Tag: Bce

  • La BCE taglia i tassi dello 0,25%: ora al 2,75%

    La BCE taglia i tassi dello 0,25%: ora al 2,75%

    Taglio dei tassi: la BCE avvia una fase di allentamento

    La Banca Centrale Europea (BCE) ha annunciato un taglio dei tassi d’interesse di 25 punti base, riducendo il tasso di riferimento dal 3% al 2,75%.

    • Il tasso sui rifinanziamenti principali scende al 2,90%
    • Il tasso sui prestiti marginali viene abbassato al 3,15%

    Secondo la BCE, il processo disinflazionistico è in corso, con l’inflazione che sta evolvendo in linea con le previsionie dovrebbe tornare all’obiettivo del 2% entro la fine dell’anno.

    Nonostante il taglio, la BCE avverte che l’economia dell’Eurozona sta ancora affrontando circostanze avverse, ma l’attenuazione della stretta monetaria potrebbe favorire una ripresa della domanda interna.

    PIMCO: “I tassi continueranno a scendere gradualmente”

    Konstantin Veit, Portfolio Manager di PIMCO, ha commentato la decisione della BCE sottolineando che:
    📉 Il taglio dei tassi è stato giustificato dalla debole crescita economica e dalle stime di inflazione in linea con il target del 2%.
    ⚖️ La BCE si sta muovendo verso una politica più neutrale, con un range obiettivo tra 1,75% e 2,25%.
    🛬 Il tasso terminale stimato intorno al 2% rappresenta uno scenario di atterraggio morbido per l’economia dell’Eurozona.
    📊 Le prossime decisioni dipenderanno dai dati economici dei prossimi mesi, con una probabile riduzione graduale dei tassi.

    “Riteniamo che la crescita sarà più debole delle previsioni della BCE e che il mercato valuterà tassi terminali più bassi nel prossimo futuro.” – ha concluso Veit.

    Antonella Manganelli, AD di Payden & Rygel Italia, ha commentato la decisione della BCE:

    “La riduzione di 25 punti base era attesa e in linea con le proiezioni di mercato. I mercati dei contratti swap prezzano ancora tre ulteriori tagli entro la fine del 2025, senza variazioni rispetto a quanto previsto precedentemente. Il prossimo taglio potrebbe arrivare già a marzo, con la BCE che dovrebbe portare il tasso al 2% entro la fine dell’anno.”

    💡 Possibili scenari futuri:

    • Se la crescita economica dell’Eurozona continuerà a essere debole, la BCE potrebbe essere costretta a ridurre i tassi sotto il 2%.
    • I mercati finanziari hanno reagito positivamente:
      • 📈 L’euro ha guadagnato terreno: EUR/USD +0,4% (1,0467), EUR/GBP +0,2% (0,8390).
      • 📊 Rendimenti obbligazionari e asset europei in rialzo, segnalando fiducia nelle misure della BCE.

    Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte:

    “L’agenda dei tagli rimane chiara, ma il principale rischio è un rigurgito inflattivo dovuto alle politiche tariffarie di Trump. Tuttavia, l’euro si è rafforzato, segno che i mercati vedono nei tagli una spinta alla crescita europea.”

    Prossime mosse della BCE: cosa aspettarsi?

    📆 Prossima riunione della BCE: marzo 2025
    🛬 Obiettivo finale: tassi intorno al 2% entro fine anno, con possibilità di ulteriori interventi se la crescita dovesse rallentare.

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  • La BCE taglia i tassi: una spinta positiva per la crescita economica

    La BCE taglia i tassi: una spinta positiva per la crescita economica

    La recente decisione della Banca Centrale Europea (BCE) di abbassare i tassi di interesse è stata accolta con entusiasmo da Unimpresa, che considera questa mossa un’importante spinta per la crescita economica nell’Eurozona. “Ridurre i tassi di interesse principali è un passo positivo per stimolare l’attività economica, facilitando l’accesso al credito e incentivando gli investimenti aziendali”, afferma Giuseppe Spadafora, vicepresidente di Unimpresa.

    Questa misura non solo rende i finanziamenti più accessibili per le imprese, ma favorisce anche la creazione di nuovi posti di lavoro, grazie a una maggiore disponibilità di risorse per l’espansione e l’innovazione. “In un periodo in cui l’economia ha bisogno di un impulso, la decisione della BCE è particolarmente benvenuta”, sottolinea Spadafora, sebbene arrivi con un ritardo rispetto alle aspettative iniziali di Unimpresa.

    Secondo il Centro studi di Unimpresa, la riduzione dei tassi riflette una visione più ampia sull’inflazione, che sembra stabilizzarsi intorno al 2%. Questo livello di inflazione è generalmente considerato ideale per una crescita economica sana e stabile. La decisione della BCE contribuirà a mantenere sotto controllo l’aumento dei prezzi, garantendo al contempo una crescita economica sostenibile.

    Inoltre, la diminuzione dei tassi principali potrebbe migliorare le condizioni di credito per le imprese, incoraggiando le banche a offrire prestiti con tassi di interesse più bassi. Questo favorirà l’accesso al credito per le aziende, che potranno così aumentare gli investimenti e ampliare le loro attività, contribuendo ulteriormente alla crescita economica.

    Le prospettive di crescita del Pil dell’Eurozona potrebbero beneficiare notevolmente da questa politica monetaria accomodante, che agisce come un catalizzatore per la spesa, gli investimenti e la produzione. Con tassi di interesse più bassi e maggiore accessibilità al credito, le imprese saranno incentivate ad espandere le proprie operazioni e ad assumere nuovo personale, favorendo una crescita economica più robusta e sostenibile.

  • Unimpresa: BCE, indipendenza necessaria nonostante le mosse della Fed

    Unimpresa: BCE, indipendenza necessaria nonostante le mosse della Fed

    L’associazione Unimpresa ha recentemente messo in guardia la Banca Centrale Europea (BCE) sull’importanza di mantenere un approccio autonomo nella gestione della politica monetaria, indipendentemente dalle decisioni prese dalla Federal Reserve degli Stati Uniti. Secondo Unimpresa, la prossima settimana potrebbe confermare un ulteriore rinvio del costo del denaro da parte della Fed, una mossa che non dovrebbe influenzare le strategie della BCE.

    Le condizioni economiche negli Stati Uniti si presentano meno favorevoli rispetto a quelle dell’area euro, la quale, nonostante le divergenze interne, si trova in una posizione differente. Di conseguenza, gli analisti di Unimpresa ritengono essenziale che la BCE proceda con un allentamento della politica monetaria, iniziando a ridurre il costo del denaro, attualmente al 4,5%, già dalla riunione di giugno. Un ulteriore ritardo potrebbe, secondo l’associazione, provocare danni irreparabili all’economia dell’eurozona.

    Il paper del Centro studi di Unimpresa evidenzia anche che, nonostante le aspettative di una crescita debole nel 2024, con un lento aumento dei consumi e degli investimenti stagnanti, è fondamentale un primo taglio dei tassi da parte della BCE all’inizio dell’estate. Questo passo sarebbe supportato sia dai mercati finanziari sia dagli analisti, che prevedono un ritorno dell’inflazione verso il target del 2% entro la fine dell’anno.

    Infine, Unimpresa sottolinea l’importanza delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e della riduzione dei costi degli input energetici, che insieme potrebbero stimolare una ripresa degli investimenti nella seconda metà dell’anno, sostenendo così la dinamica economica complessiva dell’area euro.

  • BCE vs BoE: chi taglierà i tassi per prima

    BCE vs BoE: chi taglierà i tassi per prima

    A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm*

    Milano, 2 febbraio 2024 – Come previsto, la Banca d’Inghilterra – sulla scia della decisione della Fed di mercoledì – ha mantenuto invariato il tasso sulla sterlina al 5,25%, nonostante negli ultimi tempi si fosse dichiarata più possibilista della sua omologa statunitense riguardo all’eventualità di un taglio dei tassi.

    L’inflazione complessiva Oltremanica ha registrato un lento ma costante declino dai massimi dell’ottobre 2022, quando toccò l’11,1%, all’attuale 4%, con i mercati e gli investitori in fibrillazione, pronti a cogliere ogni segnale di un possibile taglio dei tassi. Tuttavia, il momento non sembra ancora arrivato. Il Comitato di Politica Monetaria ieri si è mostrato diviso: un membro ha votato per un taglio dei tassi, due membri per un aumento e la maggioranza si è dichiarata favorevole allo stop. Il fatto che le opinioni dei policymaker siano così in contrasto tra loro dimostra che la BoE ha ancora davanti a sé diversi ostacoli.

    La linea della BoE è condivisa anche dalla BCE, la quale ha dichiarato che, prima di poter pensare a un taglio dei tassi, la priorità resta quella di riportare l’inflazione entro il 2%. Dopo l’aumento a sorpresa registrato lo scorso dicembre (+2,9% rispetto al +2,4% di novembre), i dati preliminari di gennaio hanno mostrato un leggero calo dell’inflazione complessiva al 2,8%, in linea con le attese. Nel frattempo, l’inflazione core è scesa al 3,3% a gennaio dal 3,4% di dicembre, rispetto al 3,2% previsto. I dati europei indicano chiaramente che la BCE è più vicina del Regno Unito al traguardo del 2% e quindi potrebbe battere sul tempo la BoE nella lotta all’inflazione e optare prima per un taglio dei tassi.

    Anche la Fed guarda all’obiettivo del 2% e lascia i tassi invariati

    Come previsto, anche la Federal Reserve, nel corso della riunione di mercoledì, ha mantenuto invariati i tassi di interesse per la quarta volta consecutiva, fermi tra il 5,25% e il 5,5%. La banca centrale americana ha rinnovato il suo impegno a raggiungere il traguardo di un’inflazione al 2%, per cui un cambio di policy appare attualmente prematuro. Rispetto ai loro predecessori, i policymaker di oggi sembrano più orientati alla prudenza, intenzionati ad aspettare che l’obiettivo sia praticamente in vista prima di iniziare a tagliare i tassi. D’altra parte, considerata la crescita ancora robusta dell’economia statunitense, il rischio di tenere i tassi più alti più a lungo sembra al momento relativamente basso.

  • Eurotower cauta: la discesa dei tassi può attendere

    Eurotower cauta: la discesa dei tassi può attendere

    A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm*

    Milano, 23 gennaio 2023 – La BCE mantiene invariati i tassi di interesse nell’Eurozona, al livello record del 4,50%. Una decisione in linea con le aspettative, ma che serve a ricordare che la prossima mossa della BCE non sarà una decisione semplice. L’economia dell’Eurozona rimane piuttosto debole, mentre l’inflazione, seppure in calo, si mantiene al di sopra dell’obiettivo. Il messaggio lanciato dalla BCE è stato cauto rispetto alle aspettative – più esuberanti – del mercato alla fine del 2023. Ci aspettiamo di vedere i tassi di riferimento iniziare a scendere verso la metà del 2024, ma molto dipenderà dall’andamento del contesto economico nei prossimi mesi.

  • PIMCO: Una BCE fermamente in attesa

    PIMCO: Una BCE fermamente in attesa

    A cura di Konstantin Veit, Portfolio Manager di PIMCO

    – Prevediamo che la Banca Centrale Europea (BCE) manterrà invariati i tassi di riferimento nella riunione di gennaio e ribadirà il suo approccio dipendente dai dati. La riunione di marzo, con le nuove proiezioni macroeconomiche dello staff della BCE, fornirà probabilmente ulteriori indicazioni.

    – La crescita a breve termine dovrebbe essere più debole del previsto. Tuttavia, le previsioni sull’inflazione di dicembre si basavano sul percorso dei tassi di interesse indicato dai dati di mercato al 23 novembre 2023. Questi dati suggerivano una riduzione dei tassi di circa 75 punti base per il 2024. Da allora le condizioni finanziarie si sono notevolmente allentate e le proiezioni aggiornate saranno rese note in occasione della riunione di marzo.

    – Le previsioni del mercato suggeriscono attualmente circa 140 punti base di tagli dei tassi per quest’anno, a partire da aprile, e un tasso terminale vicino al 2% nel 2025. A causa dell’incertezza sulle prospettive inflazionistiche, dubitiamo che la BCE attuerà tagli dei tassi così presto. È probabile che la BCE continui a monitorare attentamente l’inflazione senza dichiarare prematuramente il proprio successo.

  • T. Rowe Price – Giovedì la Bce si opporrà a quanto prezzano i mercati

    T. Rowe Price – Giovedì la Bce si opporrà a quanto prezzano i mercati

    A cura di Tomasz Wieladek, Chief European Economist, T. Rowe Price

    Questo giovedì la Bce si riunirà e deciderà la politica monetaria. Mi aspetto che mantenga invariati tutti i parametri di politica monetaria. Ma in termini di comunicazione, è probabile che dica chiaramente che il percorso dei tassi di interesse prezzati dai mercati continui ad essere troppo aggressivo. I mercati monetari prezzano un allentamento in termini di politica monetaria troppo marcato. Già a Davos, i funzionari della Bce hanno tentato di spiegare ai mercati finanziari e al pubblico in generale che i tagli dei tassi arriveranno probabilmente più tardi di quanto attualmente previsto. Una comunicazione data in modo unanime. Anche i membri più dovish hanno sottolineato chiaramente che le informazioni necessarie per valutare l’opportunità di un taglio dei tassi non saranno disponibili prima della riunione di giugno della Bce. In effetti, i resoconti della riunione di dicembre, resi noti la scorsa settimana, mostrano chiaramente che il Consiglio direttivo della Bce ha deciso di opporsi in modo unanime a quanto prezzano i mercati. Mi aspetto quindi che la Bce, pur continuando a ribadire la propria dipendenza dai dati, sottolinei con forza che i dati che le permetteranno di valutare se può iniziare a tagliare i tassi non saranno disponibili prima di giugno.

    Tutti i tentativi della Bce di opporsi ai prezzi di mercato sono stati finora infruttuosi. I prezzi di mercato prevedono troppi tagli e troppo rapidamente rispetto a quanto piacerebbe alla Bce. Nei resoconti della riunione di dicembre, è stato ripetutamente evidenziato che gli analisti del sondaggio SMA si aspettano tre tagli nel 2024, anziché i 5,5 tagli previsti dai mercati. Il fatto che il Consiglio direttivo abbia fatto riferimento due volte ai tre tagli nei resoconti, suggerisce che questo risultato è il più vicino a quello preferito dal Consiglio direttivo per il 2024. C’è quindi la possibilità che la Bce fornisca indicazioni più specifiche sulla tempistica e sul ritmo dei tagli dei tassi nella riunione di questa settimana, nel tentativo di contrastare ulteriormente i prezzi di mercato e far capire ai mercati che il percorso di politica monetaria già prezzato dai mercati è improbabile.

    Affinché il tentativo della Bce di influenzare i prezzi di mercato abbia successo, è necessario che i dati cambino davvero per sostenere la narrativa economica della Bce. Al momento, i mercati sono concentrati sull’idea che l’inflazione spot nell’area Euro stia per scendere al 2% e che la Bce inizierà a tagliare rapidamente i tassi in risposta. Tuttavia, la Bce ha chiaramente affermato che i dati sul mercato del lavoro e sulla crescita dei salari saranno un fattore decisivo per la sua decisione di politica monetaria. I dati sulle contrattazioni salariali per il primo trimestre saranno disponibili solo alla riunione della Bce di giugno. Dato che i mercati si concentrano sui dati a breve termine nella determinazione dei prezzi di politica monetaria, i dati PMI di mercoledì e i dati sull’inflazione di gennaio della prossima settimana saranno fondamentali nel tentativo della Bce di influenzare i prezzi di mercato. Ritengo che i dati PMI probabilmente sorprenderanno i mercati finanziari al rialzo sia a gennaio sia in futuro, dato che l’economia reale è attualmente vicina alla parte inferiore del ciclo. Per quanto riguarda l’inflazione, visto che una serie di sussidi fiscali scadono a gennaio, anche i dati sull’inflazione dell’area euro di gennaio potrebbero sorprendere gli economisti al rialzo. Nel complesso, i cambiamenti nei dati potrebbero presto sostenere la narrativa della Bce e, quindi, i mercati potrebbero rivalutare le loro aspettative di allentamento della politica monetaria.

  • PGIM FIXED INCOME: Cosa attendersi dal meeting della BCE

    PGIM FIXED INCOME: Cosa attendersi dal meeting della BCE

    A cura di Katharine Neiss, chief European economist di PGIM Fixed Income

    Nonostante i chiari segnali di indebolimento dell’area dell’euro e il ritorno dell’inflazione verso l’obiettivo, ci aspettiamo che la BCE mantenga i tassi invariati al prossimo meeting e che la prospettiva di tagli sia ancora lontana.  Il nostro ragionamento deriva dai commenti della BCE, che suggeriscono che il Consiglio direttivo vorrebbe vedere un allentamento di una serie di fattori che influenzano la pressione inflazionistica interna sottostante.  Ciò include non solo l’inflazione core e dei servizi, ma anche i salari e i margini di profitto delle imprese.  Dunque  il secondo trimestre sarebbe il periodo più prossimo per i tagli. In parole povere, i responsabili della politica monetaria vorranno andare con i piedi di piombo ed essere sicuri che il genio dell’inflazione sia stato rimesso saldamente nella bottiglia.

    Oltre ad essere “dipendente dai dati”, la BCE ha dichiarato che gli aumenti dei tassi d’interesse nell’ultima parte del 2023 rappresentano un’assicurazione contro la possibilità di ulteriori shock dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia e contro la prospettiva di un disancoraggio delle aspettative d’inflazione.  Sebbene i prezzi dei generi alimentari e dell’energia siano recentemente diminuiti e le riserve di energia in Europa rimangano elevate, l’escalation delle tensioni in Medio Oriente suggerisce che potrebbe essere troppo presto per abbandonare questa assicurazione.  La nostra ipotesi di base è quindi che la BCE tagli i tassi in estate, lasciando i tassi più vicini al 3% entro la fine dell’anno.


    Detto questo, il rapido deterioramento dell’attività alla fine dello scorso anno ha aumentato il rischio che la BCE possa avere adottato una politica eccessivamente restrittiva nel 2023.  L’inflazione a breve termine ha registrato una chiara tendenza al ribasso sia per l’inflazione core che per quella dei servizi, ed è ora pari o inferiore al livello coerente con l’obiettivo del 2%.  In un simile contesto, un’azione più tardiva anziché tempestiva aggraverebbe la pressione al ribasso sull’inflazione, rischiando di tornare al periodo pre-pandemico di inflazione cronica al di sotto dell’obiettivo nella zona.   In questo caso, potremmo vedere la BCE rimuovere l’assicurazione prima piuttosto che dopo, e tagliare i tassi in modo più aggressivo rispetto al nostro scenario di base.

  • FLASH BCE – Toni fermi di Lagarde dopo la “strambata” di Powell

    FLASH BCE – Toni fermi di Lagarde dopo la “strambata” di Powell

    A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte

    Di seguito una sintesi dei principali temi toccati nel corso della riunione della BCE di oggi:

    • Riduzione delle stime di crescita ed inflazione per il 2024. Lo scenario è immutato per il 2025, mentre i livelli di inflazione scendono al di sotto del 2% (1,9%) nel 2026.  
    • Piano PEPP: reinvestimenti immutati fino al giugno 2024, poi in calo di €7,5 mld al mese a partire dal secondo semestre e, infine, arresto completo dei reinvestimenti a fine 2024.
    • Rischi sulla crescita al ribasso e rischi sull’inflazione in entrambe le direzioni. 

      Principali dichiarazioni di Christine Lagarde: 

    • Oggi non è stata affatto discussa l’ipotesi di un taglio dei tassi. 
    • La Bce è data dependent, non time dependent. 
    • La recessione non rappresenta lo scenario base della BCE.

    In sintesi:

    • I toni di Lagarde sono stati diversi rispetto a quelli utilizzati ieri daPowell, così come diversi sono i contesti di fronte a cui si trovano Bce e Fed, malgrado i recenti cali dell’inflazione. 
    • Segnali di un simile orientamento si colgono, ad esempio, nel fatto che per il 2025 sono state confermate le stime di inflazione al 2,1%, con inflazione core stimata in rialzo (da 2,2% a 2,3%) per lo stesso anno. 
    • In altri termini, i recenti cali dell’inflazione non hanno scalfito neanche di un decimale le stime di inflazione generale per il 2025.
    • La Bce si trova in una situazione differente rispetto alla Fed, soprattutto per due fattori:
      • La Fed ha intrapreso prima della Bce il ciclo di rialzi dei tassi; 
      • La Fed ha già iniziato il QT da diversi mesi, mentre per la Bce è ancora in parte in atto un QE, tramite i reinvestimenti del PEPP. 
    • L’ipotesi di un taglio dei tassi, pertanto, potrà essere presa in considerazione non prima dell’inizio della fase di riduzione del piano di reinvestimenti del PEPP, il che pone la Fed potenzialmente in anticipo rispetto alla BCE su un eventuale taglio dei tassi, come prezzato oggi dal mercato mediante la riduzione dei differenziali di tasso sul decennale e il deprezzamento del dollaro in prossimità di 1,10. 
    • La riduzione del piano di reinvestimenti del PEPP è prevista dalla seconda metà del 2024, probabilmente per garantire alla BCE il massimo potenziale dei reinvestimenti del PEPP durante la fase (primo semestre) di picco del refunding di governi/aziende. 
    • La riduzione di tali reinvestimenti pone la questione dei rischi di frammentazione (alias allargamento spread) che Lagarde ha confutato dichiarando “Abbiamo diversi strumenti per contenere la frammentazione”.

    IMPATTO SUI MERCATI 

    • Le dichiarazioni di ieri di Powell offrono un potenziale supporto al mercato obbligazionario nelle ultime settimane dell’anno, supportando anche l’aspettativa di un’ulteriore continuazione del calo tassi nel corso del 2024. Tuttavia, tale percorso potrà comunque risentire delle numerose emissioni,soprattutto nel corso del primo semestre. 
    • Le dichiarazioni odierne di Lagarde consolidano la percezione del fatto che la BCE seguirà solo dopo qualche mese i tagli dei tassi della Fed.
    • Sul fronte valutario, tali indicazioni depongono a favore di un posizionamento verso area 1,12/1,14 nel corso del primo semestre, con possibilità di inversione verso area 1,06/1,08 nel corso dell’estate, in previsione anche dei massicci flussi di acquisti europei di dollari collegati all’acquisto di gas liquido per la ricostituzione delle scorte.  
    • Sul fronte azionario, lo scenario di tassi che si delinea potrebbe offrire supporto soprattutto al comparto mid small cap a partire dal Russell 2000, con un occhio di riguardo per il mondo tech Usa delle ex “Magnifiche 7”, grazie anche al fatto che questo comparto potrebbe essere oggetto di flussi di acquisizione da parte delle big tech Usa, con operazioni sbilanciate sulla modalità carta contro carta.
  • T. Rowe Price – Bce: tassi invariati, ma atteggiamento rimane falco

    T. Rowe Price – Bce: tassi invariati, ma atteggiamento rimane falco

    A cura di Tomasz Wieladek, Chief European Economist, T. Rowe Price

    Nella riunione odierna la Bce ha mantenuto invariati i tassi di riferimento. Tuttavia, le previsioni dello staff di oggi sostengono chiaramente un orientamento di politica monetaria da falco. Le previsioni per l’inflazione core CPI sono del 2,3% nel 2025 e del 2,1% nel 2026. Si tratta di valori nettamente superiori all’obiettivo del 2% della Bce e rappresentano un forte segnale del fatto che la banca centrale europea manterrà i tassi all’attuale livello del 4% ancora per qualche tempo. In altre parole, questo è il modo in cui la Bce comunica ai mercati finanziari che è stato dato troppo peso ai dati deboli sull’inflazione CPI di novembre.

    A sorpresa, la Bce ha deciso di annunciare il quantitative tightening sul PEPP durante questa riunione. Ciò è probabilmente dovuto all’ampio rally delle obbligazioni dell’area dell’euro nell’ultimo mese, che ha dato alla Bce l’opportunità di annunciare questa politica senza rischiare un indesiderato crollo del mercato. Ciò contribuisce all’impressione che la Bce voglia inviare ai mercati il messaggio che attualmente i mercati stanno prezzando un eccessivo allentamento.

    In futuro, ci aspettiamo che i dati dei Pmi migliorino leggermente grazie al ciclo delle scorte. Il miglioramento dei dati, unito alla comunicazione della Bce, porterà probabilmente a un calo dei rendimenti dei Bund rispetto ai livelli attuali. Tuttavia, a medio termine, la Bce dovrà incorporare il probabile forte freno al Pil derivante dalla contrazione dello 0,7% della spesa pubblica del governo tedesco per il prossimo anno. Questo dato non si riflette nelle previsioni attuali e potrebbe portare la Bce a orientarsi verso una direzione più da colomba. Tuttavia, è probabile che ciò non avvenga prima del prossimo forecast meeting di marzo 2024. Nel frattempo, è probabile che i rendimenti dei Bund cedano con il miglioramento dei dati e con il mantenimento di un atteggiamento da falco da parte della Bce.

  • BCE e Fed lasciano i tassi invariati: ancora nessun taglio all’orizzonte

    BCE e Fed lasciano i tassi invariati: ancora nessun taglio all’orizzonte

    A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm*

    Milano, 14 dicembre 2023 – Dopo la Fed e la Bank of England, anche la BCE, durante il meeting di oggi, ha deciso di lasciare invariati i tassi d’interesse: il tasso sui rifinanziamenti principali resta fermo al 4,50%, quello sui depositi al 4% e quello sui prestiti marginali al 4,75%. Con le dichiarazioni del presidente Lagarde, che ha escluso l’ipotesi di un taglio dei tassi in assenza di letture dei dati più favorevoli, la politica monetaria dell’Eurotower sembra oggi intraprendere una svolta più restrittiva rispetto a quella della Fed.

    Per il momento le stime della BCE, secondo cui occorrerà aspettare il 2025 per veder scendere l’inflazione complessiva al 2,1%, prevedono un cammino più lungo e graduale rispetto a quanto si aspetta il mercato, che sta già prezzando significativi tagli dei tassi nel 2024.  

    Al di là dell’oceano, anche la Federal Reserve, durante il meeting di ieri, ha deciso per la terza volta consecutiva di lasciare i tassi d’interesse fermi al 5,25-5,5%, il livello più alto degli ultimi 22 anni. Una mossa ampiamente prevista dai mercati, in linea con l’obiettivo della banca centrale statunitense di attendere gli effetti della stretta monetaria degli ultimi mesi, cercando di conciliare la lotta all’inflazione con l’equilibrio del mercato del lavoro. I policymaker, del resto, si sono impegnati a muoversi con cautela e a procedere ad eventuali ulteriori rialzi dei tassi solo se i dati lo renderanno necessario.

    Ad oggi le stime degli analisti su un possibile taglio dei tassi oscillano tra la fine del primo e la fine del secondo trimestre 2024, ma occorrerà attendere i dati relativi a occupazione e inflazione dei prossimi mesi per avere più chiara la direttrice lungo cui si muoverà la politica della Fed.

  • PIMCO: La BCE rimane completamente dipendente dai dati

    PIMCO: La BCE rimane completamente dipendente dai dati

    A cura di Konstantin Veit, Portfolio Manager di PIMCO

    – La BCE rimane completamente dipendente dai dati, in modalità riunione per riunione. I dati chiave da tenere d’occhio continuano a essere il costo unitario del lavoro e i margini di profitto delle imprese.

    – Con i tassi di interesse presumibilmente ai livelli massimi, l’attenzione del mercato si è spostata sul prossimo ciclo di tagli.

    – Riteniamo che i rischi restino legati a tagli dei tassi più tardivi rispetto alle attuali aspettative del mercato.

    – Riteniamo che, affinché l’inflazione si normalizzi completamente per tornare all’obiettivo del 2%, sia probabilmente necessario un ulteriore raffreddamento dell’economia e del mercato del lavoro.

    – La precedente riduzione dei reinvestimenti del programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP) indebolisce il quadro tecnico relativo dei titoli di Stato, e indica che gli investitori chiedono un compenso relativamente più elevato per la detenzione di obbligazioni a più lunga scadenza.

  • BCE. Niente crescita, l’inflazione scende, ma non è il momento di tagliare i tassi

    BCE. Niente crescita, l’inflazione scende, ma non è il momento di tagliare i tassi

    A cura di Martina Daga, Macro Economist, AcomeA SGR

    Per il secondo meeting di politica monetaria consecutivo, la BCE ha deciso di non alzare i tassi di riferimento dopo 450 bp complessivi di rialzi dall’inizio del ciclo di inasprimento della politica monetaria a luglio del 2022, tenendo quindi il deposit rate al 4%, il refinancing rate al 4.50% ed il marginal lending facility rate al 4.75%. Come negli scorsi meeting, è stata ribadita la retorica secondo cui i tassi di riferimento hanno ormai raggiunto un livello che, se mantenuto sufficientemente a lungo, possa contribuire a riportare l’inflazione al target del 2%, senza la necessità di ulteriori rialzi.

    Durante la conferenza stampa è stato chiarito che le decisioni di politica monetaria dei prossimi meeting rimangono strettamente dipendenti dai dati, per determinare sia il livello dei tassi sia la durata appropriati per riportare l’inflazione al target. Sono tre i criteri che guidano l’azione della Bce: l’outlook di inflazione, che ha mostrato significativi miglioramenti come evidente dall’aggiornamento delle proiezioni macroeconomiche, il livello di inflazione sottostante, anche da questo punto di vista è stato riconosciuto un rallentamento nel ritmo di crescita e, infine, la forza del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, evidente nell’inasprimento delle condizioni creditizie.

    Tuttavia, il board della Bce è convinto non sia ancora il momento di abbassare la guardia, infatti le proiezioni di inflazione sono basate su condizioni di mercato passate, la data limite per la formulazione delle proiezioni è stata infatti il 23 novembre, e, inoltre, le misure di inflazione core sono scese velocemente, ma ancora ci sono forti pressioni provenienti principalmente dalla crescita salariale, su cui la Bce vuole vedere ulteriori dati di miglioramento. I dati sui salari relativi al primo trimestre del prossimo anno, probabilmente l’elemento che ancora manca alla Bce, verranno pubblicati solo con un certo ritardo rispetto alla fine del trimestre di riferimento. Lagarde ha infine chiarito che non sono nemmeno stati discussi tagli dei tassi di riferimento, siamo in un periodo di transizione e per il momento è una discussione prematura.

    La decisione è stata presa in un contesto macroeconomico di crescita debole in Area Euro, con una lieve contrazione registrata nel terzo trimestre. Alla luce di questo le previsioni di crescita per quest’anno e il prossimo sono state riviste al ribasso. Si prevede che la ripresa della crescita economica del 2025 sarà trainata dall’aumento dei redditi reali, grazie al calo dell’inflazione e alla crescita dei salari, oltre al miglioramento della domanda estera. Riguardo al livello di inflazione, sono stati eliminati riferimenti al fatto che l’inflazione rimanga “too high for too long”, retorica precedentemente usata, ma piuttosto è stato riconosciuto un rallentamento, in particolare nel mese di novembre. Nonostante nel comunicato stampa la Bce affermi che è probabile una ripresa temporanea dell’inflazione nel breve termine e che le pressioni interne sui prezzi rimangono elevate, le proiezioni macroeconomiche mostrano una revisione al ribasso del valore dell’inflazione, sia headline sia core, per quest’anno e soprattutto per il prossimo. Questo prima che l’inflazione torni vicino al target solo nel 2025.

    Nel meeting di oggi i membri del board della Bce hanno discusso il tema dell’accelerazione del programma di Quantative Tightening, la decisione comunicata prevede che i reinvestimenti del PEPP continuino fino a metà del prossimo anno, nella seconda metà del 2024 non verranno reinvestiti solo Euro 7.5 miliardi al mese in media e dalla fine del prossimo anno smetteranno di reinvestire in toto i titoli in scadenza dal programma PEPP. Questa discussione era sostanzialmente attesa dal mercato, che probabilmente si aspettava che i reinvestimenti fossero fermati addirittura prima rispetto a quanto annunciato oggi.

    La Bce ha attualmente un totale di circa Euro 4.7 trilioni di titoli in portafoglio, di cui circa Euro 3 trilioni del programma APP e i restanti nel programma PEPP, di entrambi i programmi la maggior parte è investita in titoli di Stato. La Bce già da quest’anno ha iniziato il suo programma di QT con il mancato reinvestimento dei titoli in scadenza del programma APP, corrispondenti a circa euro 25 miliardi/mese. I reinvestimenti dei titoli in scadenza del programma PEPP sono invece continuati per tutto l’anno; una caratteristica peculiare del PEPP è che la Bce ha maggiore flessibilità nell’allocazione degli investimenti di questo programma e questa caratteristica ha beneficiato Paesi che necessitano maggiormente l’intervento della Bce.

  • T. Rowe Price – Bce: calma sui BTP potrebbe spingere a modificare il piano PEPP

    T. Rowe Price – Bce: calma sui BTP potrebbe spingere a modificare il piano PEPP

    A cura di Tomasz Wieladek, Chief European Economist, T. Rowe Price

    Domani la Bce si riunirà per decidere i prossimi step in termini di politica monetaria. È improbabile che in questa riunione si verifichi una modifica della politica sui tassi d’interesse, ma probabilmente sentiremo che il Consiglio direttivo ha discusso di ridurre il PEPP. Sarà difficile conciliare un messaggio da falco, dopo una discussione sulla riduzione dei reinvestimenti del PEPP, con dati chiaramente più deboli e, quindi, con una prospettiva dovish per l’andamento dei tassi.

    In fin dei conti, ciò darebbe l’impressione di un inasprimento del bilancio, pur riconoscendo che i dati indicano la necessità di un taglio dei tassi di interesse nel 2024. Se la Bce procederà in questo modo, sarà probabilmente contestata durante la consueta conferenza stampa al termine del meeting e il rischio di una reazione avversa del mercato sarà maggiore del normale.

    Sebbene il mio scenario di base preveda che il Consiglio direttivo non apporterà alcuna modifica ai reinvestimenti del PEPP, esiste un rischio significativo che domani la Bce annunci una riduzione del PEPP da attuare nel nuovo anno. Ci sono due ragioni principali per cui la banca centrale potrebbe fare un annuncio del genere in questa riunione. In primo luogo, dato il recente ampio rally delle obbligazioni dell’Eurozona, il Consiglio direttivo potrebbe ritenere che sia il momento giusto per introdurre una riduzione del PEPP, dato che i BTP sono ormai lontani da livelli che potrebbero preoccupare i policy maker dal punto di vista della stabilità finanziaria. Da un punto di vista tattico, vista la recente disinflazione, la finestra politica per la restrizione del PEPP potrebbe chiudersi. Naturalmente, in questi tempi di volatilità macroeconomica e finanziaria, è difficile sapere dove andranno i mercati obbligazionari in futuro. Per questo motivo ritengo che la Bce vorrà mantenere la flessibilità necessaria a contrastare le fluttuazioni indesiderate dei mercati obbligazionari dell’Eurozona.

    Le proiezioni macroeconomiche probabilmente non saranno così dovish come i mercati si aspettano. La recente debolezza dei beni e servizi core nell’inflazione armonizzata dell’Eurozona di novembre potrebbe non essere stata inserita nelle proiezioni, dato che questi dati sono stati rilasciati diversi giorni dopo il probabile cut off dei dati, è plausibile che anche le proiezioni sull’inflazione a breve termine non saranno così basse come i mercati si aspettano. Per quanto riguarda la proiezione dell’inflazione a medio termine, tutti i dati in arrivo suggeriscono che questa dovrebbe essere del 2% o superiore. Infine, per quanto riguarda le proiezioni del Pil reale, è molto probabile che uno dei maggiori shock macroeconomici del 2024, la contrazione fiscale tedesca di 15-25 miliardi di euro, non verrà incluso nelle previsioni che verranno presentate domani. Tuttavia, i deboli dati dell’inflazione e i rischi per le prospettive dell’attività reale saranno evidenziati nella conferenza stampa che la Lagarde terrà dopo il meeting.

    Discutere la riduzione del PEPP ed eventualmente accennare alla sua probabile data di attuazione rappresentano segnali hawkish. La Bce sottolineerà che il tasso di interesse rimane lo strumento principale, che la riduzione del bilancio avverrà lentamente sullo sfondo e che gli effetti saranno probabilmente modesti. Tuttavia, la Bce evidenzierà anche i rischi di ribasso dei recenti dati sull’inflazione e sull’attività, il che rappresenta un segnale dovish.

    La discussione sull’inasprimento monetario attraverso il bilancio, da un lato, e i segnali dovish dei dati, dall’altro, potrebbero facilmente essere interpretati come segnali politici opposti e rendono difficile inviare un messaggio politico coerente. A meno che la comunicazione non sia molto chiara e coerente, spiegando in modo molto dettagliato ciò che la Bce sta cercando di dire, c’è il rischio significativo di una reazione volatile del mercato.

  • PIMCO: Una BCE attenta e concentrata

    PIMCO: Una BCE attenta e concentrata

    A cura di Konstantin Veit, Portfolio Manager di PIMCO

    Prevediamo che la BCE manterrà invariati i tassi di riferimento nella riunione di dicembre. Attualmente il mercato si aspetta circa sei tagli per il prossimo anno, a partire già da marzo.

    Rimaniamo scettici sul fatto che la BCE taglierà i tassi così presto come il mercato sta prezzando, poiché le prospettive sull’inflazione sottostante rimangono incerte. Non ci aspettiamo che nella riunione di dicembre la BCE apporti modifiche radicali alle indicazioni di reinvestimento.

    Attualmente la BCE intende reinvestire le scadenze del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP) almeno fino alla fine del 2024. Sebbene i reinvestimenti flessibili del PEPP rimangano la prima linea di difesa sul fronte anti-frammentazione, è probabile che la BCE punti a una riduzione anticipata dei reinvestimenti del PEPP.

    Sebbene la BCE possa iniziare a discutere le modifiche all’attuale strategia di reinvestimento nella riunione di dicembre, riteniamo più probabile che i dettagli operativi verranno comunicati nel primo trimestre del prossimo anno, con un roll-off parziale che probabilmente inizierà nell’aprile del prossimo anno.

    Sebbene i rendimenti obbligazionari siano saliti nelle ultime due settimane, il reddito fisso appare ancora molto interessante in termini storici. Preferiamo assumere un’esposizione ai tassi d’interesse su scadenze fino a cinque anni e privilegiare i segmenti di qualità superiore dell’universo creditizio.

  • T. Rowe Price – Europa: inflazione inferiore alle aspettative, Bce verso possibili tagli

    T. Rowe Price – Europa: inflazione inferiore alle aspettative, Bce verso possibili tagli

    A cura di Tomasz Wieladek, Chief European Economist, T. Rowe Price

    L’inflazione armonizzata dell’Eurozona rimane significativamente al di sopra dell’obiettivo, ma sta scendendo più rapidamente del previsto. A ottobre si è attestata al 2,9%, dal 4,3% di settembre, sorprendendo al ribasso rispetto all’atteso 3,1%. L’inflazione core è scesa al 4,2% a ottobre dal 4,5% di settembre. La Bce si aspettava un’inflazione media del 3,3% per il quarto trimestre del 2023 e un’inflazione I core del 4,1%.

    I numeri di oggi mostrano che l’inflazione complessiva sarà sicuramente molto al di sotto delle aspettative della Bce, anche se l’inflazione core sarà probabilmente appena inferiore alle sue aspettative. Per il futuro, ci aspettiamo che queste tendenze disinflazionistiche continuino. Anche se l’inflazione dei servizi resiste, la forte pressione deflazionistica dei prezzi dei beni di base continuerà a far scendere l’inflazione core nel prossimo mese. Di conseguenza, la stagnazione economica finirà per far scendere anche l’inflazione dei servizi.

    I dati sul Pil mostrano inoltre che l’economia dell’Eurozona si è contratta nel terzo trimestre del 2023. Alla luce dei recenti dati delle indagini, è probabile che il Pil si contragga anche nel quarto trimestre, il che porterebbe l’economia dell’Eurozona in recessione tecnica.

    La Bce deve impedire un calo continuo dell’inflazione fino al di sotto dell’obiettivo per evitare che l’economia ricada in una persistente stagnazione. Nel decennio precedente la pandemia, l’inflazione core dell’Eurozona era in media pari a circa l’1%. Allo stesso tempo, l’economia ristagnava. Nemmeno mille miliardi di euro di Quantitative Easing è riuscito a risollevare in modo significativo l’inflazione core. L’area euro si trovava bloccata in un regime di bassa inflazione e di economia stagnante nel decennio pre-Covid.

    I rischi che l’Eurozona ritorni a questa negativa situazione di stallo sono più elevati del solito. Tre importanti fattori di sostegno all’economia sono ormai svaniti: l’energia a basso costo; una maggiore partecipazione della forza lavoro grazie alla riforma della rete di sicurezza sociale; abbondanza di manodopera dall’Europa centrale e orientale. L’economia europea dovrà ora attraversare un periodo di trasformazione strutturale per imparare a funzionare senza questi venti favorevoli.

    Normalmente, la politica fiscale dovrebbe stimolare la domanda e attutire questo calo, consentendo all’economia di continuare a crescere, ma la politica fiscale in Europa è limitata da regole troppo rigide o da alti livelli di debito. La Bce è l’unica istituzione in grado di stimolare la domanda per sostenere la crescita economica nel prossimo periodo di cambiamenti strutturali, perché non è vincolata da considerazioni politiche sulla politica fiscale.

    La crescita stagnante e l’inflazione che scende rapidamente verso l’obiettivo significano che la Bce dovrà iniziare presto a tagliare i tassi per evitare un periodo prolungato di inflazione al di sotto del target e quindi il rischio che l’Eurozona torni a un regime di bassa inflazione e crescita stagnante. Il rapido calo dell’inflazione darà presto alla Bce lo spazio per prendere in considerazione un rialzo dei tassi. I policymaker sanno che la politica monetaria reagisce con un certo ritardo. Considerando i dati odierni, la Bce probabilmente dovrà agire prima o poi, quando sarà sicura che il trend di disinflazione sia persistente.

  • Bce: tassi invariati, ma inflazione ancora elevata

    Bce: tassi invariati, ma inflazione ancora elevata

    Francoforte sul Meno, 26 ottobre 2023 – La Banca Centrale Europea ha lasciato invariati i tassi di interesse per la prima volta da luglio 2022. Il tasso sui rifinanziamenti principali resta al 4,50%, quello sui depositi al 4% e quello sui prestiti marginali al 4,75%.

    La presidente della Bce, Christine Lagarde, ha dichiarato che “è prematuro parlare di un taglio dei tassi”. Lagarde ha sottolineato che “l’inflazione ha registrato un netto calo a settembre”, passando dal 7,4% al 7,2%, ma si attende “che resti elevata a lungo”.

    Lagarde ha anche sottolineato che “l’economia della zona euro rimarrà debole”. La guerra in Medio Oriente è una delle principali fonti di rischio per l’economia europea.

    La decisione della Bce di lasciare invariati i tassi era attesa dagli analisti. Lagarde ha voluto sottolineare che la Banca Centrale è ancora impegnata a combattere l’inflazione, ma che è anche consapevole del rischio di una recessione.

    Il calo dell’inflazione a settembre è stato un segnale positivo, ma è ancora troppo presto per dire se si tratta di un trend duraturo. La guerra in Medio Oriente rappresenta un rischio significativo per l’economia europea, e potrebbe portare a un nuovo aumento dell’inflazione.

    La Bce ha dichiarato che monitorerà attentamente l’evoluzione dell’inflazione e dell’economia europea. Un nuovo aumento dei tassi potrebbe essere necessario se l’inflazione dovesse rimanere elevata.

  • Bce, Unimpresa: no a nuovo aumento tassi. Sofferenze in aumento

    Bce, Unimpresa: no a nuovo aumento tassi. Sofferenze in aumento

    Roma, 19 ottobre 2023 – Il prossimo 26 ottobre si riunisce il direttivo della Banca centrale europea e, secondo Unimpresa, al momento non ci sono elementi macroeconomici né ragioni politiche perché il board dell’Eurotower aumenti ancora il costo del denaro, portato lo scorso 14 settembre al 4,50%.

    “Dopo 14 mesi di follia, ci aspettiamo una seduta del direttivo Bce all’insegna della prudenza e soprattutto del buon senso”, commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. “Finora, l’aumento furibondo dei tassi ha cagionato danni enormi, mettendo in difficoltà le famiglie e le imprese che avevano prestiti a tasso variabile e i dati sulle sofferenze sono la rappresentazione plastica di questa drammatica situazione”.

    In effetti, il repentino rialzo dei tassi d’interesse si è già vistosamente riverberato sul mercato del credito con le sofferenze di famiglie e imprese, spia di situazioni critiche, sono arrivate a sfiorare quota 18 miliardi di euro ad agosto scorso, in aumento di 1,6 miliardi su base annua e in salita nei primi otto mesi del 2023 di quasi 4 miliardi (+26%).

    Su base annua, invece, si registra un calo generale delle sofferenze lorde di 2,4 miliardi (-6,96%) dai 35,2 miliardi di agosto 2022 ai 32,8 miliardi di agosto 2023. Il rapporto tra le sofferenze lorde e il totale degli impieghi al settore privato è passato dal 2,60% al 2,53%. Le sofferenze nette sono aumentate su base annua di 1,6 miliardi (+9,93%) da 16,2 miliardi a 17,9 miliardi. Il rapporto tra le sofferenze nette (quelle non coperte da garanzie reali) e il totale degli impieghi al settore privato è passato dall’1,20% all’1,38%.

    In generale, sono diminuite, su base annua, le sofferenze di tutte le categorie di clientela: quelle riconducibili alle aziende sono calate di 1,5 miliardi (-7,58%), da 20,9 miliardi a 19,3 miliardi; quelle delle famiglie sono scese di 523 milioni (-4,99%), da 10,4 miliardi a 9,9 miliardi; quelle delle imprese familiari sono diminuite di 236 milioni (-9,51%), da 2,4 miliardi a 2,2 miliardi; in discesa anche quelle riferibili a pubblica amministrazione, fondi, assicurazioni e onlus, passate da 1,3 miliardi a 1,2 miliardi con una variazione negativa di 108 milioni (-7,92%).

    In conclusione, Unimpresa ritiene che la Bce dovrebbe agire con la massima prudenza, per evitare, in una fase così incerta per il ciclo economico, di indebolire le prospettive di ripresa e di crescita del pil nell’eurozona.