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Scoprendo ‘La Mossa della Regina’: intervista esclusiva con Michela Ricciutelli

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“La Mossa della Regina” è l’esordio letterario di Michela Ricciutelli, un romanzo avvincente ambientato nella primavera del 1981 in un piccolo paese italiano. Il libro inizia con un evento scioccante: una testa umana viene scoperta sul tavolo di una famiglia borghese, dando il via a una serie di misteri che intrecciano le vite dei suoi membri. Ogni personaggio, dal patriarca ossessivo-compulsivo alla giovane figlia che comunica con la testa, affronta sfide personali che li portano verso un climax drammatico nella notte di San Giovanni, dove segreti sepolti vengono a galla. Ricciutelli mescola abilmente mistero, passione e sovrannaturale, offrendo un racconto ricco di suspense e rivelazioni. Un debutto notevole nel panorama letterario.

Come è nata l’idea per La Mossa della Regina e quanto tempo hai impiegato per sviluppare la trama e i personaggi?

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Un giorno, durante la pandemia del 2020, mi sedetti al computer e iniziai a immaginare un tizio che, tornando dal lavoro, contava le bombole del negozio sotto casa. Poi feci rientrare a casa quel tizio e gli diedi una famiglia. Nella famiglia c’era una vecchia che aveva perduto una corona del rosario: mi stavo rifacendo a una storia vera che mi aveva raccontato mia madre anni prima. Avevo sempre desiderato raccontare quella storia. Lessi quello che avevo scritto a mia figlia e lei mi disse di continuare. Ogni giorno scrivevo qualche pagina e la sera gliela leggevo. In due mesi avevo finito il romanzo.

Hai un processo creativo specifico quando si tratta di scrivere? Se sì, puoi condividerlo con noi?

Quando mi siedo al computer, lascio che le storie che si affastellano nella mia testa fluiscano sulla tastiera. È un po’ come se fossero già lì, solo un po’ confuse, e prendessero una forma compiuta. Poi arriva il momento del rigore, in cui controllo che gli intrecci funzionino, che non vi siano errori temporali, in cui cerco soluzioni per i passaggi che si “impuntano”, in cui studio e mi documento su ogni dettaglio. La seconda parte è più lunga e faticosa della prima, che invece arriva da sola.

Quali sono le sfide più grandi che hai affrontato come scrittrice, e come le hai superate?

La sfida più grande è sottoporre il mio testo al giudizio di qualcun altro e metterlo in discussione. Ci sto ancora lavorando. E un’altra sfida che mi comporta parecchio affanno è non lasciarmi andare alla sindrome di Bulgakov, che continuò a revisionare “Il Maestro e Margherita” fino a poco prima della morte, tanto che fu ultimato dalla moglie. Arriva un momento in cui non riesco a lasciar andare il manoscritto perché mi sembra sempre ulteriormente migliorabile, e devo impormi uno stop.

Come bilanci la tua vita di scrittrice con altri impegni o interessi nella tua vita quotidiana?

Ho la fortuna di una famiglia che ama vedermi scrivere. Quando mi metto al computer e dico che devo finire un capitolo stanno tutti zitti zitti, anche il cane. Una cosa che mi aiuta molto a essere efficiente è alternare un intenso lavoro intellettuale con un lavoro manuale che mi scarichi; quindi, ad esempio, dopo aver finito un testo narrativo è normale trovarmi in garage a verniciare mobili o in cucina a impastare chili di roba. La scrittura si coniuga bene con il mio stile di vita che è molto ritirato, anche gli altri miei interessi sono poco mondani, e lo spazio dato all’una o agli altri dipende dal lavoro da fare.

Hai progetti futuri o nuovi romanzi in cantiere?

Amo molto il teatro, ho già scritto testi teatrali e spero di riuscire a vederne uno in scena il prima possibile. Il secondo romanzo è già terminato, devo solo revisionarlo e poi lasciarlo andare.

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