“ORA CURARE I PAZIENTI MENO GRAVI, LAVORARE PER ABBASSARE PREZZO E REGIONI POTENZINO LA PRESA IN CARICO”
Milano, 3 dicembre 2016 – Due anni serviti per curare quasi 60.000 pazienti gravi affetti dall’epatite C. Due anni di dibattiti serrati sulla sostenibilità dei nuovi farmaci innovativi ad alto costo, il cui prezzo è rimasto di fatto ancora ‘segreto’. E ora che i primi due anni di programma in Italia sono giunti al termine, si affaccia una nuova sfida per il Servizio Sanitario Nazionale: avviare la cura per tutti i pazienti rimasti fino ad oggi esclusi dalle nuove terapie. E attrezzarsi per farlo. Di questo tema, complesso e quanto mai all’ordine del giorno in questo periodo, si parla al XXXVII Congresso nazionale SIFO, la Società dei farmacisti ospedalieri e dei servizi farmaceutici territoriali delle aziende sanitarie, in corso in questi giorni a Milano. Se ne parla oggi nel corso della sessione “La cronicità, modelli assistenziali ed esiti”, a cui sono intervenuti docenti e medici esperti tra cui il professor Alfredo Alberti, direttore dell’Unità Operativa di Terapia delle epatiti croni che virali dell’Università di Padova.
I NUOVI FARMACI – Sono arrivati in commercio alla fine del 2014 ed è stata una vera e propria ‘rivoluzione ‘della cura . Al di là dell’altissimo costo, la vera novità rivoluzionaria di questi nuovi medicinali sono la rapidità e risolutività del trattamento: le cure durano 12-24 settimane (dai tre ai sei mesi) al termine delle quali i pazienti trattati guariscono definitivamente. La percentuale di riuscita della cura si aggira infatti tra il 95 e il 96% dei casi. Con i farmaci precedenti- che costavano meno ma non erano certo economici- questo non succedeva. “In Italia sono stati trattati circa 62.000 pazienti, molti con cirrosi anche avanzata e i risultati sono stati straordinari”, afferma il professor Alfredo Alberti, professore ordinario di Gastroenterologia dell’Università di Padova. “Prendendo ad esempio la coorte di circa 4.000 pazienti trattati in Veneto- prosegue il docente- è stato possibile eradicare il virus in oltre il 90% dei casi e si è osservato già nel primo anno una significativa riduzione de lle complicanze più gravi della malattia, della mortalità e dei casi che hanno richiesto un trapianto di fegato”.
IL PREZZO NON E’ TUTTO – Sul prezzo dei farmaci per l’epatite, ufficialmente secretato da Aifa, in questi due anni sono state dette tante cose e sono circolate tante cifre. Il dato attuale più vicino alla certezza, a cui ha fatto cenno lo stesso ex direttore generale di Aifa, Luca Pani, è di 14.000 euro pagati in media dal Ssn per ogni trattamento. Quello del prezzo, però, a ben guardare la questione, non è in ogni caso l’unico elemento su cui focalizzare l’attenzione. Il prezzo è sicuramente alto, ma non è più alto di quello di un farmaco antitumorale. Un dato: per i farmaci antivirali dell’epatite il Servizio Sanitario nazionale ha speso, nel 2015, un miliardo e 722 milioni, pari al 7,8% della spesa complessiva. La spesa per gli oncologici è stata di due miliardi e 372 milioni, mentre per immunomodulatori di un miliardo e 803 milioni. A rendere ‘problematico’ il prezzo dei farmaci per l’epatite è l’alto numero dei pazienti da trattare, dato anche questo- in realtà- molto controverso. In ogni caso l’elevat o numero di pazienti da trattare richiede un impegno economico molto consistente per il SSN .
I PAZIENTI DA CURARE – Quanti sono davvero? Il numero esatto non si conosce e sono circolate le cifre più diverse, compresi numeri altissimi. L’associazione di pazienti Epac onlus, di recente, come ha reso noto il suo presidente Ivan Gardini, ha realizzato uno studio andando a individuare 300.000 pazienti ad oggi noti al Ssn. Un dato che appare abbastanza certo, visto che lo studio ha preso le mosse dal numero delle esenzioni Ausl dei pazienti. Se per trattarne all’incirca 60.000 ci sono voluti due anni (il 2015 e 2016), la ‘nuova’ sfida cui si trova di fronte il Servizio sanitario nazionale è mettere mano alla cura di tutti i pazienti rimasti esclusi fino a oggi. Lo chiedono gli stessi pazienti, che non hanno mai del tutto condiviso il criterio stabilito da Aifa di dare priorità ai casi più gravi, sostenendo da sempre la necessità di abbattere i limiti nell’accesso alle cure.
UN RISPARMIO A LUNGO TERMINE – Secondo l’associazione EpaC onlus, poi, paradossalmente la soluzione del problema alla sostenibilità della spesa in un certo senso starebbe proprio nell’avvio delle cure a tutti i pazienti malati di epatite. In questo senso: investire oggi nelle terapie anti Hcv sarebbe una scelta valida per portare, un domani, un grande risparmio per il Servizio sanitario nazionale, tanto in termini di farmaci quanto in termini di cure future ai malati di epatite che non vengono trattati oggi. Nessuno, infatti, pensa mai ai ‘costi’ delle complicanze delle epatiti non trattate, che vanno dal trapianto di fegato ai tumori, fino alle morti premature.
COSA SI PUO’ FARE? – “Dopo questi primi due anni di trattamenti mirati ai casi più gravi, è ora di cominciare a trattare i pazienti meno gravi, allargando – ma non eliminando- gli attuali criteri AIFA – dice Giovanna Scroccaro, dirigente del Servizio farmaceutico della Regione Veneto e past President SIFO-. Per farlo, occorre abbassare il prezzo del farmaco, cosa per cui si sta muovendo Aifa, intenzionata a chiedere alle aziende farmaceutiche un ribasso. Il prezzo di 14.000 euro è infatti troppo alto per pensare di curare altri 300.000 pazienti”. La svolta, però, deve essere anche e soprattutto organizzativa, aggiunge Scroccaro. “E’ necessario anche che le Regioni, attraverso i centri di cura, si riorganizzino per essere in grado di curare tutti i nuovi pazienti. Serve un miglior collegamento tra Centri Specialistici autorizzati alla prescrizione e Centri periferici che hanno in cura i pazienti affetti da Epatite C, così come è indispensabile la collaborazione con i Medici di Medicina Generale – che sono a stretto contatto con i loro assistiti- per individuare precocemente i pazienti infetti quando ancora non sanno di esserlo. E’ quindi necessario riorganizzare le cure e serve una forte coesione tra i diversi professionisti coinvolti.