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  • OMS, Flavia Bustreo: mortalità infantile, tassi ancora troppo alti

    OMS, Flavia Bustreo: mortalità infantile, tassi ancora troppo alti

    Ginevra, 18 giugno 2015 – Ogni giorno 17.000 bambini sotto i 5 anni muoiono; quasi la metà di loro sono appesa nati. Questi i dati, tristemente noti, di morti che si sarebbero potute evitare con un semplice antibiotico o l’adeguata assistenza durante il parto.

    [easy_ad_inject_1]Uno degli strumenti più importanti per combattere la mortalità infantile resta la volontà politica a garantire un’assistenza sanitaria di base alle popolazioni vulnerabili. Paesi come l’India e il Brasile, con forti disparità economiche, stanno infatti affrontando le diseguaglianze e hanno istituito programmi speciali per offrire cure essenziali gratuite a donne incinte, neonati e bambini piccoli con un impatto notevole sul tasso di mortalità infantile. Ad esempio, in Brasile il tasso di mortalità, dal 1990 al 2007, si è più che dimezzato; mentre in India, nello stesso periodo, la mortalità infantile – sotto i 5 anni – è scesa del 54,4%.

    E se un bambino in Angola ha 84 probabilità in più di morire prima dei 5 anni rispetto ad una bambino nato in Lussemburgo, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questo non è un problema solo dei paesi poveri.
    “La vita di ogni bambino è preziosa. Eppure oggi, la sua possibilità di sopravvivere dipende quasi interamente dalla fortuna: il luogo in cui è nato, il reddito ed il livello di istruzione dei genitori, oltre ai fattori sociali e ambientali che hanno un impatto diretto sulla salute “ – dichiara Flavia Bustreo Vice Direttore Generale per la Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini presso l’OMS.

    Ciò significa che, nonostante i progressi compiuti, ancora troppi bambini continuano a morire perché sono esclusi dai servizi sanitari di base. “Abbiamo bisogno di fare un passo in più – continua Flavia Bustreo – verso una seria formazione professionale del personale sanitario nei paesi più disagiati per garantire assistenza sanitaria e rendere più accessibili i farmaci grazie anche ad un forte impegno politico”.

    Molte morti neonatali possono, ad esempio, essere prevenute grazie alla presenza di personale formato per assistere al parto e al post-parto, che sappia trasferire alla neo-mamma anche le regole più semplici, ma importanti, per la salute del bambino: dal contatto corpo a corpo tra madre e figlio, all’allattamento esclusivo al seno, che rimane l’intervento più efficace negli ambienti ad alta mortalità. La presenza di operatori sanitari qualificati è poi fondamentale per fornire assistenza anche durante la settimana dopo il parto, quando avviene oltre il 40% delle morti infantili.
    L’assistenza a domicilio è un’altra chiave strategica per combattere la mortalità infantile raggiungendo le aree più remote e rendendo le cure più facilmente disponibili anche attraverso la formazione dei membri delle comunità locali che possono così, a loro volta, curare le malattie più comuni dell’infanzia. Altro fattore determinante è rendere accessibili le terapie ed i medicinali più appropriati come, ad esempio, gli antibiotici per evitare così morti dovute a malattie come la polmonite: obiettivo da raggiungere anche attraverso la rimozione di quegli ostacoli giuridici che impediscono agli operatori sanitari di somministrare farmaci e antibiotici.

    “Di recente sono stata a New York – racconta Flavia Bustreo – dove il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-Moon ha convocato i leader mondiali per impegnarsi in una strategia per le donne, la salute dei bambini e degli adolescenti. Ban Ki-Moon spinge la leadership globale a questo approccio per mirare a salvare vite umane attraverso un focus sull’equità e i diritti umani. Approccio, quest’ultimo, che servirà da programma per l’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile da adottare in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York nel mese di Settembre”.

    Secondo OMS, nel cammino per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, la comunità globale ha l’opportunità di lavorare unita per colmare i gap creati dalle disuguaglianze sociali e creare le condizioni per un futuro sostenibile, e in salute, per ogni neonato, bambino o persona, indipendentemente dal luogo in cui nasce e vive. E’ necessario un sostegno politico che impegni risorse per questo piano di sviluppo, non dimenticando che i minori non sono solo oggetto di attenzioni e cure, ma persone che hanno pieni diritti a vivere nel miglior modo possibile.

  • OMS, Flavia Bustreo: terremoto in Nepal, necessaria risposta sanitaria e umanitaria immediata

    OMS, Flavia Bustreo: terremoto in Nepal, necessaria risposta sanitaria e umanitaria immediata

    Ginevra, 6 maggio 2015 – Oltre 7400 morti, quasi 15.000 feriti e più di 5 milioni e sfollati. Questi i numeri tristemente noti del tragico terremoto che ha colpito il Nepal lo scorso 25 aprile. Di fronte al rischio di diffusione di epidemie e malattie facilmente prevenibili e curabili, l’Organizzazione Mondiale della Sanità continua la sua mobilitazione per dare una risposta urgente alle esigenze umanitarie di salute delle vittime.

    “Donne e bambini sono spesso i più vulnerabili e più colpiti in questi disastri. Per prima cosa sono i soggetti che rimangono maggiormente vittime di ferite. Le dure condizioni di vita a cui sono sottoposti, con mancanza di alimenti sicuri, e in rifugi temporanei e spesso pericolosi, colpiscono le donne ed i bambini in maniera sproporzionata, ed in particolare i bambini al di sotto dei cinque anni. La mancanza di acqua potabile e servizi igienico-sanitari può portare a diarrea e polmonite, due delle principali cause di morte per i bambini” dichiara Flavia Bustreo Vice Direttore Generale per la Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini presso l’OMS. “Inoltre – aggiunge la dott.ssa Bustreo – i programmi di vaccinazione si interrompono, come abbiamo visto con Ebola, rendendo i bambini ancora più vulnerabili a malattie mortali e da lungo tempo facilmente prevenibili con i vaccini, come il morbillo.”

    [easy_ad_inject_1]Inoltre, una persona 1 su 3 (circa 4700) degli oltre 15 mila feriti, in seguito al terremoto, ha bisogno urgente di cure riabilitative. Di queste, il 12% ha subito lesioni alla colonna vertebrale. “Uno dei bisogni principali in questo momento è mettere a disposizione cure riabilitative e medici per far fronte a tale esigenza. Risorse di questo tipo, ad oggi, in Nepal, sono quasi del tutto assenti” racconta la dottoressa Flavia Bustreo. I funzionari dell’OMS sono in contatto costante con il dottor Ganesh Gurung per il coordinamento delle operazioni al Bir Trauma Centre.

    L’OMS ha distribuito agli ospedali nepalesi kit sanitari per curare nei prossimi tre mesi oltre 80 mila persone. I kit contengono medicine e farmaci, dispositivi sanitari monouso, strumenti e attrezzature accompagnate da linee guida di trattamento, un set di sterilizzazione e gli elementi per contribuire a fornire acqua pulita alle strutture sanitarie. Inoltre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato l’apertura di un nuovo ufficio in Nepal nel distretto di Gorkha – a 3 – 4 ore di macchina a nordovest dalla capitale, è una delle zone più colpite dal terremoto e, allo stesso tempo, consente di arrivare anche in altre aree molto colpite – per lavorare con le autorità nazionali e coordinare la distribuzione degli aiuti e far arrivare nel modo più veloce possibile medicine, operatori sanitari e mezzi salva-vita fino alle regioni più remote colpite dal terremoto.

    Tra i bisogni più urgenti per la salute, per ripristinare una situazione quanto più vicina possibile alla normalità, sono necessarie l’assistenza alle vittime e i feriti e la messa in sicurezza di molti ospedali che, per via dei crolli sono inagibili e hanno costretto i medici a curare le persone in strada. Inoltre, si ha bisogno di farmaci di base e scorte mediche, attrezzature chirurgiche e strumenti, assistenza psico-sociale e gestione dei traumi causati dalla tragedia. L’OMS sta assistendo il Ministero della Salute locale per valutare i bisogni della popolazione e i danni per il funzionamento delle strutture sanitarie.

    L’OMS, inoltre, ha anche messo a disposizione 175.000 dollari come prima tranche dal Fondo OMS Sud-Est asiatico Regionale Emergenza Sanitaria (SEARHEF). I fondi SEARHEF sono orientati a soddisfare le esigenze finanziarie immediate e a rispondere all’emergenza tempestivamente. Ma la strada da fare è ancora tanta e per continuare a rispondere in modo adeguato, l’OMS stima che saranno necessari almeno 5 milioni di dollari per una risposta umanitaria duratura. L’OMS attualmente sta accettando contributi finanziari da parte dei donatori e partner, al fine di affrontare le immediate esigenze di salute pubblica.

    Insieme allo staff esperto di emergenze, l’OMS ha dal suo ufficio regionale e dal quartier generale un team di 10 esperti di salute e di risposta alle catastrofi pubbliche nei settori di: salute pubblica, epidemiologia, sorveglianza delle malattie, logistica e salute mentale. L’OMS continuerà a fornire ulteriori interventi di personale in base alle esigenze che verranno individuate di volta in volta.

  • 8 marzo, Festa della Donna: OMS presenta le 10 sfide per la salute delle donne nel mondo

    8 marzo, Festa della Donna: OMS presenta le 10 sfide per la salute delle donne nel mondo

    festa della donna oms saluteLa Divisione dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità per la Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini, in occasione della Festa della Donna, alla vigilia della 59° Commissione delle Nazioni Unite sullo Status delle Donne (9 al 20 marzo a New York) e a 20 anni dalla Dichiarazione e Piattaforma di Pechino, presenta le 10 sfide per la salute della donne in Italia e nel mondo.

    “Quando penso alle donne e alla loro salute ritengo che abbiamo fatto molti progressi negli ultimi 20 anni – ha dichiarato Flavia Bustreo, Vice Direttore Generale, Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini presso l’OMS – con la Divisione dell’OMS che dirigo abbiamo ottenuto dei risultati importanti in molti paesi nel mondo, sia per la salute riproduttiva e sessuale che per l’educazione. Ma la strada da fare è ancora lunga per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere poiché in molti paesi, il potere e la salute delle donne è ancora una chimera e non solo loro ne pagano le conseguenze”.

    [easy_ad_inject_1]Al primo posto tra le minacce, ricorda Flavia Bustreo, Vice Direttore Generale OMS, è la lotta a due tra i tumori più comuni che colpiscono il genere femminile – e possono essere sconfitti con la diagnosi precoce – quello al seno e al collo dell’utero, che continuano a mietere oltre un milione di vittime ogni anno, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito, dove lo screening, la prevenzione e il trattamento sono quasi inesistenti. Altra sfida importante, quella relativa alla salute sessuale e riproduttiva che rappresenta un terzo dei problemi sanitari per le donne di età compresa tra i 15 e i 44 anni. I rapporti sessuali non protetti, infatti, continuano ad essere un altissimo fattore di rischio, in particolare tra le donne e le ragazze nei paesi in via di sviluppo dove si stima che circa 222 milioni di donne non abbiano accesso ai servizi per la contraccezione.
    Sono ancora troppe le giovani donne che lottano per proteggersi contro la trasmissione sessuale del virus dell’HIV e per ottenere il trattamento di cui hanno bisogno, lasciandole anche particolarmente esposte e vulnerabili alla tubercolosi, una delle principali cause di morte nei paesi nel mondo tra i 20 e i 59 anni. Sul tema delle malattie sessualmente trasmissibili, oltre all’HIV e al papilloma virus (HPV), è fondamentale fare un ulteriore passo in avanti per la prevenzione e la cura di malattie come gonorrea, clamidia e sifilide. Una sifilide non trattata è responsabile di più di 200 mila bambini nati morti e di morti fetali precoci ogni anno, oltre che per la morte di oltre 90 mila neonati.

    Inoltre, nonostante molte donne stiano traendo beneficio dei progressi fatti durante il secolo scorso per quanto riguarda l’assistenza durante la gravidanza e il parto, nel 2013 quasi 300 mila donne sono morte a seguito delle complicanze durante la gestazione e il parto. Morti che si sarebbero potute evitare se queste donne avessero avuto accesso ad esempio alla pianificazione familiare e ad alcuni servizi sanitari di base. La salute sessuale e riproduttiva è poi una sfida soprattutto per le adolescenti. Circa 13 milioni di ragazze (di età inferiore ai 20 anni) partoriscono ogni anno. Le complicazioni di tali gravidanze e il parto sono una delle principali cause di morte per le giovani madri e tante soffrono le conseguenze di aborti non sicuri.

    Un’altra questione prioritaria, all’attenzione dell’OMS, è quella relativa alla violenza sulle donne: oggi, nel mondo, infatti, una donna su tre sotto i 50 anni ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale con gravi ripercussioni sulla salute fisica e mentale, nel breve e nel lungo termine. Tra le donne che hanno subito violenza domestica hanno il doppio delle probabilità di cadere vittima della depressione o della dipendenza dall’uso di alcol. Hanno 4,5 volte più probabilità di tentare il suicidio. Il rischio di partorire neonati sottopeso è del 16% superiore alla norma e, in alcune regioni del mondo, 1,5 volte in più è il rischio di contrarre una infezione sessualmente trasmissibile incluso l’HIV rispetto alle donne non abusate. La violenza contro le donne ha anche conseguenze sui loro bambini, con dati relativi a più alti tassi di mortalità infantile, più probabilità di problemi di sviluppo e comportamentali.
    Infine, le donne sono attualmente le più inclini a disturbi di ansia, depressione e malattie psicosomatiche. La depressione è sicuramente il problema di salute mentale più comune e il suicidio una delle principali cause di morte per le donne che ne soffrono, sotto i 60 anni. Aiutarle e sensibilizzarle su tutto quello che riguarda i problemi di salute mentale, dando loro la fiducia necessaria per richiedere l’assistenza necessaria, è per l’Organizzazione Mondiale della Sanità una delle sfide del 2015.

    Nel 2012, circa 4,7 milioni di donne sono morte – la maggior parte delle quali in paesi in via di sviluppo – prima di raggiungere i 70 anni a causa di incidenti stradali, di abuso di tabacco, alcol, sostanze stupefacenti e obesità (in quest’ultimo caso, più del 50% delle donne in sovrappeso vivono in Europa e in America).
    Far in modo che le ragazze e le donne adottino stili di vita sani è la chiave per una vita lunga e sana.
    Le donne più anziane, che spesso hanno lavorato principalmente in casa, corrono poi il rischio di avere pensioni e sussidi più bassi e un minor accesso all’assistenza sanitaria e ai servizi sociali rispetto agli uomini. Il maggiore rischio di povertà, insieme alle patologie correlate all’età come la demenza, fa sì che le donne anziane rischino maggiormente di subire abusi e, in generale, di vivere in cattive condizioni di salute.

    LA SITUAZIONE IN ITALIA E LA CONVENZIONE DI ISTANBUL
    La violenza domestica è un crimine che in Italia non viene denunciato in oltre il 90 per cento dei casi. A infliggerla sono gli uomini di casa, mariti, compagni, fidanzati, padri e ad esserne vittime sono sempre le donne. Di queste, oltre 100 ogni anno vengono uccise per mano di un uomo. Nella maggior parte dei casi il colpevole è un partner o un ex partner, solo in rare circostanze si tratta di uno sconosciuto.
    L’Italia è stato uno fra i primi paesi a ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (conosciuta come Convenzione di Istanbul), entrata in vigore solo recentemente nell’Agosto 2014. Nonostante questo importante passaggio, sono ancora molti i paesi che non hanno ratificato il testo e, data la grande attenzione che l’Italia continua a riporre su questo tema e l’intenso dibattito sul piano sociale e politico, sarebbe interessante pensare all’Italia come promotrice e capo fila nel processo di allargamento della ratifica.
    La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica costituisce il primo strumento internazionale vincolante sul piano giuridico per prevenire e contrastare la violenza contro le donne e la violenza domestica. È stata ratificata da 16 paesi, compresa – nel settembre 2013 – l’Italia. Il testo della Convenzione si fonda su tre pilastri – prevenzione, protezione e punizione – ponendo particolare enfasi sui primi due, gli unici in grado di sradicare una violazione dei diritti umani ormai sistemica in Europa e particolarmente grave.

    L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’
    L’OMS con la Divisione per la Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini, lavora per rafforzare i sistemi sanitari e di garantire un numero sufficiente di operatori sanitari qualificati in tutto il mondo. Con le Nazioni Unite e i partner mondiali sta lavorando per sviluppare una nuova strategia globale per la salute di donne, bambini e adolescenti e assicurarla anche dopo gli Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite del 2015. Ciò significa non solo la definizione di obiettivi e indicatori, ma un impegno costante in termini di politica, finanziamento e azione, al fine di garantire che il futuro porterà la salute a tutte le donne e le ragazze, chiunque esse siano, ovunque esse vivano.