Categoria: libri

  • Doppia presentazione a Torino de “Il Giardino del Tiglio” di Gino Saladini e Gabriel Garko

    Doppia presentazione a Torino de “Il Giardino del Tiglio” di Gino Saladini e Gabriel Garko

    EditReal presenta la doppia presentazione del romanzo “Il Giardino del Tiglio” di Gino Saladini e Gabriel Garko, pubblicato da Baldini + Castoldi. L’evento avrà luogo a Torino venerdì 26 gennaio, con due sessioni programmate alle 17:30 e alle 19:30.

    Il primo incontro si terrà presso la prestigiosa libreria Bardotto in via Principe Amedeo 33F, alle ore 17:30, grazie alla collaborazione dei librai Deborah e Ruben Tagliacozzo. Gli autori saranno presenti per incontrare i lettori e condividere con loro il processo creativo che ha portato alla creazione di questo libro. La presentazione sarà curata da Athena Barbera.

    A seguire, alle ore 19:30, gli autori si sposteranno presso Il Salotto Tanfoglio per una serata esclusiva a porte chiuse, promettendo un’esperienza ricca di emozioni. Coloro che desiderano partecipare al secondo appuntamento sono invitati a scrivere a salottotanfoglio@gmail.com per ricevere ulteriori dettagli. La presentazione sarà affidata a Michela Tanfoglio, che guiderà il pubblico attraverso il viaggio emozionale e letterario proposto dagli autori.

    Venerdì 26 gennaio ore 17:30

    LIBRERIA BARDOTTO, Via Principe Amedeo 33F, Torino (ingresso gratuito)

    Presentazione a cura di: Athena Barbera

    Venerdì 26 gennaio ore 19:30

    IL SALOTTO TANFOGLIO (Evento a porte chiuse, su invito)

    Presentazione a cura di: Michela Tanfoglio

    Sinossi

    Edoardo Dalla Valle è un professore di Filosofia Estetica a Roma che, in passato, è stato ospite dei principali salotti televisivi per le sue controverse posizioni contro l’omosessualità. Le sue opinioni l’hanno irrimediabilmente allontanato dalla famiglia arcobaleno che suo figlio Federico ha costruito con il marito Paul, al punto che si è sempre rifiutato di conoscere i nipoti Luca e Matteo, perché nati con la maternità surrogata. Il professore mantiene ancora un rapporto affettuoso con Alfa, sua figlia maggiore, nota influencer. Edoardo soffre di Alzheimer e, dopo aver tenuto una Lectio magistralis all’università, entra in uno stato di «wandering» in cui vaga confuso e sparisce. Alfa si mette alla ricerca del padre utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione. Federico si trova ad affrontare sia la sparizione del padre che i problemi di coppia con un marito a cui va stretta la vita coniugale. A complicare la situazione arriva dalla Svezia Greta, la madre biologica dei ragazzi. Sarà lo stesso Edoardo, nel suo vagare indotto dalla malattia, dopo essere tornato nella sua casa d’infanzia, ormai ridotta a un rudere, a riannodare i fili di una memoria che sembravano lacerati per sempre, ricordando l’evento drammatico e seminale che ha segnato la sua vita.

    Gli Autori

    Gino Saladini è scrittore, autore di teatro di narrazione, medico legale, criminologo e opinionista per i principali network italiani. Fra i suoi libri L’uccisore (2015), Hypnos (2019) e Roma giungla (2020).

    Gabriel Garko, attore di cinema, televisione e teatro, è uno dei volti più amati dal grande pubblico. Per La nave di Teseo, nel 2019 pubblica il memoir Andata e ritorno.

  • Disponibile in libreria e negli store digitali “Erotico Rosso Cuore” di Stefan Rűhle

    Disponibile in libreria e negli store digitali “Erotico Rosso Cuore” di Stefan Rűhle

    È disponibile in libreria e negli store digitali “EROTICO ROSSO CUORE” (Il Seme Bianco) di Stefan Rűhle, un’opera composta da otto racconti che esplora le complesse sfaccettature dell’amore, dell’innamoramento e dell’erotismo.

    Spiega lo scrittore a proposito del libro: «Nel mio libro “Erotico rosso cuore”, dall’accattivante cuore in copertina, intendo sfidare il lettore a esplorare le tematiche dell’amore, dell’innamoramento e dell’erotismo, argomenti profondamente trattati da autori immortali. Prima che il lettore possa essere tentato di riporlo sugli scaffali, desidero offrirgli motivi di riflessione che lo stimolino a immergersi nei racconti.

    Da architetto, sono avvezzo a stratificare e interpretare le varie dimensioni del progetto. Ho applicato questo stesso approccio nel mio libro, immaginando diversi livelli di lettura. Vi sono racconti che alternano l’amore romantico e malinconico, a quello crudo e diretto, intrecciati con una passione per le arti che rappresentano lo sfondo dei racconti, arricchendoli di riferimenti culturali come Rothko, Faurè, T.S. Eliot e l’Odissea.

    Le storie indagano le complesse dinamiche dei rapporti di coppia, con i loro conflitti, malinconie, verità crude, confessioni e rimpianti. La scrittura diventa un processo di autoanalisi, dove il foglio bianco si trasforma in terapia, richiedendo onestà e introspezione per catturare tutte le sfumature del racconto. Come architetto, da sempre mi sono confrontato con gli enigmi sia del primo segno che del primo vocabolo. Invito il lettore, con pazienza, a calarsi in questa esplorazione».

    Sinossi

    Amore, innamoramento e sesso sono stati esplorati da una moltitudine di autori. Difficile scriverne ancora. Noi tentiamo. Corteggiare, adulare, blandire è un’arte e all’arte ci affidiamo, prendendo in prestito qua e là brani musicali, poeti e pittori per conquistare cuore e corpo della persona amata. Ogni inganno è ammesso. Si può conquistare Phlebas il fenicio salvandolo dall’affogamento, senza confessarlo a Thomas Stearns Eliot, o regalare al canto di sirena un’intera primavera. La scarpetta di Cinderella si trasforma in un brano musicale di Gabriel Fauré da suonare a quattro mani: solo la perfezione dell’esecuzione consentirà l’innamoramento repentino. Anche una tela di Rothko può venirci in soccorso. Ma corteggiare è anche follia: ogni desiderio è certificato da un insano contratto che ci insegue e si placa solo nel gelo del sepolcreto. Un languido ricordo lo affidiamo alla rete, che come amica menzoniera, riferisce il racconto a sconosciuti d’ogni continente, ma non cura la cicatrice.

    Biografia

    Stefan Rűhle nasce a Roma il 30 ottobre 1955: padre tedesco giornalista e madre italiana agente cinematografica.  Architetto, è titolare di uno studio a Roma. Per 15 anni collabora con la facoltà di Architettura di Roma “La Sapienza”.

    Ha pubblicato saggi ed articoli in ordine a temi riguardanti la pianificazione urbana.

    La rivista on-line “Nuovi Lavori” ha ospitato alcuni suoi testi di narrativa.

    Nel 2023 ha pubblicato per la casa editrice “Il seme bianco” dei racconti dal titolo “Erotico rosso cuore”.

    L’opera è stata pubblicata in accordo con l’agenzia EditReal di Michela Tanfoglio.

  • “Beirut 1983 storia d’amore e di guerra” il nuovo libro di A. W. Cavalera

    “Beirut 1983 storia d’amore e di guerra” il nuovo libro di A. W. Cavalera

    È disponibile in libreria e negli store digitali “BEIRUT 1983 Storia d’amore e di guerra” di A. W. CAVALERA, pubblicato da CTL Editore. Il libro racconta la storia di due uomini e una donna impegnati in una missione che, sebbene apparentemente volta alla pace, si rivelerà intrisa di avventure, amicizia e amore.

    «Questo è un romanzo in cui i protagonisti sono l’avventura, l’amicizia, l’amore. Fa da sfondo un sanguinoso conflitto etnico-religioso che dura, purtroppo, a tutt’oggi. Spero che il lettore trovi in queste righe il piacere di leggere, il gusto di sorridere alle battute dei personaggi e quel pizzico di amarezza che c’è in ogni storia, perché la vita di ognuno di noi è permeata anche da questi sentimentiafferma lo scrittoreVorrei davvero che chi tiene tra le mani la mia opera leggesse avidamente ogni parola, pagina dopo pagina, con l’ansia di arrivare alle ultime battute per vedere come andrà a finire la storia d’amore che permea le pagine di Beirut 1983. E magari, con lo stesso brivido, sperare che il libro non finisca mai, come capita ogni volta a me, che sono un lettore accanito, quando leggo un romanzo vero e autentico».

    Sinossi

    Antonio Leccese è un giovane medico fresco di laurea: squattrinato, scapestrato, impulsivo, farfallone, superficiale nei rapporti con l’altro sesso e anche mammone, ma con molta inventiva.

    Dovendo svolgere obbligatoriamente il servizio militare in Marina (siamo nel 1982), vince inaspettatamente il concorso per Allievi Ufficiali di Complemento in Accademia a Livorno e decide quindi di sfruttare la situazione offrendosi volontario per la missione di pace in corso in Libano, attirato dal ricco compenso in denaro.

    In questa sua avventura trascina con sé un sottufficiale infermiere, Michele Esposito, napoletano verace che è l’esatta antitesi del suo carattere: uomo semplice, con i piedi ben piantati per terra, con un saldo rapporto con la famiglia e in attesa di sposare la sua fidanzata Carmela, non appena raggranella un po’ di soldi. Quale migliore occasione quindi che guadagnare tanti soldi in così poco tempo e “senza grandi rischi”? Fra loro si instaura una solida amicizia che li porta ad affrontare insieme questa avventura verso l’ignoto.

    Una volta a Beirut, presso l’accampamento del San Marco, sono affiancati inaspettatamente da una graziosa e riservata crocerossina: Federica Migliore, il cui fascino, acqua e sapone, fa perdere la testa ad Antonio che è deciso a sposarla seduta stante. Peccato però che Federica ha dietro di se una storia molto torbida, inoltre, quella che sembrava una tranquilla missione di pace, “senza grandi rischi”, si rivela invece una pericolosa trappola di guerra dove di rischi ce ne sono, eccome!

    Fra bombardamenti, attentati e massacri, nell’infuriare di una guerra civile con episodi atroci e sconcertanti, la storia tragicomica di un grande amore, una grande amicizia, una grande avventura.

    Biografia

    Classe 1956, medico ospedaliero ora in pensione specialista in Ostetricia e Ginecologia. Appassionato di storia alla sua prima esperienza come scrittore.

    L’opera è stata pubblicata in accordo con l’agenzia EditReal di Michela Tanfoglio.

  • Miriam D’Ambrosio – Intervista

    Miriam D’Ambrosio – Intervista

    È disponibile in tutte le librerie e negli store online “Folisca” (Arkadia), il nuovo romanzo della scrittrice Miriam D’Ambrosio, che racconta la storia della giovanissima Rosetta Andrezzi, che venne uccisa in una notte d’estate del 1913 in piazza Vetra a Milano.

    Cosa ti spinge a scrivere romanzi basati su eventi storici o personaggi storici? Qual è l’aspetto più affascinante di questa modalità di narrazione per te?

    L’aspetto affascinante delle storie realmente accadute e di persone realmente esistite, che diventano personaggi attraverso la scrittura, è la loro attualità; l’animo umano, nel bene e nel male, è sempre lo stesso con le sue pulsioni, passioni, bellezza e abisso. 

    “Folisca” è un romanzo storico basato su eventi reali. Quali sono state le sfide principali nel bilanciare la narrativa con la fedeltà storica mentre scrivevi il romanzo?

    La sfida è stata creare una vita attorno a quella morte di cui sappiamo abbastanza grazie a Leonardo Sciascia che, negli anni Ottanta, si interessò al caso di Rosetta e ne ricostruì la dinamica attraverso testimonianze dell’epoca. Per il resto, della vita della giovanissima Andrezzi si conosce poco ma, partendo da scarsi dati certi, si ha la possibilità di immaginare un mondo, un mondo possibile, credibile, nel rispetto del tempo e del luogo.

    La protagonista, Rosetta, è una figura affascinante e complessa. Come hai sviluppato il suo personaggio e quali elementi della sua personalità o della sua storia hai trovato più interessanti da esplorare?

    Rosetta è una diciassettenne piena di talento che studia canto, debutta e non si risparmia, pur di lasciare per sempre quello squallore che aveva accompagnato la prima parte della sua breve esistenza. Vuole emergere, vuole lavorare onestamente, fare l’artista, vivere di un mestiere che ama e che la rende libera. Il desiderio di libertà, di autonomia, la sua innocenza di fondo, la determinazione,  la dolcezza che non rinnega mai il mondo da cui proviene e la forza con cui cerca di conciliare il passato recente e il presente che nasce e la rende nuova: sono aspetti che ho amato e amo.

    “Folisca” affronta il tema della lotta per i diritti delle persone comuni in un’epoca di disuguaglianza. Quali paralleli vedi tra il contesto storico del romanzo e le sfide sociali attuali?

    Sono passati centodieci anni dalla morte di Rosetta, quasi centoundici. Le distanze sociali continuano ad esserci così come i femminicidi, gli abusi di potere, i pestaggi. “Il cane morde lo stracciato”, dice un proverbio antico del centro Italia ed equivale a dire che a pagare sono quelli considerati gli ultimi della fila, quelli a cui viene tolto il diritto di sperare in una vita diversa. Le disuguaglianze sociali caratterizzeranno sempre l’umanità: quello che si può fare è non accettare passivamente che sia così e pacificamente combattere.

    Il margine mi interessa da sempre e dare voce a chi non l’ha avuta e non ha ottenuto umana giustizia, per me, è atto dovuto, necessità.

    Cosa possiamo aspettarci da te in futuro? Hai progetti letterari in corso o nuovi romanzi che stai sviluppando?

    Un progetto esiste ma non so fino a quando rimarrà tale. Ammesso che si sviluppi, non è in un futuro immediato, almeno non credo. Il tema sociale è sempre dominante e lo sarà anche la prossima volta.

  • “Urla del silenzio”.La poesia squarcia il velo della solitudine e della paura

    “Urla del silenzio”.La poesia squarcia il velo della solitudine e della paura

    #libri #silenzio #poesia #solitudine #paura

    «La poesia è corpo a corpo. Le parole sono materia viva che affonda sfidando ogni timore senza la paura della sconfitta, come Don Chisciotte insegna. Combattere guardando negli occhi ogni mistero, ogni innamoramento, ogni tradimento, ogni paura, ogni abbandono, ogni sconforto. La cura della resa nell’ultimo slancio al di là del cielo di carta. Ricucire ogni strappo di parole nuove, incubi e sogni reali da immaginare». E’ affidata alle parole di Cosimo Damiano Damato, scrittore, regista e sceneggiatore, attivo soprattutto nel mondo del teatro, l’anima del nuovo libro di Paolo Canali, in arte Pablo Urtain (classe ’52 di Galbiate, Lecco), dal titolo “Urla del silenzio”, edito da Aletti, nella collana “I Diamanti della Poesia.

    Nell’opera, che è la quarta raccolta poetica pubblicata, i versi riescono a farsi ascoltare, anche quando l’uomo sembra preso dalla frenesia della quotidianità, in una società attenta alle apparenze, dove vige un’assurda incapacità di non volere ascoltare l’altro che ci sta accanto. «E’ tra il silenzio più intimo – racconta l’autore – che si sente il tonfo nei richiami assordanti del bisogno. Ognuno di noi ha il proprio quotidiano che emerge a tratti».

    La silloge riesce a far emergere, parola dopo parola, tutta la solitudine che irrompe nel tempestoso baccano. Una poesia è dedicata proprio al “Silenzio”. “Questo feroce silenzio che giunge da lontano, che preme e torce la coscienza rendendola schiava di qualcosa che dirige la sorte, fa tremare e non so più oltre andare a cercarmi guarito da tutto […]”. Ma anche alla “Solitudine”. “Tutti cercano qualcosa che li sappia accompagnare nel percorso accidentato senza rimprovero però giustificandolo come libertà salubre di esistere”. Nei versi conclusivi, dall’omonimo titolo dell’opera, l’autore “vaga con la mente e ora purtroppo non ha più nulla da dare ormai sentendosi fiero di essere utile solo a sé stesso”.

    L’opera è il frutto di un tormentoso bisogno di scrivere in taluni momenti della giornata oppure della notte, e la penna è l’unico strumento tra le mani di Pablo che consente di comprendere il senso dell’esistenza. Ad accompagnare il lettore, oltre al ritmo scandito della poesia, anche delle riflessioni, delle “pillole”, che lasciano intravedere il significato più autentico della vita, fatta di grandi passioni e di solitudine, di presente ma anche di passato, di ricordi e dignità. Dove il disordine che è in ciascuno di noi viene accolto. Solo così si possono ascoltare le urla del silenzio.

    Federica Grisolia

  • Giuseppe Fantino “La biografia di Nessuno” 

    Giuseppe Fantino “La biografia di Nessuno” 

    Un libro a cura di Fortunato Mannino

    «Quando gli uomini uccisero i primi uccelli» scrive Giuseppe Fantino nel capitolo “La professione di martire” «ignoravano la bontà della loro carne. Li uccisero perché la possibilità di volo suscitava la loro invidia».

    Questa breve riflessione impianta una lucida base sulla quale innalzare un monumento alla stupidità umana, incapace di cogliere la logica che anima i veri intellettuali, come Fantino, i cui scritti non vanno “determinati” da un articolo partitivo, ma letti in una chiave universale, che consente di ampliare ulteriormente lo scenario della crisi novecentesca non ancora superata, nonostante Nietzsche la abbia annunciata già nell’Ottocento. Il lavoro di Fortunato Mannino conforta gli intellettuali e gli studiosi che vogliono aprire la gabbia in cui la Calabria è stata costretta negli ultimi cinquant’anni, da chi non ha saputo vedere il valore e la portata di certa letteratura e di certa riflessione. La paranoia di Fantino è una sindrome europea, un male descritto da Freud, come frutto di uno scontro non nichilistico, ma fruttuoso, perché “le nevrosi scaturiscono fondamentalmente da un conflitto tra l’Io e la pulsione sessuale, e le forme che esse assumono serbano l’impronta dell’evoluzione seguita e dalla libido e dall’Io”.

    Prefazione di Francesco Idotta.

    Note d’autore

    Fortunato Mannino è docente di Lettere e insegna presso l’Istituto comprensivo Nosside-Pythagoras di Reggio Calabria. Di formazione classica, dopo la laurea ha perfezionato la conoscenza dei beni culturali all’Università La Sapienza di Roma, conseguendo una seconda laurea alla Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari. È tra i fondatori dell’Associazione Culturale Scampoli e da anni è impegnato nel lavoro di ricerca per il recupero e la valorizzazione della figura storica e letteraria di Giuseppe Fantino, del quale ha curato la ristampa di Appunti e Saggi di Critica Letteraria (Il Rifugio Edizioni) e di La Biografia di Nessuno (Città del Sole Edizioni). Si occupa anche di critica musicale e attualmente ha un suo blog all’interno del magazine culturale Sdiario; ha collaborato con altre riviste e webmagazine tra cui SOund36 e Leggere tutti

    https://www.facebook.com/profile.php?id=100005155844661

    Biografia di Giuseppe Fantino

    Giuseppe Fantino è stato novelliere, romanziere, critico letterario, polemista e drammaturgo, ma i suoi scritti sono stati ignorati o peggio snobbati dalla critica, nonostante i numerosi encomi e premi letterari ricevuti in vita. Morì a Melicuccà il 20 febbraio del 1975. La morte, che per il suo amico e compaesano Lorenzo Calogero rappresentò l’inizio di una rivalutazione letteraria, purtroppo segnò per Fantino l’inizio di un lento e inesorabile oblio. Finalmente la sua figura umana e letteraria inizia a riprendere il suo posto in modo organico nel nostro panorama letterario nazionale grazie all’analisi dei suoi elaborati letterari, dei suoi diari e dei suoi appunti finora trascurati. Giuseppe Fantino è nato il 20 giugno del 1908 a Melicuccà, piccolo paese della piana di Gioia Tauro. Paese, oggi, grazioso ma che all’epoca era uno dei più poveri e martoriati dell’intera Penisola. La famiglia onesta e laboriosa si ritagliò oltre che la stima del paese uno status sociale tranquillo e, nonostante l’altissimo tasso di analfabetismo, la cultura ebbe sempre un ruolo importante. Il percorso scolastico di Giuseppe Fantino fu spesso tormentato, ma le capacità intellettive dimostrate e la lungimiranza della famiglia gli consentirono di studiare per un certo periodo alLiceo Mamiani di Roma per poi concludere il ciclo liceale presso il Liceo Classico Tommaso Campanella di Reggio Calabrianel 1928. In questo stesso periodo cominciarono a manifestarsi quei problemi all’udito che lo porteranno ad una quasi totale sordità. Si laureò presso la facoltà di Lettere Classiche di Catania nel 1933, dove erano ancora vivi gli insegnamenti di Attilio Momigliano, illustre esponente dell’estetica crociana, che lì insegnò Letteratura Italiana dal 1920 al 1924. Allo studio prettamente accademico si contrapponeva uno studio personale e una condotta di vita spesso sregolata. Vita che, peraltro, rischiò d’interrompersi prematuramente a causa della febbre tifoidea. La famiglia vedeva in Giuseppe la possibilità di un riscatto sociale e sperava che il proprio primogenito potesse ricoprire un giorno un posto prestigioso, ma le speranze svanirono presto. Il carattere ribelle spinse dapprima Giuseppe a tentare la carriera militare e successivamente ad intraprendere la carriera d’insegnante. Una carriera che lo spingerà fuori da quello che lui definiva il sepolcro melicucchese. Di questo periodo storico si hanno poche notizie, ma sappiamo con certezza che tra il 1938 e il 1940 insegna in Libia. Nel 1940 è a Melicuccà e sarebbe stato pronto a partire per l’Albania se un errore nel compilare la domanda non avesse pregiudicato tutto. Proprio in questo periodo cominciano a manifestarsi anche le prime crisi di nervi. Inizia, comunque, a lavorare come insegnante a Vibo Valentia e, dopo un avvio difficoltoso a causa dei cattivi rapporti che instaura con alunni, colleghi e preside riesce a far emergere le sue capacità intellettuali e nel secondo quadrimestre viene nominato rappresentante della società Dante Alighieri, all’interno della scuola con l’incarico di redigere una relazione sulle biblioteche scolastiche. Il suo udito si aggrava e il suo umore peggiora dopo che la sua domanda di volontario per la guerra viene rigettata. Si rifugia nella lettura, nel silenzio della campagna ma, nel contempo, inizia ad interessarsi di politica. A ottobre del 1941 gli viene offerta la possibilità di una cattedra a Napoli e, senza pensarci due volte, accetta, nonostante i pareri contrari di amici e familiari che lo invitavano a riflettere sull’opportunità di trasferirsi in una città costantemente bombardata. Rischia la vita più volte, ma i problemi veri sono in un fisico minato e in un animo profondamente problematico. Rimarrà a Napoli all’incirca dieci anni. I primi cinque li vivrà quasi ininterrottamente da insegnante, i secondi cinque da proscritto. È vittima, unico nel paese di Melicuccà, di una vendetta politica che non comprende ma che accetta come ennesima sfida che la vita gli pone di fronte. Quelli napoletani sono anni di stenti che logoreranno ulteriormente il suo fisico e i suoi nervi. Rifiuterà tante volte sia di tornare in paese sia gli aiuti della famiglia; unica consolazione in una vita di privazioni, la lettura. A Napoli maturerà anche il suo pensiero politico e letterario, che sarà profondamente critico sia verso la nascente Repubblica sia verso il Neorealismo. Quest’indipendenza di pensiero lo isolerà ulteriormente da quel mondo letterario a cui ambiva. Il 1950 è l’anno del tracollo fisico e mentale e la famiglia, dopo averlo ricondotto a Melicuccà, è costretta a ricoverarlo al manicomio di Reggio Calabria. In quel girone infernale trascorrerà ben cinque anni, senza rinunciare alla lettura e alla scrittura: quest’attività intellettuale sarà la chiave che gli permetterà di tornare a casa. Quest’uomo non è pazzo e non merita di stare tra i malati: è questa la frase che il Direttore del manicomio disse ai parenti. Lentamente riprenderà la sua vita di insegnante prima nella provincia di Reggio poi al Nord Italia, alla ricerca di quella felicità e di quelle opportunità che, purtroppo, non si materializzeranno mai. Sono anni prolifici dal punto di vista letterario. Pubblicherà un commento ai canti di Leopardi, raccolte di novelle, romanzi, quattro opere di critica letteraria, sei drammi e collaborò con diverse testate giornalistiche. Opere spesso premiate ma mai accettate dalla critica e, per questo, lentamente dimenticate. Muore a Melicuccà il 20 febbraio del 1975. 

    “La Biografia di Nessuno” viene pubblicato nel 1970 dalla casa editrice milanese Gastaldi. In quest’opera l’autore, ormai stanco e minato nel fisico, ripercorre la sua vita raminga e solitaria. Sullo sfondo l’Italia del secolo breve: quella rurale, quella della Grande Guerra, quella fascista e quella repubblicana. Un’Italia vista dal basso e per questo probabilmente più vera. È probabile che Giuseppe Fantino avesse in mente di raccontare in un altro romanzo le sue “avventure”, ma il romanzo “Le avventure di Lazzaro” è rimasto inedito. 

    “La biografia di Nessuno”, come tutte le opere di Fantino, non vendette quasi nulla e le copie rimaste alla casa editrice finirono al macero, dopo il fallimento della stessa. Fino al 2022 le uniche copie di cui si aveva conoscenza erano tre: una di proprietà del nipote e altre due custodite nelle biblioteche Nazionali di Roma e Firenze. Il curatore, dopo anni di studi e di attenta analisi dei manoscritti e dei diari, ricostruisce per la prima volta una biografia completa e accurata della vita di Giuseppe Fantino. Al romanzo / biografia viene restituito sia il sottotitolo Noi morti sia la lettera maiuscola di Nessuno. È scientificamente provato che Nessuno sia la percezione che Fantino aveva di se stesso. Il testo originario è stato emendato e sono stati aggiunti i capitoli cassati / inglobati in altri. È presente inoltre un capitolo dedicato all’ormai dispersa biblioteca dell’autore. 

    Il libro è acquistabile sul sito della casa editrice: 

    https://cdse.it/libro/la-biografia-di-nessuno/1377

  • Libri. Il dolore svanisce e l’anima trova pace

    Libri. Il dolore svanisce e l’anima trova pace

    #dimorelontane #libri #novitalibri

    «In questo libro ho cercato di ritrovare un passato in cui vissi una serenità mai più conosciuta, il periodo della fanciullezza, in cui tutto splendeva attorno alla mia vita e negli occhi dell’amata famiglia. Ho descritto con accenno nostalgico giorni perduti, strappati dal passo degli anni: giorni, insieme a persone, che sono tornati, spesso e improvvisi, nel corso di sogni. Con il massimo impegno, custodirò nella memoria e nei versi il suono di quelle stagioni, affinché il tempo non cancelli tutto impietosamente». Con queste parole, Mario Broglia descrive la sua opera “Dimore lontane”, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore.

    Un giovane scomparso all’improvviso a causa di un amaro destino; un carissimo amico che non c’è più; l’amatissimo padre; i suoi antenati. Sono queste alcune delle “dimore lontane” trattate nei versi, mete verso cui viaggia l’autore, tra lo spazio e il tempo, il giorno e la notte, la terra e il cielo. «Il poeta Mario Broglia – scrive Hafez Haidar, più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura – ci conduce in dimore lontane nel tempo e nello spazio e ci fa intraprendere interessanti viaggi immaginifici grazie ai quali possiamo esplorare l’universo del suo cuore sconfinato. […] La presente raccolta poetica racchiude, oltre alle poesie, alcune interessanti riflessioni che ci invitano a meditare su alcuni aspetti della vita. […] Mediante poesie e riflessioni, il libro del poeta Mario Broglia ci presenta argomenti importanti, tra i quali la centralità dei rapporti familiari, l’amicizia, l’attaccamento alla propria terra e alle proprie radici ed è ricco di spunti interessanti che denotano saggezza, emozioni ed immaginazione e che al contempo ci invitano a riflettere».

    Le liriche rappresentano, così, un volano di sentimenti, con lo sguardo rivolto al cielo, al passato, alla sapienza degli anziani, alla fiducia verso il presente e verso la vita vista come un dono. «In notte limpide – racconta l’autore, che lavora a Corridonia (in provincia di Macerata), appassionato di libri di avventura, astronomia e filosofia -, spesso, mi soffermo a guardare il cielo. Mi attraggono le stelle e il misterioso meccanismo che sovrasta e domina l’Universo. Il silenzio, così dolce, così alto, mi fa stare bene e la solitudine che l’accompagna e che circonda la mia persona non mi rende triste. La mente corre alle galassie più lontane, ai confini dello spazio, per poter capire cosa c’è oltre. Tanta gente è passata, nessuno è tornato. I secoli hanno creato vita continuamente ma tutto è fuggito verso un punto lontano, impossibile e arcano. Allora, un pensiero mi afferra. In quelle lontananze negate ad ogni essere del pianeta Terra, forse ci sono Dimore, che accolgono spiriti erranti in una serenità che non conosciamo. E mi piace immaginare di ritrovare, un giorno, persone che abbiamo amato, ricche di vita. Il sogno sembra materializzarsi. Così il dolore svanisce e l’anima trova pace».

    Nei versi delle “Dimore lontane”, la realtà incide in maniera determinante nella scrittura, influenzata dallo stile di scrittori e poeti del 1800 e del 1900, che Broglia reputa fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale. «Un aiuto particolare mi è stato dato da Leopardi, Pascoli, Quasimodo, Montale, Neruda, Pessoa, Dostoevskij, Prévert, García Lorca, Rimbaud, Ungaretti». Ma anche dalla pittura, soprattutto quella relativa all’Impressionismo. La poesia riesce a far conoscere, così, emozioni e sentimenti tali da difendere dall’oblio del tempo quei ricordi che costituiscono la parte migliore di ciascuno di noi.

    Federica Grisolia

  • Recensione di “Omicidio a Cortelle” di Domenico Arezzo

    Recensione di “Omicidio a Cortelle” di Domenico Arezzo

    “Omicidio a Cortelle” è un coinvolgente viaggio nel passato che ci trasporta nell’anno 1889, nel cuore della Sicilia, narrando la storia di Emanuele Cortisanti, noto come Nenè. Questo affascinante romanzo dello scrittore Domenico Arezzo, pubblicato da CTL Editore, si snoda tra le pagine di cronaca nera, mistero e intrighi, offrendo una prospettiva affascinante sulla vita di quei tempi.

    La trama si apre con Nenè, già provato da nove anni di eventi traumatici a Grassello di Sicilia, che si trasferisce a Cortelle, intraprendendo una nuova carriera di giornalista collaboratore con il giornale “l’Isola” e con i Carabinieri Reali per risolvere casi di cronaca nera. La sua vita prende una svolta decisiva quando la marchesa di Villasta viene trovata morta nel suo palazzo nel novembre del 1892. Inizia così un’indagine intensa e deduttiva, coinvolgendo il tenente LoForte e il maresciallo Fresta dei Carabinieri Reali.

    La trama è abilmente costruita, mantenendo costante l’attenzione del lettore con colpi di scena e svolte inaspettate. Il protagonista, Nenè, emerge come un personaggio affascinante e determinato, intento a scoprire la verità dietro il misterioso omicidio. La sua resistenza di fronte alle pressioni politiche e sociali aggiunge uno strato di profondità al personaggio, rendendolo estremamente realistico.

    Il contesto storico è dipinto con maestria, catturando l’essenza della Sicilia del XIX secolo. La disparità sociale tra la fatica dei lavoratori e l’opulenza degli aristocratici offre uno sfondo ricco e stimolante, integrando abilmente il contesto storico all’interno della trama avvincente.

    Arezzo dimostra una padronanza della scrittura che trasporta il lettore nel cuore di Cortelle, immergendolo nella trama intricata e nei personaggi ben definiti. La sua capacità di ritrarre i dettagli della vita quotidiana, unita a una trama avvincente, rende “Omicidio a Cortelle” un romanzo imperdibile per gli amanti del mistero storico.

    In conclusione, “Omicidio a Cortelle” si presenta come un’opera coinvolgente e ben strutturata che unisce abilmente mistero e contesto storico, mantenendo alta l’attenzione del lettore fino all’ultima pagina. Domenico Arezzo ha creato un’opera magistrale che cattura l’immaginazione e offre una finestra affascinante sulla Sicilia del XIX secolo.

  • Libri. “La farfalla gialla”. Tra sogno e realtà: volare con la poesia verso l’infinito

    Libri. “La farfalla gialla”. Tra sogno e realtà: volare con la poesia verso l’infinito

    Felicità, speranza, positività, ottimismo, energia… tutto ciò che può essere definito “liberazione”. Volano come una “Farfalla gialla” i versi di Antonietta Natalizio, nata a Nola, ma che vive a Vinovo (Torino), scrittrice, poetessa, psicologa clinica e di comunità. «Un altro simbolismo della farfalla si basa sulla metamorfosi: la crisalide è l’uomo che contiene la potenzialità dell’essere; la farfalla che ne esce è simbolo di rinascita. La bellezza della farfalla come il destino dell’uomo è manifestarsi nella sua potenza, in tutto il suo splendore e in tutto ciò che siamo. Quindi, siamo chiamati a realizzarlo in piena responsabilità». L’opera “La farfalla gialla” è pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore; qui i versi, brevi e ben scanditi, sono una finestra sul mondo personale dell’autrice; un mondo che nessun’altra forma d’arte saprebbe rappresentare. «L’unico mezzo per invertire il “decadentismo” culturale del tempo – racconta Antonietta Natalizio -. La realtà incide fortemente nei miei scritti. L’arte si identifica con l’esistenza stessa, per cui quando si incontra il bello, il buono, la spinta a descrivere quello che si prova e trasferirlo su di un foglio bianco diventa una priorità. Allo stesso modo, quando mi trovo ad assistere a delle incongruenze totalmente visibili e crudeli, mettere nero su bianco diventa un dovere morale. La bellezza come opposizione ai canoni di potere».

    A firmare la Prefazione della silloge è Alessandro Quasimodo, poeta, autore e critico letterario, figlio del Premio Nobel Salvatore Quasimodo. «La Natalizio, pur citando tanti aspetti negativi che incontriamo nel nostro cammino, non perde la fiducia in un mondo migliore. Cita il quadrifoglio, emblema della poesia. Si stabilisce una relazione tra la descrizione e i riflessi arcani dell’animo. Poesia è il miracolo della rinascita periodica di piante e fiori dopo le cupe ombre dell’inverno. Anche le persone ci sorprendono». Ai versi si alternano “pensieri sparsi”, che possiamo definire, metaforicamente, come il volo di una farfalla che arriva dritto al cuore dei lettori. Pensieri liberi, incondizionati, spontanei. La poesia di Antonietta Natalizio è caratterizzata da versi liberi, che non disdegnano di fare talvolta rima tra di loro, con l’utilizzo della metafora, per rappresentare la realtà spirituale dell’individuo. «Dipingo con le parole – afferma l’autrice -, come se fossero colori della tavolozza di un pittore, le impressioni, le speranze, i dolori, le finalità, nobili e ignobili, dell’uomo».

    Realtà e fantasia si intrecciano nella commistione tra una dimensione oggettiva e una immaginaria; strumenti che diventano gli elementi rielaborativi di una dimensione realistica sottesa. «Tutto questo – spiega la poetessa – è legato ad una capacità trasformativa. La reciprocità osmotica tra uomo e natura è fonte di ispirazione senza remore per la mia passione per il paesaggio. L’intelligenza acustica della natura mi attrae. Luogo sacro e magico. Stimolo per le facoltà spirituali, intellettive e fisiche, che conduce all’unità del processo di creatività. Punto focale per un perfetto intreccio tra il sogno e la realtà».

    Antonietta Natalizio, psicologa clinica e di comunità, organizza iniziative e gruppi di incontro sulla funzione terapeutica della poesia presso l’UNITRE di Vinovo (Università delle Tre Età). La poetico-terapia guida l’individuo ad una maggiore introspezione-condivisione-commozione: è un processo trasformativo interiore. La poesia ha la grande capacità, dunque, di curare l’anima, di diventare “Arte Benefica”, cioè balsamo e argine al male di vivere. Per chi la vive e medita nella propria intimità, si trasforma in pillola per l’anima. Ed è proprio questo che l’autrice vuole trasmettere a chi legge la sua nuova opera. «L’uomo è cercatore d’infinito, che ne sia consapevole o meno, ed il poeta è un ambasciatore di questa passione. L’infinito non è una dimensione della poesia, ma la sua meta. Ogni poeta cerca l’infinito».

    Federica Grisolia

  • “Ritroverò Leonardo?” è il nuovo romanzo di Alberto Pizzi, disponibile in libreria e negli store online

    “Ritroverò Leonardo?” è il nuovo romanzo di Alberto Pizzi, disponibile in libreria e negli store online

    È disponibile in libreria e negli store online “Ritroverò Leonardo?”, il nuovo romanzo dello scrittore Alberto Pizzi pubblicato da Vallecchi Firenze.

    L’autore con “Ritroverò Leonardo?” ci trascina in un vortice intricato dove storia, mistero, e destini intrecciati riflettono i contrasti dell’umana condizione. La narrazione, impregnata di chiaroscuri e tensioni, rievoca un’epoca di intrighi che legano il passato artistico dell’epoca rinascimentale con le complesse dinamiche del mondo contemporaneo, in un giallo coinvolgente.

    Michela Tanfoglio, CEO di EditReal, commenta a proposito del libro: “La prima volta che ho letto Ritroverò Leonardo? di Alberto Pizzi mi sono detta: ecco un giallista. La storia e lo stile appassionano al punto che credo che Alberto Pizzi farà davvero tanta strada in questo mondo: è in grado di farne tanta”.

    SINOSSI

    1494.  Durante un naufragio, vanno perduti quattro disegni preparatori del Cenacolo di Leonardo Da Vinci.

    2022. Mentre un aereo con a bordo Anastasia Bakler decolla da Londra con destinazione Mosca, due ex compagni di liceo si ritrovano dopo quasi trent’anni su due lati avversi a discutere della vendita di un’antica villa sul lago Maggiore. Che segreto nasconde quella villa? Ha forse a che vedere con un incidente d’auto accaduto al tempo della scuola in cui perirono due loro amici? Quale mistero li lega ad Anastasia? A scompaginare la situazione un omicidio che ha legami con il passato, una banca sull’orlo del fallimento ceduta in poche ore, una moglie tradita e un intrigo internazionale tra Milano e Londra con in ballo milioni di euro. Un unico filo conduttore li collega tra loro: i disegni perduti di Leonardo, tornati di nuovo in circolazione a Stresa dopo anni di oblio. Ancora una volta il maresciallo Calarco, aiutato nell’indagine dal suo amico giornalista Marcello Forni, dà prova della sua grande abilità a districarsi tra depistaggi e testimoni falsi e nel tessere la tela che lo porterà alla soluzione del caso.

    BIOGRAFIA

    Alberto Pizzi, nato a Ramate di Casale Corte Cerro nel 1954, dove risiede. È libero professionista con la passione della corsa. Ha pubblicato nel 2011 Quell’hotel sull’oceano (Paolo Acco Editore), nel 2012 Il segreto di Mila (Edizioni Buk), nel 2016 Il Compito (Gilgamesh Edizioni) e nel 2021 I disegni perduti di Leonardo (Vallecchi Firenze), targa Gianfranco Lazzaro al Premio Stresa di Narrativa 2021. Nel 2023 è uscito Ritroverò Leonardo?, sempre per Vallecchi Firenze. Suoi racconti sono compresi nelle antologie Giallo Lago (2014 – Eclissi Editrice), Delitti di Lago, Nuovi Delitti di Lago e Delitti di Lago 3, 4, 5, 6, 7 (Morellini Editore).

  • Libri. “Alba chiara sul greto”.

    Libri. “Alba chiara sul greto”.

    Uomo e natura. Un legame profondo, simbiotico, ancestrale

    «Ogni nuova alba è una nuova rinascita del mio io-donna. Un cielo bianco sull’orizzonte, per raccontare – immersa nell’universo immaginario e nel silenzio ai bordi di un fiume – il mondo, l’ambiente che circonda e che cambia. Una trasformazione perenne, una sfida perenne tra natura e umanità associata all’io più intimo, più vero, più profondo. L’arte creativa? Una lente di ingrandimento, per illustrare al meglio i complessi meccanismi dell’io sedotto dalla natura». E’ con queste parole che l’autrice Giuseppina Cuddé, già nota nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore, descrive la sua nuova silloge “Alba chiara sul greto”, fresca di pubblicazione. Versi che vogliono offrire nuovi scenari, con il desiderio di andare oltre le apparenze, scavare dentro le emozioni che attraversano le giornate di ognuno di noi. «L’idea di scrivere questa nuova raccolta di liriche – spiega la docente di lingua francese, originaria di Ginevra (in Svizzera) ma che, attualmente, vive a Mineo, piccolo comune della provincia di Catania – nasce dalla necessità di dare forma alla mia visione del mondo, degli eventi, dei fatti, delle testimonianze, delle emozioni, dei sentimenti, dell’anima, del mio io e, tramite la scrittura creativa, concretizzare la realtà in uno spazio più umano, poiché si misura con quanto si conosce, anche quando trattasi di un solo frammento di conoscenza della realtà che, sottinteso, coincide con l’io-frammento tra migliaia di io-frammento. L’io non è che una piccola goccia nell’oceano abitato da illimitate io-goccia».

    Tra uomo e natura c’è un legame che travalica i confini di corpo e mente. Una relazione profonda, simbiotica, ancestrale, che connette l’io al sistema pianeta e lo plasma profondamente, senza esserne cosciente. La natura che è condizione ottimale di riflessione e di dialogo con sé stessi e con le voci dell’universo. Anche quando, in alcuni casi, fa da sfondo a vicende tristi, il ritrovarsi soli con essa è salvifico, benigno, perché nel silenzio ci si ritrova. «Il dolore – sottolinea la poetessa – il più delle volte, ci dissocia, ci allontana dal nostro io. Non ci permette di vedere con chiarezza, di sentire in profondità la nostra anima. La pace e la tranquillità di un ambiente incontaminato, invece, ci aiuta a rilassarci e, pian piano, a ritrovare l’interezza del nostro essere per proseguire sul nostro cammino di vita».

    Per Giuseppina Cuddé il rapporto tra poesia e natura è sottilissimo. Essa s’intreccia con l’inconscio, perché libera emozioni, pensieri, impulsi. È il sussurro che delicatamente il subconscio cerca di plasmare, diventando, inaspettatamente, musica e parola. E’ legata all’inconscio e l’inconscio è il luogo della poesia, divenendo simbolo del nostro essere, della nostra esistenza. «La poesia è il mio io creativo – afferma l’autrice – che si relaziona con una natura incontaminata, dove i suoni, i profumi invitano alla pace, al riposo dell’anima in tempi storici martoriati. La natura è rifugio in spazi, ambienti che fanno da sfondo alle varie vicende della vita, siano esse belle o brutte. Io e natura… Un gioco perenne di complicità». A sottolineare questa empatia tra l’autrice e la scrittura, anche Alfredo Rapetti Mogol, figlio del noto paroliere, che ha curato la Prefazione del libro. «È una poesia, la sua, che si “vede”, che ci regala un caleidoscopio di sensazioni, scuote dolcemente i sensi e nello stesso momento ci riconsegna anche dolorosamente alla durezza calcarea della vita: “Ti sento di sangue”, “un cuore in esilio nel tempo crocefisso”, “in attimi di marmo”».

    I versi, scritti con un linguaggio semplice e diretto, seguono un tono seducente, un ritmo rilassante, un’immagine delicata. Elementi stilistici che si adattano alle diverse fasce di lettori, dai più grandi ai più piccoli, dunque, accessibili a tutti, rendendo visibili scenari emotivi che suscitano sensazioni e consentono di andare oltre il tangibile. «Suggestioni – conclude Giuseppina Cuddé – che, in determinate circostanze, possono creare all’interno dei nostri sensi infiniti incanti. Un cielo stellato in una calda sera d’estate, lo sciabordio del mare o un vento irrequieto possono creare l’atmosfera giusta e il desiderio di tanta aria di vita, in un momento storico assai difficile per l’umanità, che avverte forte la necessità di ripensare a un nuovo modo di concepire e vivere la vita, ai suoi legami, alle sue relazioni».

    Federica Grisolia

  • “Arte Contemporanea senza Lattosio” di Nilla Zaira D’Urso – Intervista all’autrice

    “Arte Contemporanea senza Lattosio” di Nilla Zaira D’Urso – Intervista all’autrice

    “Arte Contemporanea senza Lattosio” di Nilla Zaira D’Urso è un viaggio intrigante attraverso l’arte moderna e la vita di tutti i giorni. Con uno stile vivace e umoristico, l’autrice connette abilmente le stranezze della nostra società, dai centri commerciali alla chirurgia estetica, con le opere d’arte contemporanea. Rivolgendosi a una vasta gamma di lettori, dal consumatore di cibi veloci all’intollerante al lattosio, la scrittrice offre uno sguardo fresco e accessibile sulla relazione tra le nostre paure quotidiane e l’arte del nostro tempo. “Arte Contemporanea senza Lattosio” è una lettura divertente e illuminante che sfida il modo in cui percepiamo il mondo che ci circonda.

    “Arte Contemporanea senza lattosio” è il tuo nuovo libro. Cosa ti ha spinto a scegliere questo titolo e come si lega alla tua filosofia artistica e di vita?

    Il titolo nasce prima ancora dell’idea stessa del libro così come l’ho poi strutturato. Esattamente nel 2019 come una forte intuizione e poi ho abbozzato una serie di riflessioni sul nostro tempo negli anni della pandemia che mi hanno dato paradossalmente la possibilità di fermarmi e riflettere, partendo dalla mia stessa alimentazione senza lattosio e senza zuccheri aggiunti.

    Per me l’alimentazione e la scelta del cibo rappresentano una dimensione politica oltre che di cura del mio sé nella sua totalità. Io non mangio snack di alcun tipo neanche dolci al bar – a eccezione di una pasta di mandorla, qui in Sicilia, che comunque non magio interamente in un’unica volta – né bevande zuccherate o cibi eccessivamente processati.

    Sono una vegetariana attenta a cucinare solo prodotti di stagione. Quindi, non prenderai mai in inverno pomodori e melanzane e peperoni.

    Alla luce di questa mia attitudine, ho riflettuto su tutto ciò che sta intorno alla mia vita nella connessione con la natura, con il calendario lunare e con l’arte contemporanea che propongo come il risultato della nostra stessa alimentazione.

    Quindi, non può che essere senza lattosio e magari senza zuccheri aggiunti!!

    Ho visualizzato anche un’arte privata dei suoi componenti nutritivi.

    Qual è il potenziale dell’arte contemporanea nel superare le sfide del presente e nel proiettarsi verso il futuro?

    Non credo si possa parlare di “sfide” anche perché questa parola mi riporta ai reality, che non vedo ma che conosco nel loro format. La nostra società già vive di ritmi di produzione continua, di sfide appunto – come se la nostra vita abbia come unico scopo quello di produrre – e ha alti livelli di aggressività e violenza per i quali l’arte può essere una occasione per fermarci, non per correre; per respirare e non per essere affannati; per creare sgomento e non per renderci apatici e inerti; per vedere oltre e guardare con occhio attento un ripiano di un qualsiasi supermercato.

    L’arte contemporanea può essere una delle tante possibilità per fare una analisi sulle visioni del presente proposte da molti artisti del nostro tempo e capire dove stiamo andando, cosa abbiamo perso e se possiamo recuperare.

    In che modo il tuo ruolo di scrittrice si integra con la gestione della Nake residenza artistica sull’Etna? Come questa esperienza ha influenzato la tua scrittura?

    Nake è la seconda rivoluzione della mia vita. Dopo più di dieci anni di vita romana, a un certo punto non riuscivo più a immaginarmi né a Roma né in un’altra metropoli neanche estera. C’era un richiamo in me, soprattutto, quando ho iniziato a vedere molti alberi numerati a Roma.

    Questa cosa, che sembrerebbe banale, ha attivato in me una profonda riflessione e una riconsiderazione dello spazio e del tempo. Da quel momento ho sentito un richiamo sempre crescente verso la natura, l’Etna con le sue pietre e verso questa casa costruita dai miei sulle pendici dell’Etna, che mi ha risvegliato il rapporto con la Natura, con i suoni degli uccelli, con la terra, con il calendario lunare e con la scrittura.

    Ho iniziato con più frequenza a scrivere e ad accedere a una parte di me che era silente, troppo silente da anni. Questo non vuol dire che scrivo in questa casa in campagna ma certamente la natura mi ha riconnessa con una parte importante di me.

    Nascono così i progetti di residenza artistica e la casa diventa una struttura ricettiva, riconosciuta da ARTINRESIDENCE quale residenza artistica ufficiale da questo noto network. Nake continua a influenzare la mia scrittura perché quel luogo è energia immaginifica allo stato puro, è silenzio, è meditazione, è respiro, è culla per molti ospiti arrivati da tutto il mondo.

    Direi che Nake e quel luogo sono per me delle creature sacre e per scrivere bisogna attingere a una parte scara e misteriosa per vedere oltre.

    Come affronti i momenti di blocco creativo o le sfide nella comunicazione di idee complesse attraverso la scrittura?

    Questa domanda è molto bella perché arriva al focus: a quel momento prima di scrivere.

    Scrivere non è una passeggiata e non deve esserlo. C’è una fatica che riscontro tutte le volte come fosse un trekking e dipende dall’allenamento personale.

    Non ho una ricetta nei momenti di blocco. Li vivo, li attraverso e mi faccio tante domande. Mi sento, a volte, più vulnerabile altre volte no ma cerco di non illudermi. Ricordo a me stessa di scrivere anche se è forte il tentativo di dirmi che così non va, che sto scrivendo in un certo modo piuttosto che in un altro.

    Mi prendo tutta la fragilità di questo blocco e la porto con me per aprire quel valico che mi porta a scrivere anche se poi non sono soddisfatta.

    Mi aiuta molto andare a camminare come allenamento costante, dormire bene e alzarmi presto.

    Sicuramente, la scrittura mi mette in contatto con me stessa e con l’invisibile ovvero tutto ciò che occorre sentire, percepire nell’animo, nella pelle, nelle lacrime.

    Infine, cosa speri che i lettori possano trarre dal tuo libro “Arte Contemporanea senza lattosio”?

    Mi auguro che possano approcciarsi in modo ironico e umoristico al libro e che possano porsi più domande e avere dubbi rispetto al mondo che ci circonda.

    Non propongo alcuna ricetta né una risposta assoluta ma dico di guardare con pensiero critico le visioni del quotidiano e di rapportarsi con le opere d’arte del nostro tempo per fermarsi e vedere oltre. Magari quell’oltre che è dentro il proprio sé.

  • Maurizio Zottarelli – Intervista all’autore de “L’ultima carta”

    Maurizio Zottarelli – Intervista all’autore de “L’ultima carta”

    “L’ultima carta” di Maurizio Zottarelli è un avvincente viaggio nella Milano degli anni ’80 e ’90, raccontando la vita di Sergio Corselli, un ventisettenne appassionato di carte. Il romanzo esplora la periferia milanese, mescolando dialetti dello slang con un registro più alto. Attraverso il poker e l’amicizia virile, Zottarelli dipinge un ritratto vivido della città, offrendo una metafora della vita come una partita a poker, con il rischio di perdere tutto e la speranza di recuperare all’ultima carta. Un racconto coinvolgente e ben scritto.

    Grazie Maurizio, grazie per aver accettato di rispondere ad alcune domande per i nostri lettori. Come è nato il tuo amore per i libri? Cosa ti ha spinto a diventare uno scrittore?

    Il mio amore per i libri nasce nel modo più ovvio e comune, credo: leggendo. Ho sempre letto moltissimo, fin da bambino. E questo ha fatto crescere in me la voglia anche di raccontare. In realtà io ho iniziato a scrivere per il teatro e da lì è nata l’occasione di pubblicare il primo libro, L’undicesimo dito. Il resto, in qualche modo, è seguito

    Parliamo del tuo nuovo romanzo dal titolo “L’ultima carta”. Come è nata l’idea di scriverlo? Qual è stato il punto di partenza nel processo di scrittura?

    L’idea nasce, come spesso accade, dalla mia storia personale e dal mondo in cui sono nato e cresciuto, ovvero quella Milano che ho cercato di descrivere nel romanzo. Il punto di partenza è stato il desiderio di raccontare quella realtà così ricca di storie e di umanità con tutto ciò che di bello e di spietato questo comporta. E ho pensato di raccontarlo a cominciare dalla lingua dei suoi personaggi, quella particolare pastiche di dialetti, slang e, in qualche caso, per chi riusciva a studiare, anche di linguaggio alto. Una Milano dai mille volti e contraddizioni in cui convivevano mille Italie, ma che sapeva accogliere e valorizzare tutti.

    Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “L’ultima carta”, quali useresti?

    Sicuramente è un romanzo divertente, nel senso che a tratti fa anche ridere. Ma è anche un testo “riflessivo”, nel senso che si interroga sulla vita, sul valore dei rapporti, sul ruolo che ognuno si sceglie nella vita, sull’amicizia, tema chiave del romanzo. Infine direi che è un testo “raffinato” perché credo che faccia della lingua e della scrittura un suo elemento cardine e di questo sono orgoglioso.

    Se dovessi consigliare una colonna sonora come sottofondo durante la lettura de “L’ultima carta”, cosa sceglieresti?

    Nel testo sono citati dei brani che rappresentano un po’ lo spirito di quel mondo, come “Born to be wild” degli Steppenwolf, ma anche cantautori italiani che rappresentavano la colonna sonora di quegli anni. Però, forse, per leggere questo libro sceglierei Soleado di Fausto Papetti che spesso, al sabato pomeriggio o d’estate, pioveva da tutte le finestre aperte sulle strade di periferia.

    Stai già lavorando a un nuovo romanzo?

    Sì, c’è sempre un romanzo a cui lavoro. Credo che il prossimo sarà ambientato nel mondo del giornalismo per raccontare la realtà sempre così sfuggente, soprattutto quando si vorrebbe rinchiuderla in schemi definiti. Vorrei raccontare la vita come luogo dell’imprevisto.

  • Libri. “Voci dal Passato”.Grandi maestri di vita indicano una nuova rotta

    Le “Voci dal Passato” riecheggiano nella poesia di Annalisa Potenza – professoressa, scrittrice e pittrice di Pescara – in modo talmente sapiente da lasciare un’impronta indelebile, proprio come la storia, che diventa faro con i suoi numerosi esempi. L’opera, dal titolo, appunto, “Voci dal Passato,” è pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «Ogni poesia – racconta l’autrice – è dedicata a figure famose del passato, il cui esempio è sempre attuale e da seguire. Sono convinta che leggere e scrivere racconti, poesie, biografie, dialoghi ispirati alla vita e all’opera dei personaggi della storia antica e moderna, costituisca un importante momento di riflessione al fine di comprendere “in quale momento” dell’esistenza ci troviamo e, quindi, se è il caso di continuare a dirigerci verso una determinata direzione oppure cambiare rotta».

    I versi sono dedicati alla storia e al pensiero di grandi letterati come Saffo, Virgilio, Dante Alighieri, Eugenio Montale, Giacomo Leopardi, Ugo Foscolo, Charles Baudelaire, Emily Dickinson, William Shakespeare e Alda Merini, di importanti filosofi come Hegel, Platone e Socrate, di preziose figure religiose, come Gesù e la Vergine Maria, Maometto, San Francesco e madre Teresa di Calcutta, di musicisti sublimi come Mozart, di pittori famosi come Leonardo Da Vinci e Claude Monet, di scienziati geniali come Albert Einstein e Charles Darwin, di personaggi storici come Napoleone Bonaparte, Cleopatra, Cristoforo Colombo, Mahatma Ghandi, Giovanna d’Arco, Elisabetta Di Baviera. «Sono tutti personaggi fondamentali – sottolinea, nella Prefazione, Hafez Haidar, più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura – che hanno scritto con le loro opere pagine indelebili nella storia dell’intera umanità e che ci hanno insegnato il valore della giustizia, della libertà, della democrazia, della creatività, della generosità, dell’altruismo e dell’amore verso il prossimo».

    Le voci del passato creano legami con il presente, intrecciandosi con la sfera dell’emotività, dell’inconscio e dell’intangibile, proprio come, nei versi, si intrecciano forma e contenuto, spirito riflessivo e passionale. La poesia diventa “portavoce”, dunque, dei comportamenti e delle azioni di importanti figure del passato che hanno segnato la storia, “maestra” di vita per la crescita individuale e collettiva, anche in una società sempre più disorientata e globalizzata, dove coltivare l’arte, in qualsiasi forma, può risultare catartico. «La storia – scrive l’autrice nella sua Prefazione – ci avverte che è ora di costruire finalmente una nuova società fondata sull’amore e sull’uguaglianza, dove non esistono più le categorie di passato, presente, e futuro, e neanche un “eterno ritorno”, ma semplicemente una sincronicità, un presente nel quale tutte le nostre azioni, pensieri e sentimenti convergono in un punto in cui l’inizio e la fine si dissolvono e tutto ha un senso, semplicemente perché esistiamo».

    La silloge si propone proprio questo obiettivo: analizzare i grandi protagonisti del passato, ma sempre attuali, affinché l’uomo, nel presente, acquisisca maggiore consapevolezza di ciò che è stato, seguendo l’esempio di menti e azioni brillanti. «E’ auspicabile – afferma la poetessa – che l’uomo, consapevole di questo meccanismo e dei conseguenti corsi e ricorsi degli eventi storici, cominci a lavorare seriamente su se stesso in maniera da poter vivere in pace».

    Annalisa Potenza è fondatrice del Movimento letterario e artistico “Creazionismo per una nuova era”, con il fine di diffondere valori fondamentali come la pace e la solidarietà, la cui presentazione è prevista a Pescara, il 4 gennaio 2024 alle ore 18, presso il teatro Cordova.

    Federica Grisolia

  • “Post Poesia – tra il verso e l’inverso” la nuova silloge poetica di Teresa Irene Di Liberto

    “Post Poesia – tra il verso e l’inverso” la nuova silloge poetica di Teresa Irene Di Liberto

    È disponibile in libreria e negli store online “Post Poesia – tra il verso e l’inverso”, la nuova silloge poetica di Teresa Irene Di Liberto pubblicata da CTL Editore.

    In un mondo che spesso valorizza la superficialità e la ricerca dei “like” virtuali, Irene Di Liberto ci invita a ritrovare la bellezza della comunicazione autentica, a esprimere le nostre emozioni con sincerità e passione. La sua poesia è un atto di ribellione contro l’effimero, un invito a immergersi nell’abisso delle nostre anime, a esplorare il labirinto intricato delle emozioni umane e a scoprire il significato nascosto dietro ogni parola. Le pagine di questa silloge poetica sono un invito a un viaggio intimo attraverso le parole e le emozioni. Ma non è solo un’esperienza di lettura passiva; Irene Di Liberto apre le porte all’interazione. All’interno di questo libro, troverete spazi dedicati dove potrete annotare i vostri pensieri, riflessioni ed emozioni ispirate dalla sua poesia. È un invito a diventare parte integrante di questa esperienza poetica, a rendere ogni pagina un riflesso unico delle vostre profonde connessioni con le parole di Irene. Con audacia e innovazione, Irene Di Liberto sfida il concetto tradizionale di poesia, lo destruttura e lo ricostruisce in forme sorprendenti e uniche. I suoi versi sono come pennellate su una tela bianca e nera, trasformando la quotidianità in un’esperienza straordinaria. La sua poesia è una cascata di immagini, un susseguirsi di emozioni che toccano le corde più profonde del nostro essere.

    Spiega l’autrice a proposito del libro: Ho cercato nel mio essere versi che possano raggiungere il cuore di tutti.

    POST POESIA – TRA IL VERSO E L’INVERSO vuole solo essere un diario purissimo e privato per tutti i lettori, e vorrei che riuscisse a dare voce a chi si è scordato di poterlo fare.

    La vita può distruggerci, ma il nostro vero Io rimarrà sempre dentro di noi.

    Spesso grida a gran voce, vuole uscire.

    Ecco, fatelo uscire, date voce a voi stessi.

    Fatevi il vero regalo della vita: abbiate sempre cura della vostra anima.

    Essa è preziosa, ed è solo una”.

    BIOGRAFIA

    Teresa Irene Di Liberto è una figura poliedrica nel panorama culturale italiano, nota per il suo impegno e la sua passione in diversi ambiti artistici e letterari. Nata con una fervente sete di conoscenza, ha trascorso anni curiosando tra le pagine dei libri e affinando la sua abilità nel trasmettere emozioni attraverso la scrittura. Tra i suoi contributi più significativi è stato come collaboratrice del mensile GPMagazine, con una presenza che si estendeva in Italia, Gran Bretagna e Germania. All’interno della rivista, curava con dedizione la rubrica “Leggi con Irene”, dove recensiva le ultime uscite letterarie e intervistava gli autori di risonanza. Oltre alla sua attività giornalistica, Irene Di Liberto è stata riconosciuta come membro onorario e ambasciatore per l’Italia dell’Accademia della Lingua e della cultura siciliana, dimostrando un profondo attaccamento alle sue radici culturali. Ha anche partecipato come giurata in vari importanti concorsi letterari, tra cui il Torneo letterario “Robinson – La Repubblica” nel 2022 e il Premio artistico e letterario nazionale “Perdersi nell’amore” nello stesso anno, oltre a essere stata giurata per il Premio nazionale di poesia “Persephone” e il Premio nazionale “Autori italiani” nel 2022. Irene Di Liberto è anche un’autrice di talento ha pubblicato opere che hanno ricevuto riconoscimenti prestigiosi, tra cui il “Premio Internazionale Zingarelli 2020”, il “Premio Mamme in Poesia” con menzione speciale dalla città di San Mauro Pascoli e il “Premio Modigliani” per il suo libro “Versi in volo”.

    L’opera è stata pubblicata in accordo con l’agenzia EditReal di Michela Tanfoglio.

  • “L’ultima carta” è il nuovo romanzo di Maurizio Zottarelli

    “L’ultima carta” è il nuovo romanzo di Maurizio Zottarelli

    È disponibile in libreria e negli store online “L’ultima carta” (Morellini) il nuovo romanzo di Maurizio Zottarelli, che, dopo “Il dodicesimo dito” (Bompiani 2008) e “Confini” (Morellini, 2020), torna con una storia ambientata nella Milano a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 dove la generazione dei figli della migrazione interna si trova sospesa, tra le promesse ben presto naufragate dei genitori e una realtà fatta di lavoretti e attività non sempre legali.

    Sergio Corselli è un ventisettenne col pallino del gioco delle carte. Vive a Milano dove è cresciuto tra le vie della periferia, i bar, smargiassate e poker in compagnia. Da quel mondo però è uscito e si porta dietro solo un soprannome, si è laureato, ha avviato una piccola azienda di consulenza editoriale e cerca di farsi strada nella metropoli che conta.

    Scopre anche un inedito di Shakespeare, ma le cose vanno come vanno e allora ecco che ritornano gli amici del passato a provare a dare una mano a un tavolo e in una partita decisiva.

    Raccontando la periferia milanese di una volta, il suo pastiche linguistico nato dall’incontro tra dialetti dello slang di periferia e il registro alto di chi se ne è allontanato, L’ultima carta è soprattutto una storia di amicizia. Un’amicizia virile, non sempre leale e cameratesca dove il collante è costituito dal poker, dal gioco d’azzardo vissuto come vizio sociale e pericoloso che unisce il gruppo.

    Lo scrittore descrive una Milano sospesa tra fermate della metro e bar di periferia, tra nebbia e tavoli di gioco che ricorda le atmosfere di Regalo di Natale, il famoso film di Pupi Avati.

    In mezzo, Fiore, le sue donne (Laura su tutte, che lo inquieta e lo affascina), amici di cui non è sempre bene fidarsi e la consapevolezza di non appartenere veramente a nessuno dei due.

    Il nuovo libro dell’autore milanese racconta la storia di una vita affrontata dal protagonista come una partita a poker: il rischio di perdere tutto e la speranza di recuperarlo con gli interessi proprio all’ultima carta.

    Biografia

    Maurizio Zottarelli è nato a Milano, città dove vive e lavora. Giornalista, nel 2000 ha esordito come autore teatrale. Nel 2008 ha pubblicato il suo primo romanzo, “L’undicesimo dito”, per Bompiani. Nel 2020 ha pubblicato “Confini”, per Morellini (2020), romanzo che ha ottenuto notevoli riconoscimenti di critica arrivando, nel 2021, in semifinale al Torneo letterario di Repubblica e tra i sedici finalisti del Premio Nebbia Gialla.

    L’opera è stata pubblicata in accordo con l’agenzia EditReal di Michela Tanfoglio.

  • “Arte Contemporanea senza lattosio” di Nilla Zaira D’Urso

    “Arte Contemporanea senza lattosio” di Nilla Zaira D’Urso

    È disponibile in libreria e negli store online “Arte Contemporanea senza lattosio” (Nino Bozzi Editore) della scrittrice Nilla Zaira D’Urso.

    Un libro per riconoscersi, in modo bizzarro e drammatico, nelle abitudini di questo mondo dove si è azzerata la distanza tra noi e un’opera d’arte contemporanea. Si rivolge, in particolar modo, ai frequentatori dei centri commerciali, ai consumatori di cibi fast food, agli intolleranti al lattosio, alle estimatrici di chirurgia estetica, ai nostalgici dello zucchero filato per uno sguardo sul presente. Dagli scaffali di un supermercato alla Nail Art fino alla chirurgia estetica, social compresi, si scoprirà come relazionarsi, con le proprie paure e le proprie ossessioni, alle opere del nostro tempo.

    Spiega l’autrice a proposito del libro: «“Arte Contemporanea Senza Lattosio” è una mia visione sul mondo: una sigla per raccontare le abitudini del nostro tempo e un modo per evidenziare quanto l’arte contemporanea sia vicina alle nostre vite e agli scaffali di un supermercato. Ho scritto per la mia necessità di dare forma a una diversa narrazione sull’arte contemporanea fatta di parole, mode, tendenze che sintetizzano il nostro mondo».

    Sinossi

    Arte Contemporanea senza lattosio è un saggio sugli effetti collaterali e paradossali del mondo in cui viviamo.

    Si rivolge, in particolar modo, ai frequentatori dei centri commerciali, ai consumatori di cibi fast food, agli intolleranti al lattosio, alle estimatrici di chirurgia plastica, ai nostalgici dello zucchero filato per uno sguardo sul presente, sul cibo che mangiamo, sui selfie che facciamo e su una certa idea di arte contemporanea.

    Si descrivono, in modo bizzarro e drammatico al contempo, le abitudini che scandiscono una parte del mondo: dagli scaffali di un supermercato, alla nail art, fino alle sopracciglia tatuate e ai social per far comprendere quanto la complessità di questo millennio sia pieno di disagi, ossessioni e paure attraverso le quali guardare proprio le opere d’arte del nostro presente.

    Nella prima parte si trova l’unica e necessaria introduzione storica a concetti chiave come il ready made con la figura di Marcel Duchamp fino alla presentazione concettuale e storica della formazione dei primi happening e delle prime performance per un racconto iniziale sulle sperimentazioni artistiche agli inizi del Novecento e alla metà del secolo scorso.

    Si intende, chiaramente, mettere a nudo il nostro modo di stare al mondo con alcune abitudini che, oltre a codificarci come donne e uomini di questo millennio, si uniscono alle visioni di una certa idea di arte contemporanea.

    Infatti, questo saggio si propone di mostrare quanto le continue espressioni delle arti visive del XXI secolo siano dentro alle parole, ai significati, alle mode, alle tendenze, ai profili social, alle nostre ossessioni e negli scaffali di un ipermercato più di quanto si immagini.

    Per questo motivo, il lettore non trova tante immagini di opere d’arte ma piuttosto visioni e foto del nostro quotidiano fatto di oggetti imballati, manicure, chirurgia plastica, fette di carne piene di ormoni, selfie, seni siliconati e piatti da chef con l’intento di aprire la strada a una maggiore comprensione sul nostro modo di stare al mondo e su come stare davanti a certe opere di artisti contemporanei.

    Nella seconda parte, invece, il discorso si concentra su tematiche legate al modo di vivere come il costante uso dei social e la continua digitalizzazione, da cui viene fuori un diverso modello di arte digitale. Non mancano riferimenti al concetto di “follower” all’espressione “impiattare” – tipico del linguaggio da chef – e all’uso della chirurgia plastica, assunta a modello di lineamenti di visi iconici e siglati.

    Così si arriva alla Profilassi ovvero la fine di questo saggio che porta il lettore ad aver già compreso – e magari metabolizzato – quanto l’arte di questo tempo possa essere considerata “senza lattosio”, “senza zuccheri aggiunti”, “senza glutine” e come questo discorso abbia voluto mettere a fuoco l’umanità disumana di questo secolo, fatto di visioni bizzarre e drammatiche. Sopracciglia comprese.

    Biografia

    Nilla Zaira D’Urso è siciliana, anzi etnea. Nasce nel 1983 e crede nel potere delle parole scritte così come in quello delle pietre. La sua vita è un impasto di cibi senza lattosio e senza zuccheri aggiunti. Nonostante sia attratta dagli effetti della tecnologia e della digitalizzazione sulla vita e sull’arte contemporanea, predilige l’odore di resina e quello di salsedine perché in questi profumi trova una connessione reale con la natura e con sé stessa. Si interroga su ampie questioni riguardanti l’arte contemporanea e il nostro modo di stare al mondo con la costante ansia di capire come riconciliarsi proprio con la Natura in modo spirituale.

    Ha ideato la prima residenza artistica sull’Etna come un “rifugio per l’arte contemporanea” per artisti e studiosi. Nasce così Nake residenza artistica. Vince il Premio Etna Responsabile 2015. Nel 2017, è invitata nella Sala Zuccari, Senato della Repubblica, come critico d’arte. Scrive per artisti italiani e stranieri.

    Dal 2019, è autrice per Juliet Art Magazine, versione online. Lettrice onnivora. Ama leggere di tutto ma a tavola è selettiva. Si fa prima a chiedere la lista di ciò che mangia.

    Crede al potere fecondo dell’immaginazione ed è continuamente attratta dagli studi neuroscientifici e dalle scoperte astrofisiche.

    Trova nell’arte contemporanea un’enorme possibilità per vedere oltre il buio opaco del presente.

    L’opera è stata pubblicata in accordo con l’agenzia EditReal di Michela Tanfoglio.

  • In Ungheria esce Inferni Post Umani (Poszthumàn poklok) di Stefano Donno per i tipi di AB ART Kiadò

    In Ungheria esce Inferni Post Umani (Poszthumàn poklok) di Stefano Donno per i tipi di AB ART Kiadò

    Stefano Donno pubblica in UngheriaInferni Post Umani (Poszthumàn poklok) per i tipi di AB ART Kiadò

    Esce nella traduzione di Zalàn Tibor, con la cura grafica di Fàbian Istvan, la post-fazione di Halmai Tamàs, e la cura redazionale di Attila F. Balàzs, Sàndor Halmosi, Pàl Dàniel Levente, la raccolta di poesie di Stefano Donno, dal tiolo Inferni Post Umani (Poszthumàn poklok) per i tipi di AB ART Kiadò.

    Scrive Laura Garavaglia (poetessa e Presidente della Casa della Poesia di Como) nel suo intervento critico per l’edizione italiana di prossima pubblicazione per i Quaderni del Bardo Edizioni: “Un libro di poesie che è la narrazione in versi di un’apocalittica visione dell’era post-umana, definita in modo significativo “Inferno”. Venti poesie, tutte numerate, come venti brevi capitoli di un romanzo, ciascuno dedicato a un ambito delle più avanzate tecnologie in un crescendo di visioni inquietanti che sembrano preannunciare lo stravolgimento totale, la nullificazione del mondo e dell’esistenza umana. Ciò che rende affascinante e originale questo libro è che il poeta Stefano Donno ha scelto di scrivere le prime quattordici poesie in lingua inglese, la lingua della tecnologia, ma in quartine i cui versi sono spesso in rima alternata o baciata: sembrano alleggerire in tono ironico temi tanto difficili da affrontare, in particolare scegliendo il linguaggio della poesia.  Ciò è evidente sin dal primo componimento, Artificial Intelligence, dove l’intelligenza artificiale viene in senso antifrastico celebrata come luce nella tenebra per poter camminare verso il divino, sapendo bene che una possibile minaccia, se consideriamo la cosiddetta Intelligenza artificiale forte, è proprio che possa seguire un proprio imperativo evolutivo. E non a caso la seconda poesia è una sorta di “ode” al robot, essere indipendente nato dalla interazione tra AI e Machine Learning,  la cui convivenza con gli  umani è possibile grazie a una combinazione di caratteristiche e comportamenti che dovrebbero favorire  l’interazione e la collaborazione armoniosa;  così come la terza è dedicata al cyborg, abbreviazione di “cybernetic organism”, essere vivente che unisce elementi biologici e tecnologici per migliorare le sue funzioni o acquisire caratteristiche che non possiede naturalmente e a cui il poeta augura

    “May you find your way and thrive,

    May you reach your journey’s end,

     So here’s to you, dear cyborg friend,

    May you find your way and thrive,

    May you reach your journey’s end,

    And all that you desire”.

    Stefano Donno rivolge poi la sua attenzione alla teoria del multiverso, una delle più affascinanti e controverse della fisica teorica, che sconfina a tratti nella filosofia e dove le dimensioni di spazio e tempo presenti nel nostro universo non hanno più valore e si ipotizzano universi paralleli con leggi fisiche, costanti fondamentali e condizioni iniziali diverse.  Anche il fascino dei quanti diventa oggetto di indagine del poeta, che ci trasmette lo stupore, la meraviglia e le incognite che avvolgono ancora in gran parte il mondo dell’infinitamente piccolo: l’entanglement quantistico è metafora per descrivere il mistero dell’amore, che lega in modo indissolubile il destino di due anime, come particelle, anche a distanze siderali tra loro.

    La narrazione in versi si fa sempre più cupa nelle ultime poesie di questa sezione: Donno cita la trilogia dei film di fantascienza “The Matrix” , dove la realtà distopica in cui gli esseri umani sono intrappolati e i loro corpi utilizzati per fornire energia a macchine intelligenti sembrano voler tenere alta l’attenzione del lettore nei confronti del pericolo di un futuro in cui gli esseri umani potrebbero davvero essere assoggettati ad una sorta di “Grande Fratello”, mostro nato dalla tecnologia più avanzata che può sfuggire al nostro controllo. Tutto dunque, finirebbe in un’Apocalisse di grado Z, catastrofe umana e naturale, regressione del pianeta a un luogo dove pochi sopravvissuti vivono nascondendosi per sfuggire a esseri mostruosi. La fine sembra venire da quello spazio oscuro e ignoto che fa tornare il lettore al mistero dei multiversi: esseri alieni conquistano definitivamente il nostro pianeta e la sola consolazione è quella di aver combattuto strenuamente, sia pure finendo per soccombere.  La seconda sezione del libro comprende poesie scritte in italiano in verso libero: tale scelta mi sembra risponda all’esigenza di dare maggior respiro al testo, dove emerge l’urgenza di raccontare, in modo visionario e profetico, con un ritmo incalzante e quasi parossistico, la trasformazione dell’essere umano in un ibrido, un “cyborg mostro” che porta all’estremo il proprio “Ego cibernetico”. Non a caso nelle ultime tre poesie che chiudono questo libro vengono citati esempi tratti da grandi nomi della fisica e della narrativa fantascientifica come metafora di questa visione di una realtà distopica che sembra non essere poi così lontana, dato il ritmo a cui procede il “progresso tecnologico”, (basti pensare alle illimitate potenzialità dei computer quantistici), che richiama le “magnifiche sorti progressive” di leopardiana memoria. Il poeta infatti intitola la poesia Inferno 19 (∂ + m) ψ = 0, la famosa equazione del fisico britannico Paul Dirac, che descrive come due sistemi che interagiscono tra loro per un certo tempo e poi si separano, non si possono più descrivere come separati ma diventano un unico sistema: metafora, appunto, della interazione sempre più stretta tra esseri umani e robot che potrebbe portare a un “punto di non ritorno”, nel senso della formazione di un essere ibrido a cui sopra si è accennato.

    Allo stesso modo, vanno lette in sequenza le due poesie che chiudono il libro: la prima, MEMORY CARD OPEN, riporta, come fossero versi, le Tre Leggi della Robotica di Isaac Asimov, apparse per la prima volta nel 1950 nel libro di racconti di fantascienza “I, Robot” e la seconda, MEMORY CARD CLOSED, è la catastrofica conseguenza del venir meno, in una realtà che non appare più poi così fantascientifica, dell’osservanza di queste tre leggi, che stabilivano il reciproco rispetto e la non prevaricazione tra esseri umani e robot.

    In questo libro dunque l’autore esplora, con competenza e con la capacità che la parola poetica ha di risvegliare le coscienze di tutti noi, “narcisisti intorpiditi”, parafrasando Marshall McLuhan, uno dei quesiti più affascinanti, attuali e inquietanti del presente, che già il geniale matematico britannico Alan Turing aveva posto pubblicando nel 1950 l’articolo Computing Machinery and Intelligence sulla rivista MIND, aprendolo con questa domanda: “I propose to consider the question, “Can machines think?”. I rapidi sviluppi che questo ambito della tecnologia ha avuto soprattutto a partire dai primi anni duemila ad oggi impongono di fermarci a riflettere, in silenzio, lontano dal frastuono. Quel silenzio da cui sgorga, acqua vivificatrice, la poesia.

    Stefano Donno – Classe 1975. 

    Suoi saggi sono apparsi su Generazioni – nuova serie, trimestrale di cultura, scuola e società (anno XVIII, numeri 1-2/ 3-4, Lecce, 1998); YIP – Yale Italian Poetry, volume V – VI (Yale University, New Heaven, U.S.A., Yale University Press, 2001 – 2002); Frammenti di Filosofia Contemporanea III (Villasanta / MB, Limina Mentis Editore – 2015). Suoi articoli e interventi critici sono apparsi tra gli altri su La Gazzetta del Mezzogiorno, Stilos, Poesia, L’Immaginazione, L’Unità, Nuovo Quotidiano di Puglia, Leccesera, Cyrano Factory

    Pubblicazioni – Sturm and Pulp (Lecce, 1998); Edoardo De Candia, considerazioni inattuali (Lecce, 1999); Se Hank avesse incontrato Anais (Lecce, 1999); Monologo (Copertino, 2001); Sliding Zone (Lecce, 2002); L’Altro Novecento – giovane letteratura salentina dal 1992 al 2004 (San Cesario, 2004); Ieratico Poietico (Nardò, 2008); Dermica per versi (Faloppio, 2009); Mendica Historia (con Sandro Ciurlia, Lecce, 2010); Corpo Mistico (Roma, 2010); Prezzario della rinomata casa del piacere (con Anna Chiriatti, Martignano, 2011); A Sud del Sud dei Santi a cura di Michelangelo Zizzi (Faloppio, 2013), Nerocavo (Copertino, 2014); Breve Commentario alla tavola Smeraldina (Lecce, 2017), Appunti per una fenomenologia dello spirito iniziatico (Lecce 2017), La soglia informe (ebook, 2019), A ME CHE SO PERDERE E SOPRASSEDERE (ebook, 2019), Ho paura dei poeti (ebook 2019), The secrets of Aleister Crowley (Lecce, 2021), Identità Informi con Mauro Marino (Lecce 2021), Inferni Post Umani – Poszthumàn poklok, (Budapest, 2023). Suoi contributi poetici sono apparsi in numerose antologie di rilievo nazionale e internazionale, e tradotti in coreano, sloveno, rumeno e ungherese.

    Riconoscimenti

    Premio alla carriera del 2021 Festival Europa in Verso Casa della Poesia di Como

    Premio Millenium 2023 Comune di Cursi L’Olio della Poesia

    Il Premio Nazionale di Poesia Calabria-Veneto riconoscimento di Eccellenza per l’editoria

    International Achievement Award – Suwon Ks International Poetry Festival –Seoul, 2023

    Stefano Donno – Youtube Channel

    https://www.youtube.com/@stefanodonnofreewebtv/featured