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Epatite C: al congresso AASLD nuove conferme di efficacia per elbasvir/grazoprevir

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La combinazione di antivirali diretti elbasvir/grazoprevir, di prossimo arrivo anche in Italia, con un corpus di studi clinici di fase II e III presentati all’AASLD di Boston si conferma terapia idonea a essere somministrata ad un’ampia popolazione di pazienti, inclusi i più “difficili”.
In Italia circa 300.000 i pazienti diagnosticati con epatite C, ma solo 150.000 hanno attualmente accesso al trattamento.
L’estensione dei criteri di rimborsabilità sarebbe sostenibile per il SSN?

 
Boston, 15 novembre 2016 – MSD, conosciuta come Merck & Co. in USA e Canada, ha annunciato, in occasione del meeting annuale dell’American Association for the Study of Liver Disease, AASLD, nuovi dati clinici sul profilo di efficacia, tollerabilità e sicurezza di Zepatier ® (elbasvir/grazoprevir), l’antivirale ad azione diretta già approvato in USA, Canada e in Europa per il trattamento dell’HCV nei pazienti adulti con patologia di genotipo 1 o 4.
Tra gli studi presentati, emerge l’analisi retrospettiva integrata (Abstract #874) condotta su 11 studi di fase II e III che fanno parte del percorso di sviluppo clinico del farmaco. Tale analisi mira a valutare il profilo di efficacia della combinazione elbasvir/grazoprevir nei pazienti con epatite C cronica di genotipo 1b, il più diffuso in Italia.

L’analisi raccoglie i dati di 1.070 pazienti (cirrotici e non, coinfetti e non, naive e già trattati con interferone, ribavirina o un inibitore della proteasi NS3/4A) che hanno assunto il farmaco per 12 settimane raggiungendo un tasso di risposta virologica sostenuta (SVR) media del 97%, che ha raggiunto il 99% nei pazienti con cirrosi compensata.

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«Anche lo studio C-CORAL evidenzia dati significativi – dichiara Gloria Taliani, Professore Ordinario di Malattie Infettive alla “Sapienza” Università degli Studi di Roma – lo studio, randomizzato di fase III, ha valutato efficacia e sicurezza di elbasvir/grazoprevir in pazienti con infezione cronica da HCV genotipo 1, 4 e 6 mai trattati in precedenza, che hanno ricevuto la terapia di combinazione per 12 settimane. La risposta virologica sostenuta, che corrisponde alla guarigione dalla malattia, è stata del 92.8%, con un profilo di tollerabilità davvero importante. Questi risultati si aggiungono all’ampia gamma di risultati già noti ottenuti mediante l’impiego della combinazione elbasvir/grazoprevir e confermano i profili di efficacia e sicurezza di questa combinazione nel panorama mondiale della terapia dell’epatite cronica da HCV».

Grazie all’introduzione degli Antivirali ad Azione Diretta (DAAs), tra i quali rientra la combinazione elbasvir-grazoprevir, oggi l’epatite C è una malattia curabile anche in popolazioni difficili come i pazienti con co-infezione HIV, con malattia renale cronica (CKDs) e i PWID (persone che assumono droghe iniettive). «I dati sono molto interessanti – afferma Giuliano Rizzardini, Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive, ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano – in pazienti con insufficienza renale la combinazione di elbasvir/grazoprevir ha dimostrato un’efficacia abbondantemente sopra il 90% senza danneggiare ulteriormente il rene. Nella popolazione di tossicodipendenti attivi o trattati con terapie sostitutive dello studio CO-STAR, pazienti, come sappiamo, molto difficili da trattare per vari motivi, l’efficacia è risultata del 96% e l’aderenza superiore al 95% nei genotipi più diffusi, 1a, 1b e 4. Altrettanto interessanti le evidenze nei pazienti trattati con gli inibitori di pompa protonica che non mostrano interazioni con questi farmaci. Elbasvir/grazoprevir è una doppietta di farmaci con ottime prospettive; al momento ha già migliorato i dati molto positivi di altri studi, con evidenze ancora migliori. I vantaggi di questa terapia in arrivo sono duplici: aumenterà la competizione e offrirà alternative terapeutiche per alcuni pazienti “difficili”».     

La sostenibilità economica dell’introduzione delle terapie innovative per il trattamento dell’HCV per il nostro Servizio Sanitario Nazionale è al centro di un dibattito che coinvolge Istituzioni, clinici e pazienti.

Attualmente, un paziente su due con epatite C non ha accesso al trattamento con i farmaci innovativi: la gestione delle infezioni HCV-correlate rappresenta un onere clinico e sociale di estrema rilevanza nel nostro Paese.

Ad oggi, tra costi diretti e costi indiretti assorbiti dalle patologie HCV-correlate per il Servizio Sanitario Nazionale e per la società italiana, si stima un impatto medio annuo pari a 1,05 miliardi di euro (studio Marcellusi et al., 2016) di cui il 61,4% imputabile a costi indiretti (riduzione della produttività) e il restante 38,6% a costi diretti (cure e assistenza).

Su circa 300.000 pazienti diagnosticati, si stimano circa 150.000 soggetti eleggibili al trattamento con i farmaci innovativi. Ampliare i criteri di eleggibilità al trattamento con questi ultimi, a fronte di un maggiore impegno iniziale in termini di risorse, contribuirebbe nel medio-lungo termine ad ammortizzare i costi per il Servizio Sanitario Nazionale dovuti alla natura cronica dell’epatite C: questo è quanto emerge dallo studio di farmaco-economia condotto dall’Università di Palermo con l’Università Tor Vergata di Roma (Marcellusi et al., 2016).

«Abbiamo simulato uno scenario entro un orizzonte temporale di 5-10 anni mettendo a confronto gli attuali criteri restrittivi con una diversa strategia che prevede un allargamento dei criteri a pazienti con epatite cronica e fibrosi F2 – spiega Calogero Cammà, Professore Ordinario di Gastroenterologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Gastroenterologia dell’Università degli Studi di Palermo – le principali evidenze emerse sono tre: la quantità di anni di vita salvati è risultata essere maggiore allargando i criteri, si “produce” cioè più salute, che è certamente il primo e più importante obiettivo; trattare un maggior numero di pazienti richiede oggi maggiori risorse, ma c’è un ritorno economico, perché si riducono i costi diretti (ricoveri, trattamenti, complicanze, personale sanitario, etc); allargando i criteri non solo si abbattono questi ultimi ma si riducono in maniera sostanziale anche i costi indiretti, legati alla riduzione della produttività».

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