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Intervista a Salvatore Varsallona

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Nel corso dell’intervista con Salvatore Varsallona, autore di “L’urlo del panda”, approfondiremo ulteriormente il contesto sociopolitico che permea il romanzo, analizzando le sfide e le contraddizioni che i protagonisti affrontano nel loro percorso verso il potere. Lo scrittore ci guiderà attraverso le intricate dinamiche delle relazioni interpersonali e metterà in luce le riflessioni sull’ascesa e la caduta di coloro che, in un mondo in cui la linea tra bene e male è sottile, cercano di tracciare il proprio destino.

Come hai iniziato la tua carriera di scrittore? C’è un momento specifico che ti ha spinto a iniziare a scrivere?

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Ricordo di avere iniziato a scrivere quando frequentavo le scuole medie. Non romanzi per la verità. Mi dilettavo a scrivere testi ironici, dissacranti a volte. Racconti brevi, articoli giornalistici inventati di sana pianta in chiave ironica, testi di canzoni famose storpiate che strappavano sorrisi. I personaggi delle storie, articoli e canzoni erano vari: professori, compagni di classe, bidelli, presidi, vicepresidi. Le reazioni potevano andare dall’incazzatura a una sonora risata. C’è chi ha senso dell’humor e chi invece no, anche tra i professori. Molti di loro a distanza di anni mi vogliono ancora bene.  A 15 anni, inventai di sana pianta un giornale scolastico che chiamai “Aravero”, parola che presi dal dialetto Niscemese, il dialetto di Niscemi, paese dell’entroterra siciliano da cui provenivano molti miei compagni di classe. Nel loro dialetto la parola “aravero” significa veramente. In realtà di vero non c’era nulla in quel giornale e per questo scelsi quel nome. Gli articoli erano totalmente inventati e avevano come protagonisti i miei compagni di classe e i professori.  Ero contemporaneamente editore, editorialista, giornalista, grafico, etc etc. Il giornale lo realizzavo da solo con il mio Amiga 500 con un programma che all’epoca mi entusiasmò ma di cui adesso non ricordo nemmeno il nome. È il segno che la mia memoria fa cilecca: gli anni passano. Ma nel frattempo scrissi anche articoli veri pubblicati da veri giornali. A 18 anni mi cimentai in radio con un programma che sia chiamava Notturno in musica che conducevo con un mio amico. Partivamo alle 23 e finivamo alle 2 di notte. E anche lì c’era di tutto: notizie totalmente inventate che leggevamo in diretta (quando arrivava la notizia dicevamo in radio che era stata battuta dall’Ansia non dall’Ansa), interviste ai vecchietti del centro storico su argomenti di difficile comprensione per chi aveva superato i 70 e che generavano risposte veramente comiche. Visto il successo, con l’aiuto di un mio amico che se la cavava ad imitare la gente, creammo un personaggio simpaticissimo: lo zio Ciccio. Il mio amico imitava benissimo un anziano che parlava solo in dialetto. Ci cascarono tutti e lo presero per vero.  Le interviste erano spesso improvvisate ma facevano ridere, e poi, nei panni dell’intervistatore preparavo sempre un minimo di copione, un brogliaccio che ci guidava. Dopo qualche mese a qualcuno il programma diede fastidio: avevamo preso in giro la giunta comunale allora in carica con uno dei miei articoli. Il proprietario dell’emittente da un giorno all’altro sospese il programma: finì lì la mia carriera d’autore.  Fino alla fine del 2017 non avevo mai inviato nulla a nessun editore, non avevo mai partecipato a concorsi letterari. Partecipai al concorso letterario Storie Inaspettate organizzato dalla Fitel e lo vinsi con il racconto: L’ultimo nodo del tessitore. Presi coraggio e inviai il mio primo romanzo che languiva da tempo in un cassetto ad alcuni editori. Ero un po’ incosciente e non sapevo nulla del mondo editoriale. Mi arrivarono varie proposte e accettai quella che mi convinse di più. Oggi forse farei delle scelte diverse ma l’esperienza la accumuli solo con gli anni

Quali sono le tue influenze letterarie? Ci sono autori o opere che hanno avuto un impatto significativo sulla tua scrittura?

Da piccolo leggevo di tutto, dai fumetti di Topolino a Pinocchio, ai romanzi di Salgari. Scoprii successivamente Artur Conan Doyle e i romanzi di Sherlock Holmes, ma sono sempre stato un lettore onnivoro: Da Luciano De Crescenzo a Faletti. A 16 anni la prima folgorazione: Edgar Alla Poe. Mi innamorai del suo stile gotico, dell’io narrante, della brevità del racconto. Poe ha innovato, ha creato per primo il genere horror e il poliziesco ma non è stato compreso a fondo dai sui contemporanei. Scrissi i miei primi racconti scimmiottando il suo stile. Dopo di lui ho letto molto di Stephen King di cui ho ammirato la capacità di narrare e di creare dei personaggi, ma come dicevo leggo di tutto: Camilleri, Bufalino, Sciascia, Calvino, Ammaniti, Follett, Zola, Oscar Wilde, Simenon, Lucarelli. Mi interessa molto lo stile narrativo, non solo l’autore. Ultimamente mi ha colpito lo stile unico di Beppe Fenoglio nel suo capolavoro: Il Partigiano Johnny.

Come affronti il processo creativo quando scrivi un romanzo? Hai una routine o un approccio particolare?

Non seguo una routine e nemmeno un approccio in particolare. A volte basta un fatto di cronaca, un personaggio strano che incontro o di cui mi raccontano, una frase che mi ispira. Le mie storie nascono spontaneamente, cominciano a girare nella mia testa fino a quando non sento il desiderio irrefrenabile di metterle su carta. Prima però le scrivo nella mia testa. Quando i personaggi non sono più sfocati, quando iniziano a recitare per me salendo sul mio personalissimo palco, allora il momento della scrittura si avvicina. Per scrivere devo sentirmi felice, rilassato. Faccio un lavoro molto complicato, lavoro anche 14 ore al giorno e spesso non ho tempo ed energie per dedicarmi alla scrittura.  Le mie storie in genere nascono in estate, durante lunghe passeggiate sulla spiaggia di Montalbano (ho casa a pochi metri) o nei miei giri in bicicletta. Comincio a scrivere nella mia testa, d’inverno le scrivo sul serio. A un certo punto scatta un “click” nel mio cervello e da quel momento in poi la storia scorre quasi da sola sulla tastiera del mio computer.

Ci sono momenti specifici nella tua vita che hanno influenzato lo sviluppo de “L’urlo del panda”? Eventi personali, osservazioni della società o altre influenze?

Negli ultimi anni ho osservato molto la nostra classe politica e la nostra società. Il mondo è cambiato moltissimo e il cambiamento che affrontiamo oggi è molto più rapido rispetto a quello che hanno dovuto affrontare i nostri nonni. Chi è nato nel secolo scorso si trova spiazzato. La nostra classe politica si è evoluta in peggio. Sempre più composta da mediocri. Sono partito da lì. Per il Panda così come per Vallante, mi sono ispirato a persone esistenti e a fatti realmente accaduti. Il Panda e il Vallante oggi puoi incontrarli facilmente, ce ne sono migliaia; alcuni rimangono nell’ombra, altri, per circostanze a volte fortuite, hanno successo. Alcuni episodi narrati nel libro, quelli che si riferiscono allo scherzo della 500 che viene fatta cadere giù da una scalinata e l’incendio della fureria, sono cose realmente accadute. Sono quelle che una volta avremmo definito ragazzate ma ormai le cronache sono piene di episodi del genere, sono diventati più frequenti. Volevo raccontare l’ascesa di due mediocri, comunicare al lettore la mediocrità che trionfa, la morte della meritocrazia.

Nel tuo percorso letterario, hai pubblicato con diverse case editrici. Come è stata la tua esperienza di lavorare con CTL Editore per questo romanzo?

Ottima, molto professionali e coraggiosi. Oggi per fare l’editore ci vuole coraggio. Di mestiere faccio l’imprenditore e il settore dell’editoria è uno dei più complessi.

Quali sono i tuoi progetti futuri come scrittore? Hai già in mente nuove opere in lavorazione?

Fino ad oggi ho scritto 5 romanzi e ne ho pubblicati tre. Quindi ho due romanzi nel cassetto e l’esperienza che ho maturato mi dice che spesso è meglio lasciare un romanzo nel cassetto per il tempo necessario affinché maturi. Di solito odio il processo di riscrittura ma ho deciso che devo sforzarmi di farlo. Se oggi riscrivessi alcuni miei romanzi li concepirei in maniera totalmente diversa da come sono nati. Nel frattempo il sesto romando sta maturando nella mia testa. Spero di iniziare a scriverlo prima possibile. Sto aspettando il “click”

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