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Categories: Politica

Coppola (PCI Salerno), Dal Jobs Act ai Mini Jobs: le prime (pessime) indiscrezioni

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Raffaele Coppola
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“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” diceva Tancredi ne “Il Gattopardo”… È senza dubbio alcuno ‘gattopardesco’ l’atteggiamento del Governo in materia di diritto al lavoro… Finita l’era dei voucher ad opera del recente decreto 25/2017 che li ha aboliti, sta per iniziare quella dei “ mini jobs” con cui il Governo intenderebbe (il condizionale è d’obbligo) colmare il vuoto creatosi dall’abolizione dei voucher studiando un nuovo modello lavorativo per rispondere alle esigenze di regolarizzare i lavori accessori, incredibilmente ma non tanto definiti per l’appunto mini jobs. Questi lavori sarebbero di due tipologie: una prevista per le imprese, molto simile al lavoro a chiamata, che prevedrà un massimo di 400 giornate lavorative in 3 anni; un’altra rivolta alle famiglie, con una piattaforma online gestita dall’Inps in cui sarà possibile incrociare domanda e offerta di lavoro e pagare online le prestazioni. Mentre in merito alle regole sui mini jobs per le famiglie si sa ancora poco, se non che il ricatto dei padroni (perché di questo si tratta) gestito mediante “incrocio” tra domanda e offerta e relativo pagamento della prestazione avverrà “online”…per quanto riguarda la disciplina in ambito imprese sembra apparire più chiara e delineata la strategia.

Con riferimento ai mini Jobs a favore della imprese per quanto riguarda il lavoro a chiamata, il lavoratore verrebbe pagato solo al momento dell’effettiva prestazione e potrà essere occupato per un massimo di 400 giornate in 3 anni; non sarebbe dovuta alcuna indennità per le giornate non lavorate ma in compenso il lavoratore non dovrebbe essere a disposizione del committente durante i periodi d’inattività. Rispetto ai contratti a chiamata, i mini Jobs potrebbero riguardare tutti i lavoratori e non solo coloro che non hanno ancora compiuto 24 anni o ne hanno più di 55; la paga oraria del lavoratore prevederebbe il pagamento dei contributi previdenziali nella stessa misura dovuta dai dipendenti, ma non prevederebbe le maggiorazioni dovute ai ratei di tredicesima, quattordicesima e tfr. In pratica, i mini jobs dovrebbero essere una via di mezzo tra i vecchi voucher e il lavoro intermittente, che spaccerebbero per maggiori tutele i diritti che sono (ancora) patrimonio dei “vecchi” lavoratori dipendenti rispetto al nulla che davano i vecchi buoni ma soprattutto – e non poteva essere diversamente – garantirebbero meno costi per le imprese rispetto al lavoro a chiamata. Diventa vitale organizzare una durissima risposta in Parlamento, nelle piazze, col supporto del sindacato e con la convinta partecipazione dei comunisti.
Non più un passo indietro!!

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