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  • Reddito fisso: ripensare il portafoglio con i tassi più alti più a lungo

    Reddito fisso: ripensare il portafoglio con i tassi più alti più a lungo

    A cura di Arif Husain, head of international fixed income and chief investment officer, T. Rowe Price

    Il massiccio inasprimento delle condizioni finanziarie dalla fine del 2021 ha prodotto un mercato del reddito fisso molto diverso dall’ambiente alimentato dagli stimoli durante e dopo la pandemia. Le correnti incrociate generate da questi cambiamenti metteranno nuovamente alla prova gli investitori nel 2024.
    Riteniamo che il modo migliore per descrivere l’attuale contesto macro sia il seguente: abbiamo raggiunto o superato il picco di inflazione, liquidità, stimolo fiscale, crescita della Cina, edilizia, disponibilità di credito e forza del mercato del lavoro. In altre parole, stanno scomparendo la maggior parte di quegli straordinari venti favorevoli che hanno definito il contesto post-pandemico.

    Sebbene le economie globali, e quella statunitense in particolare, abbiano finora retto relativamente bene nonostante l’aumento dei tassi, un atterraggio duro dell’economia non è da escludere, soprattutto dopo l’impennata dei rendimenti obbligazionari. Anche se nel 2024 si eviterà una recessione, è probabile che i timori per la crescita economica aumentino a fasi alterne.

    Tassi più alti più a lungo
    A fine novembre, i mercati dei futures prevedevano quattro tagli dei tassi della Fed nel 2024, anticipando che la banca centrale statunitense sarebbe intervenuta in soccorso se l’economia americana fosse caduta in recessione. Tuttavia, riteniamo che l’incapacità della Fed e della maggior parte delle altre banche centrali dei mercati sviluppati di anticipare l’inflazione dopo la pandemia renda più probabile il mantenimento dei tassi a livelli relativamente elevati per gran parte del 2024.

    Inoltre, alcune forze strutturali come la deglobalizzazione, la riduzione del tasso di partecipazione alla forza lavoro e le pressioni sui prezzi dell’energia potrebbero rendere l’inflazione più fragile rispetto ai precedenti rallentamenti economici, scoraggiando ulteriormente le banche centrali dall’allentare la

    politica monetaria. Naturalmente, un grave episodio di volatilità finanziaria potrebbe indurre i responsabili della politica monetaria a guardare oltre l’inflazione ostinata e a tagliare i tassi o a sospendere l’inasprimento quantitativo, ossia la contrazione della liquidità delle banche centrali, quando le obbligazioni acquistate nell’ambito degli stimoli per affrontare l’emergenza pandemica vengono lasciate defluire dai loro bilanci.

    Tra i potenziali segnali di una tale correzione potrebbero esserci una crisi bancaria più grave, un crollo del settore immobiliare commerciale, una significativa svendita dei titoli tecnologici a grande capitalizzazione che hanno guidato i mercati azionari statunitensi nel 2023 o il deterioramento delle condizioni dei mercati del private equity. Tuttavia, secondo le nostre previsioni di base, le banche centrali rimarranno in attesa per un periodo prolungato per tutto il 2024. Questo atteggiamento probabilmente sposterà la volatilità verso la parte più lunga della curva dei rendimenti, in contrapposizione ai movimenti eccessivi verso l’alto dei tassi a più breve termine osservati durante la stretta della Fed nel 2022 e all’inizio del 2023.

    Emissioni sovrane in aumento
    Con i deficit fiscali in aumento, ci aspettiamo che i governi continuino a inondare il mercato di nuovo debito sovrano. Ciò è particolarmente vero negli Stati Uniti, dove il Tesoro sta spostando la maggior parte delle nuove emissioni dai titoli a breve termine verso titoli e obbligazioni a più lungo termine. Questo spostamento di emissioni è alla base di una delle nostre previsioni più convincenti: la curva dei rendimenti si inasprirà nel 2024. I rendimenti del debito sovrano di alta qualità, sebbene abbiano raggiunto il massimo alla fine del 2023, potrebbero salire ancora. Di conseguenza, riteniamo che l’irripidimento della curva sarà probabilmente un fattore più significativo rispetto alle prospettive sui livelli dei tassi d’interesse.

    Un’altra implicazione dell’aumento dell’emissione di titoli di Stato è che potrebbe portare a escludere dal mercato le aziende indebitate, o almeno a far aumentare i loro costi di finanziamento. Ciò potrebbe rendere le imprese meno propense a spendere in progetti di capitale o ad assumere più dipendenti, riducendo il sostegno all’economia globale.

    Opportunità nell’high yield e Investment Grade a breve termine
    Guardando più da vicino al mercato delle obbligazioni societarie, i rendimenti interessanti dovrebbero continuare a sostenere la domanda di obbligazioni high yield, anche se gli spread creditizi – le differenze di rendimento tra le obbligazioni con rischio di credito e i titoli di Stato di alta qualità con scadenze simili – sono apparsi meno convincenti a fine novembre, con una tendenza vicina alle medie storiche.

    Per ottenere rendimenti interessanti non è necessario che gli investitori accettino un rischio di credito così elevato come in passato, perché la qualità dell’universo obbligazionario high yield è complessivamente migliorata. Vediamo interessanti opportunità anche nei titoli societari investment grade a più breve termine. Sebbene questi strumenti comportino un certo rischio di credito, le scadenze brevi ne riducono l’esposizione a una recessione economica. A fine novembre, i titoli societari a breve termine offrivano un significativo premio di rendimento rispetto ai fondi del mercato monetario e ai depositi di risparmio bancari, consentendo agli investitori di posizionarsi meglio in caso di calo dei tassi a breve termine nel 2024.

    Fino al 2024, a nostro avviso, gli spread creditizi delle società investment grade a più lungo termine non sono abbastanza ampi da compensare il rischio aggiuntivo derivante dall’allungamento delle scadenze. Tuttavia, l’allargamento degli spread potrebbe creare opportunità più interessanti in queste obbligazioni nel corso dell’anno. Prevediamo che le correlazioni tra i rendimenti del debito sovrano di alta qualità e la performance degli asset di rischio, come le azioni e le obbligazioni societarie, rimarranno volatili, in quanto i mercati si adegueranno al nuovo contesto di tassi d’interesse più elevati e alla decelerazione della crescita economica globale. Tuttavia, riteniamo che l’esposizione alla duration dovrebbe ricompensare gli investitori in caso di gravi flessioni dei titoli azionari e del credito.

    Gli asset a reddito fisso non core, come le obbligazioni high yield o i bond dei mercati emergenti, dovrebbero fornire fonti di rendimento diversificate anche in caso di buone performance azionarie o di un andamento laterale del mercato. Nel 2023, molti investitori sembravano propensi ad attendere un chiaro picco dei rendimenti prima di aumentare significativamente le loro allocazioni nel reddito fisso. Nel 2024, riteniamo che un’opzione più interessante sarà quella di approfittare di alcuni dei rendimenti più elevati degli ultimi due decenni in molti settori del reddito fisso. Come sempre, sarà essenziale un’analisi approfondita dei fondamentali del credito, sia per gli emittenti investment grade sia per quelli high yield.

  • TCW – Reddito fisso, le prospettive negli USA dopo il rally di fine anno

    A cura di Tammy Karp, senior portfolio manager fixed income, TCW


    Il sentiment degli investitori si è fatto decisamente più rialzista a novembre, dando luogo a un ampio rally. Performance positive sono state registrate per le azioni (S&P +9%), i Treasury (+3,47%), nel comparto high yield (+4,53%) e nel credito investment grade (+5,68%). L’euforia è stata sospinta da una confluenza di fattori, tra cui i dati sull’inflazione, inferiori alle attese, e le aspettative di un pivot accomodante della Fed, con il 60% di probabilità di un taglio dei tassi entro la metà del 2024. Il miglioramento della domanda di Treasury, inoltre, ha determinato un forte calo dei tassi privi di rischio. Di conseguenza, il mercato del credito Investment Grade ha registrato il più grande rally dal novembre 2022.


    I rischi da monitorare

    La combinazione di dati economici forti, ma non troppo, e dell’inflazione in calo ha fornito un sostegno al quadro di atterraggio quasi perfetto, con uno scenario “Goldilocks”. Pur non trovandoci in una situazione fuori dall’ordinario, riconosciamo che il meccanismo di trasmissione delle policy non ha una tempistica definita. La resilienza dei consumatori è stata finora una delle caratteristiche più sorprendenti di questo ciclo. Tuttavia, all’orizzonte, si profilano delle difficoltà, tra cui il ribasso dei risparmi in eccesso, la ripresa dei pagamenti dei prestiti agli studenti, l’aumento dei saldi delle carte di credito e il conseguente incremento di morosità e storni.

    Inoltre, i fondamentali del credito corporate si sono indeboliti, in contrasto con la traiettoria ascendente dei rating, poiché le pressioni sui margini e i maggiori costi di finanziamento hanno avuto un impatto negativo sui parametri. Ciò non significa che si veda all’orizzonte un forte peggioramento dei bilanci aziendali ma, come abbiamo appreso dall’inizio del ciclo di rialzi dei tassi, le conseguenze di una stretta monetaria aggressiva sono imprevedibili.

    Valutazioni poco convincenti

    Il mercato del credito Investment Grade ha messo a segno un impressionante rally a novembre, stabilendo un nuovo minimo degli spread da inizio anno, determinando un’inversione di quello che sarebbe stato il terzo anno consecutivo di rendimenti totali negativi. Da inizio anno, il rendimento totale dell’IG Credit Index è passato definitivamente in positivo (+3,83%). I titoli BBB hanno sovraperformato, grazie al ridimensionamento del beta, che è rimasto un tema per tutto il mese. Dopo l’ultimo rally, gli spread del credito Investment Grade, pari a +97 punti base rispetto ai Treasury, sono a soli 20 punti base dai ristretti livelli raggiunti nel 2021.

    A nostro avviso, le valutazioni non sono convincenti, considerati i risultati asimmetrici a fronte dell’avvicinamento degli spread al loro minimo. Sebbene permangano opportunità idiosincratiche, è opportuno continuare a ridurre il rischiopoiché il profilo rischio/rendimento favorisce un approccio difensivo rispetto al posizionamento nel comparto creditizio.

    La sottoperformance del settore bancario

    Il settore bancario ha partecipato al rally, pur rimanendo lontano dalla sua media di lungo periodo sia su base assoluta che relativa. Il divario in termini di spread tra le sei grandi banche statunitensi e il più ampio mercato dei titoli Investment Grade (IG Credit Index), pari a 48 punti base, è decisamente più ampio rispetto alle medie storiche. Una parte della sottoperformance può essere attribuita ai residui timori derivanti dai recenti fallimenti di alcune banche regionali, nonché alle aspettative di maggiori requisiti patrimoniali in seguito alla nuova Basilea III, l’ultima serie di standard internazionali in materia di adeguatezza del capitale e liquidità. Tuttavia, riteniamo che la divergenza nel rapporto tra spread nel comparto bancario e non bancario sia insostenibile.

    L’impatto sui consumatori dell’inasprimento delle condizioni finanziarie, l’esaurimento dei risparmi in eccesso e la ripresa dei pagamenti dei prestiti per gli studenti determineranno delle ricadute sull’economia in generale di ampia portata. La disparità tra gli spread bancari e il resto del mercato lascia presagire un’inversione del ciclo, ma a ciò dovrebbe far seguito una più ampia correzione delle valutazioni creditizie nel comparto Investment Grade, anche per le categorie più sensibili alla domanda ciclica, come materie prime e automobili.

    La quota relativa di emissioni può, almeno in parte, contribuire a spiegare la sottoperformance del settore bancario rispetto al resto del mercato dei titoli Investment Grade. Su base annua, le emissioni bancarie, pari a 393 miliardi di dollari, sono in calo del 17% rispetto allo stesso periodo del 2022. Le emissioni annuali delle sei grandi banche d’affari statunitensi, a 108 miliardi di dollari, sono significativamente inferiori (-37%) rispetto ai 172 miliardi emessi nei primi 11 mesi del 2022. Tuttavia, nonostante il calo nominale, la quota di offerta bancaria rispetto al totale delle emissioni corporate nel comparto Investment Grade, pari al 33%, rimane superiore alla media quinquennale del 28%.

  • RBC BlueBay: 2024, prospettive favorevoli al reddito fisso negli USA

    RBC BlueBay: 2024, prospettive favorevoli al reddito fisso negli USA

    Di Andrzej Skiba, Head of US Fixed Income, senior portfolio manager, RBC BlueBay

    Con i tagli dei tassi della Fed all’orizzonte, riteniamo che il 2024 possa offrire rendimenti complessivi più robusti agli investitori in credito societario investment grade. Grazie al significativo supporto del carry, riteniamo che rendimenti a doppia cifra nel mercato obbligazionario americano siano una possibilità concreta. Le imprese sembrano essere in grado di resistere a qualsiasi rallentamento dell’economia e ci aspettiamo che gli emittenti statunitensi mostrino una particolare capacità di recupero, considerando i trend degli utili sottostanti. Sebbene gli spread non lascino molto spazio, vediamo molteplici sacche di valore sul mercato, che evidenziano l’importanza di una selezione attiva del credito.

    Un anno burrascoso per gli obbligazionisti

    Il 2023 è stato un anno particolarmente movimentato per gli investitori nel reddito fisso investment grade. A inizio anno, abbiamo visto l’arrivo di quella che sembrava essere una nuova crisi finanziaria, dopo diversi default registrati sul segmento delle banche regionali negli USA, cui sono seguite le vicende che hanno coinvolto il Credit Suisse in Europa. Ci è voluto un po’ di tempo prima che il mercato recuperasse terreno dopo questi due eventi traumatici. Dopo alcuni mesi, infatti, il focus degli investitori si è spostato sugli effetti della politica monetaria e sui dati economici, in particolare su quelli relativi all’inflazione.

    Gli investitori hanno cominciato a chiedersi quanto a lungo la Fed potesse alzare i tassi per frenare le pressioni inflazionistiche, e che tipo di impatto queste politiche potessero avere sui mercati finanziari. Solo nella parte finale dell’anno, i mercati, in particolare nello spazio investment grade, hanno recuperato terreno. È successo quando si è chiaramente capito che l’inflazione aveva cominciato a frenare la sua corsa, e che la possibilità di ulteriori rialzi da parte della Fed, i quali avrebbero fatto terminare in modo brusco la fase positiva del ciclo, fosse sempre più remota.

    Nella parte finale dell’anno siamo diventati molto più costruttivi, dopo aver passato mesi particolarmente sfidanti per il reddito fisso. E per il 2024 la possibilità di ottenere ritorni più consistenti da questa asset class sembra essere sempre più alta, dopo gli scarsi ritorni di circa mezzo punto percentuale ottenuti nel 2023. In particolare, grazie al significativo supporto del carry, riteniamo che i rendimenti a due cifre siano nei prossimi mesi una possibilità concreta. Oggi gli investitori sul mercato americano sono pagati appena il 6% per tenere in portafoglio titoli che non sono investment grade. In questo contesto, è sufficiente una leggera ripresa dei rendimenti dei titoli di Stato e una moderata restrizione del credito per generare rendimenti a doppia cifra a 12 mesi.

    Le opportunità sul mercato

    Siamo costruttivi sul corporate IG negli Stati Uniti, dove le imprese sembrano essere tornate in salute, e i bilanci pronti a resistere a qualsiasi pressione economica che potremmo vedere in futuro. Detto questo, la selezione dei titoli resta assolutamente fondamentale. Occorre concentrarsi sulle aree del mercato che hanno ancora un potenziale di restringimento degli spread, evitando quelle che presentano una maggiore vulnerabilità legata alle valutazioni attuali o alle prospettive economiche future.

    Dal nostro punto di vista, le principali opportunità risiedono nella selezione attiva del credito. Per noi è chiaro che comprare tutto il mercato, adottando un approccio passivo agli investimenti nel 2024, potrebbe portare a risultati inferiori per gli investitori. Detto altrimenti, per ogni parte del mercato che presenta significative opportunità di rialzo, ce n’è un’altra con significative opportunità di ribasso. Ci sono molte possibilità di evitare i declassamenti di rating e riteniamo che alcuni segmenti del mercato non offrano grandi opportunità di rialzo dal punto di vista delle valutazioni. Gli investitori dovrebbero anche considerare i rischi esterni ai mercati, provenienti dalla geopolitica o da quello che gli investitori offshore faranno con le loro partecipazioni in dollari poiché i differenziali dei tassi dettano le loro decisioni di investimento. Tenendo conto di ciò, riteniamo che l’approccio attivo sia la chiave per superare con successo il 2024.

  • J. SAFRA SARASIN: Outlook 2024: Rimaniamo costruttivi sul reddito fisso

    A cura di Karsten Junius, CFA, Chief Economist di J. Safra Sarasin

    Karsten Junius, Chief Economist Banca J. Safra Sarasin
    Karsten Junius, Chief Economist Banca J. Safra Sarasin

    Manteniamo una visione costruttiva sul reddito fisso per il 2024 e il 2025. Le strutture dei tassi dei mercati sviluppati si sono fortemente rivalutate negli ultimi 18 mesi e offrono un significativo cuscinetto contro le oscillazioni avverse dei rendimenti. Prevediamo un calo dei rendimenti obbligazionari nei prossimi 6-12 mesi e preferiamo le scadenze intermedie. Gli spread di credito rimangono al di sotto delle mediane storiche. Pertanto, non prezzano un rallentamento economico significativo. Continuiamo a preferire l’Investment Grade all’High Yield.

    Mentre i mercati a termine non prevedevano praticamente alcun rialzo dei tassi da parte delle banche centrali dei mercati sviluppati nell’agosto 2020, le aspettative del mercato si sono ora ribaltate all’estremo opposto, con una riduzione dei tassi praticamente inesistente. Il mercato dei tassi impliciti sui Fed Funds negli Stati Uniti è un esempio: esso prezza che il tasso scenda al di sopra del 4% in questo ciclo e torni a salire in seguito.

    È chiaro che questa valutazione non è coerente con un rallentamento economico significativo, tanto meno con una recessione. Il prezzo è anche incoerente con la stima della Fed di un tasso di interesse nominale neutrale del 2,5%-3%. Inoltre, notiamo che i rendimenti reali a lungo termine dei mercati sviluppati, misurati dai mercati dei titoli di Stato indicizzati all’inflazione, sono ora pari o superiori alle stime dei tassi di crescita reali potenziali di lungo periodo.

    L’orientamento monetario delle banche centrali dei mercati sviluppati è probabilmente già rigido. Anche in questo caso, gli Stati Uniti sono un esempio: I rendimenti reali statunitensi a 10 anni, misurati dal mercato inflation-linked, sono al livello più alto rispetto alla stima della Fed del tasso di interesse reale neutrale dal 2007. Il forte inasprimento degli standard di prestito, la creazione di credito molto più debole e l’aumento dei tassi di morosità sui prestiti al consumo e sulle auto sostengono chiaramente l’idea che l’orientamento monetario negli Stati Uniti stia iniziando a mordere.

    Finora l’economia statunitense si è dimostrata molto più resistente al rialzo dei tassi di quanto previsto. Tuttavia, prevediamo che gli effetti cumulativi dell’inasprimento delle politiche diventeranno più evidenti negli Stati Uniti nei prossimi trimestri, poiché il sostegno fiscale potrebbe trasformarsi in un freno l’anno prossimo. Nell’area dell’euro e nel Regno Unito, dove il sostegno fiscale è stato meno importante nel 2023, l’impatto della politica più restrittiva è già molto più visibile. L’attenzione del mercato si sposterà sempre più dall’inflazione alle preoccupazioni per gli effetti negativi di un aumento dei tassi.

    Gli spread di credito delle obbligazioni Investment Grade (IG) e High Yield sono entrambi al di sotto delle mediane storiche. Ciò implica che gli spread non riflettono il rischio di un sostanziale rallentamento economico, per non parlare di una recessione. Ad esempio, le aspettative di consenso prevedono tassi di default di circa il 4,5% sia nel 2024 che nel 2025, in netto aumento rispetto al 2022 e al 2023. I forti aumenti dei tassi di default sono stati solitamente accompagnati da un ampliamento più significativo degli spread. Il recente rapido aumento dei rendimenti reali dei titoli di Stato a lungo termine probabilmente inasprirà ulteriormente le condizioni finanziarie, aumentando il rischio di una debolezza economica più pronunciata di quanto attualmente previsto dai mercati. Pertanto, manteniamo la nostra preferenza per gli IG rispetto agli High Yield e, in generale, ci atteniamo alla qualità superiore.

    Prevediamo un calo dei rendimenti nominali nei prossimi 6-12 mesi in quasi tutti gli spazi valutari sviluppati, con un irripidimento più benevolo della curva dei rendimenti. Le scadenze intermedie (5-7 anni) sono da preferire: (1) beneficiano di curve dei rendimenti più ripide, (2) hanno una duration sufficiente per approfittare di rendimenti più bassi e (3) i rendimenti attuali offrono una significativa protezione al ribasso in uno scenario di rendimenti avversi.

    Negli ultimi mesi i prezzi degli asset dei mercati emergenti (EM) sono stati trainati dai tassi USA elevati e volatili. Una volta che il mercato dei tassi USA si sarà alleggerito in modo duraturo, ad esempio quando il mercato del lavoro e i dati macro-statunitensi si saranno indeboliti in modo consistente, gli asset EM dovrebbero tornare a essere interessanti. Nonostante il rallentamento della crescita degli EM, il differenziale di crescita rispetto ai mercati sviluppati (DM), soprattutto in Asia, rimane elevato e il carry rimane interessante in molti EM (come Brasile, Colombia e Ungheria).

    Inoltre, il miglioramento delle prospettive della Cina, soprattutto per la prima metà del 2024, quando dovrebbe prendere il via l’espansione fiscale, dovrebbe contribuire a sostenere gli esportatori di materie prime e i cambi EM. Continuiamo a preferire le obbligazioni in valuta locale degli EM, visti i solidi fondamentali e le nostre aspettative che le banche centrali (in particolare quelle con tassi di policy elevati come in Brasile e Colombia) continuino o inizino il loro ciclo di tagli dei tassi prima della Fed. Se si considerano le obbligazioni in valuta locale, vi sono alcuni rischi fiscali di alcuni Paesi selezionati che potrebbero far salire i rendimenti obbligazionari. Ad esempio, si teme che gli obiettivi di gettito fiscale del Brasile per il 2024 non vengano raggiunti, mentre l’ampia espansione fiscale del Messico manterrebbe il tasso di policy più alto più a lungo. Inoltre, la debolezza delle entrate in Sudafrica continuerà a preoccupare per il 2024. Sebbene anche il credito EM in USD dovrebbe guadagnare una volta che i tassi statunitensi si saranno ridotti, potremmo assistere a un’altra serie di aumenti degli spread creditizi, soprattutto tra i crediti più deboli, dato che la crescita globale rallenta e le condizioni finanziarie rimangono rigide.

  • IL PEGGIO PER IL REDDITO FISSO È ALLE SPALLE – T. ROWE PRICE MARKET OUTLOOK 2024

    IL PEGGIO PER IL REDDITO FISSO È ALLE SPALLE – T. ROWE PRICE MARKET OUTLOOK 2024

     a cura di Yoram Lustig, Head of Multi-Asset Solutions EMEA & Latam – T. Rowe Price

    Milano, 04 Dicembre 2023 – Con l’ulteriore incognita dell’esito delle elezioni presidenziali americane, il 2024 si preannuncia un altro anno all’insegna dell’incertezza per gli investitori. Ma, secondo T. Rowe Price, società di gestione indipendente con 1.350 miliardi di dollari di AuM[1], non mancheranno le occasioni, soprattutto nel reddito fisso.

    A differenza di quanto accadrà in Europa, che è già in recessione o sul punto di entrarci, T. Rowe Price è meno incline a prevedere quale potrebbe essere lo scenario economico per gli Stati Uniti perché potrebbe andare da un “hard landing”, attraverso un “soft landing” fino a un “no landing”. Gli effetti distorsivi derivanti da 15 anni di quantitative easing e dalla pandemia rendono difficile fare previsioni. Se è vero che si è sempre parlato di recessione a seguito dell’inversione della curva dei rendimenti, come quella statunitense, e al termine di un ciclo di rialzi del costo del denaro, come quello portato avanti dalla Federal Reserve, l’economia Usa mostra diversi segnali di resilienza: dal tasso di disoccupazione (al 3,9% a fine ottobre), alla crescita del PIL (4,9% nel terzo trimestre).

    Data la stretta relazione fra disoccupazione e recessione, il mercato del lavoro sarà l’osservato speciale per cogliere qualsiasi segnale di un rallentamento dell’economia più pronunciato negli Stati Uniti.

    “Le elezioni per il prossimo presidente degli Stati Uniti rappresentano un’altra fonte di incertezza per lo scenario globale nel 2024” – osserva Yoram Lustig, Head of Multi-Asset Solutions EMEA & Latam. “È probabile che questo evento metta sotto pressione alcuni membri della Federal Reserve affinché provino ad evitare una recessione nell’anno delle elezioni, anche perché gli Stati Uniti si trovano già alle prese con il downgrade del debito e con un deficit in esplosione” – conclude Lustig.

    L’inflazione resta un rischio

    L’inflazione rimane un elemento di attenzione – come conferma la retorica ancora leggermente “falco” delle banche centrali – e T. Rowe Price si aspetta che resti un rischio per tutto il 2024. L’inflazione negli Stati Uniti, attualmente intorno al 3,2%, resta infatti su livelli piuttosto elevati. I prezzi al consumo core, cioè depurati delle componenti volatili di energia e alimentari, si sono attenuati negli Stati Uniti, mentre quelli headline sono scesi velocemente perché il prezzo del petrolio è crollato da oltre 95 a circa 80 dollari al barile. Ma la discesa dell’inflazione core non è stata invece altrettanto rapida in Europa, dove i prezzi fanno più fatica a ridimensionarsi per la componente più esuberante dei servizi.

    Per questi motivi teniamo sott’occhio i prezzi del petrolio che continuano a influenzare i CPI direttamente e indirettamente, perché rientrano nei costi di produzione e di viaggio, per esempio” – aggiunge Yoram Lustig – “I prezzi dell’energia, più in generale, potrebbero risalire nel caso di un inverno particolarmente freddo o dell’acuirsi delle tensioni in Medio Oriente”.

    Le banche centrali potrebbero deludere

    In un simile contesto T. Rowe Price si aspetta che le banche centrali potrebbero iniziare a tagliare il costo del denaro l’anno prossimo, anche se non così presto come stanno attualmente scontando i mercati.

    “Le banche centrali hanno una credibilità da difendere e non possono correre il rischio di dichiarare vinta la battaglia contro l’inflazione e ridurre i tassi di interesse troppo presto”, sottolinea Lustig.

    Il mercato potrebbe allora rimanere deluso e l’impatto di tassi più elevati più a lungo potrebbe frenare ulteriormente l’economia. Il tutto in un contesto completamente nuovo di passaggio dal quantitative easing al quantitative tightening, che potrebbe avere dei risvolti imprevedibili.

    Nel confronto fra le due sponde dell’Atlantico T. Rowe Price si aspetta che la Federal Reserve sarà la prima a intervenire sul costo del denaro perché l’inflazione dovrebbe scendere prima qui che altrove: questo potrebbe pesare sul dollaro. Tatticamente, al momento, T. Rowe Price sottopesa il biglietto verde rispetto alle altre valute ed è molto positiva sullo yen.

    L’azionario soffre la concorrenza del reddito fisso

    In vista del 2024 T. Rowe Price ha ridotto il sovrappeso in liquidità per diventare più positiva sull’azionario e adotta una posizione neutrale su tutte le tre principali asset class, complice il persistere di un’elevata incertezza.

    La volatilità si è certamente ridotta sui mercati azionari, che, dopo il rally di novembre, sembrano essere forse leggermente troppo ottimisti per il futuro.

    T. Rowe Price ritiene infatti che l’azionario, nel breve termine, soffrirà la concorrenza del reddito fisso, innanzitutto di titoli di stato come i Btp italiani che, al momento, sono molto a sconto e rendono il 4-4,5%. Se le valutazioni si comprimessero, sarebbe invece il momento di aumentare l’esposizione alle borse.

    Il peggio del reddito fisso è probabilmente alle spalle ed è certamente l’ora di considerare di prendere posizione sui governativi. Ma la correlazione fra equity e bond è importante per il ruolo che giocano nei portafogli. “Il Btp italiano, per esempio, non è l’ideale per diversificare il rischio azionario perché i governativi italiani soffrono come le borse quando c’è un momento di mercato risk-off”, osserva Lustig. Altri mercati governativi, come quelli di Stati Uniti e Germania, possono avere una correlazione negativa con le Borse in momenti di stress, quando la diversificazione è più importante”.

    Borse europee meno interessanti, puntare su Tokyo

    Più in generale, per l’investitore europeo sarebbe un errore non investire a livello internazionale, sia sull’obbligazionario sia sull’azionario. T. Rowe Price è infatti sottopesata sulle borse europee per diverse ragioni: da un lato, l’economia della zona euro è già in recessione o sul punto di entrarvi e la Bce si trova a dover far fronte ad un potenziale rischio di stagflazione in un’area dove la contemporanea presenza di paesi più deboli e di paesi più forti rende più difficile avere un tasso appropriato per tutti. Dall’altro le valutazioni sono poco attraenti e rendono più appetibili altri mercati come, per esempio, Stati Uniti e Giappone.

    Nel paese del Sol Levante T. Rowe Price si aspetta un cambiamento della politica monetaria: questo imprimerà slancio allo yen, ma è improbabile che abbia un impatto negativo nell’immediato sullaBorsa di Tokyo, composta soprattutto da società esportatrici.

    A Wall Street le condizioni sono favorevoli per le small cap, trascurate nell’ultimo anno e che oggi presentano valutazioni attraenti, e per lo stile growth con le grandi capitalizzazioni rispetto a quello value.

    “Non vogliamo andare contro il trend dell’AI e delle magnifiche sette perché ci aspettiamo che continueranno a fare bene l’anno prossimo”, osserva Lustig.

    Sulla Cina T. Rowe Price non vuole prendere una posizione in sovrappeso perché la crescita dopo la pandemia è stata deludente e permangono problemi nel settore immobiliare. La view non è tuttavia negativa se si allunga l’orizzonte al lungo termine: per questo motivo il posizionamento è attualmente neutrale.

    Opportunità nell’high yield globale

    L’Europa torna ad essere un’area interessante quando si tratta di investire in credito. T. Rowe Price sovrappesa le emissioni societarie investment grade del Vecchio Continente e punta su quelle ad alto rendimento globali, accanto ai governativi dei mercati emergenti sia in valuta forte che locale.

    “Se, come ci aspettiamo, non finiremo in una recessione profonda, i tassi di default non dovrebbero salire in maniera significativa e quindi l’high yield è una asset class molto interessante che offre rendimenti elevati con un rischio inferiore rispetto a quello dei mercati azionari”, commenta Lustig.

    Restando nel fixed income, T. Rowe Price sottopesa leggermente i titoli di stato, ma mantiene nel complesso una duration neutrale rispetto al benchmark, perché si aspetta che i rendimenti resteranno in trading range nei prossimi mesi.

    [1] Gli AuM complessivi includono le attività gestite da T. Rowe Price Associates, Inc. e dalle sue consociate per consulenza di investimento. Dati al 30 settembre 2023.

  • Reddito fisso: il picco dei rialzi dei tassi segna un punto di svolta per le obbligazioni

    Reddito fisso: il picco dei rialzi dei tassi segna un punto di svolta per le obbligazioni

    A cura di Gene Tannuzzo, Responsabile reddito fisso globale di Columbia Threadneedle Investments

    04.12.2023 – Con l’avvicinarsi del 2024, sembra plausibile una pausa della Fed per valutare l’impatto delle restrizioni sulle condizioni finanziarie e creditizie messe in atto dalla banca centrale. A prescindere dal verificarsi di un atterraggio più o meno morbido, gli investitori obbligazionari hanno un unico obiettivo: generare rendimenti interessanti, consapevoli del fatto che non è necessario essere ribassisti sull’economia per essere ottimisti sul mercato dei bond.

    Le obbligazioni hanno registrato buone performance in prossimità delle pause della Fed

    Generalmente, non è necessario che ci sia un taglio dei tassi affinchè le obbligazioni risalgano. In passato, infatti, al raggiungimento del picco del ciclo restrittivo, è solitamente seguito un periodo in cui la performance delle obbligazioni tendeva ad essere eccezionale (Figura 1).

    Figura 1: rendimenti obbligazionari dopo il picco degli aumenti dei tassi della Fed

    (Rendimento a termine medio dopo una pausa, %)

    Fonte: Columbia Threadneedle Investments. Cfr. le note per gli indici utilizzati.

    Non ci aspettiamo un atterraggio duro, ma non conoscendo quale sarà l’entità del rallentamento economico e tenendo in considerazione i dati attuali sull’inflazione, riteniamo utile privilegiare un posizionamento su emissioni di qualità superiore. Sebbene le obbligazioni con rating inferiori abbiano conseguito buoni risultati nel 2023, riteniamo che il mercato sarà più esigente nel 2024 e presenterà una maggiore dispersione dei rendimenti. Ci stiamo infatti addentrando in un periodo caratterizzato da tassi “più alti più a lungo” che creerà una distinzione più netta tra “vincitori e vinti”, soprattutto nei segmenti del mercato di qualità inferiore. Alla luce di ciò, è sempre più importante la selezione dei titoli, che è uno dei nostri maggiori punti di forza.

    Rendimenti più alti nel lungo termine

    I rendimenti dei titoli obbligazionari hanno raggiunto livelli che non si registravano da decenni. In questo contesto, è fondamentale cogliere l’opportunità di ottenere rendimenti più elevati nel lungo termine e riconoscere il potenziale di rendimento totale derivante dall’aumento dei prezzi di queste obbligazioni. Questo si traduce in un ottimo incentivo per abbandonare la liquidità. Attualmente, grazie alla rinascita del mercato monetario, gli investitori possono possedere liquidità e generare un rendimento competitivo. Tuttavia, l’attrattività della liquidità andrà riducendosi in corrispondenza di un calo dei tassi di interesse a breve termine e di un incremento dei rendimenti delle obbligazioni di alta qualità a lungo temine. Nel mercato europeo, le opportunità potrebbero essere persino più interessanti che negli Stati Uniti, nonostante vi siano rendimenti assoluti più bassi. A differenza degli Stati Uniti, l’Europa sta uscendo da un contesto di tassi d’interesse negativi. In questo momento, stiamo assistendo non solo a tassi d’interesse reali positivi, ma anche a spread creditizi più ampi, con la conseguenza che a parità di rating, un’obbligazione europea genera un premio al rischio maggiore rispetto a quello che si otterrebbe negli Stati Uniti.

    Prospettive per il 2024

    Di seguito delineiamo due scenari di investimento basati sul diverso andamento economico nel 2024. Qualora la crescita dovesse rimanere stabile (figura 2) e vi fosse un’elevata propensione al rischio, il reddito delle obbligazioni ad alto rendimento e dei prestiti bancari risulterebbe essere una buona integrazione per un portafoglio diversificato. Se, invece, si dovesse verificare una recessione (figura 2), sarebbe più appropriato preferire strumenti di qualità superiore sensibili alla duration, come ad esempio i Treasury o municipal bond, che offrono un’elevata protezione. 

    Figura 2: esiti economici e inflazionistici

    Fonte: Columbia Threadneedle Investments, novembre 2023

    Il nostro ottimismo nei confronti delle obbligazioni è bilanciato dall’incertezza economica, pur ritenendo improbabile un atterraggio duro. Soprattutto, riteniamo che il picco dei tassi sia vicino e che una pausa della Fed sarà un evento significativo per i mercati, poichè storicamente ha prodotto rendimenti superiori per le obbligazioni. Se a ciò si aggiunge l’opportunità di conseguire rendimenti interessanti, riteniamo che questo sia il momento giusto per entrare nel mercato obbligazionario.

    Per ulteriori informazioni si veda il sito internet di Columbia Threadneedle Investments: www.columbiathreadneedle.it

  • TCW: Reddito fisso, i rischi della recente caccia al rendimento sul mercato

    A cura di Michael R. Carrion, CFA, Managing Director Fixed Income, e Russel Higgins, Senior Credit Analyst, TCW

    Lo scorso settembre sul mercato del credito europeo abbiamo assistito a un altro mese di inarrestabile domanda di rendimento che ha spinto gli spread a restringersi, nonostante un’altra impennata della volatilità. Molti investitori che di norma vanno a caccia di rendimenti, come i fondi pensione, le compagnie assicurative e gli investitori retail, continuano ad acquistare obbligazioni societarie per sfruttare l’ultimo massimo del ciclo dei rendimenti del credito europeo. I rendimenti, del resto, sono piuttosto interessanti e comprare credito sulla base di queste condizioni, nonostante gli spread ristretti, potrebbe essere la soluzione per molti investitori che seguono una strategia da cassettista. Se questi acquisti sono preceduti da una buona selezione (per assicurarsi di essere ripagati) e accompagnati da un’esplicita capacità e volontà di assorbire la volatilità degli spread, alcuni investitori hanno la possibilità di realizzare i loro obiettivi a lungo termine.


    I segmenti da evitare

    Il pericolo, in quest’ambiente, è rappresentato da quei segmenti in cui sono più evidenti gli effetti distorsivi dell’eccesso di domanda di rendimenti che sta spingendo gli spread a restringersi ulteriormente. Questa dinamica ha innescato un circolo vizioso: l’aumento di acquisti, spinto dalla paura di perdere le occasioni di acquisto sul mercato, a sua volta sta portando gli spread a restringersi ancora di più, fino a livelli in cui non si ha una sufficiente compensazione per il rischio di default o di volatilità. Si è osservata, tuttavia, una crescente disponibilità da parte degli investitori a scendere di qualità, pur di ottenere qualche punto di spread in più. Con l’avvicinarsi della fine del terzo trimestre, le società hanno iniziato a sfruttare in modo proattivo questa dinamica di auto-restringimento dello spread alimentato dall’insaziabile domanda di rendimento. Le aziende più deboli hanno potuto così emettere nuovo debito attirando gli investitori grazie a una concessione sostanziale di spread rispetto ai livelli compressi raggiunti sul mercato secondario.

    Come potrebbe andare a finire? Nel dicembre 2022 l’acquisto di obbligazioni non garantite emesse da una certa azienda di servizi di recupero crediti in sofferenza con elevata leva finanziaria rappresentava una ricerca aggressiva di rendimento, dopo un aumento di +435 punti base sui Fed Funds e di +200 punti base del tasso sui depositi della Bce. Questa nuova emissione è stata realizzata in un contesto di mercato spumeggiante, come quello in cui ci siamo trovati alla fine dello scorso anno, quando era ben più diffusa la speranza di un atterraggio morbido. Ebbene, l’entusiasmo si è spento a settembre, dopo che la stessa società ha emesso un profit warning. Una combinazione non ottimale, che ha portato a un calo del 50% del prezzo delle azioni, a un aumento del 40% degli spread sul debito e a un declassamento del rating di due notch a settembre.

    L’effetto tassi alti più a lungo sui BTP
    L’acquisto di rendimenti ha permesso all’indice Bloomberg Pan European Investment Grade Corporate di chiudere il mese con un aumento di 1 punto base, con una dispersione limitata. È stato un altro caso in cui il settore a più alto rendimento, il settore immobiliare, che è più sensibile ai tassi d’interesse del mercato, ha sovraperformato. Tuttavia, il mercato ha registrato un notevole deterioramento della tolleranza al rischio verso la fine di settembre, quando la volatilità dei tassi d’interesse e dei titoli azionari si è impennata sulla scia di un rinnovato timore per tassi “(molto) più alti e più a lungo”, una lente attraverso la quale probabilmente osserveremo una crescente dispersione del credito man mano che procediamo nel ciclo.

    Il rischio italiano è emerso alla fine del mese, diventando l’ultima vittima del timore che i tassi possano rimanere elevati più a lungo di quanto previsto. Il 27 settembre l’Italia ha annunciato l’intenzione di registrare un deficit di bilancio compreso tra il 4,1 e il 4,3% del PIL nel 2024, rispetto al 3,7% previsto in precedenza, e che il deficit del 2023 sarà pari al 5,5% del PIL rispetto a una stima precedente del 4,5%. È ancora presto per capire come questo si ripercuoterà sul rischio di credito italiano, ma l’allargamento dello spread BTP/Bund a +200 punti base è sembrato un colpo d’avvertimento.

  • Robeco: Prospettive per il reddito fisso, i cicli di rialzo delle banche centrali sembrano volgere al termine

    Robeco: Prospettive per il reddito fisso, i cicli di rialzo delle banche centrali sembrano volgere al termine

    a cura di Michiel de Bruin, Head of Global Macro e Portfolio Manager di Robeco

    Con la BCE e la Fed che hanno reso manifesta l’idea che i tassi abbiano raggiunto il picco per questo ciclo, i tassi front-end potrebbero trovare un po’ di sollievo dalla loro lenta ma costante tendenza al rialzo.

    Poiché la maggior parte dell’ulteriore inasprimento è ora attuato o scontato dai mercati, le valutazioni sono diventate sempre più interessanti.

    Il repricing delle aspettative sui tassi è stato particolarmente intenso negli Stati Uniti. Negli ultimi due mesi, il prezzo del contratto sui Fed funds di luglio 2024 è salito di 50 punti base al 5,20%, riflettendo la narrativa delle banche centrali “higher for longer”. In seguito al rialzo delle aspettative sui tassi Fed, i rendimenti dei Treasury a 2 e 10 anni sono tornati ai massimi pre-SVB, rispettivamente al 5,05% e al 4,30%.

    In Europa, i tassi front-end sono rimasti più stabili. I prezzi di mercato per il tasso principale della BCE a luglio del prossimo anno rimangono al 3,7%, simili ai livelli di inizio luglio di quest’anno. Dopo il rialzo “dovish” della riunione di settembre, non sono scontati altri rialzi, né tagli fino alla seconda metà del 2024.

    Oltre al rialzo dei tassi previsti, anche le aspettative di mercato sul tasso neutrale a lungo termine, espresso dall’OIS 5y5y, sono aumentate. Per l’USD e l’EUR sono attualmente valutate rispettivamente intorno al 3,6% e al 3,1%. Concordiamo sul fatto che i tassi neutrali a lungo termine siano stati probabilmente influenzati in una certa misura dalla pandemia, ma, a nostro avviso, il prezzo attuale dei rendimenti forward a lungo termine è piuttosto elevato.

    La pressione al rialzo dei rendimenti front-end nei trimestri precedenti è stata accompagnata da un’impennata ancora maggiore del decennale, probabilmente guidata sia da un sentiment positivo nei confronti del rischio che da un’inattesa impennata delle emissioni. Questi fattori combinati spiegano probabilmente il raro movimento di irripidimento visibile nelle curve dei Paesi sviluppati. Lo spread a 2-10 anni per i titoli di Stato tedeschi è salito di circa un quarto di punto percentuale, fino a un livello di -55 punti base. Per gli Stati Uniti, abbiamo assistito a un movimento simile, fino a un livello di -75 punti base. Di conseguenza, le inversioni della curva si sono moderate rispetto ai recenti picchi. Tuttavia, le valutazioni rimangono piuttosto interessanti da un punto di vista storico e rimaniamo posizionati per un ulteriore irripidimento in una serie di mercati, tra cui Canada e Nuova Zelanda.

    Ora che i cicli di rialzo delle banche centrali sembrano volgere al termine, la nostra posizione di sovrappeso sulla duration dei tassi nei Paesi sviluppati ci rassicura. Storicamente, vediamo i rendimenti raggiungere i livelli massimi intorno al penultimo rialzo dei tassi del ciclo. Il nostro scenario di base prevede che per molte banche centrali questo indicatore sia già passato. Pertanto, puntiamo a sfruttare le opportunità di valore nella parte inferiore della curva per aggiungere duration.

    Per alcuni mercati specifici manteniamo una posizione di sottopeso sulla duration. Si tratta principalmente di mercati in cui vediamo le banche centrali ancora in forte ritardo rispetto al ciclo di inasprimento dei loro omologhi. La nostra posizione di maggior sottopeso rimane in Giappone, dove prevediamo un ulteriore aumento dei rendimenti a 7-10 anni, dato che la BoJ si sta orientando verso una politica più restrittiva. Per la Corea del Sud manteniamo un sottopeso più moderato, poiché riteniamo che il mercato stia attualmente sottovalutando l’ulteriore inasprimento necessario per contenere l’inflazione. Per quanto riguarda la politica monetaria australiana, manteniamo una visione simile e ci posizioniamo per un nuovo appiattimento della curva.

    Diversi mercati emergenti, come il Brasile e il Messico, hanno iniziato prima il ciclo di rialzi e il Brasile sta già iniziando a tagliare i tassi a causa del costante calo dell’inflazione. In questo caso deteniamo posizioni di duration modesta nelle obbligazioni locali, poiché questi Paesi sembrano ben posizionati per beneficiare di un prossimo ciclo di allentamento. Nel caso del Messico, abbiamo sfruttato il recente repricing dei rendimenti globali per aggiungere il nostro sovrappeso esistente.

  • Pictet AM – Fixed Income – Il reddito fisso nel ciclo di investimento

    Pictet AM – Fixed Income – Il reddito fisso nel ciclo di investimento

    A cura di Mary-Therese Barton, Chief Investment Officer Fixed Income e Patrick Zweifel, Chief Economist di Pictet Asset Management

    02.11.2023

    • L’inflazione ha ormai raggiunto il picco nella maggior parte dei Paesi sviluppati e non sviluppati, e sembra destinata a rallentare ulteriormente. Tuttavia, le prospettive economiche sono divergenti. Le economie emergenti si trovano in una fase più avanzata del ciclo dei tassi di interesse e sono in grado di stimolare la crescita in un momento in cui le prospettive dei Paesi sviluppati si stanno indebolendo.
    • Le obbligazioni investment grade statunitensi tendono a fare male durante i periodi di aumento dell’inflazione, ma registrano una correlazione modestamente positiva con la crescita. Le obbligazioni high yield statunitensi, invece, presentano solo una debole correlazione positiva con l’inflazione, ma hanno maggiori probabilità di ottenere risultati positivi in caso di crescita economica. Infine, a differenza di quanto si possa pensare, i rendimenti dei Treasury USA non sono correlati all’inflazione, ma sono correlati negativamente alla crescita.
    • Secondo il nostro modello, indebolimento dell’inflazione e rallentamento della crescita (perlomeno nei Paesi sviluppati) suggeriscono che la cosa migliore per gli investitori è detenere Treasury USA e credito investment grade. Allo stesso tempo, si annovera la cautela sul debito high yield, dove gli spread sono ancora modesti e il rischio di insolvenza è in aumento. Per contro, il debito in valuta locale dei mercati emergenti potrebbe beneficiare di un futuro indebolimento del dollaro e del rafforzamento delle economie locali.

    Negli ultimi cinquant’anni gli investitori obbligazionari non hanno mai visto un futuro così incerto: le banche centrali hanno fatto tutto il necessario? O forse hanno fatto troppo? L’inflazione tornerà ai livelli target senza innescare una recessione? O farà crollare anche la crescita? È possibile che crescita e inflazione riprenderanno a salire.

    Tendenzialmente, le diverse combinazioni di inflazione e crescita favoriscono classi di obbligazioni diverse. Ciò non vuol dire che sia facile identificare i vari scenari, specialmente nelle fasi di transizione. La nostra euristica, però, aiuta a semplificare le scelte che gli investitori devono affrontare.

    Identificare lo scenario economico

    Gli anni ’70 ci hanno mostrato chiaramente che un aumento dell’inflazione non sempre coincide con una crescita economica, né è sempre vero che la debolezza economica conduce a un calo dell’inflazione: qualcuno ricorda la stagflazione? È allora il caso che gli investitori sappiano cosa succede agli asset nei diversi contesti inflazionistici e di crescita.

    Abbiamo classificato le diverse fasi basandoci sulla crescita trimestrale del PIL statunitense (se superiore o inferiore alla media mobile a 7 anni) e sull’inflazione (se superiore al 2% annuo e in crescita o inferiore al 2% o in calo). Queste classificazioni, a loro volta, ci hanno aiutato a identificare il comportamento di diversi asset a reddito fisso nei differenti scenari economici. A tal fine abbiamo analizzato i rendimenti totali annuali di vari strumenti a reddito fisso in relazione all’inflazione e alla crescita economica statunitensi a partire dal 1950. I risultati sono riportati nel grafico.

    Quando cambia il tempo…

    Performance di diversi asset a reddito fisso statunitensi in diversi scenari economici dal 1998, %

    Fonte: Pictet Asset Management, CEIC, Refinitiv. Dati dal 01/01/1998 al 30/06/2023.

    In generale, sebbene i mercati monetari siano correlati positivamente all’inflazione, i loro rendimenti reali sono leggermente negativi nei periodi in cui i prezzi sono in crescita ed elevati. Al contrario, i TIPS (Treasury USA protetti dall’inflazione) registrano rendimenti positivi nei periodi di inflazione. Le obbligazioni high yield statunitensi presentano solo una debole correlazione positiva con l’inflazione, ma hanno maggiori probabilità di ottenere risultati positivi in caso di crescita economica. Le obbligazioni investment grade statunitensi, invece, tendono a fare male durante i periodi di aumento dell’inflazione, ma registrano una correlazione modestamente positiva con la crescita. Infine, a differenza di quanto si possa pensare, i rendimenti dei Treasury USA non sono correlati all’inflazione, ma sono correlati negativamente alla crescita.

    Un investimento per ogni scenario

    Goldilock: crescita forte, inflazione debole. Il tipo di scenario della prima fase successiva a una recessione, il più gradito alla maggior parte degli investitori, favorisce gli asset rischiosi. In questa fase, il credito investment grade e l’high yield rappresentano le soluzioni migliori dell’universo del reddito fisso, con rendimenti annui medi per entrambi intorno all’11% negli Stati Uniti. Si tratta del secondo migliore scenario per questo tipo di investimenti, che beneficiano di un contesto di crescita. Per contro, in questa fase, i TIPS, i Treasury e i mercati monetari vanno storicamente male.

    Recessione: crescita debole, inflazione bassa. Periodi di inflazione elevata tendono a far scattare le reazioni delle banche centrali, che inaspriscono le condizioni monetarie. In questo modo si alleggeriscono le pressioni date dall’aumento dei prezzi, ma potenzialmente, si spinge l’economia verso il rischio di una recessione, in particolare in caso di reazione eccessiva delle banche centrali o di errori nella politica monetaria. Ciò favorisce i Treasury e il credito investment grade, che in tali circostanze hanno storicamente registrato rendimenti dell’8%.

    Stagflazione: crescita debole, inflazione elevata. Nei periodi di inflazione elevata e crescita bassa, i TIPS hanno storicamente registrato rendimenti dell’8% e i Treasury del 7%, mentre le obbligazioni high yield e i mercati monetari hanno registrato andamenti negativi. 

    Boom: crescita elevata, inflazione elevata. Quando le banche centrali offrono liquidità più a lungo di quanto giustificato dalle condizioni economiche o se i governi spendono in misura straordinaria (o ancora, nelle rare occasioni in cui i due casi si verificano in contemporanea, come dopo la pandemia di COVID), le economie si surriscaldano. Queste condizioni favoriscono gli asset più rischiosi, in particolare il credito high yield.

    È interessante notare come l’adeguamento dei rendimenti al rischio non alteri i risultati, anche se, in questo caso, ci limitiamo a utilizzare i dati disponibili a partire dal 1998 piuttosto che l’intera serie storica dal 1950. L’unica differenza degna di nota è che i TIPS, su base corretta per il rischio, appaiono più interessanti durante i periodi di espansione inflazionistica.

    L’universo emergente: le obbligazioni dei mercati emergenti seguono l’andamento che le loro economie hanno nei confronti dei mercati sviluppati. Ad esempio, il debito in valuta locale dei mercati emergenti va bene nei periodi in cui questi sono in crescita e presentano un divario interessante rispetto ai Paesi sviluppati, proprio come in questo momento.

    A che punto siamo?

    L’inflazione ha ormai raggiunto il picco nella maggior parte dei Paesi sviluppati e non sviluppati, e sembra destinata a rallentare ulteriormente. Tuttavia, le prospettive economiche sono divergenti. Le economie emergenti si trovano in una fase più avanzata del ciclo dei tassi di interesse e sono in grado di stimolare la crescita in un momento in cui le prospettive dei Paesi sviluppati si stanno indebolendo. Le famiglie statunitensi, ad esempio, hanno consumato una buona parte dei loro risparmi, il che peserà sul reddito disponibile e, di conseguenza, sulla spesa. Allo stesso tempo, le condizioni del credito si sono inasprite e il commercio globale è in fase di contrazione. 

    Secondo il nostro modello, indebolimento dell’inflazione e rallentamento della crescita (perlomeno nei Paesi sviluppati), suggeriscono che la cosa migliore per gli investitori è detenere Treasury USA e credito investment grade. Allo stesso tempo, si annovera la cautela sul debito high yield, dove gli spread sono ancora modesti e il rischio di insolvenza è in aumento. Per contro, il debito in valuta locale dei mercati emergenti potrebbe beneficiare di un futuro indebolimento del dollaro e del rafforzamento delle economie locali.

    Prima o poi il ciclo si invertirà. L’inflazione scenderà fino a raggiungere l’obiettivo delle banche centrali e ciò le indurrà a tagliare i tassi d’interesse ufficiali. Questo stimolerà la crescita e le economie vedranno un nuovo boom. A quel punto gli investitori si troveranno in un altro degli scenari del nostro modello. La storia non si ripete mai nello stesso modo, ma offre comunque un solido quadro di riferimento che aiuta a prendere decisioni di investimento consapevoli.

  • RBC BlueBay – Reddito fisso: strategie alternative per cavalcare la volatilità

    RBC BlueBay – Reddito fisso: strategie alternative per cavalcare la volatilità

    A cura di David Horsburgh, Head of Client Solutions, RBC BlueBay

    In tutte le asset class, la volatilità e le elevate correlazioni tra asset hanno reso più difficile la diversificazione dei portafogli. Fattori macro specifici come l’inflazione elevata, l’aumento dei tassi d’interesse e le tensioni geopolitiche hanno creato venti contrari per gli investitori che cercano di massimizzare i loro rendimenti corretti per il rischio.

    La moderna teoria di gestione del portafoglio si basa sulla combinazione degli asset (per diversificare) in modo tale da ridurre il “costo” della volatilità sui rendimenti, consentendo ai portafogli maggiori possibilità di generare guadagni consistenti. Storicamente, gli investitori hanno sempre combinato azioni e obbligazioni, ma sempre più spesso le strategie alternative e non tradizionali svolgono un ruolo importante nelle allocazioni.

    Un cambio di regime

    La volatilità è aumentata con l’abbandono della politica a tassi di interesse zero e degli elevati livelli di quantitative easing. Questo, unito a correlazioni più elevate, ha comportato un significativo aumento della volatilità dei portafogli. Un effetto di tutto ciò, ad esempio, è che il reddito fisso è quasi raddoppiato dall’inizio del ciclo di rialzo dei tassi della Federal Reserve a marzo 2022.

    Il decennio precedente è stato segnato da un regime in cui gli asset di rischio erano sostenuti da una visione di fondo che presupponeva che le banche centrali avrebbero sostenuto l’economia in caso di stress. Questo ha ridotto le aspettative di volatilità al ribasso e ha sostenuto gli asset fino al punto in cui l’espressione “TINA” o “There Is No Alternative” è diventata comune per parlare di investimenti azionari, mentre i rendimenti obbligazionari sono stati spinti a livelli incredibilmente bassi. I mercati hanno ricevuto un sostegno apparentemente infinito, sotto forma di aiuti fiscali, come tagli alle tasse e alla spesa, e monetari, sotto forma di tassi a zero o negativi. L’espansione di bilancio ha inoltre garantito un’abbondante liquidità nel sistema. In questo contesto, il posizionamento long only e l’utilizzo del prestito per aumentare l’esposizione al rischio sono stati ampiamente ricompensati. Mentre le strategie volte a massimizzare lo Sharpe ratio al confronto sono apparse misere.

    Nel 2022, tale sostegno ha iniziato a essere rapidamente ritirato. La recente volatilità macro è stata una conseguenza diretta di ciò, ha modificato il costo del capitale, eliminando al contempo la leva finanziaria dal sistema. Ora ci si aspetta che, senza lo stesso sostegno agli asset di rischio, la volatilità dei portafogli continui a essere una caratteristica dei mercati in futuro, caratterizzata da oscillazioni più regolari e drawdown persistenti.

    L’aumento della volatilità

    Se da un lato la volatilità nei portafogli può rappresentare una sfida per il raggiungimento degli obiettivi di investimento a lungo termine, dall’altro la volatilità all’interno delle asset class può essere una forza positiva per le strategie attive che cercano di massimizzare i rendimenti. Nel reddito fisso, sia le aspettative di rendimento che la volatilità sono aumentate durante il ciclo di rialzo dei tassi. Ciò ha conferito al reddito fisso attivo un ruolo più importante nel guidare i rendimenti e alle strategie alternative sul reddito fisso e sul credito un’opportunità maggiore di distribuire il rischio. Queste strategie alternative non possono sostituire completamente gli approcci tradizionali al reddito fisso a causa di una serie di fattori quali la liquidità, il rischio specifico della asset class e la dipendenza dall’abilità del gestore, ma possono essere complementari se utilizzate in modo appropriato. La loro minore correlazione, o natura non correlata, e la capacità di proteggere il portafoglio dal rischio di ribasso riducendo i drawdown, soprattutto durante le correzioni di mercato, possono renderle uno strumento utile. I clienti devono comunque essere selettivi: la scelta della giusta alternativa di reddito fisso e di credito è fondamentale per creare risultati positivi in portafoglio.

  • Capital Group festeggia 50 anni di investimenti nel reddito fisso

    Capital Group festeggia 50 anni di investimenti nel reddito fisso

    Le masse in gestione nel reddito fisso sono raddoppiate negli ultimi 10 anni, rendendo Capital Group uno dei maggiori gestori obbligazionari attivi a livello mondiale

    Milano, 20 Giugno 2023: Capital Group, uno dei più grandi gestori di fondi attivi e una delle società di investimento più esperte al mondo, con un patrimonio gestito di oltre 2.300 miliardi di dollari*, festeggia 50 anni di investimenti nel reddito fisso. Negli ultimi 10 anni Capital Group ha più che raddoppiato il patrimonio gestito nel reddito fisso, portandolo a circa 470 miliardi di dollari negli ultimi dieci anni[1], con un’ampia gamma di strategie globali e soluzioni di investimento che perseguono risultati superiori e durevoli nel lungo periodo per soddisfare le esigenze dei clienti.

    Capital Group si è affacciata al mondo degli investimenti a reddito fisso negli Stati Uniti nel 1973 e conta oggi oltre 230 esperti del settore obbligazionario basati a Los Angeles, New York, Londra e Singapore. Negli ultimi cinque anni, l’azienda ha raccolto il 33% di tutti i flussi di fondi attivi a reddito fisso negli Stati Uniti.

    Dal 1973, e in particolare negli ultimi 10 anni, abbiamo investito ampiamente nei nostri talenti, nei nostri processi di investimento, nella nostra tecnologia, nei sistemi di gestione del rischio e nella nostra offerta obbligazionaria per espandere la nostra presenza a livello globale e portare i nostri risultati di investimento a nuovi investitori in tutto il mondo“, ha dichiarato Mike Gitlin, Global Head of Fixed Income di Capital Group. “Come nel caso della nostra consolidata gestione azionaria, anche nelle nostre attività a reddito fisso ci concentriamo costantemente sul mettere al primo posto gli interessi dei nostri clienti in tutto ciò che facciamo“.

    Guy Henriques, President, Europe and Asia Client Group, ha commentato: “Ci impegniamo a portare il nostro approccio distintivo, attivo e orientato alla ricerca a un numero più ampio di investitori in tutto il mondo. Anche se l’incertezza è destinata a permanere nel prossimo futuro e un tale contesto appare sfidante per gli investitori a livello globale, il reddito fisso può svolgere un ruolo chiave nel raggiungimento degli obiettivi finanziari a lungo termine degli investitori. Grazie alle nostre solide capacità nell’obbligazionario, siamo ben posizionati per supportare i nostri clienti in Europa e nell’Asia-Pacifico, offrendo loro le migliori opportunità di investimento“.

    Nei 40 anni in cui sono stato qui, il reddito fisso è diventato una parte sempre più importante della nostra società“, ha dichiarato Tim Armour, CEO e Presidente di Capital Group. “Sono orgoglioso della forza del nostro team obbligazionario e della fiducia che i nostri investitori ripongono nelle nostre capacità nel reddito fisso a lungo termine“.

    Gitlin ha aggiunto: “Noi ci siamo per i nostri clienti e continueremo ad evolverci nei prossimi 50 anni per continuare a soddisfare le loro esigenze. Questa è la nostra promessa“.

    [1]   AUM al 31 marzo 2023  

  • Il reddito fisso offre opportunità difensive di qualità

    Il reddito fisso offre opportunità difensive di qualità

    A cura della Strategy Unit di Pictet Asset Management

    14.06.2023

    • Ci attendiamo che la Fed sospenda la sua politica di stretta monetaria, il che sosterrebbe anche le obbligazioni investment grade nazionali, da noi sovrappesate
    • Restiamo sovrappesati sui titoli di Stato statunitensi, un bene rifugio sostenuto anche dal calo delle pressioni sui prezzi
    • Per quanto riguarda il credito, stiamo diventando meno pessimisti sulle prospettive per il debito high yield dell’eurozona, che abbiamo portato da sottopesato a neutrale
    • Anche le obbligazioni high yield statunitensi si trovano ad affrontare le sfide poste da un contesto normativo più restrittivo (la Fed presenterà nuove regole sui capitali nei prossimi mesi) e da una bassa domanda di credito
    • Apprezziamo le obbligazioni in valuta locale dei mercati emergenti, Cina esclusa. In tutte le economie emergenti, l’inflazione scende più marcata rispetto al mondo sviluppato. Questo perché i prezzi delle merci (che costituiscono una quota maggiore del paniere inflazionistico dei mercati emergenti) si stanno normalizzando a un ritmo più rapido di quelli dei servizi
    • Nell’ambito dei mercati valutari, il dollaro dovrebbe rimanere sotto pressione, in quanto l’inflazione è in calo e gli investitori scommettono sul fatto che la Fed taglierà i tassi d’interesse entro la fine di quest’anno
    • Manteniamo un atteggiamento difensivo e continuiamo a sottopesare il dollaro USA rispetto all’oro

    Gli investitori alla ricerca di asset difensivi e redditizi hanno a disposizione un numero crescente di opzioni.

    Molte obbligazioni sovrane e societarie di alta qualità sono ora quotate a livelli che offrono una protezione economicamente vantaggiosa rispetto a un deterioramento delle condizioni economiche e degli utili societari.

    Restiamo sovrappesati sui titoli di Stato statunitensi, un bene rifugio sostenuto anche dal calo delle pressioni sui prezzi. Ad aprile, i prezzi al consumo nella maggiore economia mondiale sono scesi per il decimo mese consecutivo, rafforzando la fiducia che la Fed sia sulla buona strada per vincere la sua battaglia contro l’inflazione. Gli investitori non sembrano, invece, aver dato importanza alle preoccupazioni sul tetto del debito USA.

    Figura 1 – La frenesia è finita

    Il costo della copertura contro l’insolvenza del governo statunitense è sceso una volta superato il picco del nervosismo sul tetto del debito

    Fonte: Bloomberg, Pictet Asset Management, dati relativi al periodo dal 26/05/2021 al 26/05/2023

    Pur ritenendo troppo aggressive le previsioni del mercato in merito a un taglio dei tassi d’interesse per quest’anno, ci attendiamo per lo meno che la Fed sospenda la sua politica di stretta monetaria, il che sosterrebbe anche le obbligazioni investment grade nazionali, da noi sovrappesate.

    Rettificate per le previsioni di inflazione del prossimo decennio, con un rendimento attuale del 5,5%, le obbligazioni investment grade statunitensi superano il dividend yield dell’S&P500 di un buon punto percentuale, la misura più ampia dal 2010. Per il resto, manteniamo una posizione neutrale sui titoli di Stato europei.

    Le banche centrali dell’eurozona e del Regno Unito dovrebbero effettuare altri due aumenti prima di sospendere la loro campagna di stretta monetaria, in quanto in ritardo rispetto al ciclo di rialzo della Fed, mentre l’inflazione si mostra persistente. Il Giappone è l’unico mercato per titoli di Stato in cui deteniamo una posizione di sottopeso.

    Ad aprile, l’inflazione ha raggiunto il picco degli ultimi 41 anni ed è probabile che resterà su livelli troppo alti per giustificare una politica monetaria ultra-accomodante come quella che ha tuttora in essere la Bank of Japan.

    È inoltre probabile che la banca centrale stia preparando il terreno per poter abbandonare la sua politica di controllo della curva dei rendimenti e mantenimento dei tassi d’interesse al di sotto dello zero. Per quanto riguarda il credito, stiamo diventando meno pessimisti sulle prospettive per il debito high yield dell’eurozona, che abbiamo portato da sottopesato a neutrale.

    Questa asset class dovrebbe sovraperformare la sua controparte statunitense, che è sotto pressione a causa della crisi delle banche regionali e della stretta sui prestiti.

    Anche le obbligazioni high yield statunitensi si trovano ad affrontare le sfide poste da un contesto normativo più restrittivo (la Fed presenterà nuove regole sui capitali nei prossimi mesi) e da una bassa domanda di credito.

    La domanda di prestiti commerciali e industriali si è mantenuta su un livello storicamente basso (-53,3% su base netta), mentre quella per il settore immobiliare commerciale, ad esempio, ha toccato il minimo storico.

    Apprezziamo anche le obbligazioni in valuta locale dei mercati emergenti, Cina esclusa. In tutte le economie emergenti, l’inflazione scende più marcata rispetto al mondo sviluppato. Questo perché i prezzi delle merci (che costituiscono una quota maggiore del paniere inflazionistico dei mercati emergenti) si stanno normalizzando a un ritmo più rapido di quelli dei servizi.

    Nell’ambito dei mercati valutari, il dollaro dovrebbe rimanere sotto pressione, in quanto l’inflazione è in calo e gli investitori scommettono sul fatto che la Fed taglierà i tassi d’interesse entro la fine di quest’anno.

    Manteniamo un atteggiamento difensivo e continuiamo a sottopesare il dollaro USA rispetto all’oro (che è sostenuto dagli acquisti da parte delle banche centrali) e al franco svizzero, una valuta rifugio che probabilmente si apprezzerà con il rialzo dei tassi d’interesse da parte della Banca nazionale svizzera.