michael Jemec, specialista in medicina della riproduzione e tra i fondatori del centro per la fertilità ProCrea di Lugano difende la crioconservazione degli ovociti. «Da iter prettamente medico, indicato nelle situazioni a rischio perdita di fertilità, è oggi una strada che le donne possono percorrere per non perdere la possibilità di diventare madre».

    Partiamo da tre dati: innanzitutto, la tendenza a posticipare sempre l’età del parto. In Italia nel 2000 una donna aveva il primo figlio poco dopo i 30 anni, nel 2013 l’età media del parto è salita a 31,5 anni, nel mezzo un trend che non ha mai smesso di crescere (dati Istat). Inoltre, secondo quanto rilevato dal Censis con la recente indagine “Diventare genitori oggi”, il 90% degli under 35 intervistati ha dichiarato che vorrebbe diventare genitore, ma la crisi ed il contesto economico costringono a rinviare la scelta. Non certo ultimo, c’è una scarsa conoscenza dei problemi legati alla fertilità: sempre secondo l’indagine Censis, sei intervistati su dieci dichiarano di sapere poco o nulla di infertilità, cause e problemi connessi.

    «Il quadro è chiaro: siamo davanti ad una situazione dove si tende, per diversi motivi, a rimandare la scelta di avere un figlio e non si ha conoscenza dei problemi legati all’infertilità. In questo quadro, un elemento è stabile: il tempo è il peggior ostacolo ad una gravidanza. L’orologio biologico non tiene conto delle condizioni sociali, economiche ed emotive. E dopo i 35 anni la capacità fertile di una donna tende a diminuire in modo significativo. A 40 anni non si è anagraficamente vecchi, ma vecchi sono gli ovuli che il proprio sistema produce». Prosegue Jemec: «Se l’esigenza non è non avere figli, ma rimandare la scelta, la risposta è quella di fermare il processo di invecchiamento degli ovuli. E questo è possibile conservando i propri ovuli quando si è ancora relativamente giovani, per poterli così utilizzare in un secondo tempo quando le condizioni personali saranno migliori o potranno far affrontare questo passo con maggiore serenità. Non abbiamo la certezza matematica che una scelta di questo tipo porterà ad una maternità; ma, avendo a disposizione ovuli “giovani”, ci saranno sicuramente maggiori possibilità».

    Ecco perché il social egg freezing rappresenta oggi una rivoluzione. «È un passo ulteriore verso l’emancipazione della donna», aggiunge Jemec. «Non bisogna demonizzare questa scelta, ma occorre quantomeno prendere atto che esiste questa possibilità. Com’è oggi per la pillola anticoncezionale: è una possibilità di scelta che negli anni 70 ha rappresentato però un elemento rivoluzionario, capace di scardinare un certo modo di pensare. E oggi l’uso della pillola è socialmente accettato come una possibilità di scelta. E così bisogna guardare al social egg freezing: una possibilità in più dove fare una libera scelta».

    Come funziona il social egg freezing? Attraverso una mirata stimolazione ormonale vengono prelevati e raccolti gli ovociti da conservare. Il congelamento avviene attraverso il procedimento di vitrificazione (congelamento rapido) che permette elevati tassi di sopravvivenza degli ovuli (oltre il 95%). Quindi questi vengono conservati in azoto liquido in attesa di essere utilizzati. Individuato il momento di utilizzo, gli ovuli vengono scongelati e fecondati in vitro; quindi impiantati. I tassi di successo, ovvero di raggiungimento di una gravidanza si aggirano intorno al 60%, sono comunque legati all’età della donna al momento del congelamento. L’importante è affidarsi ad un centro specializzato.

    ProCrea – Eo Ipso

  • Tumori, diventare mamma: tutela fertilità un diritto negato

    Tumori, diventare mamma: tutela fertilità un diritto negato

    infortuni alla mano

    Roma, 16 dicembre 2014 – La possibilità di diventare madri dopo il cancro è un diritto ancora negato in Italia. Ogni anno circa 1.500 donne colpite da tumore chiedono ai medici di preservare la fertilità ma i farmaci anti-sterilità sono a totale carico delle pazienti, perché non rientrano tra quelli prescrivibili per questo specifico scopo, nonostante numerosi studi scientifici abbiano dimostrato la loro sicurezza ed efficacia. È necessario un intervento normativo urgente, come evidenziato dalle associazioni dei pazienti (FAVO – Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, ANDOS – Associazione Nazionale Donne Operate al Seno, AIMaC – Associazione Italiana Malati di Cancro, Salute Donna).

    L’appello è contenuto nel documento inviato al Ministero della Salute e alla Conferenza Stato-Regioni e presentato al Convegno “Prevenire la sterilità e conservare la fertilità nelle donne malate di cancro”, che si svolge oggi al Senato (Palazzo Giustiniani). “Ogni anno – spiega l’avv. Elisabetta Iannelli, segretario FAVO – 5.000 donne nel nostro Paese devono confrontarsi con un tumore quando ancora potrebbero diventare madri. Per le giovani donne colpite da tumore è fondamentale poter conservare la fertilità per poter aver una chance di maternità dopo le cure oncologiche, che in molti casi mettono a rischio la capacità riproduttiva. Quali sono le risposte del Sistema Sanitario Nazionale? Purtroppo ancora insufficienti. Il costo dei farmaci è a completo carico delle pazienti, i percorsi clinico assistenziali non sono stati ancora definiti, manca del tutto un osservatorio nazionale che si occupi del problema”. Il cancro del seno e i linfomi sono le neoplasie più frequenti nelle donne giovani.

    Rappresentano il 60% di tutti i tumori nelle under 40 e vengono trattati nella maggior parte dei casi con chemioterapia potenzialmente tossica per la funzione ovarica. “Dai dati della letteratura si evince che tra le 3000 giovani donne italiane a rischio di infertilità a causa della malattia, circa la metà è interessata a preservare la propria fertilità – sottolineano la prof.ssa Lucia Del Mastro, membro del Consiglio Direttivo Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), e il dott. Fedro Peccatori, direttore dell’Unità di Fertilità e Procreazione dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) -. Le tecniche consolidate per prevenire l’infertilità da chemioterapia sono la raccolta di ovociti prima dei trattamenti chemioterapici e la loro crioconservazione e l’utilizzo di farmaci (analoghi LHRH) che proteggono le ovaie durante i trattamenti.

    Queste tecniche possono entrambe essere applicate alla stessa paziente e hanno un tasso di successo relativamente elevato, con possibilità di gravidanza dopo la guarigione tra il 30 e il 50% a seconda dell’età della donna, dei trattamenti chemioterapici ricevuti e del numero di ovociti crioconservati. Studi eseguiti su centinaia di donne dimostrano che le pazienti trattate con analoghi LHRH durante la chemioterapia hanno un rischio ridotto della metà di rimanere sterili dopo il trattamento, rispetto alle pazienti che hanno ricevuto la sola chemioterapia. D’altra parte il congelamento di almeno 10 ovociti offre il 30% di probabilità di diventare madri”. Il costo complessivo per il trattamento farmacologico con LHRH delle donne che ne hanno effettivamente bisogno può essere stimato in 77.000 euro/anno per il Servizio sanitario nazionale. Se poi tutte le pazienti candidate alla preservazione della fertilità si sottoponessero alla crioconservazione degli ovociti, la spesa totale complessiva ammonterebbe a circa 1.500.000 euro. “Però – afferma la dott.ssa Giulia Scaravelli, Responsabile del Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita (Istituto Superiore di Sanità) – ancora troppe donne non vengono informate, è determinante la formazione degli operatori e la sorveglianza del fenomeno”.

    Basterebbe poco per assicurare loro un futuro di maternità oltre la malattia. “Innanzitutto vanno modificate le due Note dell’Agenzia Italiana del Farmaco – continua Elisabetta Iannelli – riconoscendo l’indicazione ‘prevenzione dell’infertilità nelle pazienti oncologiche’ alle gonadotropine necessarie alla stimolazione e raccolta di ovociti (Nota 74) e agli analoghi LHRH che proteggono la funzione ovarica durante la chemioterapia (Nota 51). Sono trattamenti costosi per cui il medico è costretto, sotto sua responsabilità, a prescriverli attraverso un’interpretazione estensiva delle indicazioni, per evitare che siano pagati dalle pazienti. Una riscrittura delle due Note AIFA consentirebbe a queste pratiche terapeutiche diffuse ed efficaci di uscire dalla semi-clandestinità in cui sono mantenute”. “È necessario implementare percorsi dedicati per la prevenzione della infertilità nelle pazienti oncologiche in tutte le Regioni italiane con prestazioni riconosciute dal Sistema Sanitario Nazionale e attraverso strutture multidisciplinari (istituti oncologici, università, ospedali, strutture territoriali e centri di Procreazione Medicalmente Assistita), che diano vita ad una rete di centri di Oncofertilità in grado di rispondere tempestivamente (entro 24 ore) alle esigenze delle pazienti – sostiene il dott. Cristofaro De Stefano, direttore dell’Unità di Fisiopatologia della riproduzione e sterilità di coppia dell’Ospedale ‘San Giuseppe Moscati’ di Avellino -. Ridare ai malati la speranza di poter riprogettare l’esistenza ‘dopo il cancro’ è motivo di vita e recupero di energie anche ‘durante il cancro’.” Diversamente da quanto accade nell’uomo, nella donna l’utilizzo di alcune tecniche di crioconservazione è associato a un ritardo nell’inizio dei trattamenti antitumorali: da qui l’importanza di avviare le pazienti il più precocemente possibile agli esperti in questo campo. “La creazione di un network – continua Lucia Del Mastro – consentirebbe di definire percorsi dedicati e riconosciuti, oggi esistenti solo in alcune aziende ospedaliere, e di risolvere un altro importante problema, rappresentato dalla difficoltà delle giovani pazienti oncologiche ad accedere al counselling riproduttivo e ad eventuali successive tecniche di crioconservazione. Ad esempio, all’Ospedale San Martino di Genova è attivo un rapporto di collaborazione tra la struttura di oncologia e quella di medicina della riproduzione, per fornire alle giovani pazienti un percorso privilegiato di accesso al counselling riproduttivo e ridurre il più possibile il ritardo nell’inizio dei trattamenti antitumorali. Le donne, durante la prima visita oncologica, vengono informate dagli oncologi medici sui possibili rischi legati alle terapie anticancro, tra cui il rischio di tossicità gonadica e di infertilità, e vengono loro proposte le strategie disponibili per ridurre questa eventualità”.
    “È il metodo che va cambiato – conclude il dott. Peccatori -. Istituzioni, medici e pazienti devono sedersi a un tavolo comune per definire le priorità sanitarie, valutandone evidenze scientifiche e sostenibilità. Nel caso in questione è in gioco un diritto sancito dalla costituzione, quello alla genitorialità. La richiesta delle giovani pazienti è chiara: lasciateci una speranza di maternità oltre il cancro, così come definito dalle più recenti ricerche scientifiche. La risposta delle Istituzioni dovrebbe essere altrettanto rapida e consequenziale. Il problema esiste, e la soluzione non può essere lasciata solo alla buona volontà dei singoli. Se vogliamo dare significato alla centralità della paziente nel percorso di cura, non possiamo dimenticare l’importanza della prevenzione della infertilità dovuta ai trattamenti oncologici”.
    Intermedia

  • Fertilità in età avanzata: un doppio screening genetico combatte l’orologio biologico

    Ricerca in Laboratorio
    Ricerca in Laboratorio

    «Grazie all’analisi del primo e del secondo globulo polare è possibile individuare gli ovociti cromosomicamente perfetti. Con tassi di gravidanza vicini al 50%», spiegano gli specialisti del centro per la fecondazione assistita ProCrea

    Portare indietro le lancette dell’orologio biologico di 10 anni è possibile quando si parla di ovociti. Abbinando lo screening genetico sul primo e sul secondo globulo polare, per le donne 40enni è possibile poter affrontare il desiderio di una maternità con una maggiore serenità. Questa doppia analisi aumenta infatti le percentuali di successo, arrivando a sfiorare un tasso del 50 per cento, «quasi come se si avesse a che fare con ovociti di una trentenne», osserva Michael Jemec, specialista in medicina della riproduzione del centro per la fertilità ProCrea di Lugano. «Sappiamo che l’età della donna è il principale ostacolo ad una gravidanza: l’orologio biologico femminile incide in modo determinante sulla capacità riproduttiva perché uno dei fattori che impedisce la gravidanza è la composizione cromosomica “non normale” degli ovociti prodotti. Numerosi studi dimostrano che nelle donne di età superiore ai 36 anni gli embrioni aneuploidi – ovvero con un numero di cromosomi anormale – vanno dal 63% fino a oltre l’80%, invalidando la possibilità di rimanere incinta». (altro…)

  • La fertilità  femminile in calo

    Crescono le difficoltà per arrivare ad una gravidanza: «Età, patologie, endometriosi e fumo tra i principali ostacoli», spiegano dal centro internazionale di fecondazione assistita ProCrea

    Cala la fertilità femminile in Italia come in altri Paesi europei. Il 2009 è l’anno nel quale è stato registrato un colpo di freno al tasso di fecondità, indice statistico basato sul numero medio di figli per donna. Secondo le indicazioni dell’Istat, il tasso di fertilità totale in Italia si è assestato per l’anno scorso intorno all’1,41. Un passo indietro rispetto all’1,42 registrato nel 2008, ma di fatto uno stop alla crescita che è stata registrata dal 1995, anno in cui si è avuto il valore minimo di 1.19. Uno stop condiviso anche da Spagna, Francia, Germania, Irlanda e Portogallo. All’opposto si è comportata la Svizzera dove, invece, questo valore è passato da 1.48 a 1.50 (fonte Eurostat).

    «Siamo in presenza di un dato statistico che però affronta una duplice questione», osserva Thierry Suter, specialista in Medicina della Riproduzione di ProCrea, centro internazionale per la medicina della riproduzione con sede a Lugano, in Canton Ticino. «Non solamente la gravidanza viene sempre più posticipata, ma insorgono maggiori problemi di fertilità nella coppia».

    Infatti, l’età della donna è il primo ostacolo alla maternità. «I cambiamenti all’interno della società hanno portato le donne a ricercare un figlio dopo i 30 anni: una soglia importante per la stessa vita fertile della donna -prosegue Suter-. Se intorno ai 25 anni una donna conserva ancora tutto il suo patrimonio di ovuli, questo tende ad abbassarsi dopo i 30 per decadere dopo i 35 e avvicinarsi allo zero dopo i 40 anni».

    In questa direzione, i dati nei trattamenti di fecondazione assistita sono chiari: «Abbiamo risultati positivi, quindi una gravidanza, che superano il 50% nelle pazienti con meno di 30 anni -continua lo specialista di ProCrea-. Fino ai 36 anni i successi si assestano intorno al 40%, mentre calano al 29% nella fascia di età fino a 39 anni e crollano oltre i 40 anni».

    Accanto alla questione età, vengono registrati sempre più problemi legati alla salute riproduttiva della donna stessa. «Circa un caso su tre di sterilità femminile è provocato da una lesione delle tube, dovuta alla spirale o all’aborto o a un rapporto sessuale infetto. Anche un’appendicite può essere rischiosa», prosegue il medico. «Ci sono poi i problemi legati al peso: se è troppo o troppo poco si rischia di avere un’ovulazione saltuaria o del tutto assente. Non certo ultima l’endometriosi per la quale spesso si arriva ad una diagnosi certa dopo diversi anni, quando presumibilmente la malattia si è aggravata».

    Lo stile di vita influisce: «Le fumatrici hanno tassi di infertilità più alti, una fecondità ridotta e impiegano più tempo a concepire (in genere oltre un anno). Il fumo, infatti, è dannoso per le ovaie femminili». Anche il consumo di droghe e l’abuso alcol danneggiano la fertilità.
    «Per quanto la medicina della riproduzione abbia fatto passi in avanti, ci sono sempre dei limiti imposti dalla natura con i quali occorre raffrontarsi», conclude Suter. «A fronte dell’età, fattore vincolante ma non determinante, gli studi genetici aiutano a determinare con maggiore precisione le metodologie di intervento nella procreazione assistita, arrivando a stabilire per ogni paziente un trattamento mirato fin dalla stimolazione ormonale».

    ProCrea – Con una lunga esperienza nel campo della medicina della riproduzione, ProCrea è il maggiore centro di fertilità della Svizzera ed è un polo di riferimento internazionale. ProCrea è composto da un’équipe professionale di medici, biologi e genetisti specialisti in fisiopatologia della riproduzione. Unico centro svizzero ad avere al suo interno un laboratorio accreditato di genetica molecolare (www.procrealab.ch), ProCrea esegue analisi genetiche per lo studio dell’infertilità con tecniche d’avanguardia. La sede principale è a Lugano in via Clemente Maraini,8.