Puntare sui titoli di qualità rimane il nostro mantra
A cura del Team di Ricerca di Intermonte
Raccolta PIR in territorio negativo nel secondo trimestre del 2022
Il 18 maggio 2022, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del 1° trimestre 2022 nella sua revisione trimestrale. Assogestioni ha modificato la propria reportistica e ora rilascia anche i dati di raccolta dei PIR alternativi: nel primo trimestre del 2022 i PIR ordinari hanno raccolto 160,2 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato una raccolta di 83,4 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno in gestione 19,8 miliardi di euro, mentre 1,8 miliardi di euro sono investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale di 160,2 milioni di euro ha prolungato il numero di trimestri in cui si è registrato un trend positivo, iniziato nel secondo trimestre del 2021. Il dato è migliore di quello diffuso dall’Osservatorio PIR del Sole 24 Ore, che stimava una raccolta di circa 116 milioni di euro, di cui 63,5 milioni a gennaio, 37,7 milioni a febbraio e 15,2 milioni a marzo.
Tuttavia, la situazione è peggiorata significativamente nel 2° trimestre del 2022. Secondo il PIR Monitor del Sole24Ore, ad aprile la raccolta è rallentata notevolmente, con un saldo netto positivo di soli 0,7 milioni di euro, prima di diventare negativa a maggio con 158,6 milioni di euro di deflussi; tuttavia, più della metà dell’impatto su questo calo è derivato dai significativi deflussi subiti da un singolo fondo passivo. A giugno, le indicazioni preliminari del Sole 24 Ore parlano di deflussi per 76,2 milioni di euro, portando i deflussi complessivi nel 2° trimestre 2022 e nel 1° semestre 2022 rispettivamente a 234,1 milioni di euro e 73,90 milioni di euro. Come anticipato, questo trend negativo non è una sorpresa alla luce della recente volatilità e incertezza dei mercati, che probabilmente continueranno ad avere un impatto negativo sui flussi in entrata nei prossimi mesi.
Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.
Il PIR alternativo, d’altro canto, è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 30.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).
L’interesse degli investitori sarà probabilmente elevato (la raccolta stimata da Assogestioni è di 3-5 miliardi di euro all’anno). Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello europeo sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi hanno il diritto di acquistare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.
Le nostre stime per i PIR ordinari
La recente volatilità e l’incertezza del mercato dovrebbero continuare, almeno nel breve periodo, e probabilmente limiteranno gli afflussi nei prossimi mesi. Per quanto riguarda le nostre previsioni di afflussi per il 2022, abbiamo già evidenziato come fossero basate su ipotesi troppo aggressive. Alla luce dello scenario attuale e dei recenti dati preliminari del PIR monitor, abbiamo assunto una posizione più prudente: la nostra stima per gli afflussi del 2022 è di 338 milioni di euro, ma notiamo che la visibilità rimane molto bassa, sia a causa del contesto generale di mercato che delle specifiche turbolenze politiche italiane. Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto alto grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.
Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:
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