Tag: PGIM Fixed Income

  • PGIM FIXED INCOME: Cosa attendersi dal meeting della BCE

    PGIM FIXED INCOME: Cosa attendersi dal meeting della BCE

    A cura di Katharine Neiss, chief European economist di PGIM Fixed Income

    Nonostante i chiari segnali di indebolimento dell’area dell’euro e il ritorno dell’inflazione verso l’obiettivo, ci aspettiamo che la BCE mantenga i tassi invariati al prossimo meeting e che la prospettiva di tagli sia ancora lontana.  Il nostro ragionamento deriva dai commenti della BCE, che suggeriscono che il Consiglio direttivo vorrebbe vedere un allentamento di una serie di fattori che influenzano la pressione inflazionistica interna sottostante.  Ciò include non solo l’inflazione core e dei servizi, ma anche i salari e i margini di profitto delle imprese.  Dunque  il secondo trimestre sarebbe il periodo più prossimo per i tagli. In parole povere, i responsabili della politica monetaria vorranno andare con i piedi di piombo ed essere sicuri che il genio dell’inflazione sia stato rimesso saldamente nella bottiglia.

    Oltre ad essere “dipendente dai dati”, la BCE ha dichiarato che gli aumenti dei tassi d’interesse nell’ultima parte del 2023 rappresentano un’assicurazione contro la possibilità di ulteriori shock dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia e contro la prospettiva di un disancoraggio delle aspettative d’inflazione.  Sebbene i prezzi dei generi alimentari e dell’energia siano recentemente diminuiti e le riserve di energia in Europa rimangano elevate, l’escalation delle tensioni in Medio Oriente suggerisce che potrebbe essere troppo presto per abbandonare questa assicurazione.  La nostra ipotesi di base è quindi che la BCE tagli i tassi in estate, lasciando i tassi più vicini al 3% entro la fine dell’anno.


    Detto questo, il rapido deterioramento dell’attività alla fine dello scorso anno ha aumentato il rischio che la BCE possa avere adottato una politica eccessivamente restrittiva nel 2023.  L’inflazione a breve termine ha registrato una chiara tendenza al ribasso sia per l’inflazione core che per quella dei servizi, ed è ora pari o inferiore al livello coerente con l’obiettivo del 2%.  In un simile contesto, un’azione più tardiva anziché tempestiva aggraverebbe la pressione al ribasso sull’inflazione, rischiando di tornare al periodo pre-pandemico di inflazione cronica al di sotto dell’obiettivo nella zona.   In questo caso, potremmo vedere la BCE rimuovere l’assicurazione prima piuttosto che dopo, e tagliare i tassi in modo più aggressivo rispetto al nostro scenario di base.

  • PGIM RE: Outlook USA – crescita dei redditi per i segmenti senior housing, retail e uffici

    PGIM RE: Outlook USA – crescita dei redditi per i segmenti senior housing, retail e uffici

    A cura di Lee Menifee, head of Americas Investment Research di PGIM Real Estate

    Il rallentamento dell’economia, unito all’aumento dei tassi di interesse, farà sì che i finanziamenti immobiliari rimangano scarsi, prolungando il calo dei valori e delle attività immobiliari fino al 2024. I valori immobiliari privati statunitensi sono scesi dell’8,1% nei primi tre trimestri del 2023. La crescita economica ha sorpreso al rialzo, mantenendo positiva la crescita del reddito operativo netto (NOI), ma i tassi di cap immobiliare sono stati messi sotto pressione dal rapido aumento dei tassi di interesse. L’emissione di debito immobiliare scenderà ulteriormente, a causa della crescente cautela degli istituti di creditoe del maggiore controllo normativo dopo il fallimento di diverse banche in primavera. La scarsità di debito e il calo dei prezzi contribuiscono a rallentare il volume delle transazioni. Il calo del 60% del volume corretto per l’inflazione è il più grave dalla crisi finanziaria globale.

    I tassi di capitalizzazione delle valutazioni immobiliari private sono troppo bassi. Il differenziale tra i tassi di cap delle valutazioni private e il tasso esente da rischio è crollato di 50 punti base nel terzo trimestre del 2023, a fronte dell’impennata dei rendimenti del Treasury. Il settore immobiliare è costoso anche rispetto al debito societario. Persiste una situazione di stallo tra domanda e offerta, senza che se ne intraveda la fine. Ad esempio, il differenziale tra i tassi di capitalizzazione delle valutazioni degli appartamenti core e i tassi di capitalizzazione degli appartamenti di classe A stimati per le transazioni è quasi raddoppiato rispetto alla media del periodo 2017-2020.

    I cali di valore registrati finora in questo ciclo sono dovuti principalmente all’aumento del tasso esente da rischio e alle minori (ma positive) aspettative di crescita del reddito futuro. Rispetto alla maggior parte delle flessioni del settore immobiliare, un NOI positivo sta parzialmente compensando l’impatto negativo dell’aumento dei tassi di capitalizzazione. Prevediamo una crescita positiva dei ricavi in tutti i settori nei prossimi quattro anni. Avvertiamo una decelerazione nei settori dell’industria, dei magazzini e degli appartamenti, e un miglioramento della crescita dei redditi nei settori del senior housing – le residenze per anziani, del retail e degli uffici. I valori devono ancora scendere del 10% circa. Come di consueto in un rallentamento del real estate, il settore più colpito sarà quello degli uffici. Il segmento necessity-based (retail difensivo, senior housing e alloggi prefabbricati) dovrebbe uscirne relativamente meglio. Rispetto alla crisi finanziaria globale, prevediamo perdite medie di valore inferiori in questo ciclo. Gli uffici sono l’eccezione più evidente.

    La crescita economica degli Stati Uniti ha sorpreso al rialzo nel 2023, mantenendo la tenuta dei mercati del lavoro mentre l’inflazione è scesa. Ma la politica monetaria statunitense rimane concentrata sul raggiungimento dell’obiettivo della Fed di un’inflazione al 2,0%. La suddivisione dell’inflazione PCE in tre categorie principali aiuta a comprendere le sfide future. L’inflazione degli alloggi ha raggiunto il suo picco ed è in calo, anche se l’aumento dei tassi ipotecari aggrava le pressioni su questa componente. L’inflazione dei servizi è ostinatamente alta.L’aumento del costo degli interessi e il venir meno dello stimolo fiscale comportano entrambi rischi economici al ribasso. Le famiglie e le banche hanno ampiamente ridotto il loro indebitamento, ma per il governo federale è aumentato di oltre 50 punti percentuali in rapporto con il PIL dal 2007. Il nostro scenario di base prevede una decelerazione della domanda immobiliare e della crescita occupazionale nel 2024, entrambe in rallentamento ben al di sotto del trend, mentre le pressioni dei tassi d’interesse più elevati si propagano nell’economia.

    Temi di investimento

    I rendimenti del debito sono interessanti nel mercato attuale. Potrebbero emergere situazioni selezionate per investire a prezzi più bassi, a cominciare dai REIT con uno sconto notevole. Con l’avanzare dell’anno, le opportunità in asset difensivi e del segmento necessity-based rimarranno favorevoli.

    Debito core

    Dopo che i costi dei prestiti immobiliari sono aumentati di oltre 300 punti base a causa dell’aumento dei tassi di base, riteniamo che i prestiti core offriranno il rendimento corretto per il rischio più interessante degli ultimi anni. A ulteriore tutela dei prestatori, le condizioni di prestito sono tra le più conservative degli ultimi decenni. La domanda da parte dei mutuatari sarà elevata a causa delle esigenze di rifinanziamento, anche se l’attività di transazione rimarrà in sordina.

    Debito non core

    Tra il 2024 e il 2025 scadranno oltre 1.000 miliardi di dollari di prestiti immobiliari commerciali, che secondo le nostre stime lasceranno un vuoto di rifinanziamento di oltre 300 miliardi di dollari. Tra questi figurano gli immobili multifamiliari neo-vintage e gli asset più vecchi in posizioni interessanti, oltre ai collaterali di mutui in sofferenza su uffici, negozi e hotel.

    REIT

    I prezzi dei REIT del settore core incorporano già in gran parte le correzioni di valore della leva finanziaria previste per l’intero ciclo, e alcuni sono già prezzati per la recessione. Con portafogli immobiliari di alta qualità e piena liquidità on demand, i REIT quotati offrono oggi un interessante punto di ingresso.

    Residenziale

    Gli Stati Uniti hanno costruito pochi alloggi per quasi un decennio, mentre sono aumentate le nuove famiglie e i millennial, ora adulti, preferiscono le case unifamiliari in zone sub-urbane. Il rapido aumento dei prezzi delle case e la recente impennata dei tassi ipotecari rendono l’affitto un’opzione interessante.

    Residenze per studenti e per anziani

    La ripresa della domanda di alloggi per studenti dopo la pandemia lascia il settore con un buon tasso di occupazione, ponendo le basi per una continua crescita degli affitti. La ripresa ciclica degli alloggi per anziani continua, con un tasso di occupazione che si avvicina ai livelli pre-pandemici e un assorbimento netto pari a circa il doppio della media dell’ultimo decennio. Prevediamo che l’occupazione si riprenderà completamente entro il 2025.

    Logistica negli Stati Uniti e in Messico

    La penetrazione dell’e-commerce sta riaccelerando dopo una breve battuta d’arresto dopo il 2020. Riteniamo che gli immobili ben localizzati e di dimensioni ridotte, più adatti alle consegne dell’ultimo miglio, continueranno a registrare i risultati migliori. I siti sfitti nel settore industriale in Messico rimangono al di sotto del 2%, anche se negli Stati Uniti sono saliti ai livelli precedenti alla pandemia. L’USMCA e le tendenze alla delocalizzazione continuano a creare domanda per il settore industriale messicano.

  • PGIM Fixed Income: Prospettive per il debito emergente

    PGIM Fixed Income: Prospettive per il debito emergente

    A cura di Cathy Hepworth, Head of EM Debt di PGIM Fixed Income

    Con l’avvicinarsi del 2024, il principale vento contrario degli ultimi due anni si è ora trasformato in un leggero vento di coda, grazie al rallentamento della volatilità dei tassi, in seguito alla riunione della Fed di novembre, in cui è stato raggiunto un tono equilibrato e si prevede una pausa a tempo indeterminato. Detto questo, permane l’incertezza sullo scenario di crescita globale e sulla geopolitica: gli Stati Uniti avranno un atterraggio morbido o duro? La Cina introdurrà un consistente stimolo fiscale e stabilizzerà il proprio mercato immobiliare? Come evolveranno i rischi nella sfera geopolitica, nei rapporti tra Russia/Ucraina, Cina/Taiwan e in Medio Oriente? Sono tutte domande ancora aperte e gli esiti probabilmente influenzeranno i rendimenti dei mercati degli asset in futuro.

    Rimaniamo rialzisti sui mercati emergenti, viste le ampie valutazioni, e riteniamo che vi sia un carry sufficiente in valuta forte per compensare qualsiasi potenziale allargamento degli spread a breve termine dovuto ai timori di recessione, e troviamo interessanti opportunità di rendimento corretto per il rischio nei titoli sovrani e societari resilienti nella parte anteriore e centrale delle curve con rating BBB e BB. Siamo molto meno esposti ai titoli singola B e CCC, ma riscontriamo opportunità selettive e interessanti nella parte anteriore delle curve.

    A livello locale, privilegiamo i tassi e siamo posizionati su una duration lunga. Siamo sempre più convinti che un numero maggiore di banche centrali dei Paesi emergenti taglierà i tassi nel 2024. Il processo di disinflazione è più maturo negli emergenti rispetto ai mercati sviluppati – l’inflazione degli emergenti è stata sorprendente, in ribasso per buona parte del 2023. Con la Fed che ha assunto un tono più equilibrato e ha ridotto il rischio di un aumento dei tassi dei Treasury, unitamente al calo dei prezzi delle materie prime che stiamo osservando, riteniamo che i tassi locali dei mercati si baseranno maggiormente sui microfondamentali, che favoriscono fortemente una riduzione dei tassi nel 2024.

    Ai massimi livelli, il ciclo dei tassi nei mercati emergenti è in anticipo rispetto a quello dei mercati sviluppati. Le banche centrali dei Paesi emergenti hanno iniziato i rialzi prima della Fed e della BCE; alcune hanno tagliato nel secondo semestre del 2023, mentre altre dovrebbero iniziare il loro ciclo di allentamento nel primo semestre del 2024. In America Latina, il Brasile e il Cile hanno tagliato i tassi nel 2023, così come la Polonia e l’Ungheria nell’area CEEMEA. In Asia, solo la Cina ha allentato numerose misure per fornire liquidità e stimolare la domanda di prestiti. Prevediamo che Repubblica Ceca, Messico e Colombia inizieranno i loro cicli di allentamento nel primo trimestre del 2024. La maggior parte delle banche centrali asiatiche rimarrà in attesa per il prossimo futuro, dato che nel 2023 i loro rialzi sono stati limitati.

    I mercati si evolvono rapidamente, ma per iniziare l’anno vediamo la necessità di un’adeguata selezione degli emittenti a più alto beta, sia sovrani, sia societari. Molti emittenti singola B e inferiori hanno faticato a causa di ampi deficit e tassi più elevati che hanno portato a una mancanza di accesso al mercato e a finanziamenti molto più costosi. Detto questo, sottolineiamo che nello spettro di qualità inferiore saranno i fattori idiosincratici a guidare le opportunità di alfa, indipendentemente dalle dinamiche macro più ampie.

    Per quanto riguarda le valute, continuiamo a essere cauti e a rimanere lunghi sul dollaro rispetto alle valute dei mercati emergenti. Nonostante la Fed abbia adottato un tono equilibrato e abbia rimosso un fattore favorevole al dollaro, temiamo che la Cina non sia ancora disposta a introdurre stimoli consistenti e necessari per riportare la fiducia degli investitori, il che comporta il persistere di rischi per la crescita (a esclusione degli USA). Riteniamo inoltre che i cicli di taglio dei tassi in corso e previsti in un maggior numero di Paesi possano rappresentare un vento contrario per le valute. La posizione sottopesata sulle valute degli emergenti è un buon modo per esprimere una posizione difensiva in un contesto macro incerto.

    L’inclusione dell’India nell’indice GBI-EM è uno sviluppo molto positivo in termini di presenza di un maggior numero di Paesi e di aumento del livello di rendimento complessivo. Tuttavia, un aumento incrementale dell’1% al mese del peso dell’indice, a partire da giugno 2024 fino a un peso massimo del 10%, è improbabile che abbia un impatto rilevante sulla valuta indiana o sui rendimenti delle obbligazioni. Data la ricchezza e i bassi rendimenti reali delle obbligazioni locali e la sopravvalutazione a lungo termine della rupia indiana, prevediamo che la maggior parte degli investitori del GBI-EM cercheranno una ponderazione nel mercato indiano.

  • PGIM Real Estate: stanno tornando le opportunità d’investimento in Europa

    PGIM Real Estate: stanno tornando le opportunità d’investimento in Europa

    A cura di Greg Kane, Head of European Investment Research di PGIM Real Estate

    I rendimenti immobiliari rimarranno deboli fino al 2024, poiché continua l’adeguamento dei prezzi all’aumento dei tassi di interesse e la liquidità rimane depressa. Gli occupier market hanno tenuto nel 2023 e le prospettive per il prossimo anno sono stabili, anche se prevalgono i rischi di ribasso. Le opportunità di investimento iniziano a emergere nei mercati in cui l’adeguamento dei prezzi è prossimo alla fine e la domanda rimane positiva.

    Continua il forte riprezzamento degli asset immobiliari europei, mentre i tassi di interesse rimangono elevati e la liquidità bassa. L’overshooting è sempre più probabile. Ci sono tendenze positive a sostegno degli occupier markets, ma i rischi di ribasso dominano fino al 2024. Lo spostamento dei rendimenti è destinato ad agire come un freno sui rendimenti totali fino alla metà del 2024, il che significa che i rendimenti totali annuali rimarranno negativi l’anno prossimo. A partire dal 2025, una volta che i prezzi si saranno sufficientemente adeguati, l’immobiliare europeo sarà nuovamente in grado di offrire rendimenti core interessanti e di essere competitivo per il capitale rispetto ad altre asset class, come il reddito fisso. I tassi d’interesse elevati stanno facendo salire i costi del debito, che si attestano su livelli superiori ai rendimenti dell’immobiliare di pregio nella maggior parte dei mercati e dei settori. L’elevato spread tra i costi del debito e i rendimenti immobiliari continua a esercitare pressioni sui prezzi, ad esempio nei mercati degli appartamenti in Germania, Francia e Regno Unito. Secondo le previsioni, queste pressioni dovrebbero persistere fino al 2024.

    Con il calo dei valori immobiliari, il volume delle transazioni in termini reali ha subito una forte contrazione ed è vicino ai minimi registrati durante la crisi finanziaria globale. Con la difficoltà di ottenere finanziamenti di debito a condizioni interessanti, le transazioni di grandi dimensioni sono quelle che sono diminuite di più negli ultimi 12 mesi. Le condizioni difficili per le transazioni minacciano di prolungare la flessione e di provocare un overshooting nel processo di aggiustamento del valore.

    Secondo le nostre stime, negli ultimi sei trimestri in Europa si è verificata l’82% della correzione dei rendimenti necessaria per ripristinare un livello di rendimenti stabilizzato a lungo termine. Tuttavia, dato che i tassi di interesse rimarranno più alti e più a lungo di quanto inizialmente previsto e la carenza di liquidità continuerà a persistere, si prospetta un probabile overshooting nel 2024. La correzione finora è stata relativamente omogenea tra i vari settori e mercati, anche se il repricing della logistica è il più vicino al nostro target, offrendo un interessante punto di ingresso a lungo termine. Anche se i prezzi degli uffici sembrano vicini al fair value, l’overshooting sarà più pronunciato a causa dell’elevata incertezza dei redditi da locazione sottostanti. Gli spazi retail hanno ancora molta strada da fare per adeguarsi alla crescente penetrazione delle vendite online, soprattutto nell’Europa continentale. I nostri indicatori di domanda mostrano un’ulteriore ripresa della domanda di spazi logistici oltre il 2023, anche se quest’anno l’assorbimento è stato lento a causa del rallentamento della crescita economica. Nei settori in difficoltà, tra cui quello degli uffici, l’assorbimento netto è ancora ben al di sotto dei livelli medi di lungo periodo. Il nostro indicatore di domanda sta virando in negativo a causa del rallentamento dell’economia e della diminuzione delle intenzioni di assunzione.

    L’ultimo ciclo è stato caratterizzato da bassi tassi di costruzione, una tendenza destinata a continuare con la sospensione degli sviluppi. Ciò dovrebbe sostenere i livelli degli affitti, nonostante le prospettive di una domanda inferiore da parte dei locatari. Le prospettive per il retail sono ostacolate dagli elevati tassi di sfitto, ma la disponibilità di uffici rimane contenuta. Gli spazi logistica e gli appartamenti sfitti sono destinati a rimanere strutturalmente bassi rispetto alla domanda, data la limitata attività di costruzione.

    Dato che lo scenario negativo della domanda si contrappone a un’offerta limitata e a un tasso di sfitto strutturalmente basso, la crescita dei canoni di locazione complessiva dovrebbe rimanere stabile, soprattutto nei settori in cui i locatori possono sfruttare gli effetti dell’inflazione elevata, come per la logistica e gli appartamenti. Guardando avanti, le prospettive di crescita dei canoni di locazione prevedono una crescita modesta, pari al 2-3% annuo, ma significativamente più forte rispetto agli anni successivi alla crisi finanziaria globale.

    Temi di investimento

    Quando la correzione dei valori degli asset lascerà il posto a una fase di ripresa e di crescita, si prevede che il set di opportunità crescerà in modo significativo. Nonostante la correzione dei mercati e il repricing immobiliare dovuto all’aumento dei tassi d’interesse, nelle attuali condizioni di mercato esistono alcune opportunità d’investimento in debito e equity basate su una domanda resiliente e sulla crescita degli affitti.

    Residenziale

    Nonostante la recente ripresa delle compravendite, la carenza di offerta accumulatasi durante l’ultimo ciclo rimane sostanziale, pari a 500.000 unità nelle 13 principali città. Il tasso di sfitto è sceso di 200 punti base negli ultimi 20 anni e sostiene la prospettiva di un solido ritmo di crescita degli affitti nel prossimo ciclo.

    Alloggi per studenti

    Il numero di studenti è destinato ad aumentare di oltre 400.000 unità all’anno, grazie alla crescita demografica, al prolungamento del periodo di studio e agli studenti stranieri che vengono in Europa per frequentare l’università. La tenuta della domanda fa ben sperare per il potenziale di crescita dell’ERV degli alloggi per studenti costruiti ad hoc, sull’esempio del Regno Unito, dove i canoni di locazione sono aumentati rapidamente negli ultimi anni.

    Logistica

    Le esigenze della domanda legata all’e-commerce sono destinate ad aumentare nel tempo, man mano che la spesa online prende piede nei mercati meno densi dell’Europa continentale. Il risultato di questa tendenza strutturale è l’aspettativa di una crescita dei canoni di locazione continua e su larga scala in tutti i settori logistici e in tutte le aree geografiche.

    Data Center

    Nonostante l’aumento dell’efficienza dei data center esistenti, la domanda di spazi fisici per data center è in aumento. I prezzi hanno già subito una correzione significativa in linea con la logistica e sono destinati ad apparire nuovamente interessanti nel 2024/25 con la stabilizzazione dei rendimenti.

    Hotel

    La forte ripresa della domanda di viaggi dopo la pandemia di Covid si sta traducendo in una rapida crescita dei ricavi per camera disponibile (RevPAR), mentre la crescita dell’offerta alberghiera è a livelli contenuti. Dal 2020, la correzione cumulativa dei rendimenti alberghieri è stata molto più forte rispetto ad altri importanti settori immobiliari. Un punto di ingresso relativamente interessante è destinato a sostenere le prospettive di crescita del valore del capitale.

    Uffici

    Il parco uffici europeo è in gran parte vecchio e quindi è improbabile che sia conforme ai moderni standard ESG anche entro il 2050. Una percentuale relativamente piccola è già conforme agli standard ESG o si prevede che lo sarà entro il 2030, tenendo conto delle attuali tendenze di completamento. Senza ulteriori apporti di capitale, quasi nessun mercato europeo degli uffici sarà conforme alle attuali normative ESG entro il 2050.

    Debito I e Debito II

    Le banche si trovano ad affrontare un quadro normativo sul capitale più severo in vista della finalizzazione di Basilea III (nota anche come Basilea 3.1), che imporrà un aumento del capitale regolamentare minimo che le banche devono detenere a fronte dei loro prestiti. Le banche si concentreranno sulle posizioni strategiche e sulle relazioni chiave, lasciando alle entità non bancarie l’opportunità di guadagnare quote di mercato.

    Le scadenze dei prestiti dovranno affrontare costi di rifinanziamento più elevati, poiché i tassi di prestito e i costi di copertura sono aumentati notevolmente insieme ai tassi di riferimento. Ciò limiterà la leva finanziaria, in quanto i senior lender si concentrano sul servizio del debito. I maggiori costi di finanziamento si traducono anche in un maggiore reddito da interessi per gli investimenti nel debito, che si troveranno a punti di attacco più bassi, offrendo interessanti rendimenti corretti per il rischio.

  • Germania – La deindustrializzazione minaccia la potenza economica dell’Europa

    Germania – La deindustrializzazione minaccia la potenza economica dell’Europa

    A cura di Katharine Neiss, chief European economist di PGIM Fixed Income

    La Germania ha beneficiato in modo significativo della globalizzazione. La sua base produttiva è cresciuta per sostenere la domanda di esportazioni da tutto il mondo, con acquirenti in altri Paesi che desideravano automobili, elettronica e prodotti farmaceutici tedeschi.

    L’economia più grande dell’UE ha avuto difficoltà negli ultimi tempi, dovendo affrontare sfide su tre fronti principali: la guerra in Ucraina, i sussidi esteri e il rimescolamento delle rotte commerciali globali. A ciò si aggiunge la concorrenza che le case automobilistiche tedesche devono affrontare da parte di nuovi operatori nel mercato delle auto elettriche, creando un ambiente operativo più difficile per un’industria fondamentale per la forza del settore industriale del Paese. Le sfide a lungo termine della Germania sono aggravate dalle tensioni tra gli Stati Uniti, un alleato strategico, e la Cina, il principale partner commerciale della Germania. Nel 2022 il commercio tra Germania e Cina è cresciuto del 21% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un livello record. Per il settimo anno consecutivo, la Cina è stata il principale partner commerciale della Germania.

    Tuttavia, in risposta alle crescenti tensioni a livello globale, il governo tedesco ha adottato la sua prima strategia nazionale nei confronti della Cina, definita “partner, concorrente e rivale sistemico”. Nell’ambito di questa politica, i funzionari tedeschi mirano a rendere l’economia del Paese meno dipendente dalle importazioni cinesi, aumentando al contempo i controlli sulle esportazioni, seguendo un percorso simile alla visione europea del “de-risking”.

    Sono emersi altri cambiamenti politici nella regione. L’Europa ha contrastato i nuovi sussidi per l’energia pulita negli Stati Uniti con un proprio pacchetto di incentivi. A marzo, l’UE ha alleggerito le regole sugli aiuti di Stato, consentendo ai governi nazionali di eguagliare i sussidi che le aziende avrebbero ricevuto negli Stati Uniti. Tuttavia, gli Stati Uniti hanno una maggiore potenza finanziaria e alcuni produttori, persino i pilastri della base industriale tedesca, vi hanno indirizzato nuovi investimenti. Ciò ha sollevato il rischio di una fuga di produzione dall’Europa, anche se i funzionari dell’UE hanno espresso fiducia nel loro piano per rimanere competitivi.

    La Germania ha promesso un finanziamento di 11 miliardi di dollari per sostenere la costruzione di un complesso produttivo di semiconduttori per Intel. Inoltre, contribuirà a finanziare un impianto della Thyssenkrupp con sussidi approvati durante l’estate. Tuttavia, le piccole imprese hanno meno probabilità di beneficiare dei piani dell’UE rispetto alle grandi aziende, e le sovvenzioni locali sono principalmente dirette alla costruzione di capacità produttiva piuttosto che alla condivisione dei costi di produzione nel tempo come negli Stati Uniti. Le carenze di questa politica industriale sottolineano le sfide che deve affrontare l’economia tedesca, che si basa sulle esportazioni. Con le crescenti tensioni tra la Cina e l’Occidente, la Germania potrebbe guardare ai suoi vicini europei per la crescita delle esportazioni – riducendo la sua dipendenza dalla domanda cinese – e continuare a elaborare le proprie misure politiche volte a stimolare gli investimenti interni.

  • PGIM Fixed Income: Cina – I venti contrari all’economia fanno presagire un rallentamento della crescita

    PGIM Fixed Income: Cina – I venti contrari all’economia fanno presagire un rallentamento della crescita

    A cura di Magdalena Polan, head of EM macro research di PGIM Fixed Income

    Il crescente divario geopolitico con l’Occidente comporta una strada accidentata per il commercio e ostacoli agli investimenti stranieri. Ma queste sono solo alcune delle sfide che la seconda economia mondiale deve affrontare. Il rallentamento della crescita, l’invecchiamento della popolazione e l’eccesso dei risparmi stanno determinando un cambiamento fondamentale nell’economia cinese, il cui tasso di espansione ha superato i mercati sviluppati per gran parte degli ultimi tre decenni. Queste tendenze sfavorevoli contribuiscono a illustrare le difficoltà della Cina a rilanciare la propria economia dopo la pandemia COVID-19.

    La banca centrale del Paese ha tagliato i tassi di interesse di riferimento nel 2023 nella speranza di stimolare l’attività economica dopo che i dati hanno mostrato un calo delle esportazioni e dei prezzi al consumo in estate. Una delle sfide che la Cina si trova ad affrontare è che il suo recente malessere economico arriva nonostante il suo stesso impulso alla politica industriale. Nei prossimi anni, la capacità della Cina di stimolare la crescita appare limitata.

    La forte spesa per nuove infrastrutture è stata un importante motore di espansione economica quando la Cina faceva gli straordinari per portare la sua economia nel XXI secolo. Le opportunità di migliorare le infrastrutture stanno diventando scarse, come dimostra l’abbondanza di appartamenti e di strade, aeroporti e linee ferroviarie sottoutilizzate. Inoltre, la nazione sarà costretta a spendere di più per il pagamento del debito, limitando la sua capacità di spesa in altri settori. Il Fondo Monetario Internazionale stima che la crescita del PIL cinese passerà dal 5,2% previsto per il 2023 al 3,4% nel 2028 – un’espansione ben lontana da quella a due cifre di due decenni fa.

    Con la Cina che potrebbe entrare in un’era di crescita più lenta, sono aumentate le aspettative per un’altra serie di prescrizioni politiche. Finora il governo cinese ha sostenuto la produzione interna di semiconduttori, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza da altri operatori. I chip più sofisticati sono principalmente progettati e prodotti altrove.

    Nel frattempo, di fronte al crollo degli investimenti stranieri, i funzionari hanno presentato una proposta di allentamento delle norme che regolano gli investimenti delle imprese estere. L’indebolimento delle prospettive suggerisce che la Cina non sarà più un sostegno affidabile per l’economia globale come in passato. In un outlook semestrale, la Banca Mondiale ha rivisto al ribasso le sue previsioni per le economie in via di sviluppo dell’Asia orientale come riflesso delle difficoltà della Cina, prevedendo una crescita del 4,5% nel 2024 dopo aver stimato in precedenza il 4,8%. In particolare, i rischi di ribasso del settore immobiliare cinese potrebbero pesare sulle economie regionali, come quella della Mongolia, a causa del calo della domanda di materiali da costruzione.

  • Studio di PGIM Investments: I Bond tornano nei radar dei collocatori

    Studio di PGIM Investments: I Bond tornano nei radar dei collocatori

    Milano, 7 novembre 2023 – Il reddito fisso è ancora una volta al centro dell’attenzione degli asset allocator, lo mostra l’ultimo studio di PGIM Investments, condotto tra i selezionatori di fondi Europei e Asiatici che ha rivelato la forte domanda prevista per questa asset class nei prossimi 12 mesi.PGIM è il business di gestione patrimoniale globale di Prudential Financial, Inc. (NYSE: PRU), con sede negli Stati Uniti.

    Lo studio Gatekeeper Pulse® di PGIM Investments ha sondato i piani di allocazione, le attitudini di investimento e le preferenze dei gestori di 210 gatekeeper (selezionatori di fondi) del Regno Unito, dell’Europa continentale e dell’Asia presso grandi istituzioni finanziarie globali, tutti con un patrimonio in gestione di almeno 1 miliardo di dollari. Lo studio si proponeva di esplorare le questioni più importanti per i decisori da un miliardo di dollari nella selezione dei fondi.

    Lo studio mostra che la maggioranza dei selezionatori di fondi è leggermente pessimista sulle prospettive dell’economia globale e degli asset di rischio per il prossimo anno, e la maggior parte degli intervistati prevede un aumento della volatilità dei mercati azionari. Tuttavia, l’opinione rimane piuttosto variegata, come evidenziato dal fatto che più di un terzo dei fund selector prevede un’accelerazione della crescita globale.

    Lo studio rileva che i selezionatori di fondi prevedono molta incertezza in una situazione economica irrisolta, con aspettative divergenti per la crescita, l’inflazione e la politica monetaria, tra le altre cose. Inoltre, essi segnalano una preferenza per le soluzioni gestite attivamente.

    Nonostante il perdurare dell’incertezza, il miglioramento dei fondamentali del reddito fisso ha suscitato un rinnovato interesse per l’asset class, e i selezionatori di fondi prevedono di aumentare le allocazioni nette obbligazionarie: il 58% dei gatekeeper ha indicato l’intenzione di aumentare le allocazioni, mentre il 7% ha indicato di diminuirle.

    Sebbene sia probabile che i fund selector aumentino l’esposizione a quasi tutte le asset class nei prossimi 12 mesi, si è registrato un notevole divario tra la prima asset class, il reddito fisso, e la seconda, ovvero il private equity, con il 17%. L’azionario si è attestato al 14%.

    Nell’ambito del reddito fisso, la metà degli intervistati intende incrementare le posizioni in green bond e investment grade nel corso del prossimo anno, seguito dal debito sovrano con il 43% dei partecipanti. La principale differenza regionale tra gli allocatori riguarda il debito dei mercati emergenti (EMD), con il 51% dei gatekeeper asiatici che intende aumentare l’esposizione all’EMD, contro il 36% dei loro colleghi europei.

    Sebbene negli ultimi anni gli investitori siano stati messi a dura prova dalla crescente correlazione tra obbligazioni e azioni, più di due terzi dei gatekeeper ritengono che il reddito fisso reclamerà il suo ruolo di diversificatore di portafoglio rispetto alla volatilità delle azioni. Per quanto riguarda le ragioni principali del probabile aumento del posizionamento sul reddito fisso, i fund selector hanno citato le aspettative di un picco dei tassi di interesse e di un raffreddamento delle pressioni inflazionistiche.

    Matt Shafer, responsabile della distribuzione internazionale di PGIM Investments, comprende l’accresciuto ottimismo dei gatekeeper nei confronti del reddito fisso. “La rinascita del reddito fisso è innegabile e la domanda di questa asset class continua a crescere presso i nostri investitori”, afferma Shafer.

    “Mentre i tassi d’interesse sono rimasti per più di un decennio a livelli bassissimi, il nostro team d’investimento di PGIM Fixed Income prevede che i tassi dei mercati sviluppati vivranno un periodo prolungato in un range tradizionale di lungo termine del 3-5%. Se ciò dovesse concretizzarsi, il team prevede rendimenti investment grade intorno al 5% per il prossimo futuro, con rendimenti superiori al 5% per i settori a più alto rischio”, aggiunge Shafer. “Con la maggior parte dei rialzi dei tassi ormai nello specchietto retrovisore, potremmo anche assistere a una riduzione della volatilità del reddito fisso e al riemergere della caccia al rendimento’, che può fornire un ulteriore impulso alla performance delle strategie obbligazionarie”.

    La domanda di azioni globali e di una migliore informativa

    Nell’ambito delle azioni, l’obiettivo principale per un aumento dell’allocazione del gatekeeper nei prossimi 12 mesi è l’azionario globale, con il 51%. I selezionatori sembrano anche più ottimisti nei confronti dell’azionario dei mercati emergenti (ex Cina), in precedenza poco amato, con il 44% che prevede di aumentare l’esposizione a questa regione diversificata.

    Come nel caso del reddito fisso, i gatekeeper sembrano avere una maggiore fiducia nei mercati locali, con il 65% dei fund selector asiatici destinati a incrementare le posizioni in azioni dell’Asia-Pacifico, mentre solo il 41% dei loro compatrioti europei prevede di aumentare le ponderazioni nella regione. I ruoli si invertono se si guarda ai titoli europei, con il 39% dei gatekeeper europei che probabilmente aumenterà le posizioni azionarie europee, mentre solo il 24% dei selezionatori asiatici dovrebbe farlo.

    Inoltre, mentre continuiamo a intraprendere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, le strategie azionarie allineate al tema delle soluzioni di carbonio stanno diventando sempre più diffuse. In questo caso, sette gatekeeper su 10 ritengono importante che i fondi incentrati sugli sforzi di decarbonizzazione globale rendano note le “emissioni evitate” delle partecipazioni, un’informazione che oggi rimane scarsa.

    Alessandro Aspesi, head di PGIM Investments in Italia, commenta: “Gli investitori comprendono chiaramente i benefici derivanti dall’evitare le emissioni, ma poiché si tratta di un aspetto più difficile da calcolare, molte strategie tradizionali di decarbonizzazione non ne tengono conto. Tuttavia, anche se oggi è certamente difficile contabilizzare le emissioni evitate, riteniamo che sia fondamentale provarci. Se gli investitori si limiteranno a dare la priorità alle emissioni operative generate da un’azienda, come l’inquinamento delle centrali elettriche o i gas di scarico delle automobili, ciò ostacolerà gli obiettivi di decarbonizzazione globale. Inoltre, questo focus ristretto sottovaluta enormemente l’universo di opportunità di investimento offerte dalle soluzioni di carbonio”.

    Infine, il 16% dei gatekeeper prevede di aumentare gli impegni negli alternativi liquidi (liquid alternatives) nei prossimi 12 mesi. Nell’ambito di questa categoria, global macro, long-short equity e multi-alternative/multi-strategy sono le destinazioni preferite per ulteriori allocazioni.

    Shafer conclude: “Gli alternativi liquidi rimarranno una delle principali considerazioni di asset allocation per i selezionatori di fondi. In un contesto di volatilità che non accenna a diminuire, gli alternativi liquidi rappresentano una soluzione interessante per gli investitori, in quanto possono offrire rendimenti e performance non correlati, una maggiore diversificazione e un beta basso rispetto ai mercati tradizionali.”

  • PGIM Fixed Income: Transizione accidentata verso il bull market ancora in corso

    PGIM Fixed Income: Transizione accidentata verso il bull market ancora in corso

    A cura di Robert Tipp, Chief Investment Strategist, Head of Global Bonds di PGIM Fixed Income

    La maggior parte degli operatori del mercato obbligazionario era pronta per la fine del bear market un anno fa. In termini di rendimento totale, si potrebbe affermare che è stato così: molti indici obbligazionari total return sono al di sopra dei minimi del 2022, anche se di poco, mentre i settori del reddito fisso a più alto rischio hanno messo a segno guadagni sostanziali. Ma in termini di rendimenti, le turbolenze del mercato del terzo trimestre li hanno spinti a nuovi massimi, ponendo la domanda: siamo ancora in una fase di transizione verso un nuovo bull market e, in caso contrario, a che punto è il bear market? Le coincidenze sono troppo grandi per essere ignorate. Il 2 agosto, l’annuncio del rifinanziamento del Treasury segnalava che, grazie agli elevati deficit di bilancio (gli Stati Uniti non sono gli unici), fosse in arrivo un aumento delle emissioni. Lo stesso giorno, Fitch ha declassato gli Stati Uniti da AAA ad AA+. Per il mercato è stato troppo, e i rendimenti hanno superato il 4,1%, segnando i nuovi massimi dell’anno. Questa è stata la prima goccia che ha fatto traboccare il vaso.

    Al momento della riunione della Federal Reserve del 20 settembre, il tasso del decennale era salito al 4,35%, ai massimi del ciclo dello scorso anno. Nonostante la tendenza al calo dell’inflazione e il continuo rallentamento dell’occupazione – uno scenario che avrebbe potuto giustificare una svolta dovish – i membri del FOMC hanno invece scelto di proseguire con l’orientamento hawkish, elevando significativamente il percorso previsto per il tasso dei Fed fund (il loro diagramma a punti), con un aumento di 50 punti base del tasso dei Fed fund previsto per la fine del 2024, al 5,1%.

    Come tante altre volte in questo ciclo, gli investitori che si aspettavano una svolta dovish sono stati colti in contropiede e le nuove vendite hanno spinto i rendimenti statunitensi ai nuovi massimi del ciclo nell’area del 4,60% alla fine del trimestre, per poi arrivare quasi al 4,90% dopo il rapporto sui salari di settembre. Questa è stata la seconda goccia. Oltre alla Fed e all’offerta, altri rischi si profilano all’orizzonte: i prezzi volatili dell’energia e i sindacati più forti sono in cima alla lista. I mercati restano inoltre esposti al circolo vizioso dell’aumento dei tassi e delle preoccupazioni per il capitale delle banche, nel caso in cui queste si liberino nuovamente del rischio di tasso d’interesse per ridurre i propri bilanci, provocando un ulteriore aumento dei tassi. Se i risparmiatori iniziano a spostare il loro denaro dalle istituzioni percepite come più deboli, innescando ulteriori vendite di asset, il circolo vizioso potrebbe accelerare. Sebbene la situazione appaia per ora contenuta, è comunque da tenere d’occhio come potenziale driver dei tassi di interesse e della propensione al rischio.

    Tuttavia, il contesto economico generale sembra diventare sorprendentemente favorevole alle obbligazioni. La crescita dell’occupazione si è moderata costantemente nei mercati sviluppati per diversi trimestri, portando i mercati del lavoro a un maggiore equilibrio e riducendo la pressione al rialzo sui salari. Inoltre, sembra che l’inflazione stia rapidamente scendendo verso l’obiettivo in Europa e negli Stati Uniti. Un altro aspetto positivo del mercato obbligazionario è che gli investitori dimostrano di avere fiducia nella capacità delle banche centrali di contenere l’inflazione, come dimostrato dalla stabilità dei breakeven durante il recente aumento dei tassi. A questo punto, le principali forze che spingono la curva dei rendimenti verso l’alto sono le banche centrali e la forte offerta di emissioni di titoli di Stato. La spinta al rialzo dei rendimenti a lunga scadenza potrebbe facilmente proseguire fino a fine anno, spingendo i Treasury verso il 5% e i Bund verso il 3%, e i rendimenti potrebbero superare questi livelli se i fondamentali si riscaldassero di nuovo.

    Tuttavia, il nostro scenario di base prevede che i fondamentali di mercato rialzisti continuino a svilupparsi come negli ultimi mesi e che diventino un fattore trainante del mercato mentre ci avviciniamo al 2024. Questa prospettiva di mercato implica che le principali banche centrali sono sull’orlo di un punto di inflessione: per la Fed, ciò potrebbe significare un taglio dei tassi di 50-75 punti base nel 2024 rispetto all’attuale punto medio dei Fed fund del 5,375%. I rendimenti sono tornati a livelli rispettabili e ci aspettiamo che si mantengano all’incirca sui livelli attuali nel lungo periodo. Ciò dovrebbe consentire alle obbligazioni di guadagnare il loro rendimento negli anni a venire, anche se con una volatilità intermittente.

    Date le curve piatte o invertite dei mercati sviluppati, almeno nel breve termine, i rendimenti dei titoli di Stato potrebbero essere solo nell’ambito della liquidità nei prossimi trimestri. In questo caso, perché preoccuparsi delle obbligazioni? Emergono cinque ragioni: 1. l’alfa, 2. il beta del credito, 3. la copertura del reddito a lungo termine, 4. la copertura del rischio potenziale e 5. le valutazioni relative.

    Alfa: L’ultimo anno di tumulti ha offerto opportunità per aggiungere valore in tutte le aree del reddito fisso: posizionamento della struttura a termine, allocazione settoriale, tassi dei paesi emergenti in valuta locale e persino tassi di cambio.

    Beta del credito: Da quando le banche centrali hanno abbandonato i loro immensi rialzi dei tassi, la performance dei prodotti creditizi è stata positiva, una tendenza che in generale ci aspettiamo continui, a vantaggio dei portafogli a reddito fisso diversificati.

    Copertura del reddito a lungo termine: Se il passato è la premessa, uno shock inaspettato finirà per far scendere i tassi a breve termine. Quando ciò accadrà, i tassi potrebbero rimanere a lungo a questi livelli.  In tal caso, coloro che hanno optato per la liquidità e non sono riusciti a bloccare i tassi più alti al culmine del ciclo dei tassi finiranno per perdere nel lungo periodo (… basta chiedere a chiunque ricordi gli anni ’80).

    Potenziale copertura del rischio: In un evento di “risk off”, i rendimenti governativi possono scendere, zavorrando i portafogli.

    Valutazioni relative: Con il riprezzamento post-COVID, i rendimenti obbligazionari sono tornati a livelli rispettabili che non si vedevano da oltre un decennio. Le obbligazioni si sono rivalutate. D’altro canto, le azioni non si sono rivalutate e quindi, secondo alcuni, appaiono costose al confronto, rendendo i titoli azionari vulnerabili a un riprezzamento dovuto al rischio economico o al rischio legato ai tassi di interesse. In sintesi: transizione accidentata verso un bull market ancora in corso con nubi visibili a breve termine; le prospettive a lungo termine sono favorevoli, con i tassi vicini ai massimi del ciclo. Un’ampia gamma di prodotti a reddito fisso sembra ben posizionata per ottenere solidi rendimenti corretti per il rischio nel lungo periodo, sia su base assoluta che relativa.

  • PGIM Fixed Income: Le prospettive di investimento dell’Africa dipendono dagli aggiustamenti macroeconomici

    PGIM Fixed Income: Le prospettive di investimento dell’Africa dipendono dagli aggiustamenti macroeconomici

    A cura di Giancarlo Perasso, Lead Economist, CEEMEA, PGIM Fixed Income

    Il duplice shock del COVID e dell’invasione dell’Ucraina ha avuto un forte impatto sull’Africa negli ultimi anni. Le finanze pubbliche sono state messe a dura prova, l’inflazione è salita alle stelle e l’inasprimento della politica monetaria ha messo a dura prova l’accesso ai mercati dei capitali. Sebbene il sostegno della comunità internazionale abbia attenuato l’impatto di questi shock negativi, l’adozione di politiche fiscali prudenti sarà fondamentale per molti Paesi dell’Africa subsahariana (SSA) per accelerare la crescita e raggiungere la sostenibilità del debito. Tuttavia, alcuni Paesi si trovano in posizioni strutturali difficili che non è facile correggere rapidamente. In futuro, ci aspettiamo di assistere a una maggiore dispersione dovuta più a fattori strutturali che a iniziative politiche. Tuttavia, le recenti performance della regione SSA sono state in gran parte guidate da fattori tecnici. Per gli investitori, ciò rappresenta un’opportunità per capitalizzare la divergenza dei fondamentali all’interno della regione che attualmente non si riflette negli spread creditizi.

    Mentre le economie di tutto il mondo sono state colpite dagli shock globali degli ultimi anni, i fondamentali del credito dei Paesi africani sono stati particolarmente colpiti. In primo luogo, le finanze pubbliche sono state messe a dura prova a causa della riduzione delle entrate fiscali e dell’aumento delle spese durante l’apice della pandemia COVID. Poi l’invasione dell’Ucraina ha provocato un’impennata dei prezzi dei generi alimentari, pesando in modo significativo sul potere d’acquisto delle famiglie.

    Nel valutare i crediti high yield e di frontiera, l’analisi della traiettoria di crescita di un emittente è fondamentale per determinare la sua capacità di servizio del debito in futuro. Mentre i deficit gemelli di molti Paesi africani si sono ampliati a causa di questi due shock, un’altra scossa esterna ha colpito l’Africa: l’inasprimento della politica monetaria nella maggior parte dei mercati sviluppati ha reso impossibile per molti mercati di frontiera l’accesso ai mercati internazionali dei capitali. Di conseguenza, molte valute africane si sono svalutate (alimentando ulteriormente l’inflazione), il costo del servizio del debito è aumentato e alcuni Paesi (ad esempio Ghana e Zambia) sono andati in default sul loro debito. Solo i Paesi esportatori di petrolio hanno visto migliorare la loro situazione debitoria.

    Una posizione più restrittiva

    Di conseguenza, molti Paesi della SSA hanno avviato programmi di aggiustamento fiscale, spesso nel quadro di un programma del Fondo Monetario Internazionale. Tuttavia, il percorso di aggiustamento è impegnativo, poiché i saldi primari della maggior parte dei Paesi si sono deteriorati in modo significativo negli ultimi anni. In teoria, adottare una politica fiscale più restrittiva non è difficile: si possono tagliare le spese e aumentare le tasse. Ciò è particolarmente vero nei Paesi dell’SSA, poiché il loro gettito fiscale, in percentuale del PIL, è inferiore a quello di altri mercati emergenti.

    La difficoltà principale è di natura politica: il governo potrebbe temere di alimentare disordini politici o di danneggiare il sentimento pubblico in vista di un ciclo elettorale. Inoltre, la capacità di aumentare le tasse senza soffocare la crescita nel breve periodo può essere limitata. Anche il sentimento pubblico e la popolarità del governo possono essere influenzati negativamente dalle politiche monetarie e valutarie necessarie, ritardando ulteriormente questi aggiustamenti. Nonostante le difficoltà nell’aumentare le entrate fiscali, la maggior parte dei Paesi della regione ha aderito ai programmi di aggiustamento del FMI. Questi includono principalmente aggiustamenti fiscali, soprattutto attraverso la riduzione o l’eliminazione dei sussidi. Sebbene questa sia una decisione apprezzabile (in alcuni Paesi i sussidi ammontavano al 4% del PIL), sono necessarie ulteriori misure.

    Un’altra sfida è rappresentata dall’aumento dello stock di debito e dei costi di servizio del debito. L’assenza di investitori stranieri e la limitata capacità degli investitori locali di assorbire le obbligazioni nazionali rendono più difficile per questi Paesi soddisfare le proprie esigenze di finanziamento. Il forte impegno delle agenzie multilaterali è stato d’aiuto, ma c’è ancora molto lavoro da fare per aggiustare in modo permanente le finanze pubbliche, poiché i deficit di bilancio e delle partite correnti non possono essere finanziati per sempre dagli esborsi multilaterali.

    Regolazione Esterna

    Mentre la situazione fiscale è principalmente una questione di politica interna, la riduzione del deficit delle partite correnti è più complicata. È necessario guadagnare valuta estera attraverso le esportazioni di beni e servizi e ridurre la spesa in valuta estera per le importazioni di beni e servizi. Il primo dipende in larga misura dai vantaggi comparativi del Paese e dalla domanda globale, mentre il secondo dipende dall’attività interna e dalla sovra/sottovalutazione del tasso di cambio. In termini di finanziamento del deficit, un moderato disavanzo delle partite correnti può non essere un problema se il Paese lo finanzia attraverso afflussi che non creano debito, come gli investimenti diretti esteri (IDE). 

    In alcuni Paesi (ad esempio, Kenya ed Egitto) le rimesse e la ripresa del turismo hanno impedito che il deficit delle partite correnti si deteriorasse ulteriormente. Ma le prospettive per molti altri Paesi restano difficili. In assenza di una recessione, il deprezzamento del tasso di cambio da solo non ridurrà le importazioni. La maggior parte dei Paesi, infatti, importa beni d’investimento molto necessari, un fattore cruciale per lo sviluppo delle loro economie, insieme al petrolio e ai prodotti alimentari. Le esportazioni, invece, sono spesso concentrate in materie prime e quindi esposte alla volatilità ciclica e meno ai movimenti del tasso di cambio (Figura 5). Inoltre, alcuni Paesi esportano soft commodity che, per la maggior parte, non hanno registrato una ripresa negli ultimi mesi e le cui prospettive di prezzo rimangono incerte.

    La sfida della Cina

    Poiché la Cina è emersa come uno dei principali partner dell’Africa, vale la pena sottolineare se questi Paesi sono esposti al rischio di un grave rallentamento della Cina e alla posizione della Cina sulla ristrutturazione del debito. La Cina è un partner importante per Angola, Gabon e Zambia, ovvero per alcuni dei principali esportatori di materie prime dure della regione. Anche la Cina è stata un importante finanziatore della regione, ma i flussi sono rallentati negli ultimi anni. Questa moderazione è dovuta sia a un approccio più prudente da parte della Cina, sia alle preoccupazioni dei Paesi mutuatari per l’eccessivo onere del debito, con una manciata di Paesi africani (ad esempio Zambia ed Etiopia) che hanno ricevuto o richiesto una riduzione del debito. A questo proposito, i negoziati per la ristrutturazione del debito nell’ambito del Quadro Comune sono avanzati molto lentamente a causa delle obiezioni cinesi alle soluzioni proposte per raggiungere la ristrutturazione del debito. Più recentemente, è stato raggiunto un accordo “di principio” sulla ristrutturazione del debito dello Zambia, ma deve ancora essere firmato un memorandum d’intesa. Tutti questi fattori ci inducono a ritenere che i prestiti cinesi alla regione saranno più ridotti rispetto al passato e forse più concentrati su alcuni Paesi o progetti economici.

    I previsti minori flussi dalla Cina saranno probabilmente sostituiti da una maggiore assistenza da parte del G7 e da una continua assistenza multilaterale. In occasione della recente riunione del G20 in India, l’Unione Africana è stata ammessa nel gruppo e, pertanto, i Paesi africani potranno promuovere la causa dello sviluppo della regione. La recente approvazione della ferrovia Lobito-DRD-Zambia da parte dell’Unione Europea e degli Stati Uniti è un esempio del maggiore impegno in Africa da parte del G7.

    Deficit delle partite correnti

    I disavanzi delle partite correnti dovrebbero persistere fino al 2024 per tutti i Paesi della regione, ad eccezione dell’Angola (esportatore di petrolio) e dello Zambia (che beneficerà della recente ristrutturazione del debito con la Cina e forse del miglioramento della produzione e delle esportazioni di rame). In alcuni casi, i deficit delle partite correnti sono inferiori alla “soglia di crisi” convenzionale del 5% del PIL. Tuttavia, il fabbisogno di finanziamento nominale (ad esempio, Egitto e Senegal) è significativo. Presupponendo un accesso limitato, se non nullo, ai mercati internazionali dei capitali, sarà necessario un coinvolgimento multilaterale, insieme a strategie per incentivare gli IDE. L’Egitto sta promuovendo l’afflusso di IDE per finanziare l’ampio deficit delle partite correnti, ma la strategia dipende dal successo del processo di privatizzazione. Per il Senegal, invece, si prevede un deficit significativo in percentuale del PIL, ma con un fabbisogno limitato di finanziamenti denominati in USD che, insieme ai fondi recentemente promessi dall’Europa e dal Canada per aiutare il paese nella transizione energetica, dovrebbero alleviare qualsiasi pressione finanziaria.

    Prospettive di investimento

    All’inizio 2023, avevamo previsto una crescente differenziazione tra i crediti high yield emergenti. Quest’anno la performance dei crediti SSA è stata in gran parte guidata dal posizionamento e dai fattori tecnici. Il recente aumento dei finanziamenti agevolati è un fatto positivo, anche se inaspettato. Riteniamo che il rapporto più costruttivo tra le istituzioni di Bretton Woods e i Paesi che hanno contratto prestiti con la Cina sia strutturalmente positivo.  Per molti paesi, la condizionalità del programma del FMI si tradurrà in un miglioramento della governance, dei flussi di investimento e in una crescita più forte e sostenibile. Per altri, gli impedimenti strutturali rimarranno troppo forti da superare. La mancanza di dispersione dei risultati è dovuta al compiacimento per la sufficienza delle riserve esistenti e alla speranza che in futuro il fabbisogno finanziario sia minore. Per gli investitori, ciò rappresenta un’opportunità per capitalizzare la divergenza dei fondamentali che non si riflette accuratamente negli spread del credito. La maggiore dispersione dei rendimenti si verificherà probabilmente nei crediti single-B, perché ci troviamo in un momento cruciale in cui i Paesi hanno una finestra di opportunità per tornare sulla strada giusta. Il nostro obiettivo è identificare i paesi che hanno la capacità e la volontà politica di adeguarsi.

    I finanziamenti agevolati, le riserve e l’emissione di obbligazioni nazionali utilizzati per sostenere la crescita hanno permesso ai paesi di evitare aggiustamenti dolorosi. Per molti Paesi c’è semplicemente uno scollamento tra ciò che dovrebbero fare per adeguare le politiche e ciò che è fattibile date le pressioni esercitate dai loro elettori. Pur riconoscendo che le recenti decisioni politiche sono state positive in Nigeria e in Kenya, stiamo adottando un approccio cauto poiché le riforme necessarie vanno oltre quanto già fatto e potrebbero causare tensioni politiche e un’inversione delle politiche. Il Kenya è in grado di consolidare il proprio deficit e di ridurre il persistente disavanzo delle partite correnti; è in balia dell’indebolimento della crescita economica in Europa e dell’aumento dei prezzi dell’energia? La Nigeria può risolvere il problema dei tassi d’interesse reali negativi, data la pressione della liquidità sulla Naira, e trovare un modo per migliorare la riscossione delle entrate in un’economia caratterizzata da un ampio settore informale? Questi problemi non si risolvono facilmente, soprattutto ora che i buffer sono stati ridotti, i livelli di debito sono più elevati e il servizio del debito assorbe una parte maggiore del bilancio di un paese.  Questi Paesi seguiranno la strada del Ghana e dello Zambia?

    Sebbene riteniamo che la strada da percorrere possa essere accidentata per alcuni Paesi, ve ne sono altri con un track record più solido e migliori punti di partenza. Continuiamo a privilegiare i Paesi con eccedenze commerciali, come l’Angola e la Costa d’Avorio. Sebbene l’Angola abbia problemi di crescita e necessiti di investimenti, ha gettato i semi per un miglioramento economico man mano che la sua economia non petrolifera diventa il motore della crescita. Gli investitori sono confortati dai risultati ottenuti dal Paese in termini di prudenza fiscale e dalla volontà di attuare scelte politiche difficili. La Costa d’Avorio ha un’economia dinamica e ben diversificata che beneficerà degli sforzi di riforma fiscale previsti dall’attuale programma del FMI. Il Senegal ha un punto di partenza più impegnativo, ma l’inizio della produzione di petrolio potrebbe cambiare le carte in tavola, in quanto aumenterà notevolmente la crescita e ridurrà il fabbisogno di importazioni di energia. Se si atterrà al programma del FMI e alla prudenza fiscale, potrà registrare un netto miglioramento dei fondamentali. Vediamo un’opportunità in questi Paesi perché riteniamo che abbiano una maggiore capacità di generare una crescita sostenuta per consolidare i loro bilanci e ridurre i livelli di debito.

    Sebbene si parli spesso di una barra di credito tra i crediti investment grade dei mercati emergenti e i crediti high yield, vediamo anche un’opportunità di barra di credito all’interno dell’universo high yield. Abbiamo preferito gli asset high yield di qualità superiore, ma ora vediamo anche un valore in alcuni crediti in difficoltà, compresi alcuni che sono in default, grazie a valutazioni interessanti e a migliori dati tecnici di mercato. I rischi che abbiamo identificato in un Paese come il Kenya si sono già materializzati in Ghana.  Siamo in attesa di maggiore chiarezza sulla sua ristrutturazione, ma il Ghana rappresenta un’opportunità per gli investitori nei prossimi anni. Con un’economia diversificata e la stabilità politica, il Ghana dovrebbe essere una destinazione per gli IDE. La partecipazione della Cina al quadro comune è stata un grosso ostacolo a una ristrutturazione tempestiva in Zambia, ma la Cina dovrebbe essere meno d’intralcio in altri Paesi in cui gioca un ruolo meno centrale. Nel caso dello Zambia, sembra che siamo vicini a una risoluzione che permetterà al Paese di trarre vantaggio dalle sue risorse di rame e cobalto.  Siamo consapevoli che questi Paesi a basso rating sono suscettibili al rischio di eventi e di imprevisti, per cui preferiamo obbligazioni di durata più breve, dove i rischi di rimborso sono più quantificabili, e selezioniamo le opportunità di distressed dove i premi per il rischio sono asimmetricamente positivi.

  • PGIM Fixed Income: La Cina nel 2023, le incognite dell’opinione convenzionale

    PGIM Fixed Income: La Cina nel 2023, le incognite dell’opinione convenzionale

    Gerwin Bell, Lead Economist per l’Asia del team Global Macroeconomic Research di PGIM Fixed Income

    Gli opinionisti cinesi stanno nuovamente invertendo la rotta: il forte pessimismo sull’economia cinese che ha caratterizzato tutto il periodo estivo sta ora lasciando il posto a una valutazione più favorevole e a un rialzo delle previsioni di crescita. Ciò lascia perplessi da un punto di vista fondamentale, basato sui dati. Questo perché nulla è cambiato, se non una presa di coscienza piuttosto tardiva da parte di alcuni del fatto che i dati cinesi hanno effettivamente retto piuttosto bene.

    Ad esempio, sapevate che:

    – Le vendite al dettaglio reali della Cina (il miglior indicatore dei consumi) sono cresciute di oltre il 6% fino ad agosto, mentre quelle degli Stati Uniti – il presunto campione mondiale dei consumi – sono scese di quasi l’1,5%?

    – O che dire degli investimenti, che in termini reali sono aumentati di circa il 7% ad agosto, nonostante la caduta libera degli investimenti immobiliari, il che implica un’incredibile crescita reale dell’11% degli investimenti fissi non immobiliari.

    – Anche se questi ultimi numeri si basano sui dati degli investimenti fissi cinesi, notoriamente difficili da verificare, sono coerenti con il boom dei volumi delle importazioni di materie prime: il carbone è aumentato di quasi l’80%, il petrolio di oltre il 30%, il gas di petrolio liquefatto del 28% e persino i minerali del 7%. Sono numeri significativi.

    – Per l’Australia, il valore delle esportazioni verso la Cina in “termini di valore recuperato” è aumentato del 14%, mentre le esportazioni complessive, esclusa la Cina, sono diminuite del 18% rispetto all’anno precedente.

    Questi dati suggeriscono che il raggiungimento dell’obiettivo di crescita “intorno al 5%” per l’anno in corso è imminente. Inoltre, la domanda cinese di materie prime è stata un fattore importante dietro la resilienza alquanto sorprendente di molti paesi emergenti di fronte ai forti rialzi dei tassi della Federal Reserve.

    È un po’ un mistero il motivo per cui questi dati stiano cominciando a essere resi noti solo ora. La spiegazione più probabile è che il pensiero di gruppo sulla Cina e il desiderio di vedere prove immediate del tanto previsto rallentamento cinese abbiano portato a dei significativi punti ciechi – “unknown knowns” – di cui chi legge è invitato a tenere conto.

    Naturalmente, questo quadro ciclico relativamente più positivo per il 2023 non implica affatto il superamento delle sfide a medio termine della Cina. Un rischio chiave viene ignorato al momento: il fiscal cliff per le amministrazioni locali cinesi.

    I governi locali e gli enti ad essi collegati sono stati fondamentali per stimolare gli investimenti, dato che gli investitori stranieri e privati in generale hanno adottato un atteggiamento più scettico nei confronti della Cina. Allo stesso tempo, la fonte principale di entrate delle amministrazioni locali (la vendita di terreni) si sta esaurendo a causa della crisi immobiliare.

    Di conseguenza, la loro già precaria situazione finanziaria è ulteriormente peggiorata, come dimostrano le segnalazioni di numerosi fornitori e arretrati salariali. E se le amministrazioni locali sono costrette a tagliare drasticamente le spese, i problemi economici di cui i mercati si sono tanto preoccupati durante l’estate potrebbero materializzarsi in breve tempo.

    I governi locali hanno bisogno di sostegno, che sarebbe meglio fornire sotto forma di finanziamenti aggiuntivi. Questa richiesta è stata una componente fondamentale della visione costruttiva che PGIM ha da tempo della Cina per il 2023. Tuttavia, questo “stimolo” non servirà a finanziare ulteriori investimenti e ad imprimere un’accelerazione significativa alla crescita. Piuttosto, consentirà la spesa corrente e la liquidazione degli arretrati.

    La situazione è simile a quella della crisi della periferia dell’area dell’euro del 2012, dove il cosiddetto “whatever it takes” della Banca Centrale Europea ha evitato un precipizio fiscale peggiore per i paesi periferici ma non ha finanziato una vera e propria accelerazione della crescita.

    Il segnale più immediato delle prospettive incerte della Cina a medio e lungo termine è arrivato dalla Bank for International Settlement, che ha riferito che il debito complessivo della Cina ha superato il 300% del PIL alla fine del primo trimestre, raddoppiando rispetto al 2009.  primo trimestre, un raddoppio rispetto al 2009. Questo a dimostrazione di quanto la Cina sia diventata dipendente da una leva finanziaria sempre maggiore.  Se da un lato ci aspettiamo che il settore immobiliare avrà raggiunto il suo minimo entro il 2024 togliendo il freno persistente, dall’altro non riteniamo che questo sarà un nuovo motore di crescita.

    Pertanto, il divario tra le aspirazioni di crescita e il potenziale di crescita si è ulteriormente ampliato ed è improbabile che si riduca in assenza di riforme strutturali in stile 1999, che riducano il ruolo del settore statale – una prospettiva improbabile sotto la guida di Xi Jinping. Il percorso più probabile è quello di un costante rallentamento strutturale che impedirebbe alla Cina di uscire dalla trappola del reddito medio e di non riuscire a passare a un’economia ad alto reddito a causa dell’aumento dei costi e del calo della competitività.

    Per quanto riguarda il resto del mondo, Australia compresa, è meglio prevedere un ulteriore rallentamento del contributo della Cina alla crescita globale. Si tratta, tuttavia, di un movimento strutturale in corso più che di un colpo improvviso e repentino.

    La sfida futura di una Cina strutturalmente in rallentamento è già abbastanza impegnativa senza che gli umori dei mercati subiscano forti oscillazioni. Come sempre, il consiglio migliore è quello di seguire i dati anziché i commenti.

  • PGIM Fixed Income: BCE, la decisione finale è in bilico

    PGIM Fixed Income: BCE, la decisione finale è in bilico

    A cura di Katharine Neiss, chief European economist di PGIM Fixed Income

    La prossima riunione di politica monetaria della BCE comporterà probabilmente un vivace dibattito se sia meglio saltare o procedere a un ulteriore rialzo dei tassi di 25 pb a settembre. Sebbene i dati retrospettivi siano a favore di un ulteriore aumento dei tassi, gli indicatori prospettici suggeriscono che una pausa in questo momento potrebbe essere prudente.

    Per esempio, l’inflazione complessiva di agosto è scesa meno del previsto e l’inflazione di fondo rimane elevata, al di sopra del 5%. Con ulteriori pressioni sui prezzi dell’energia, è probabile che l’inflazione scenda più lentamente verso l’obiettivo del 2% fissato dalla BCE.

    Detto questo, ci sono segnali preoccupanti di indebolimento dell’attività economica. La domanda di credito è in netto calo. Il settore manifatturiero è in calo dall’inizio dell’anno e gli indicatori prospettici suggeriscono che questa tendenza è destinata a continuare. Anche il settore dei servizi mostra consistenti segnali di indebolimento dalla primavera. Il mercato del lavoro si sta raffreddando. Tutto ciò è coerente con il fatto che l’aumento dei tassi di interesse si ripercuote sull’economia reale – e infine sull’inflazione – con un certo ritardo. 

    Una pausa ora consentirebbe alla BCE di valutare l’impatto dei passati rialzi e, qualora ne fossero necessari di ulteriori, questi potrebbero essere effettuati nel corso dell’anno. Tuttavia, poiché si prevede che l’inflazione di fondo anno su anno si ridurrà nell’ultimo trimestre di quest’anno a causa degli effetti di base, i falchi del Consiglio Direttivo potrebbero considerare questa riunione come l’ultima possibilità di imporre un ultimo rialzo dei tassi. La decisione finale è in bilico.

  • PGIM Fixed Income: Dal declino al boom – un caso italiano

    PGIM Fixed Income: Dal declino al boom – un caso italiano

    L’Italia ha l’opportunità di aumentare drasticamente la propria forza lavoro, nonostante il calo demografico

    A cura di Katharine Neiss, Chief European economist di PGIM Fixed Income

    Il cambiamento demografico associato all’invecchiamento della popolazione e al calo delle nascite è un problema che brucia lentamente, ma che sta attirando sempre più l’attenzione. In genere viene descritto come una “bomba a orologeria”, in quanto il mondo si sta dirigendo verso un “destino di declino demografico”. Ma è davvero così grave e, se lo è, cosa si può fare?

    È importante mettere in prospettiva il cambiamento demografico. Il cambiamento sta avvenendo perché le persone vivono più a lungo, in modo più sano e possono scegliere le dimensioni della famiglia. Questi sono segni del progresso umano e non il risultato di una sorta di scenario disastroso. Detto questo, i cambiamenti pongono sfide politiche che richiedono compromessi politicamente impegnativi.

    L’Italia, un Paese che sta invecchiando a un ritmo più veloce rispetto ai suoi pari europei, offre un interessante caso di studio. L’Istat ha pubblicato dati che dimostrano che la popolazione italiana è scesa sotto i 60 milioni. Basandosi in parte sulle tendenze attuali, prevede che la popolazione italiana si ridurrà di un ulteriore 20% entro il 2070. Per quanto questi numeri siano sorprendenti, vale la pena notare che tali proiezioni sono molto sensibili all’impatto cumulativo delle ipotesi sottostanti. Come ben sanno gli investitori, il passato non è sempre una buona guida per il futuro.

    Dal punto di vista della crescita economica, più che la popolazione è importante la dimensione della forza lavoro economicamente attiva. In questo caso, il quadro italiano non appare così allarmante e offre opportunità. Le proiezioni delle Nazioni Unite indicano che in un decennio la popolazione italiana in età lavorativa si attesterà intorno al livello dei primi anni ’80, periodo in cui l’Italia era al primo posto in Europa per crescita.

    Anche questo quadro, tuttavia, sottovaluta il potenziale. L’Italia ha il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro più basso dell’Unione Europea, pari al 61%. Se da qui al 2030 la partecipazione femminile in Italia raggiungesse la media dell’Unione europea (74%), il numero di lavoratrici aumenterebbe di circa 300.000 unità. Se invece la partecipazione femminile in Italia raggiungesse l’85% della Svezia (la più alta dell’UE) nello stesso periodo, il numero salirebbe a 2 milioni. L’aumento della partecipazione modificherebbe completamente la traiettoria della forza lavoro italiana, che passerebbe da una fase di contrazione a una di crescita nel prossimo decennio (Figura 1).

    Figura 1. L’aumento della partecipazione femminile incide pesantemente sulla traiettoria della forza lavoro italiana

    Forza lavoro in età lavorativa in Italia (20-64 anni), milioni di persone

    Fonte: Nazioni Unite, Macrobond, PGIM Fixed Income

    La produttività è un’altra area in cui l’Italia potrebbe migliorare. Nell’ultimo decennio l’Italia ha registrato la terza più debole crescita della produttività del lavoro nell’UE (Figura 2). Secondo l’Istat, il livello di istruzione delle donne italiane è più alto di quello degli uomini e i livelli di istruzione femminile stanno aumentando più rapidamente di quelli maschili. I vantaggi di un aumento della partecipazione femminile andrebbero quindi oltre il semplice aumento degli effettivi e migliorerebbero ulteriormente la produttività.

    Nonostante queste tendenze, la Commissione europea rileva che il tasso di istruzione terziaria dell’Italia è uno dei più bassi dell’UE. Una leva politica fondamentale sarebbe quella di elaborare politiche volte ad aumentare il livello di istruzione per tutti, per migliorare ulteriormente la crescita della produttività italiana e avvicinarla alla media dell’UE.

    Figura 2. L’Italia è al terzo posto per crescita della produttività del lavoro nell’UE

    Produttività reale del lavoro per ora lavorata, tasso di crescita medio annuo per Paese, 2010-19

       

    Fonte: Eurostat

    La combinazione di un aumento della partecipazione al lavoro e della produttività ai livelli dell’UE entro il 2030 potrebbe contribuire alla crescita del prodotto interno lordo italiano per oltre un punto percentuale in ogni anno. Ciò compenserebbe ampiamente il freno alla crescita derivante dal calo demografico. Inoltre, una maggiore partecipazione aumenterebbe il gettito fiscale e, a parità di altre condizioni, contribuirebbe a ridurre il debito – un’ulteriore spinta per l’alto debito cronico dell’Italia. L’aumento delle entrate allevierebbe i trade-off creando più spazio per gli investimenti e sostenendo al contempo l’invecchiamento della popolazione.

    Rispetto alla crescita media annua del PIL reale dell’Italia, vicina allo 0% nell’ultimo decennio, questi numeri rappresenterebbero un boom, piuttosto che una rovina demografica, per la crescita italiana. La sfida non è il cambiamento demografico in sé, ma la risposta politica ad esso.  In assenza di un’evoluzione politica, tuttavia, le prospettive sono molto più cupe.

  • PGIM Fixed Income: Il reset dei tassi potrebbe alimentare una nuova fase rialzista del mercato obbligazionario

    PGIM Fixed Income: Il reset dei tassi potrebbe alimentare una nuova fase rialzista del mercato obbligazionario

    A cura di Gregory Peters, co-chief investment officer di PGIM Fixed Income

    Gli aggressivi rialzi dei tassi della banca centrale e la successiva fase ribassista del mercato obbligazionario nel 2022 sono stati molto dolorosi per gli investitori. Poiché la crisi bancaria del 2023 si aggiunge a uno scenario già messo a rischio dai rialzi, ora le economie devono fare i conti con i contrasti e la coda lunga della crisi. È in atto un forte rallentamento della crescita del PIL nelle principali economie occidentali. Alla luce degli shock recenti e della capacità limitata della Fed di contenere una crisi più ampia, il nostro scenario base prospetta una fase di “weakflation”, cioè di crescita debole e inflazione superiore al 2%, ma in calo. Abbiamo significativamente diminuito anche le probabilità di recessione, vista la solidità persistente del mercato del lavoro. In linea con questi adeguamenti, lo shock ha ridotto le probabilità di un atterraggio morbido (crescita moderata e inflazione) o di uno scenario esuberante negli anni 2020 (crescita elevata e bassa inflazione). Il nostro scenario base per l’Eurozona, inoltre, prevede un contesto di weakflation.

    L’inflazione inizia a scendere da livelli elevati, soprattutto negli Stati Uniti, sotto la spinta dei beni core e, in misura minore, dei servizi. L’inflazione nell’Eurozona si dimostra invece più persistente a causa degli effetti indiretti dei prezzi dell’energia e delle turbative più profonde nelle catene di approvvigionamento.

    Prima della crisi bancaria, la riduzione dell’inflazione era la massima priorità delle banche centrali. Ora adottano probabilmente un approccio più bilanciato al contenimento dell’inflazione in quanto hanno di recente preso atto di rischi imprevisti. 

    Sebbene la moderazione dell’inflazione offra alle banche centrali qualche spazio di respiro, i dati economici divergenti fanno emergere aspettative contrastanti sulle loro politiche di rialzo dei tassi.

    Nonostante il difficile percorso intrapreso dai mercati, vi sono periodi in cui gli sviluppi negativi possono essere positivi per il mercato. Ad esempio, storicamente non passa molto tempo tra la fine di un ciclo di inasprimento e l’inizio un ciclo di allentamento della Fed: stando agli ultimi quattro cicli di rialzo dei tassi, tra i due cicli vi è infatti un intervallo medio di nove mesi. In generale, i 12 mesi successivi alla fine dei cicli di rialzo sono stati favorevoli per gli investitori obbligazionari.

    L’impatto complessivo dei tassi più elevati e dei rischi crescenti è negativo per la crescita, ma una volta che i rendimenti raggiungano livelli elevati e l’economia inizi a rallentare, le obbligazioni possono risultare alquanto interessanti. Siamo fermamente convinti che le obbligazioni siano ancora in gioco e che ci troviamo negli stadi iniziali di una nuova fase rialzista del mercato obbligazionario. Dopo un anno in cui le obbligazioni hanno faticato a conferire ai portafogli l’equilibrio disperatamente ricercato dagli investitori nei periodi di volatilità azionaria elevata, prevediamo che esse — in virtù dei loro rendimenti più elevati — siano destinate a offrire nuovamente un certo equilibrio in presenza della persistente volatilità di mercato. A nostro avviso la prossima fase del ciclo rappresenterà per gli investitori un periodo ottimale per identificare opportunità di generazione di alfa.

    Lo scenario macroeconomico attuale probabilmente tornerà alle condizioni pre-COVID-19 nel lungo termine. I fattori secolari, come l’invecchiamento demografico globale, gli elevati livelli di debito e la riduzione della leva finanziaria, oltre a maggiori tensioni geopolitiche, probabilmente ci riporteranno a un rallentamento della crescita e inflazione moderata.

  • PGIM: Gli alternativi liquidi aiutano a compensare l’incertezza e le problematiche di diversificazione

    PGIM: Gli alternativi liquidi aiutano a compensare l’incertezza e le problematiche di diversificazione

    A cura di Sushil Wadhwani, CIO di PGIM Wadhwani

    L’impennata di instabilità finanziaria innescata dal crollo della Silicon Valley Bank sembra essere stata sedata dai rapidi interventi della Fed volti a limitare il contagio; i mercati azionari si sono a loro volta stabilizzati, pur scontando una probabilità un po’ più elevata di recessione nei mercati obbligazionari statunitensi.

    L’inflazione sta rallentando e quest’anno è destinata a risultare sostanzialmente inferiore rispetto al 2022. Ciò nonostante, l’inflazione rimane elevata, a tassi non in linea con l’obiettivo di inflazione del 2% della Fed. Se a ciò si aggiungono le difficoltà del settore finanziario, l’inflazione potrebbe restare più alta per qualche tempo qualora le banche centrali dovessero frenare i rialzi dei tassi d’interesse per garantire la stabilità del settore finanziario. Nel lungo periodo, l’incremento degli investimenti ecocompatibili e le maggiori spese per la difesa a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, prefigurano livelli di inflazione verosimilmente più alti nei prossimi 10 anni rispetto a quelli registrati negli ultimi 10. In un quadro in cui la volatilità di mercato e le preoccupazioni per i tassi d’interesse e l’inflazione si trasformano in timori di recessione, prospettiamo tre scenari plausibili per l’economia statunitense: 

    Atterraggio morbido: probabile pausa della Fed e ritorno dell’inflazione all’obiettivo senza alcuna recessione. Dopo qualche tempo, la Fed può quindi ridurre i tassi per riportarli al presunto tasso neutrale del 2,5% – 3%. Qualora tale scenario si concretizzasse, i mercati azionari potrebbero avere un ulteriore potenziale di rialzo significativo, in quanto le stime degli utili virerebbero probabilmente al rialzo e i tassi a breve termine effettivi volgerebbero al ribasso. 

    Nessun atterraggio: possibile permanenza della crescita dei salari e dell’inflazione dei servizi a livelli troppo elevati. In tale eventualità, anche se la Fed sospendesse l’inasprimento, potrebbe riprenderlo nei mesi successivi del 2023, facendo scendere le obbligazioni a breve termine. Questo scenario si rivelerà probabilmente una situazione temporanea, destinata a sfociare in un “atterraggio morbido” o un “atterraggio duro”. L’impatto sulle azioni è incerto nel breve periodo in quanto dipende da quanto i mercati credano che l’esito finale sia un atterraggio morbido, il che potrà essere evidente solo nel corso del 2024.

    Atterraggio duro veloce: in alcune recessioni del passato l’economia è sembrata resiliente, ma poi è improvvisamente crollata. È possibile che i problemi del settore bancario persistano, o si accentuino ulteriormente e che ciò agisca da catalizzatore per un atterraggio duro veloce. In questo scenario, le stime degli utili dovrebbero virare al ribasso molto rapidamente, trascinando con sé le azioni, mentre le obbligazioni avrebbero un buon andamento.

    Le recessioni “veloci” causate da tensioni finanziarie si sono storicamente dimostrate dolorose per le azioni. Di conseguenza, mentre le obbligazioni sovrane di norma hanno tenuto bene, i portafogli 60/40 si sono mossi con difficoltà. Vi è però la possibilità di uno scenario differente: la Fed si prende una pausa temporanea, ma poi riprende i rialzi dei tassi d’interesse, che alla fine provocano una recessione. Questo scenario di recessione è molto negativo per un portafoglio 60/40 perché si registrano cali sia delle azioni che delle obbligazioni.

    La maggiore diversificazione offerta dagli alternativi liquidi ha storicamente giovato agli investitori poiché le strategie trend following e macro hanno tendenzialmente espresso buone performance in entrambi gli scenari descritti, rispetto a un portafoglio 60/40.

    In assenza di una recessione e nel caso di un atterraggio morbido, le strategie in alternativi liquidi sono estremamente adattabili e possono essere adeguate man mano che aumenta la probabilità di un atterraggio morbido. Gli alternativi liquidi possono essere considerati una forma di assicurazione relativamente priva di costi, che offre protezione quando un portafoglio 60/40 esprime performance insoddisfacenti, ma genera comunque rendimenti positivi quando un portafoglio 60/40 registra un buon andamento. Il 2023 potrebbe coincidere con un punto minimo dell’inflazione headline, con un nuovo aumento dell’inflazione nel 2024 e 2025. In tal caso, non ci si dovrebbe sorprendere se un portafoglio 60/40 dovesse registrare nuovamente performance mediocri e gli alternativi liquidi sovraperformassero.

    A nostro avviso, in media la diversificazione dei portafogli degli investitori non è ancora sufficiente. Crediamo che le ultime fasi di questo ciclo di inasprimento, in combinazione con la fragilità finanziaria e una potenziale recessione, potrebbero creare opportunità significative per le strategie alternative liquide nei mesi restanti del 2023 e in futuro.

  • La nuova joint venture di PGIM Real Estate con Cittamoderna effettua la sua prima acquisizione nel settore residenziale milanese

    La nuova joint venture di PGIM Real Estate con Cittamoderna effettua la sua prima acquisizione nel settore residenziale milanese

    Milano, 3 Agosto 2023 – PGIM Real Estate ha avviato una nuova joint venture con Cittamoderna per investire ed offrire soluzioni residenziali in aree strategiche. PGIM Real Estate è l’attività di gestione degli investimenti immobiliari da 210 miliardi di dollari in gestione di PGIM. La joint venture avrà come target di investimento immobili, da ristrutturare o riconvertire in ambito residenziale, con l’obiettivo di sviluppare, ristrutturare, gestire le proprietà da offrire sul mercato tramite vendita frazionata. La collaborazione si concentrerà sugli investimenti nelle principali città italiane, tra cui Milano. PGIM Real Estate ha stretto questa partnership nell’ambito della propria strategia europea value add.

    Cittamoderna è una società di investimenti immobiliari attiva dal 1950 negli sviluppi residenziali e nella riqualificazione di asset di prestigio, con all’attivo oltre 320.000 mq di sviluppi realizzati fino ad oggi. Nel 2019, Antonio Prezioso e Piera Prezioso hanno lanciato la piattaforma di Asset Management di Cittamoderna, finalizzata alla gestione di asset di proprietà di investitori istituzionali.

    Il primo investimento della joint venture è la riqualificazione di un immobile esistente a destinazione uffici, sito a Milano, di circa 7.000 mq di superficie commerciale da trasformare in circa 100 unità residenziali disponibili per la vendita. Gli appartamenti saranno sviluppati secondo alti standard sul fronte ambientale, tra cui l’ottimizzazione della luce solare e l’efficientamento energetico attraverso meccanismi di isolamento ad alte prestazioni. L’edificio si trova in una posizione ideale per lo sviluppo residenziale, con servizi nelle vicinanze come supermercati, banche, palestre e ottimi collegamenti e con il centro di Milano.

    Il settore residenziale in Italia ha continuato a registrare un forte interesse da parte degli investitori per le zone di pregio delle principali città come Milano, grazie ad un’offerta da lungo tempo insufficiente e alla forte domanda di asset di alta qualità ed elevate prestazioni energetiche.

    Musie Bocrezian, Head of Italy Transactions di PGIM Real Estate, ha commentato: “Il mercato residenziale italiano ha un’offerta estremamente carente: osserviamo nelle principali città una forte domanda di edifici con alti standard qualitativi, efficienti e sostenibili, ed è proprio questo l’obiettivo della nostra iniziativa. Il nostro primo investimento offrirà circa 100 appartamenti moderni in una posizione strategica di Milano, attirando nuovi residenti nell’area. Siamo lieti di collaborare con Cittamoderna e non vediamo l’ora di sviluppare la nostra pipeline”.

    Antonio Prezioso, CEO di Cittamoderna AM, ha dichiarato: “Il principale punto di forza della joint venture tra PGIM Real Estate e Cittamoderna è la perfetta combinazione tra la forte capacità finanziaria di PGIM Real Estate e la consolidata esperienza di Cittamoderna nel settore residenziale italiano”.

    Sotto la guida di Musie Bocrezian, in Italia PGIM Real Estate ha un team locale dedicato alle transazioni dal 2020. Con sede nell’ufficio di Milano, il team ha effettuato investimenti sia nel settore ricettivo, della logistica e nel residenziale.

    Per il primo co-investimento, PGIM Real Estate e Cittamoderna sono stati assistiti da Shearman and Sterling (legale), Todarello & Partners (legale) e Avalon. DILS ha agito in qualità di advisor immobiliare nella gestione del processo di vendita. L’operazione è stata finanziata da Banco BPM.

  • PGIM Fixed Income – navigare controcorrente rispetto alla contrazione del credito

    PGIM Fixed Income – navigare controcorrente rispetto alla contrazione del credito

    A cura di Michael Collins, senior portfolio manager di PGIM Fixed Income

    Dopo un 2022 turbolento, finora i rendimenti obbligazionari del 2023 sono migliorati. Tuttavia, i recenti timori dovuti alla recente crisi bancaria e alle relative conseguenze mantengono l’incertezza del mercato obbligazionario a un livello inopportunamente alto. Considerate le condizioni attuali, persiste il rischio che la Fed possa procedere a un eccessivo inasprimento, con ripercussioni sugli utili aziendali e gli spread di credito. Storicamente, gli spread hanno raggiunto il picco dopo precedenti episodi di inasprimento eccessivo da parte della Fed, e in genere questi picchi coincidono con il massimo ribasso dei profitti. L’attuale curva dei rendimenti invertita suggerisce che è in atto un eccessivo inasprimento, anche se la recessione dei profitti non è ancora iniziata. Benché questo ci induca a essere più cauti nelle nostre previsioni sul credito, riteniamo che il sell-off dello scorso anno abbia creato opportunità di valore relativo perfino troppo interessanti, ma che giustificano selettività e ricerca rigorosa.

    I fondamentali societari rimangono solidi, ma in sono in via di peggioramento. La crescita del fatturato sta rallentando; l’EBITDA (utile al lordo di interessi, imposte, ammortamento di beni materiali e immateriali) sembra aver toccato il picco; i forti margini di profitto tendono al ribasso; gli utili per azione sono previsti in calo al 5%-10% e i livelli di indebitamento stanno salendo dai recenti minimi. A fronte di un quadro economico più complesso e di un rischio di recessione più elevato, riteniamo che i rischi di coda siano aumentati e formuliamo quindi prospettive più prudenti. A nostro avviso gli spread sono destinati a muoversi trasversalmente o aumentare nel breve termine, ma siamo più ottimisti sul lungo periodo poiché la Fed ha superato la fase di inasprimento, l’inflazione sta diminuendo e gli investitori si aspettano una crescita più forte, che dovrebbe tradursi in un recupero degli spread.

    L’estrema volatilità degli ultimi mesi ha portato a una forte dispersione a livello settoriale e regionale, creando opportunità di valore relativo interessanti. Tenuto conto di questi rischi elevati, proponiamo le nostre idee migliori per navigare tra le correnti contrarie dei mercati. Se da un lato la dispersione settoriale e regionale aumenta il potenziale di generare alfa attraverso la rotazione settoriale, la selezione dei titoli e la struttura a termine dei tassi, la selettività rimane fondamentale per evitare conseguenze indesiderate. Consideriamo questi scenari:

    ·                 l’economia resta resiliente e i rialzi dei tassi continuano: Qualora l’inflazione restasse spiacevolmente elevata, in un contesto di rigidità del mercato del lavoro ed economia resiliente, la Fed potrebbe proseguire l’inasprimento. In questo caso, gli investitori potrebbero aggiungere reddito ai loro portafogli senza esagerare nella ricerca di rendimenti o assumere un rischio di duration eccessivo. Le obbligazioni di breve termine si distinguono per le valutazioni interessanti e la volatilità limitata, offrendo un’interessante alternativa alla liquidità per gli investitori.

    ·                 L’economia rallenta e la Fed si prende una pausa: abbiamo probabilmente superato il picco dei tassi a lungo termine per questo ciclo. Sulla scia del calo dell’inflazione e dell’inasprimento delle condizioni creditizie dopo la crisi bancaria, vi sono maggiori probabilità che la Fed sospenda i rialzi dei tassi per alcuni mesi in attesa dei dati sugli effetti finora ottenuti. Dati gli elevati rischi di reinvestimento, l’allungamento della duration in questo scenario è interessante per gli investitori che mirano a sfruttarne i tassi ciclicamente più elevati prima che i rendimenti tendano al ribasso. 

    ·                 L’economia si contrae e la Fed taglia i tassi: se le condizioni peggiorano e l’economia cade in recessione, i tagli dei tassi possono rivelarsi necessari. L’aumento dei rischi di recessione, in combinazione con volatilità continua e incertezza macroeconomica, richiede una certa prudenza. Gli asset di alta qualità, come le obbligazioni societarie investment grade, possono generare carry e, allo stesso tempo, isolare dai crescenti rischi di ribasso.

    ·                 Prevale l’incertezza: se l’incertezza si mantiene elevata, è importante non sovraindicizzare i portafogli in base a preconcetti che potrebbero non realizzarsi. Mantenersi agili e diversificati a livello di settori e regioni resta la strategia più prudente, permettendo agli investitori di evitare potenzialmente la volatilità sistemica e di riposizionare facilmente i portafogli in uno scenario in rapida evoluzione.

  • PGIM Fixed Income: riflessioni sulla riunione della BCE

    PGIM Fixed Income: riflessioni sulla riunione della BCE

    A cura di Katharine Neiss, Chief European economist di PGIM Fixed Income

    Nonostante le notizie di maggiore debolezza sull’economia reale dell’eurozona, il mercato ritiene che un rialzo di 25 punti base alla prossima riunione di politica monetaria della BCE sia sostanzialmente cosa fatta. Un aspetto fondamentale sarà quindi il tono della conferenza stampa. La BCE ribadirà che c’è “più strada da fare” sul fronte di ulteriori aumenti dei tassi di interesse? O – forse più probabilmente – che si sta tenendo aperta la possibilità di scegliere in base alla dipendenza dai dati. Dopotutto, la riunione di politica monetaria di settembre è ancora lontana.

    I PMI indicano che l’economia dell’eurozona si sta indebolendo e l’ultima indagine della BCE sui prestiti bancari suggerisce un’ulteriore stretta creditizia. Se i dati e la view della BCE continueranno a mostrare poche prove di una spirale dei prezzi salariali, allora potrebbe accadere che a luglio i tassi raggiungano il picco del 3,75%. Per il momento, tuttavia, sembra troppo presto perché la BCE possa dichiarare che il lavoro è stato compiuto per riportare l’inflazione all’obiettivo, per cui ci aspettiamo un tono da falco e un linguaggio che tenga aperte tutte le strade per settembre e oltre.

  • PGIM Fixed Income: Il ciclo si estende ulteriormente, le conseguenze

    PGIM Fixed Income: Il ciclo si estende ulteriormente, le conseguenze

    A cura di Daleep Singh, Chief Global Economist di PGIM Fixed Income

    Con la prospettiva di un ritorno all’equilibrio nel mercato del lavoro, riteniamo che l’inflazione core delle spese per consumi personali (PCE) possa rallentare al di sotto del 3,0% entro la fine dell’anno, con una sequenza prolungata di dati consecutivi dello 0,2% m/m, trainata dai prezzi dei servizi core esclusa la componente residenziale. Prove evidenti e sostenute di un rallentamento dell’inflazione, insieme a una crescita inferiore al trend, dovrebbero essere sufficienti alla Fed per sospendere la campagna di rialzi dei tassi al 5,5%, prima di avviare una campagna di tagli di 50-75 punti base di “messa a punto” già nel quarto trimestre del 2023.

    Mettendo insieme questi elementi, il nostro scenario di base (35% di probabilità) prevede una “weakflation” nei prossimi 12 mesi, il prodotto di una crescita bassa, ma positiva, e di un’inflazione in calo, ma ancora al di sopra del target. Come scenari alternativi, vediamo probabilità uguali (25% ciascuna) per una recessione e un atterraggio morbido, seguite da probabilità più basse per un “boom del PIL nominale” (10%) in cui la crescita accelera al di sopra del trend e l’inflazione rimane troppo alta, o uno scenario “ruggenti anni 2020” (5%), che ricorda la fine degli anni ’90, quando un aumento della produttività ha sollevato la crescita al di sopra del trend precedente e ha tenuto sotto controllo l’inflazione.

    In aggiunta a questi scenari, due rischi di coda per l’economia statunitense, che puntano in direzioni opposte, sono particolarmente importanti ai nostri occhi attenti. In primo luogo, continueremo a monitorare i segnali di sofferenza all’interno del settore immobiliare commerciale (in particolare degli uffici) e del settore finanziario non bancario, che potrebbero prendere piede man mano che la Fed si spingerà in territorio ulteriormente restrittivo. Il nostro istinto rimane quello di ritenere che molti modelli di business, soprattutto al di fuori del perimetro normativo, non siano sufficientemente robusti per resistere a un ciclo di inasprimento così rapido e severo come quello attuale. Per contro, siamo consapevoli delle conseguenze potenzialmente rivoluzionarie per il lato dell’offerta derivanti dagli investimenti pubblici autorizzati dall’Inflation Reduction Act, dal CHIPS Act e dalla legge sulle infrastrutture. Nella misura in cui l’aumento vertiginoso della spesa per le costruzioni nel settore manifatturiero è un’avvisaglia del futuro della spesa delle imprese, ciò avrebbe conseguenze molto favorevoli per la produttività, la crescita tendenziale e i rendimenti di tutte le asset class.

    Dopo un inverno migliore del previsto in Europa, le nostre previsioni indicano una crescita debole per l’area dell’euro. L’aver evitato esiti economici disastrosi legati alla crisi energetica avrà effetti positivi per il prossimo inverno. Detto ciò, le forniture di gas a livello mondiale sono ancora limitate e l’Europa continuerà ad essere soggetta a vincoli energetici nel prossimo futuro. Inoltre, non si può escludere uno scenario di rischio di coda con ulteriori shock dei prezzi dell’energia associati al contesto del conflitto Ucraina-Russia.

    Un aspetto fondamentale da tenere d’occhio in futuro sarà la misura in cui l’inflazione headline decelererà durante l’estate, quando gli effetti indiretti dell’energia usciranno dall’equazione e un’economia più debole comincerà a porre un freno alla domanda di salari e prezzi. In seguito, potremmo assistere a un’inflazione “bloccata” appena al di sopra del target della BCE, man mano che gli altri prezzi si adegueranno al significativo mutamento dell’andamento dei prezzi relativi dell’energia.

    Sebbene più resistente del previsto, il contesto di crescita dell’Europa inizia a mostrare segni di elementi strutturali sfavorevoli. L’unico contributo positivo alla crescita del PIL dell’area dell’euro nel 1° trimestre è venuto dalle esportazioni nette, che devono affrontare sfide crescenti. Anche in questo caso, però, i dati possono trarre in inganno: le esportazioni sono in calo, ma le importazioni diminuiscono di più. Ad esempio, le esportazioni tedesche verso la Cina hanno recentemente subito un drastico freno – in parte a causa di una significativa riduzione delle esportazioni di auto, soprattutto in seguito all’incremento delle vendite di veicoli elettrici in Cina – producendo un deficit commerciale con uno dei suoi maggiori partner commerciali. Di conseguenza, le nostre proiezioni del PIL dell’area dell’euro rimangono ben al di sotto del trend e, a questo punto, sembrano destinate a scendere al di sotto delle stime di consenso nella seconda metà del 2023 e per tutto il 2024.

    Anche la disomogeneità a livello regionale e settoriale offusca il quadro. Ad esempio, il settore manifatturiero – soprattutto nelle economie manifatturiere, come la Germania – si sta indebolendo a causa dell’aumento dei costi energetici e del calo della domanda globale. D’altro canto, il settore dei servizi – soprattutto nelle economie basate sul turismo, come Spagna e Grecia – sta resistendo bene. Riteniamo che, in ultima analisi, il calo della domanda interna di servizi, unito all’indebolimento della domanda globale di esportazioni di beni manifatturieri, si tradurrà in una crescita stagnante in Europa, in un contesto di inflazione elevata. Detto questo, un mercato del lavoro solido dovrebbe mettere un freno a un significativo deterioramento dell’attività economica.

    Questi fattori confluiscono anche in uno scenario di base di inflazione debole (probabilità del 40%) per l’Europa, composto da una crescita solo leggermente positiva e da un’inflazione prolungata e superiore al target. In sostanza, il quadro di crescita è il risultato netto di un’attività debole in Germania e di una performance più forte nei Paesi periferici. La dinamica dell’inflazione dovrebbe costringere la BCE ad aumentare il tasso sui depositi al 3,75% nella riunione di luglio, con il rischio di ulteriori aumenti dei tassi nella seconda metà dell’anno. Per completare i nostri scenari, abbiamo fissato la probabilità di recessione al 25%, seguita da un atterraggio morbido al 15%, e gli scenari di boom del PIL nominale e stagflazione entrambi al 10%.

    Le nostre prospettive per la Cina si dividono tra previsioni relativamente ottimistiche nel breve periodo, sostenute da ulteriori stimoli monetari e da un’attesa ripresa degli stimoli fiscali, e un quadro meno costruttivo nel medio-lungo periodo, visti i notevoli ostacoli strutturali del Paese. L’attuale ripresa della Cina è diversa rispetto ai precedenti, in quanto si basa su una crescita trainata dai consumatori dopo anni di investimenti immobiliari e infrastrutturali alimentati dal credito.

    Tuttavia, il settore dei consumi sembra già perdere slancio. Inoltre, non ci sono ancora prove che il crollo immobiliare (innescato da un tentativo troppo ambizioso di riduzione dell’indebitamento nel 2021) stia toccando il fondo. Per evitare che la ripresa si blocchi e che la crescita del PIL non raggiunga l’obiettivo per il secondo anno consecutivo, prevediamo che gli stimoli fiscali si concentreranno sulle amministrazioni locali. Pertanto, nei prossimi 12 mesi, il nostro scenario di base (50%) per la Cina prevede un “atterraggio morbido/moderato”, con una crescita intorno al 4,5-5,5% e un’inflazione dell’1,5%. Seguono scenari di PIL nominale forte (25%), weakflation (15%), recessione e ruggenti anni 2020 entrambi al 5%.

    Tuttavia, lo stimolo fiscale rischia di non essere coordinato tra le varie amministrazioni locali, poiché esse si trovano ad affrontare insieme un baratro fiscale, considerando che circa il 40% dei loro finanziamenti proviene dalla vendita di terreni e dalle entrate legate agli immobili. Un approccio non coordinato potrebbe tradursi in uno stimolo maggiore di quanto giustificato, sottolineando la persistente necessità della Cina di ridurre l’indebitamento, che è uno dei rischi principali che gravano sulle prospettive di crescita della Cina nel medio-lungo termine. Altri rischi chiave sono il deterioramento demografico, con un livello di nascite storicamente basso nel 2022, l’aumento della popolazione non autosufficiente e la riduzione del rischio a causa dell’incertezza sulle esportazioni e delle relazioni più conflittuali con gli Stati Uniti e i loro alleati.

    Dato che i fattori chiave della crescita cinese a medio termine si stanno indebolendo, le nostre previsioni sul PIL per il 2024 indicano una moderazione che probabilmente continuerà negli anni successivi. Nell’arco di cinque anni, la crescita del Paese potrebbe avvicinarsi al suo potenziale, leggermente inferiore al 4%, per poi ridursi a meno del 3% nei prossimi 10 anni.

    Il quadro generale

    Sebbene la prima metà del 2023 abbia dimostrato che gli eventi possono virare in positivo o mantenere una stabilità, da una prospettiva più ampia, il deterioramento delle relazioni della Cina con gli Stati Uniti e gli alleati è un esempio del cambiamento strutturale che sta allentando gli ancoraggi macroeconomici globali.

    Oltre all’intensificarsi della competizione tra le grandi potenze globali, i cambiamenti strutturali in evoluzione includono una maggiore polarizzazione politica, la transizione accidentata dai combustibili fossili alle energie rinnovabili, il de-risking delle catene di approvvigionamento e ecosistemi tecnologici sempre più particolari. Questo disancoraggio da quello che era lo status quo implica che gli shock continueranno a scuotere le principali economie, portando probabilmente alla fine del periodo di grande moderazione che ha caratterizzato gli ultimi decenni.