Home Economia AMCHOR IS – Segnali incoraggianti, in attesa della pausa delle banche centrali

AMCHOR IS – Segnali incoraggianti, in attesa della pausa delle banche centrali

Alvaro Sanmartin, Chief Economist, Amchor IS
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A cura di Alvaro Sanmartin, Chief Economist, Amchor IS

L’economia statunitense continua a mostrare segni di tenuta, confermando che i rischi di recessione per il resto dell’anno sono piuttosto bassi. Allo stesso tempo, sembra che la politica monetaria moderatamente restrittiva della Fed stia iniziando a correggere il forte eccesso di domanda generato dalla pandemia. Sul fronte dei prezzi sottostanti, continuano i segnali di (graduale) moderazione, grazie ai rialzi dei tassi di interesse e anche perché le aspettative di inflazione rimangono ben ancorate. Pertanto, il nostro scenario centrale per gli Stati Uniti rimane invariato: crescita economica moderata, ma positiva per il resto dell’anno; progressivo controllo dell’inflazione; ulteriori rialzi dei tassi a luglio, seguiti da una pausa prolungata.

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Nel caso dell’Eurozona, riteniamo che la debolezza recentemente evidenziata da alcuni dati macro sarà temporanea. In particolare, il nostro scenario centrale per l’Eurozona continua a indicare una crescita positiva nei prossimi trimestri, con il settore del turismo che gode di prospettive molto favorevoli e con la domanda aggregata che continua a beneficiare di significativi venti favorevoli: politica fiscale espansiva, calo dei prezzi delle materie prime importate, aumento dei salari, disoccupazione ai minimi storici, buona posizione in termini di bilancio di famiglie e imprese.

Per quanto riguarda la politica monetaria della Bce, analogamente a quanto detto per la Fed, ci aspettiamo un ulteriore rialzo dei tassi a luglio, una pausa prolungata dopo settembre e un appiattimento della curva dei rendimenti dovuto a un movimento verso l’alto nella parte centrale e lunga della curva.

Continuiamo a essere molto vigili sulla possibilità che l’inflazione impieghi troppo tempo a scendere, con ciò che potrebbe significare in termini di disancoraggio delle aspettative sui prezzi, ulteriori rialzi dei tassi di interesse e una possibile recessione economica nel 2024.

Tornando all’economia statunitense Cosa sta succedendo al settore manifatturiero? Nell’analizzare i recenti sviluppi del settore manifatturiero negli Stati Uniti (e altrove), occorre tenere presente che la performance dell’industria è stata fortemente influenzata al rialzo nel periodo immediatamente successivo alla pandemia, per due motivi. Da un lato, perché la domanda aggregata si è inizialmente spostata verso i beni a scapito dei servizi, che hanno impiegato più tempo a normalizzarsi. Dall’altro, perché le imprese industriali, temendo all’epoca una carenza di forniture, hanno esagerato i livelli degli ordini per accumulare scorte “cuscinetto”In questo contesto, riteniamo possibile che l’attuale debolezza del settore industriale in molti paesi sia più il riflesso di una normalizzazione degli eccessi del passato che un indicatore anticipatore di recessione.

Per il resto, negli Stati Uniti le aspettative di inflazione a medio termine rimangono ben ancorate, mentre quelle a breve termine hanno subito una flessione verso il basso. Progressivamente, queste aspettative di prezzo ben ancorate e una domanda aggregata un po’ più moderata stanno permettendo all’inflazione di fondo di iniziare a muoversi nella giusta direzione. A loro volta, un’attività economica resistente ma moderata, aspettative d’inflazione ben ancorate e un’inflazione di fondo che inizia a flettere verso il basso aprono la strada a una sospensione dei rialzi dei tassi da parte della Fed dopo la riunione di luglio e a una successiva lunga pausa. A nostro avviso, perché la Fed inizi a ridurre i tassi, dovranno esserci segnali simultanei di debolezza significativa sia nell’attività che nei prezzi, cosa che riteniamo improbabile nei prossimi trimestri.

Nell’Eurozona, nonostante la debolezza mostrata da alcuni dati nell’ultimo periodo, riteniamo che alla fine prevarrà uno scenario macro simile a quello degli Stati Uniti. In particolare, riteniamo che i buoni fondamentali della domanda aggregata menzionati in precedenza porteranno a una crescita positiva per il resto dell’anno, con una disoccupazione che rimarrà vicina ai minimi storici.

Riteniamo inoltre che l’inflazione di fondo inizierà presto a mostrare segni di moderazione, grazie alla politica monetaria della Bce e al fatto che le aspettative sui prezzi sono ben ancorate anche nel nostro continente. Questo, a sua volta, potrebbe consentire alla Bce di alzare i tassi un’ultima volta a luglio, per poi iniziare una lunga pausa dopo la riunione di settembre.

Oltre Stati Uniti ed Europa

In Cina, i rischi geopolitici stanno portando, a nostro avviso, a una valutazione eccessivamente negativa della situazione macroeconomica del Paese.

A questo proposito, continuiamo a ritenere che la crescita economica cinese si attesterà molto probabilmente intorno o addirittura sopra il 5,5% quest’anno, con un settore dei servizi dalle prospettive favorevoli e un settore immobiliare che non crediamo possa destare grandi preoccupazioni.

Allo stesso tempo, rimaniamo positivi sull’Asia emergente nel suo complesso grazie a crescita in linea con il potenziale nel 2023, inflazione in calo, bassi deficit pubblici, buon equilibrio delle partite correnti. Vediamo anche segnali incoraggianti in alcune economie dell’America Latina come Messico e Brasile.

Per quanto riguarda il Giappone, gode ancora di un’apprezzabile spinta propulsiva “post-pandemia”. e di politiche monetarie e fiscali chiaramente espansive. Per i prossimi trimestri prevediamo che la crescita economica tenderà ad essere superiore al potenziale, con un output gap sempre più positivo. In secondo luogo, prevediamo un comportamento sufficientemente dinamico sia dei prezzi sottostanti sia dei salari. A loro volta, entrambe le cose apriranno la strada a un nuovo allentamento della politica di controllo delle curve da parte della BoJ, forse già a luglio o, in caso contrario, entro la fine dell’anno.

Market view

Titoli di Stato: i tassi d’interesse rimarranno relativamente alti più a lungo di quanto attualmente previsto dai mercati. Non escludiamo che nei prossimi trimestri si possa assistere a un graduale appiattimento delle curve dei rendimenti sia negli Stati Uniti sia in Europa, con la parte breve della curva che rimarrà vicina ai livelli di chiusura di giugno e la parte media e lunga della curva che si sposterà leggermente verso l’alto. Continuiamo a vedere chiari rischi di rialzo per la curva dei rendimenti giapponese.

Azioni: vista la buona tenuta macro negli Stati Uniti e in Europa e considerando che non escludiamo ulteriori spostamenti verso l’alto delle curve dei rendimenti nei prossimi trimestri, riteniamo che il segmento value/ciclico del mercato, comprese le banche europee, dovrebbe fare meglio di quello growth/difensivo. Dal punto di vista geografico, alla luce di quanto sopra e dei livelli di valutazione relativi, preferiamo i mercati europei e dell’Asia emergente agli Stati Uniti.

Creditocontinuiamo a preferire le obbligazioni societarie perché nel nostro scenario macro centrale i tassi di default non dovrebbero aumentare troppo. In ogni caso, visto che gli spread sono tornati a scendere sensibilmente, riteniamo sensato combinare l’esposizione al credito con posizioni ben selezionate in obbligazioni governative emergenti in valuta locale grazie a un gruppo di Paesi emergenti per i quali prevediamo elevati tassi di crescita relativa e che beneficiano anche di una solida governance economica, di bassi deficit pubblici e di un’inflazione ragionevolmente bassa.

Valutei livelli del dollaro intorno a 1,10 ci sembrano interessanti per rendere questa valuta una buona copertura per gli investitori in euro. Allo stesso tempo, visti i buoni segnali che il Giappone sta generando, riteniamo che anche lo yen possa essere una buona posizione di copertura per il resto dell’anno. Per il resto, abbiamo una visione positiva su valute come corona norvegese, dollaro neozelandese o dollaro australiano; continuiamo inoltre ad apprezzare le valute dei mercati emergenti con una buona governance macro.

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