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BCE. Niente crescita, l’inflazione scende, ma non è il momento di tagliare i tassi

Martina Daga, junior macro economist di AcomeA SGR
Martina Daga, junior macro economist di AcomeA SGR
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A cura di Martina Daga, Macro Economist, AcomeA SGR

Per il secondo meeting di politica monetaria consecutivo, la BCE ha deciso di non alzare i tassi di riferimento dopo 450 bp complessivi di rialzi dall’inizio del ciclo di inasprimento della politica monetaria a luglio del 2022, tenendo quindi il deposit rate al 4%, il refinancing rate al 4.50% ed il marginal lending facility rate al 4.75%. Come negli scorsi meeting, è stata ribadita la retorica secondo cui i tassi di riferimento hanno ormai raggiunto un livello che, se mantenuto sufficientemente a lungo, possa contribuire a riportare l’inflazione al target del 2%, senza la necessità di ulteriori rialzi.

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Durante la conferenza stampa è stato chiarito che le decisioni di politica monetaria dei prossimi meeting rimangono strettamente dipendenti dai dati, per determinare sia il livello dei tassi sia la durata appropriati per riportare l’inflazione al target. Sono tre i criteri che guidano l’azione della Bce: l’outlook di inflazione, che ha mostrato significativi miglioramenti come evidente dall’aggiornamento delle proiezioni macroeconomiche, il livello di inflazione sottostante, anche da questo punto di vista è stato riconosciuto un rallentamento nel ritmo di crescita e, infine, la forza del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, evidente nell’inasprimento delle condizioni creditizie.

Tuttavia, il board della Bce è convinto non sia ancora il momento di abbassare la guardia, infatti le proiezioni di inflazione sono basate su condizioni di mercato passate, la data limite per la formulazione delle proiezioni è stata infatti il 23 novembre, e, inoltre, le misure di inflazione core sono scese velocemente, ma ancora ci sono forti pressioni provenienti principalmente dalla crescita salariale, su cui la Bce vuole vedere ulteriori dati di miglioramento. I dati sui salari relativi al primo trimestre del prossimo anno, probabilmente l’elemento che ancora manca alla Bce, verranno pubblicati solo con un certo ritardo rispetto alla fine del trimestre di riferimento. Lagarde ha infine chiarito che non sono nemmeno stati discussi tagli dei tassi di riferimento, siamo in un periodo di transizione e per il momento è una discussione prematura.

La decisione è stata presa in un contesto macroeconomico di crescita debole in Area Euro, con una lieve contrazione registrata nel terzo trimestre. Alla luce di questo le previsioni di crescita per quest’anno e il prossimo sono state riviste al ribasso. Si prevede che la ripresa della crescita economica del 2025 sarà trainata dall’aumento dei redditi reali, grazie al calo dell’inflazione e alla crescita dei salari, oltre al miglioramento della domanda estera. Riguardo al livello di inflazione, sono stati eliminati riferimenti al fatto che l’inflazione rimanga “too high for too long”, retorica precedentemente usata, ma piuttosto è stato riconosciuto un rallentamento, in particolare nel mese di novembre. Nonostante nel comunicato stampa la Bce affermi che è probabile una ripresa temporanea dell’inflazione nel breve termine e che le pressioni interne sui prezzi rimangono elevate, le proiezioni macroeconomiche mostrano una revisione al ribasso del valore dell’inflazione, sia headline sia core, per quest’anno e soprattutto per il prossimo. Questo prima che l’inflazione torni vicino al target solo nel 2025.

Nel meeting di oggi i membri del board della Bce hanno discusso il tema dell’accelerazione del programma di Quantative Tightening, la decisione comunicata prevede che i reinvestimenti del PEPP continuino fino a metà del prossimo anno, nella seconda metà del 2024 non verranno reinvestiti solo Euro 7.5 miliardi al mese in media e dalla fine del prossimo anno smetteranno di reinvestire in toto i titoli in scadenza dal programma PEPP. Questa discussione era sostanzialmente attesa dal mercato, che probabilmente si aspettava che i reinvestimenti fossero fermati addirittura prima rispetto a quanto annunciato oggi.

La Bce ha attualmente un totale di circa Euro 4.7 trilioni di titoli in portafoglio, di cui circa Euro 3 trilioni del programma APP e i restanti nel programma PEPP, di entrambi i programmi la maggior parte è investita in titoli di Stato. La Bce già da quest’anno ha iniziato il suo programma di QT con il mancato reinvestimento dei titoli in scadenza del programma APP, corrispondenti a circa euro 25 miliardi/mese. I reinvestimenti dei titoli in scadenza del programma PEPP sono invece continuati per tutto l’anno; una caratteristica peculiare del PEPP è che la Bce ha maggiore flessibilità nell’allocazione degli investimenti di questo programma e questa caratteristica ha beneficiato Paesi che necessitano maggiormente l’intervento della Bce.

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