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Al Meyer nuovo metodo per la diagnosi delle malattie renali di origine genetica

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microchirurgiaFirenze, 8 gennaio 2015 – La malattia renale in una piastra di coltura. E’ stato messo a punto e brevettato dall’ospedale pediatrico Meyer un nuovo metodo per ottenere progenitori renali dalle urine dei bambini con malattie renali su base genetica. La scoperta, che apre nuovi orizzonti nella diagnosi e nello studio di queste patologie, ha permesso di arrivare a un “modello personalizzato” della malattia renale. Lo studio, che porta la firma dei team della Nefrologia e della Genetica dell’Ospedale pediatrico Meyer e dell’Università di Firenze, oggi è stato pubblicato sull’edizione online di JASN (Journal of the American Society of Nephrology), la più importante rivista internazionale di nefrologia.
Lo studio, iniziato oltre tre anni fa e portato avanti grazie ai fondi di Regione Toscana, risponde direttamente alla necessità di identificare un modello di patologia adeguato per migliorare la diagnosi, laddove l’analisi genetica del sangue da sola non conduca alle cause, spesso complesse, della malattia renale. “Anche quando sono causate dallo stesso gene, le patologie renali sono molto eterogenee tra loro, perché il DNA di ognuno di noi è comunque unico e le condizioni ambientali possono avere effetti differenti da persona a persona – spiega Paola Romagnani, responsabile del team di Nefrologia del Meyer e professore Università di Firenze – Abbiamo quindi sempre più bisogno di nuovi modelli di malattia che ci facciano meglio comprendere le influenze del DNA del paziente e le sue interazioni con l’ambiente nel determinare le malattie renali”. Gli autori hanno pertanto cercato di mettere a punto un nuovo metodo che consentisse di costruire un modello personalizzato di malattia, partendo dalle urine dei bambini affetti da malattie renali. “Per far questo, abbiamo purificato e amplificato i progenitori renali dalle urine di ogni singolo bambino malato – spiega Elena Lazzeri, ricercatrice e primo autore dello studio – I progenitori renali sono delle cellule staminali con capacità di generare molti tipi di cellule renali, che si trovano nei reni. Rari progenitori renali vengono persi nelle urine delle persone affette da malattie renali. Sebbene rare, queste cellule hanno una enorme capacità di crescere. Con il nostro metodo noi favoriamo questa loro capacità di amplificarsi e da una singola cellula possiamo ottenerne milioni. Poi, possiamo trattarle con sostanze che sono in grado di farle diventare la cellula renale che vogliamo studiare, ad esempio la cellula bersaglio della malattia. In questo modo otteniamo un modello unico, che porta scritte su di sé tutte le alterazioni genetiche e le influenze ambientali che hanno determinato quella malattia in quel paziente e che sarà utilissimo per studiare molte malattie renali le cui cause rimangono ancora sconosciute.” Per queste ragioni, il metodo è anche molto utile da un punto di vista clinico, perché consente di studiare il ruolo di mutazioni genetiche sconosciute e verificare se sono causa di malattia.
La ricerca nasce dal letto del bambino. “Abbiamo infatti già utilizzato il nuovo metodo per arrivare ad una diagnosi difficile in un bambino affetto da una forma rara di sindrome nefrosica, in cui i test genetici avevano identificato una mutazione mai descritta prima che sospettavamo potesse essere la causa della malattia, ma non potevamo dirlo con certezza – aggiunge Paola Romagnani – Con il nuovo metodo abbiamo preparato dalle urine del bambino i suoi progenitori renali, li abbiamo differenziati nella cellula del rene che era malata e abbiamo potuto verificare che la mutazione identificata era effettivamente la causa della malattia, e capire come alterava la funzione cellulare”. L’intero lavoro ha richiesto circa un mese, un tempo breve per arrivare ad una conclusione molto utile dal punto di vista clinico. Questo risultato ha, inoltre, consentito di identificare altri familiari portatori del gene malato con sintomi lievi della malattia che non erano stati notati prima, e di modificare le decisioni terapeutiche. Lo studio pubblicato su JASN, ha quindi una forte valenza come strumento diagnostico veloce ed economico per malattie spesso complesse quali sono quelle renali su base genetica, ma come è evidente, apre prospettive ancora tutte da esplorare nello studio di queste patologie. Non è un caso che la comunità scientifica internazionale abbia già chiesto di poter ottenere ed utilizzare questa nuova metodica di cui già si avvalgono i bambini in cura presso la Nefrologia del Meyer.
Le malattie renali su base genetica, cosa sono e loro incidenza. Le malattie renali sono in aumento e stanno raggiungendo proporzioni epidemiche (1).
Le malattie renali su base genetica, cosa sono e loro incidenza. Le malattie renali sono in aumento e stanno raggiungendo proporzioni epidemiche1. Approssimativamente 40 milioni di persone nella popolazione europea soffrono attualmente di malattie renali. Recentemente, sta gradualmente diventando chiaro il ruolo critico dei fattori genetici in molte patologie renali2. Ad oggi, sono stati descritte più di 200 differenti patologie renali genetiche, con una prevalenza totale di circa 60-80 casi per 100,000 nella popolazione2. In termini di frequenza, le patologie renali ereditarie variano da patologie relativamente frequenti, come il rene policistico, che colpisce in media una persona su 500, a malattie ‘rare’ che, per definizione, colpiscono meno di cinque persone ogni 10 000. Le anomalie congenite del rene e del tratto urinario, che sono principalmente attribuibili ad alterazioni genetiche, costituiscono circa il 30% di tutte le anomalie diagnosticate nel periodo prenatale e sono causa di oltre il 20% delle malattie che portano alla dialisi (2).
Tecnologia utilizzata. Il metodo messo a punto prevede l’utilizzo di un campione di urine del bambino che viene portato in laboratorio e messo in coltura in condizioni che favoriscono la crescita rapida dei rari progenitori renali che si staccano dal rene malato. In poche settimane si ottengono milioni di queste cellule che possono essere congelate e mantenute nel tempo e scongelate quando necessario per fare test clinici e per studiare la malattia del paziente. I progenitori renali infatti, quando esposti ad apposite sostanze, possono differenziare in molti tipi di cellule renali, ognuna delle quali porta con se tutte le alterazioni genetiche ed epigenetiche, cioè indotte dall’ambiente sul DNA, proprie della malattia e specifiche di quel paziente.
Il team. Il lavoro pubblicato su JASN porta le firme del team di ricercatori della Nefrologia e della Genetica del Meyer e dell’Università di Firenze: Elena Lazzeri, Elisa Ronconi, Maria Lucia Angelotti, Anna Peired, Benedetta Mazzinghi, Francesca Becherucci, Sara Conti, Giulia Sansavini, Alessandro Sisti, Fiammetta Ravaglia, Duccio Lombardi, Aldesia Provenzano, Anna Manonelles, Josep M. Cruzado, Sabrina Giglio, Rosa Maria Roperto, Marco Materassi, Laura Lasagni, Paola Romagnani. Allo studio ha collaborato anche il Mario Negri di Bergamo.

Bibliografia:
1. Eckardt KU et al. Lancet 382: 158-169, 2013
2. Hildebrandt F. Lancet 375: 1287-95, 2010

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Aou Meyer

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