Home Salute Arma vincente contro il virus dell’Epatite C. Intervista al Prof. Antonio Gasbarrini

Arma vincente contro il virus dell’Epatite C. Intervista al Prof. Antonio Gasbarrini

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Intervista al Prof. Antonio Gasbarrini, Professore ordinario di Gastroenterologia, Università Cattolica del S. Cuore, Roma, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Medicina Interna e Gastroenterologia, Policlinico Universitario Agostino Gemelli, Roma Presidente Fondazione Italiana Ricerca in Epatologia (FIRE) 

L’Epatite C è stata definita un’epidemia sommersa, per il numero di portatori sani e per l’assenza di sintomi, ma globalmente rappresenta la prima causa di decesso per malattie infettive trasmissibili: quali sono i numeri della patologia in Italia e nel mondo? Dai 130 ai 210 milioni d’individui nel mondo sono affetti da infezione cronica da virus dell’Epatite C. Nell’Europa occidentale, la prevalenza è stimata nel 0,4-3% ed è più alta nell’est Europa e nel Medio Oriente, sebbene non esattamente quantificabile. L’Egitto è il paese al mondo con più alta prevalenza: 9% nelle aree urbane, fino a raggiungere il 50% in alcune aree rurali. In Italia, il numero di soggetti con infezione da virus dell’Epatite C cronicamente viremici supera il milione e mezzo (3% della popolazione).

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Può spiegarci qual è l’impatto sul fegato del virus dell’Epatite C e quali le conseguenze cliniche sull’organismo a breve e a lungo termine? Il virus dell’Epatite C è raramente causa di Epatite acuta e l’infezione primaria decorre asintomatica nel 50-90% dei casi; a seguito del contagio, la medesima percentuale d’individui diventa portatrice cronica del virus, poiché il sistema immunitario non riesce a eliminare spontaneamente l’infezione che, quindi, cronicizza. Il danno che il virus può arrecare al fegato è variabile in termini d’infiammazione e sviluppo di fibrosi epatica; in alcuni individui, nonostante la replicazione sia evidente e sostenuta, può non esserci un quadro di Epatite aggressiva; in altri casi la progressione della fibrosi può portare in tempi più o meno lunghi allo sviluppo della cirrosi epatica.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha recentemente riconosciuto la gravità del problema”Epatite C”, invitando i governi nazionali a stanziare fondi per far fronte all’urgenza: quali sono gli strumenti per arginare i danni di questa patologia? Nel passato la maggior parte delle infezioni da virus dell’Epatite C era dovuta al contatto con materiale ematico infetto, di tipo iatrogeno o per uso di droghe endovena; la trasmissione per via sessuale era invece più rara. Attualmente, un controllo più rigoroso del materiale sanitario e il miglioramento delle tecniche di sterilizzazione ha portato a ridurre drasticamente, fino al quasi completo azzeramento, il rischio di trasmissione. Tuttavia, il metodo migliore per arginare i danni dell’infezione da virus dell’Epatite C rimane l’informazione. Campagne sociali nelle scuole e fra i giovani che istruiscano sull’uso corretto del materiale sanitario e sulle politiche igieniche, nonché iniziative volte a contenere l’uso di droghe, oltre ad un’adeguata preparazione del personale sanitario, sono fondamentali per raggiungere questo obiettivo.

Quali sono le iniziative messe in atto in Italia? Con la Risoluzione 6318 del 2010 l’OMS ha stabilito che tutti i Paesi membri devono adottare misure volte a contrastare la diffusione e a sconfiggere le Epatiti virali. In Italia il progetto Alleanza contro l’Epatite (ACE) firmato da Fondazione Italiana Ricerca in Epatologia (FIRE), Associazione Italiana Studio Fegato (AISF) e EpaC ha proprio lo scopo di sensibilizzare media e Istituzioni nella lotta alle Epatiti da virus C e B nel nostro Paese.

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