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  • Lo stress psico-fisico di un rave party può causare alterazioni neurologiche come l’ecstasy

    Lo stress psico-fisico di un rave party può causare alterazioni neurologiche come l’ecstasy

    Pozzilli, 22 luglio 2015 – I “rave party” vengono di solito considerati eventi ad alto rischio per i giovani, principalmente per via delle droghe che spesso sono assunte dai partecipanti, prima fra tutte la cosiddetta ecstasy (MDMA nella denominazione chimica).

    [easy_ad_inject_1]Ma, anche senza l’uso di droghe, le particolari condizioni ambientali di un evento del genere sono capaci di creare disfunzioni neurologiche simili a quelle provocate dall’ecstasy stessa.

    Sono i risultati di uno studio condotto presso il laboratorio di Neurofarmacologia, Dipartimento di Patologia Molecolare, I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), sotto le direttive del professor Ferdinando Nicoletti e pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Pharmacological Research. I ricercatori dell’Istituto molisano hanno esaminato gli effetti sul comportamento e sul cervello indotti dalla esposizione a condizioni ambientali tipiche di un “rave”: sovraffollamento, musica techno ad alto volume e forti luci intermittenti.

    “Questo esperimento – dice Carla Letizia Busceti, del laboratorio di Neurofarmacologia, Dipartimento di Patologia Molecolare del Neuromed, primo autore del lavoro scientifico – fa seguito ad una nostra precedente ricerca nella quale avevamo visto come l’ecstasy provocasse alterazioni neurochimiche estremamente simili a quelle della malattia di Alzheimer nell’ippocampo, una regione cerebrale che sappiamo essere profondamente implicata nei processi di apprendimento e memoria. Ma l’ecstasy è una droga molto usata nel contesto dei “rave party”. Ci siamo così chiesti se anche le condizioni esterne tipiche di quegli eventi particolarmente stressanti potessero avere, indipendentemente dalle droghe, un qualche effetto neurologico. Ed è proprio quello che abbiamo trovato: i topi sottoposti ad una situazione di stress analoga a quella di un “rave” presentavano alterazioni nelle capacità di apprendimento e memoria”.

    Lo studio ha permesso di svelare uno stretto parallelismo tra gli effetti neurochimici associati all’uso di ecstasy e quelli indotti dalla esposizione ad una condizione di stress multifattoriale rappresentata da fattori ambientali che ricalcano le condizioni di un “rave party”. “Abbiamo trovato – continua Busceti – alterazioni comportamentali e neurochimiche simili a quelle che si riscontrano dopo l’assunzione di MDMA. Ad essere colpita, in particolare, è la proteina Tau, un componente critico della struttura cellulare dei neuroni. Gli effetti, come nel caso dell’ecstasy, erano principalmente a carico dell’ippocampo. Ed ancora una volta, sono caratteristiche simili a quelle che si riscontrano nella malattia di Alzheimer”.

    Le alterazioni del comportamento e gli effetti neurochimici osservati negli animali esposti allo stress multifattoriale erano transitorie, ma non per tempi brevi: il picco delle alterazioni si aveva a trentasei ore dall’inizio delle stimolazioni stressanti. Questo vuol dire che per un periodo critico di tempo il cervello rimane comunque alterato in quei processi critici che negli esseri umani sono legati allo studio, alla concentrazione sul lavoro e alla capacità di usare macchinari o guidare un’automobile.

    “Naturalmente – conclude Busceti – dobbiamo considerare che le condizioni sono diverse tra gli animali del nostro esperimento e la realtà dei giovani che partecipano ad un “rave”. Tanto per cominciare, un ragazzo va volontariamente a queste feste, e può decidere di restare o andarsene quando vuole. Saranno quindi necessarie altre ricerche per valutare con certezza se questi fenomeni avvengano anche negli esseri umani. Ci troviamo di fronte ad un potenziale fenomeno subdolo, nel quale non c’è un malessere evidente eppure le capacità cognitive sono alterate, e lo rimangono nel tempo”.

    Un individuo che partecipa ad un evento “rave” nella convinzione di aver sperimentato solo “libertà e ribellione”, non è consapevole che la sua vita quotidiana possa essere condizionata da una inconsapevole e subdola alterazione cellulare a livello cerebrale con caratteristiche simili a quelle della malattia di Alzheimer. La durata di tali alterazioni non è definibile nell’uomo e non è detto che il quadro di transitorietà dei fenomeni cerebrali non possa sfociare in irreversibilità se associato a concomitante uso di droghe o alcol. Lo studio, infatti, descrive un incremento delle alterazioni neurochimiche osservate a livello ippocampale in animali in cui l’esposizione allo stress multifattoriale è stata associata alla somministrazione di ecstasy. Tale effetto di potenziamento delle alterazioni cerebrali indotto dall’uso concomitante di ecstasy è stato descritto in termini di entità ma non di durata dell’effetto. Tuttavia, questo risultato non esclude il rischio di irreversibilità potenzialmente inducibile da concomitante esposizione a droghe nell’uomo.

    “Questo lavoro – commenta Valeria Bruno, del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia, Università Sapienza di Roma, e Responsabile del Laboratorio di Neurobiologia Cellulare e Molecolare del Neuromed – si inquadra nel più ampio filone delle ricerche che il nostro laboratorio conduce da tempo sugli effetti dell’abuso di droghe. Vogliamo esplorare in maniera approfondita la tematica, per mettere nel giusto contesto questi fenomeni, a cui spesso non si attribuisce il giusto peso e non sono considerati un problema. Qui abbiamo dimostrato che l’esposizione a stimoli ambientali stressanti causa alterazioni in aree cerebrali coinvolte nelle funzioni cognitive. Se a questo si aggiunge l’abuso di droghe che si riscontra in alcuni contesti, il rischio di danni cerebrali potrebbe raggiungere livelli preoccupanti. Ci troviamo di fronte ad alterazioni che possono influenzare pesantemente la vita dei giovani e delle quali spesso non si ha coscienza”.

    IRCCS Neuromed

  • Allarme Ecstasy: la droga che uccide i ragazzi non tossicodipendenti

    Allarme Ecstasy: la droga che uccide i ragazzi non tossicodipendenti

    Pozzilli (IS), 21 luglio 2015 – Come ogni estate, quest’anno particolarmente torrida, i ragazzi vanno in vacanza per godersi il meritato riposo e divertirsi con spensieratezza, lasciandosi dietro tutti i problemi quotidiani. Purtroppo in alcuni casi una piacevole e rilassante serata trascorsa in discoteca può trasformarsi in tragedia.

    La compagnia sbagliata, la trasgressione dalla vita quotidiana, la superficialità nella decisione di assumere una pastiglia per “sballarsi”, e spesso la mancanza di informazione portano a scelte dalle conseguenze drammatiche. Il semplice gesto di assumere una pastiglia di ecstasy continua purtroppo ad uccidere i ragazzi.

    L’ecstasy è una droga d’abuso che può provocare la morte anche dopo l’assunzione di una sola dose, sotto forma di un’accattivante pastiglia. Questo può succedere anche in ragazzi che non hanno mai fatto uso od abuso di qualsiasi sostanza stupefacente. In passato le compresse vendute come ecstasy erano di scarsa qualità ed adulterate, oggi il suo principio attivo, la 3,4-metilendiossimetamfetamina (MDMA), sotto forma di cristalli e in polvere dall’elevata purezza, viene anche assunto per inalazione. L’introduzione di MDMA ad alta purezza sembra una strategia deliberata per differenziare questa forma di MDMA e renderla più allettante per i consumatori.

    Inoltre stanno comparendo sul mercato compresse ad alto dosaggio con forme e loghi particolari. Lo scorso anno, l’EMCDDA (Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze) e l’Europol hanno lanciato un allarme per denunciare i rischi sanitari legati al consumo di MDMA ad altissima purezza. Un nuovo allarme è stato anche lanciato per quanto riguarda l’immissione sul mercato di alcune compresse, spacciate sempre come ecstasy, che invece contengono la para-metossimetamfetamina (PMMA), le cui caratteristiche farmacologiche la rendono particolarmente preoccupante dal punto di vista della salute pubblica.

    I giovani che usualmente assumono l’ecstasy in discoteca possono morire per una sindrome gravissima, chiamata sindrome serotoninergica, che può comparire da 15 minuti a 6 ore dopo l’assunzione. Questa sindrome causa ipertermia, con conseguente disidratazione, collasso cardiocircolatorio, insufficienza renale, necrosi epatica e morte. La morte può anche avvenire da 60 a 90 minuti dopo l’assunzione per disturbi cardiovascolari quali infarto del miocardio, aritmie ed edema polmonare.

    La tossicità da ecstasy viene amplificata in situazioni di sovraffollamento, elevata temperatura ambientale, musica ad alto volume, aumento del consumo energetico (ballare), disidratazione (per marcata sudorazione), e assunzione di alcol o di altre droghe di tipo amfetaminico. L’ecstasy induce anche deficit cognitivi con alterazioni permanenti o solo parzialmente reversibili dei processi di apprendimento e memoria ed è associata a gravi eventi avversi neurologici e psichiatrici.

    L’uso induce deficit di apprendimento e memoria, deficit nella funzione esecutiva, perdita del controllo degli impulsi, attacchi di panico, ideazione paranoica ricorrente, allucinazioni, depersonalizzazione, sintomi psicotici e depressione (con idee di suicidio).

    Studi recenti condotti dai ricercatori dell’Istituto Neuromed coordinati dal Prof. Ferdinando Nicoletti (docente di Farmacologia alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “Sapienza” di Roma) hanno dimostrato alcuni meccanismi molecolari che portano alla comparsa dei disturbi cognitivi indotti dall’ecstasy. L’ecstasy, somministrata nei topi, induce nell’ippocampo, area cerebrale coinvolta nella memoria, alterazioni dei processi di apprendimento e memoria. Queste modificazioni sono simili a quelle presenti nel cervello dei soggetti affetti da malattia di Alzheimer che vanno incontro ad un progressivo ed inesorabile deterioramento delle funzioni cognitive e della memoria.