Home Economia L’entusiasmo del mercato per tassi più bassi rischia di essere eccessivo

L’entusiasmo del mercato per tassi più bassi rischia di essere eccessivo

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Mark Dowding BlueBay CIO RBC BlueBay AM
Mark Dowding BlueBay CIO RBC BlueBay AM

La settimana dei mercati – Mark Dowding, Fixed Income CIO, RBC BlueBay AM

C’è ancora molto da affrontare prima che arrivi Babbo Natale

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In sintesi

•                    I dati sull’inflazione, a livello globale, sono migliorati negli ultimi mesi, rendendo meno probabili ulteriori rialzi dei tassi.

•                    I rendimenti globali hanno proseguito il loro recente rally, grazie alle crescenti aspettative di allentamento delle banche centrali.

•                    Tuttavia, riteniamo che l’entusiasmo del mercato per i tagli dei tassi sia eccessivo e che ci sia spazio per una delusione.

•                    Rimaniamo dell’idea che i tagli dei tassi siano probabili solo nella seconda metà del prossimo anno.

•                    I rendimenti giapponesi sono saliti, dopo una recente traiettoria discendente, in sintonia con quelli statunitensi ed europei.

•                    Continuiamo a ritenere che l’inflazione del Regno Unito sia bloccata a un livello molto più alto rispetto a quello degli Stati Uniti e dell’Eurozona.

(4 – 11 dicembre 2023) – I rendimenti globali hanno continuato il loro recente rally nel corso dell’ultima settimana grazie alle crescenti aspettative di allentamento delle banche centrali nella prima metà del 2024. Tuttavia, riteniamo che gli operatori di mercato si siano entusiasmati troppo per la prospettiva di un taglio dei tassi a breve termine e che ci sia spazio per una delusione.

Di conseguenza, abbiamo aggiunto posizioni con duration corta mentre i rendimenti sono scesi. I dati economici statunitensi rimangono coerenti con una crescita relativamente sana, a nostro avviso.

Anche la fiducia delle imprese, secondo i dati ISM di questa settimana, rimane coerente con una crescita vicina al trend e, sebbene noi stessi ci aspettiamo un rallentamento dell’attività nell’anno a venire, vediamo pochi segnali di un’economia statunitense in crisi.

I dati sull’inflazione, a livello globale, sono migliorati negli ultimi mesi. In Europa, Isabel Schnabel della BCE ha addirittura definito “notevole” il calo del CPI tedesco, concludendo che non saranno necessari ulteriori rialzi dei tassi e che l’obiettivo di un’inflazione al 2% sembra ormai raggiungibile nei prossimi 12 mesi. Ciò ha comportato una forte revisione delle aspettative sui tassi d’interesse in euro a breve termine, con i contratti a breve scadenza che hanno registrato un rialzo di 60 pb nelle ultime due settimane.

Tuttavia, vorremmo sottolineare che il recente calo dell’inflazione è molto meno rilevante di quanto possa sembrare. Gli effetti base hanno abbassato il CPI, ma è probabile che nei prossimi mesi l’inflazione torni a salire, man mano che questi fattori vengono meno.

Di conseguenza, rimaniamo dell’idea che i tagli dei tassi siano probabili solo nella seconda metà del prossimo anno, con il costo del denaro che scenderà di 50 pb sia negli Stati Uniti che nell’Eurozona. Questa previsione è più pessimista di quello che prezza attualmente il mercato: i mercati dei futures scontano infatti un taglio nell’Eurozona a marzo e uno negli Stati Uniti già a maggio.

Riteniamo che l’entusiasmo del mercato per i tagli dei tassi sia diventato eccessivo. Le condizioni finanziarie si sono notevolmente allentate e, a meno che non si registrino dati decisamente più deboli per il mercato del lavoro e per il CPI statunitense della prossima settimana, riteniamo che la prossima riunione della Fed non vedrà una revisione sostanziale del tono del FOMC.

Nell’ultima riunione trimestrale di settembre, il dot plot delle aspettative sui tassi mostrava che gli esponenti della Fed si aspettavano un ulteriore rialzo alla fine del 2023 e tagli per 50 pb nel 2024, in linea con le nostre previsioni.

Anche se il rialzo dei tassi del 2023 sarà rimosso, riteniamo che la traiettoria rimarrà invariata. Da questo punto di vista, il mercato è destinato a rimanere deluso se Powell non farà la parte di Babbo Natale.

I rendimenti giapponesi sono balzati a metà della scorsa settimana, dopo aver seguito di recente una traiettoria discendente, in sintonia con i rendimenti statunitensi ed europei. I commenti della Banca del Giappone (BoJ) sembrano suggerire un’accelerazione dei piani di uscita dalla politica dei tassi d’interesse negativi. Avevamo auspicato che a questa politica fosse messo fine a gennaio, ben prima rispetto alle aspettative di consenso del mercato.

Negli incontri con i responsabili politici giapponesi abbiamo sottolineato che la BoJ ha poco da guadagnare e molto da perdere se resta troppo indietro rispetto alle altre banche centrali e abbiamo sostenuto la necessità di un’azione di politica monetaria più assertiva. Il livello di popolarità del Primo Ministro Kishida è attualmente molto basso e vediamo questo in parte legato alla debolezza dello yen, che a sua volta è legata ad una politica monetaria ultra-accomodante.

Pertanto, riteniamo che stia crescendo la pressione politica sulla BoJ affinché cambi rotta e, poiché i mercati scontano un cambiamento di politica monetaria, è interessante notare come questo stia già contribuendo a spingere al rialzo la valutazione dello yen. 

Continuiamo a ritenere che l’attività economica giapponese sia relativamente sana, e questo dovrebbe essere confermato da un’indagine Tankan relativamente positiva della prossima settimana. L’inflazione rimane ben al di sopra dell’obiettivo della BoJ del 2% e, sebbene ci aspettiamo un calo nel quarto trimestre di quest’anno, siamo fiduciosi di assistere a un’estensione degli aumenti dei prezzi nel nuovo anno, che dovrebbe dare ulteriore impulso ai prezzi.

Riteniamo inoltre che la BoJ sia incoraggiata ad agire prima perché, se rimanda l’uscita dalla politica dei tassi di interesse negativi alla fine del 2024, questa uscita potrebbe diventare più problematica se coincide con un movimento della politica monetaria nella direzione opposta altrove. Da questo punto di vista, tutto fa pensare che il meeting della BoJ di dicembre, il 19 del mese, sarà una riunione di politica monetaria in diretta.

Nel Regno Unito, i rendimenti dei gilt decennali sono saliti fino a sotto il 4%, sulla scia dei guadagni degli altri mercati. Tuttavia, continuiamo a ritenere che l’inflazione britannica sia bloccata a un livello molto più alto rispetto a quello degli Stati Uniti e dell’Eurozona. Il CPI britannico potrebbe scendere ulteriormente questo mese prima di risalire nel primo trimestre. Continuiamo a vedere il CPI core nel Regno Unito intorno al 5% e non ci è chiaro come gli attuali livelli dei tassi di interesse riusciranno a riportarlo all’obiettivo del 2%.

Nel frattempo, mentre in Europa si comincia a parlare di una maggiore responsabilità di bilancio, nel Regno Unito pensiamo che Sunak e i suoi colleghi stiano già pianificando un’altra manovra espansiva in primavera, prima di indire le elezioni per il prossimo anno. Sembra che siano riusciti a farla franca con gli ultimi tagli alle aliquote dell’assicurazione nazionale, con l’OBR (Office for Budget Responsability) rassicurato dai tagli alla spesa – anche se molti di questi entreranno in vigore solo molto dopo la data in cui i conservatori avranno probabilmente lasciato il loro incarico.

Di conseguenza, la tentazione di allentare nuovamente la politica di bilancio, al fine di rafforzare la quota di voti dei conservatori, è sotto gli occhi di tutti. Riteniamo che l’inflazione elevata renderà molto difficile per la BoE tagliare i tassi di interesse l’anno prossimo. Infatti, se l’inflazione dovesse rimanere problematica come ci aspettiamo, c’è il rischio che Bailey e i suoi colleghi possano riavviare un ciclo di inasprimento della politica monetaria più avanti il prossimo anno, dopo aver tenuto i tassi fermi per un periodo.

All’interno dell’Eurozona, abbiamo visto con piacere l’upgrade del rating della Grecia da parte di Fitch alla fine della scorsa settimana. Questa mossa vedrà i titoli di stato greci tornare negli indici investment grade, dopo una pausa di 13 anni. Questo può essere considerato come la chiusura definitiva di un capitolo che ha visto Irlanda, Portogallo, Cipro e Slovenia consegnati all’universo high yield.

Per quanto riguarda la Grecia, abbiamo anticipato che l’inclusione nell’indice potrebbe portare a una sorta di corsa alle obbligazioni greche da parte degli investitori passivi che seguono l’indice, come abbiamo visto per il Portogallo e altri paesi sovrani. In effetti, è stato interessante vedere che, grazie alle pressioni della comunità degli investitori passivi, l’inclusione nell’indice della Grecia è stata rinviata alla fine di gennaio, in gran parte sulla base dell’assunzione che la Grecia lancerà una nuova operazione obbligazionaria nel nuovo anno.

Tuttavia, ci chiediamo se non sia il caso di consigliare ad Atene di ritardare l’emissione prevista fino a febbraio, se i fondi passivi vogliono cercare di giocare con l’emissione in questo modo. Gli spread potrebbero finire per essere considerevolmente più stretti, se l’ufficio di gestione del debito dovesse aspettare che gli spread salgano prima di lanciare un’operazione.

Altrove, alcune disfunzionalità all’interno dell’OPEC e i segnali di indebolimento della domanda hanno depresso ulteriormente i prezzi del petrolio. Anche se questo non andrà a vantaggio dei prezzi del gas in Europa quest’inverno, un prezzo del petrolio più basso può avere effetti positivi sull’inflazione e agire anche come una riduzione delle tasse per i consumatori, sostenendo la crescita. Da questo punto di vista, il calo dei prezzi del petrolio può essere visto come un fattore che aumenta le chance di un atterraggio morbido, mentre prezzi molto più alti potrebbero indicare un rischio elevato di “hard landing”.

Altrove, tutti gli asset rischiosi sembrano essere espressioni delle crescenti speranze per un finale positivo. Gli indici azionari scambiano vicino ai massimi, i forti flussi hanno favorito gli spread del credito e persino i prezzi del bitcoin sono saliti di oltre il 100% dall’inizio dell’anno. Riteniamo che il sentiment stia diventando eccessivamente ottimista, con gli investitori che rinunciano alla protezione dal ribasso.

Pertanto, continuiamo a esprimere una valutazione più cauta sulla base dell’idea che i prezzi di recente siano saliti molto in poco tempo e che potrebbero essere vulnerabili a un cambiamento di rotta, qualora i dati o la Fed dovessero far invertire il recente rally dei rendimenti e le aspettative rialziste di taglio dei tassi.

Guardando avanti

Nelle prossime due settimane ci saranno molti importanti dati macroeconomici, per non parlare delle riunioni delle banche centrali, prima di chiudere tutto per le vacanze di Natale.

Da questo punto di vista, potremmo assistere a un dicembre insolitamente intenso, prima che le cose si calmino e si possa iniziare a pensare al tacchino. Negli ultimi due mesi abbiamo assistito a movimenti di mercato significativi e, da questo punto di vista, non prevediamo un calo della volatilità fino alla fine dell’anno.

Negli ultimi mesi abbiamo avuto successo nel prendere posizioni quando i mercati andavano in ipercomprato o ipervenduto, per poi assumere la posizione opposta. In questo momento, riteniamo che gli investitori siano un po’ troppo ottimisti nell’aspettarsi tagli dei tassi anticipati che, a nostro avviso, difficilmente si concretizzeranno.

Da questo punto di vista, una duration corta su base tattica ci offre un rischio/rendimento interessante in questo momento, ma ovviamente valuteremo questo pensiero e questo posizionamento alla luce dei dati in arrivo.

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