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  • 17 aprile 2023, Giornata Mondiale dell’Emofilia – SIOT, il ruolo dell’ortopedico nel trattamento dei pazienti affetti da emofilia

    17 aprile 2023Giornata Mondiale dell’Emofilia

    SIOT, il ruolo dell’ortopedico nel trattamento dei pazienti affetti da emofilia

    • Prof. Alberto Momoli, Presidente SIOT:E’ una patologia molto invalidante, fondamentale l’approccio multidisciplinare e la formazione per gli specialisti ortopedici, giovani e meno giovani”
    • Emofilia e ortopedia: l’importanza della prevenzione per ritardare l’intervento chirurgico il più tardi possibile – la raccomandazione del Comitato Scientifico per l’Emofilia della SIOT

    Roma, 13 aprile 2023 – In Italia soffrono di emofilia circa 5 mila persone, oltre 32 mila in Europa, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità. Malattia rara di origine genetica, l’emofilia è legata alla coagulazione del sangue e colpisce soprattutto i maschi perché il suo messaggio genetico è associato al cromosoma X; le donne possono essere, però, portatrici sane. In occasione della Giornata Mondiale dell’Emofilia, la SIOT, Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, si sofferma sul ruolo dell’ortopedico nel trattamento dei pazienti emofilici e sulle complicanze ortopediche.

    Ne parliamo con il Prof. Alberto Momoli, Presidente SIOT e Direttore UOC Ortopedia e Traumatologia Ospedale “San Bortolo”, Vicenza: “L’emofilia è una malattia congenita rara che può causare importanti patologie a livello articolare come ad esempio l’artropatia emofilica, una complicanza che è estremamente invalidante. Le emorragie articolari, infatti, possono danneggiare la cartilagine dei tessuti spugnosi molli presenti nelle articolazioni e la sottile membrana che le riveste. Il ruolo dell’ortopedico deve essere quello di monitorare il paziente insieme all’ematologo e a tutti coloro che fanno parte del suo percorso di cura, seguendone l’evoluzione e mantenendo sotto costante controllo quelli che sono gli stati degenerativi delle cartilagini. Il trattamento, dal nostro punto di vista, riguarda, quindi, il follow up del paziente valutando, di volta in volta, la necessità di attuare terapie specifiche che possono andare dalle infiltrazioni fino alle protesi più complesse. Oltre alla funzione articolare che può presentare vari gradi di degenerazione, l’ortopedico affronta insieme al paziente anche la gestione del dolore”.

    Esistono vari tipi di emofilia: la A è la forma più comune ed è dovuta ad una carenza del fattore VIII della coagulazione, presente in 1 caso ogni 10.000 maschi; la B è provocata dalla carenza del fattore IX della coagulazione e colpisce 1 individuo ogni 30.000 maschi; la C, molto più rara, è causata dalla mancanza del fattore XI. Il gene che codifica le informazioni per la produzione del fattore XI è localizzato sul cromosoma 4, mentre per l’emofilia A e la B il gene è localizzato sul cromosoma X. L’emofilia di tipo C riguarda indistintamente maschi e femmine. (Dati ISS)

    “L’intervento tempestivo e la diagnosi precoce – prosegue Alberto Momolisono fondamentali da parte dell’ortopedico, per questo l’informazione e la formazione di tutta la comunità ortopedica è determinante. I pazienti emofilici, in generale, vengono seguiti da centri di riferimento altamente specializzati in cui la collaborazione tra le varie figure, quindi l’ematologo in primis, l’ortopedico e i fisiatri, è cruciale per ottenere un corretto inquadramento diagnostico terapeutico. Per valutare proprio l’evoluzione e il grado di degenerazione delle articolazioni del paziente l’ortopedico può aver bisogno di indagini standard radiografiche come ecografie e risonanza magnetica”.

    Un ruolo importante nei pazienti emofilici lo assume, poi, l’attività fisica che deve essere leggera ma costante nel tempo e seguita da uno specialista.  Nell’ottica di un adeguato stile di vita che prevenga i sanguinamenti, oltre ovviamente alla terapia profilattica, è importante collaborare, infatti, con un riabilitatore che imposterà gli esercizi fisici più adeguati per mantenere sempre le articolazioni in movimento.

    La Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia ha istituito nel suo interno un Comitato Scientifico per l’Emofilia e, più in generale, le malattie rare, presieduto dal Professor Christian Carulli, Centro Traumatologico Ortopedico Universitario di Careggi, Firenze con l’obiettivo di creare un gruppo di specialisti ortopedici per questo tipo di patologie.

    “Nel caso dei pazienti emofilici – evidenzia Christian Carulli – è molto importante non solo una terapia innovativa ma offrire loro la sicurezza di essere sempre seguiti da un team multidisciplinare che li accompagni nel loro percorso di cura attraverso terapie mirate e la chirurgia laddove sia l’unica opzione. La nostra filosofia è quella della prevenzione prima possibile e intervento chirurgico solo con precise indicazioni e, se possibile, tardivamente. La sinovite, cioè la degenerazione articolare precoce a carattere infiammatorio, può già determinare i sintomi. In questi casi possono essere indicati l’attività fisica e lo sport, oltre ai farmaci e la fisioterapia intesa come applicazione di mezzi fisici o uso di tutori. E poi ci sono anche forme di terapia come le infiltrazioni che sono di varie tipologie e natura secondo le indicazioni che permettono di ridurre i sintomi e rendere migliore la qualità della vita dei pazienti”.

  • Emofilia: nuove prospettive di trattamento dalla terapia genica

    Emofilia: nuove prospettive di trattamento dalla terapia genica

    emofiliaMilano, 9 marzo 2015 – Un team internazionale di ricercatori guidati da Luigi Naldini, direttore dell’Istituto Telethon San Raffaele per la Terapia genica (TIGET) di Milano, ha messo a punto una terapia genica che potrebbe offrire una cura definitiva per l’emofilia B, malattia genetica dovuta al difetto di uno dei fattori della coagulazione del sangue che causa sanguinamenti spontanei, dannosi per l’organismo e potenzialmente letali. Questa terapia agisce alla base della malattia fornendo l’informazione genetica corretta alle cellule del paziente perché possano produrre un fattore della coagulazione funzionante.

    Lo studio, frutto della collaborazione del gruppo di Luigi Naldini con ricercatori in Germania, Francia, Belgio e USA è pubblicato sulla prestigiosa rivista Science Translational Medicine.
    La terapia genica è stata sperimentata su alcuni cani già malati di emofilia B, ai quali sono stati somministrati vettori lentivirali portatori del gene sano. Una singola somministrazione del vettore ha ripristinato stabilmente l’espressione del fattore della coagulazione mancante e ridotto considerevolmente i sanguinamenti spontanei a più di 5 anni dal trattamento.

    [easy_ad_inject_1]L’emofilia è attualmente trattata attraverso la somministrazione ripetuta del fattore mancante per via endovenosa ogni 2-3 giorni e per tutta la vita, un regime impegnativo per i pazienti e costoso. La terapia genica potrebbe offrire invece una cura definitiva con un’unica somministrazione, perché agisce alla base della malattia fornendo l’informazione genetica corretta affinché le cellule del paziente possano a loro volta produrre un fattore della coagulazione funzionante.

    La potenzialità terapeutica della terapia genica per questa malattia è stata recentemente dimostrata in alcuni pazienti affetti da emofilia B e trattati con vettori derivati dal virus adeno-associato (piccoli virus non patogeni) che trasferiscono il fattore IX della coagulazione, il gene difettoso in questa patologia. Tuttavia non sarà possibile estendere questa terapia a tutti i pazienti a causa di alcune limitazioni di questi vettori. E’ quindi necessario sviluppare strategie alternative. I vettori lentivirali, derivati in origine dal virus HIV, potrebbero dimostrarsi vantaggiosi in questo senso. Questi vettori sono stati già utilizzati con risultati favorevoli in via sperimentale in bambini affetti da alcune immunodeficienze o malattie neurodegenerative presso il TIGET, trattando le cellule staminali del sangue prelevate dai pazienti e poi reinfuse dopo il trattamento.

    Nel nuovo studio i vettori lentivirali sono iniettati direttamente nel sangue, attraverso cui raggiungono il fegato, sede naturale di produzione del fattore IX della coagulazione, dove inseriscono in alcune cellule una copia funzionante del gene. Le cellule del fegato, così corrette, possono quindi immettere continuativamente il fattore nel circolo sanguigno, all’interno del quale potrà svolgere la sua funzione, quando necessario.

    “In questo lavoro abbiamo valutato l’efficacia e l’eventuale tossicità della somministrazione diretta di vettori lentivirali in tre cani affetti da emofilia B, tutti nati presso la colonia di Chapel Hill in North Carolina e che rappresentano il modello più vicino all’uomo di questa malattia; tutti e tre i cani sono vivi, stanno bene e hanno riportato un beneficio duraturo (a più di cinque anni di osservazione) in seguito alla terapia genica, dimostrabile dalla riduzione o assenza di sanguinamenti spontanei ” afferma Alessio Cantore, ricercatore dell’ Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (TIGET) e primo autore dello studio.

    Coautori dello studio sono Eugenio Montini, ricercatore al Tiget e Marco Ranzani dottorando di ricerca che hanno dimostrato l’assenza di complicazioni a lungo termine della terapia dovute all’inserzione dei vettori lentivirali nel DNA delle cellule del fegato su modelli sperimentali da loro sviluppati.
    Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (TIGET) e coordinatore della ricerca commenta: “Questo lavoro pone le basi per una prossima sperimentazione clinica della terapia genica dell’emofilia B con i vettori lentivirali, anche se serviranno ancora alcuni anni di lavoro per garantire efficacia e sicurezza anche nell’uomo. Una prospettiva oggi più realistica, grazie anche all’accordo siglato da Fondazione Telethon e Ospedale San Raffaele con l’azienda americana Biogen Idec per lo sviluppo clinico di questa terapia”.

    L’emofilia A e B
    L’emofilia è una rara malattia ereditaria caratterizzata da un difetto cronico della coagulazione, il processo con cui normalmente si riparano le ferite. Alla base c’è un difetto nei geni coinvolti in questo processo: di conseguenza, chi soffre di emofilia va incontro a episodi di sanguinamento prolungato, che oltre a essere molto dolorosi possono provocare danni alle articolazioni o emorragie talvolta fatali. Nel caso dell’emofilia la terapia genica mira a introdurre versioni funzionanti dei geni in grado di produrre le proteine coinvolte nel processo di coagulazione che sono carenti in questi pazienti. Se si dimostrerà sicura, efficace e duratura, la terapia genica potrebbe un giorno rappresentare un trattamento a lungo termine con l’indubbio vantaggio di essere somministrato un’unica volta nel corso della vita.

    L’incidenza annuale (numero di nuovi nati nel corso dell’anno) è di un malato su 5000 per l’emofilia A e uno su 25mila per l’emofilia B. In entrambi i casi sono colpiti prevalentemente i maschi, solo raramente la malattia si manifesta nelle femmine. Si stima che negli Stati Uniti siano circa 16mila le persone affette da emofilia A e 3300 quelle colpite da emofilia B. Secondo un’indagine condotta nel 2012 dalla Federazione mondiale dell’emofilia, nel mondo sono circa 142 mila le persone che soffrono di emofilia A e circa 28mila quelle colpite da emofilia B. In Italia, secondo il Registro nazionale delle coagulopatie congenite, soffrono di emofilia circa 4200 persone, di cui almeno 2000 in forma grave.
    Questo lavoro è stato possibile grazie ai finanziamenti della Fondazione Telethon, dell’Unione Europea e alla collaborazione con l’Università della North Carolina, negli Stati Uniti d’America, che ospita i cani malati di emofilia prima e dopo il trattamento.

  • Emofilia: disponibile in Italia turoctocog alfa

    Emofilia: disponibile in Italia turoctocog alfa

    emofiliaRoma, 27 febbraio 2015 – Da febbraio è disponibile in Italia la prima nuova molecola da DNA ricombinante introdotta nel mondo dell’emofilia da 10 anni a questa parte: turoctocog alfa (NovoEight®, Novo Nordisk), il fattore VIII della coagulazione ricombinante (rFVIII) indicato per la profilassi e il trattamento dei sanguinamenti in persone con emofilia A. Turoctocog alfa ha dimostrato la sua efficacia, grazie alla riduzione degli episodi di sanguinamento, e la sua sicurezza. Lo comprovano gli studi realizzati nell’ambito del programma clinico “Guardian™”, uno dei più ampi e completi programmi di sperimentazione clinica pre-registrativa sull’emofilia, con oltre 210 persone con emofilia A grave arruolate. Degno di nota il fatto che in queste persone non si sono sviluppati gli anticorpi inibitori, uno dei maggiori problemi connessi con la terapia sostitutiva e che rende inefficace la terapia stessa.

    [easy_ad_inject_1]Inoltre, grazie alla più avanzata tecnologia di purificazione delle proteine, turoctocog alfa permette di offrire alle persone con emofilia A un trattamento affidabile e un buon profilo di sicurezza associato a praticità. Può essere infatti conservato fino ad una temperatura di 30˚C per 6 mesi – dando così al paziente libertà di utilizzo dove e quando necessario.

    “L’impegno di Novo Nordisk nel mondo dell’emofilia inizia oltre 30 anni fa con la ricerca di soluzioni terapeutiche innovative per i pazienti meno fortunati, quelli che sviluppano l’inibitore al Fattore VIII, il 10% di tutti gli emofilici” afferma Pasquale Pelle, Direttore Biopharm, Novo Nordisk. “Grazie alla molecola eptagog alfa (NovoSeven® di Novo Nordisk) dai primi anni ’90 questi 4.000 pazienti nel mondo, circa il 50% dei quali bambini, possono ricevere una terapia efficace e sicura. Oggi con turoctocog alfa Novo Nordisk diventa la prima azienda a offrire un portfolio completo di terapie da DNA ricombinante per l’emofilia A, un ulteriore passo avanti per poter migliorare la qualità di vita delle persone con la malattia” conclude.

    Oltre allo sviluppo di molecole innovative per il trattamento dell’emofilia, Novo Nordisk attraverso il progetto Changing Possibilities in Haemophilia® è impegnata, tramite la collaborazione con la comunità mondiale e nazionale dell’emofilia, le associazioni dei pazienti e le società scientifiche, ad aiutare le persone con la malattia a condurre una vita più agevole, accrescendo la conoscenza dell’emofilia da parte dell’opinione pubblica, promuovendo l’accesso a diagnosi, cura e trattamento. Ai numerosi programmi sociali attivi sostenuti da Novo Nordisk si aggiunge da febbraio il progetto ”Sans frontières Italia” della Fondazione Paracelso onlus, che si propone da alcuni anni di individuare i bisogni, accogliere le richieste di aiuto e trovare soluzioni per le persone con emofilia che si trovano in condizioni critiche o in circostanze di emergenza in merito a problemi di carattere sociale.

    Grazie al contributo non condizionato di Novo Nordisk questo sostegno potrà essere ampliato a tutti i pazienti che ne faranno richiesta al proprio medico del centro emofilia. Verrà offerta, quindi, un’assistenza domiciliare a 360°, dando così un pratico aiuto sia alla persona malata sia alla famiglia, importante soprattutto se si tiene conto del fatto che si tratta di una patologia cronica in cui la diagnosi viene fatta in tenera età e che, almeno nelle prime fasi, è indispensabile un’assistenza continua.

    L’emofilia è una malattia cronica, ereditaria che colpisce principalmente i maschi. Nelle persone con emofilia A si registra la mancanza o la disfunzione di una proteina, il fattore VIII, che è essenziale per una corretta coagulazione. Le persone con emofilia A hanno la tendenza a sanguinare più a lungo del normale o ad avere emorragie all’interno di muscoli, articolazioni ed organi interni. Per poter gestire la malattia e fermare il sanguinamento, le persone con emofilia A devono sostituire il fattore VIII mancante tramite iniezione endovenosa del fattore di coagulazione.
    A livello globale si stima che più 400.000 persone siano affette da emofilia.
    La malattia è gravemente sottostimata nei Paesi in via di sviluppo. In Italia si valuta ci siano circa 7.000 persone con deficit congeniti della coagulazione e patologie affini, di cui circa 4.000 sono emofilici e circa il 10% di questi hanno la complicazione dell’anticorpo inibitore.
    Novo Nordisk

  • Medicinali plasmaderivati “infetti”: FedEmo chiede al Governo Renzi un intervento a favore dei soggetti danneggiati

    Roma, 9 dicembre 2014 – In attesa dell’apertura del processo penale contro Duilio Poggiolini a Napoli, la Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo) chiede al Governo un intervento a favore dei pazienti emofilici contagiati con medicinali plasmaderivati, per omessi controlli da parte dell’allora Ministero della Salute.

    Negli anni ’80 e ’90 furono circa 650 gli emofilici che hanno contratto il virus HIV. Nel frattempo, la metà dei questi pazienti è deceduta e almeno altri 1.500 emofilici hanno contratto virus dell’epatite B, C e Delta.

    “Nonostante siano passati più di 30 anni – dichiara l’Avvocato Cristina Cassone, neo presidente FedEmo -, ci sono ancora 600 persone che hanno avuto complicanze di tipo irreversibile o loro familiari che aspettano giustizia”. “Purtroppo – aggiunge – a causa dell’inerzia dei Governi precedenti la procedura relativa alle transazioni che avrebbe dovuto risolvere finalmente la questione, partita nel 2007, non si è ancora conclusa. Ritardi burocratici, sentenze giuridiche in materia di prescrizione e normative sovrapposte nel tempo, hanno impedito l’accesso di questi aventi diritto ad un giusto risarcimento”.

    “Per questo – conclude la Cassone – abbiamo proposto alle forze politiche un intervento al Disegno di legge di stabilità che, tenendo conto della drammatica situazione finanziaria del Paese, fornisca un ristoro ‘sostenibile’ ai danneggiati o i familiari dei deceduti già affetti di malattia rara e doppiamente colpiti dalla sciagura di somministrazione di medicinali ‘salvavita’ infetti”.

    Allo stato attuale delle conoscenze, i farmaci utilizzati oggi nel trattamento dell’emofilia sono sicuri. Tuttavia, vi è la necessità di mettere la parola fine ad un incubo iniziato negli anni ‘80 e voltare finalmente, sul piano politico, questa brutta pagina di sanità pubblica.

    Che cos’è l’emofilia

    L’emofilia è una malattia di origine genetica, dovuta a un difetto della coagulazione del sangue. In condizioni normali, in caso di ferita, le proteine del sangue si attivano a impedire l’emorragia. Nelle persone affette da emofilia, due di queste proteine, il fattore VIII ed il fattore IX, sono carenti o presentano un difetto funzionale. A causa di questo deficit gli emofilici subiscono facilmente emorragie esterne ed interne più o meno gravi che comportano conseguenze anche molto invalidanti agli arti e agli organi interni.

    Chi è FedEmo

    La Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo) è una ONLUS che riunisce le associazioni locali presenti sul territorio italiano che tutelano i bisogni sociali e clinici di circa 8000 persone affette da disturbi congeniti della coagulazione e delle loro famiglie. Collabora con l’associazione medico scientifica A.I.C.E. (Associazione Italiana dei Centri Emofilia), promuovendo la ricerca e l’adozione di standard di assistenza omogenei su tutto il territorio nazionale. È membro della World Federation of Hemophilia (WFH) e dell’European Hemophilia Consortium (EHC).