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  • Hiv, in Italia ancora troppo sommerso e sistemi sorveglianza disomogenei

    Hiv, in Italia ancora troppo sommerso e sistemi sorveglianza disomogenei

    Gli esperti ne hanno discusso al 17esimo Forum Risk Management di Arezzo

    Roma – A pochi giorni dalla Giornata Mondiale contro l’AIDS, che si celebra ogni anno il primo dicembre, si torna a parlare di HIV e dell’importanza della presa in carico delle persone con epatite C, ma soprattutto dei programmi di screening per l’emersione del sommerso che, insieme al persistere dello stigma sociale, resta ancora una tematica aperta. L’occasione è stata l’evento dal titolo ‘L’emersione del sommerso delle malattie infettive in Italia: modelli organizzativi a confronto‘, promosso da Gilead Sciences nell’ambito del 17esimo Forum Risk Management, che si è concluso nei giorni scorsi ad Arezzo.

    A puntare i riflettori sul tema, in particolare, la professoressa Loreta Kondili, dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha tracciato lo stato dell’arte della malattia emerso dallo studio ‘Piter’ avviato nel 2019 e promosso da esperti clinici proprio per approfondire il fenomeno. “Abbiamo focalizzato l’attenzione in questa seconda fase dello screening dell’epatite C- ha spiegato Kondili- per capire qual è la conseguenza di un ritardo di screening nella popolazione ad oggi non indirizzata per quello gratuito, quindi nella popolazione nata tra il 1948 e il 1968. I risultati sono che un ritardo di screening o, meglio, uno screening più veloce rispetto ad un case funding o ad una normale diagnosi di prassi, quindi un vero e proprio screening attivo in questa popolazione, diminuirebbe a 10 anni a 6mila casi di epatocarcinoma, a oltre 5mila casi di cirrosi del fegato e sicuramente oltre 12mila morti Hcv correlati a 10 anni. E questo grazie ad uno screening rapido della popolazione nata tra il 1948 e il 1968 in Italia”.

    Filo conduttore di malattie infettive quali Hiv, Epatite C ed epatite Delta correlata a infezione da epatite B, è dunque proprio quello del sommerso. Un fenomeno “ancora rilevante” nel nostro Paese, hanno fatto sapere gli esperti, dovuto a mancate diagnosi causate da una comunicazione insufficiente, ma anche da sotto notifiche legate a servizi di sorveglianza “non ancora pienamente omogenei ed efficienti” sul territorio. Un focus ha riguardato quindi l’epatite Delta, un’epatite rapidamente evolutiva, più aggressiva dell’epatite cronica da virus vivo da virus C, che può portare alla cirrosi in tempi rapidi.

    “Le criticità dell’epatite Delta possiamo dividerle in due tipi- ha spiegato la professoressa Maurizia Rossana Brunetto, dell’Università di Pisa– ci sono le criticità cliniche legate al fatto che l’epatite Delta è una malattia usualmente severa, una epatite cronica che tende ad evolvere rapidamente e che quindi impone degli interventi terapeutici o di gestione rapidi per contenere la sua evolutività. Dal punto di vista gestionale e dello screening, invece, la criticità deriva dal fatto che è una malattia rara, poiché l’epatite Delta insorge solo nel portatore di infezione da HBsAg, quindi se noi guardiamo la prevalenza dell’epatite Delta nella popolazione generale questa è una malattia rara; mentre se noi la ricerchiamo nel portatore da infezione da Hbv la troviamo in un 5% di questi portatori e quindi non è più rara. Il medico allora deve essere consapevole della possibilità che ci sia questa co-infezione (epatite B ed epatite Delta) nel soggetto B. Quindi tutti i soggetti HbsAg positivi devono essere screenati e testati per la ricerca dell’anti Delta, che è l’anticorpo che identifica l’avvenuta esposizione al virus dell’epatite D”.

    Ad oggi ci sono 140mila persone con infezione da Hiv, un numero “destinato però ad aumentare”, secondo la dottoressa Barbara Suligoi, Direttore del Centro Operativo Aids del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss. “Questi anni del Covid hanno certamente influito negativamente- ha detto- nel senso che abbiamo visto una diminuzione del numero delle nuove diagnosi di HIV, ma immaginiamo anche che siano fittizie, perché molte persone probabilmente non si sono presentate presso i centri clinici per fare un test HIV o forse c’è stata una riduzione delle esposizioni a rischio. Riteniamo però che vedremo un riaumento, infatti già nel 2021 abbiamo visto un incremento dei casi. C’è un problema di sommerso, cioè di persone che magari hanno avuto un contatto a rischio ma il test non è stato effettuato e quindi non hanno ancora scoperto di essere HIV positive. Noi questo lo verifichiamo perché ogni anno, ci rendiamo conto dai dati, che 2 persone ogni 3 che scoprono di essere sieropositive hanno un’infezione avanzata. Questo vuol dire che lo stato immunitario è già compromesso perché l’infezione è vecchia di 3,5 o forse 7 anni, per cui abbiamo una popolazione che ancora non sa di avere acquisito l’HIV. Ciò riflette una scarsa consapevolezza, una mancanza di percezione che l’HIV ancora esiste in Italia e che è diffuso. Per questo suggeriamo da una parte l’utilizzo di mezzi di prevenzione: il preservativo è il metodo di barriera più sicuro per la prevenzione dell’HIV, in quanto noi sappiamo che oggigiorno in Italia praticamente tutti i casi o quasi di HIV vengono trasmessi attraverso rapporti sessuali non protetti dal preservativo. Quando non c’è possibilità di utilizzare il preservativo, secondo suggerimento, dobbiamo andare a fare un test HIV, perché questo ci garantisce, nel caso ci sia stato qualche rischio, di scoprire tempestivamente chi è sieropositivo”.

  • Giornata mondiale contro l’AIDS, giovani sempre più a rischio: il parere dell’esperto

    Giornata mondiale contro l’AIDS, giovani sempre più a rischio: il parere dell’esperto

    Milano, 27 novembre 2018 – Cade ogni anno il 1° dicembre la Giornata mondiale contro l’AIDS, istituita nel 1988 per volontà dell’Organizzazione mondiale della sanità, con l’obiettivo di accrescere la coscienza dell’epidemia mondiale di AIDS, la  sindrome da immunodeficienza acquisita, causata dal virus HIV. (altro…)

  • Hiv: 3608 nuove diagnosi in Italia, preoccupante la fascia di età 25-29 anni

    Hiv: 3608 nuove diagnosi in Italia, preoccupante la fascia di età 25-29 anni

    Riccione, 13 maggio 2015 – Hiv ed epatiti, infezioni e nuove terapie al centro della VII Conferenza italiana su Aids e retrovirus (Icar), che si svolgerà dal 17 al 19 maggio a Riccione, presso il Palazzo dei Congressi. L’evento pone all’attenzione della comunità scientifica la necessità di individuare percorsi di diagnosi e cura dell’infezione da HIV che si basino sulle interazioni tra ricerca di base, ricerca diagnostico-clinica ed esigenze delle persone sieropositive. Tra le tematiche di questa edizione ci sono la medicina di genere, declinata non solo al femminile, e la resistenza naturale all’infezione da HIV, nonché alla comprensione di nuove strategie di eradicazione. La struttura portante di ICAR 2015 è data dai contributi dei giovani ricercatori italiani e stranieri, che nelle diverse sessioni presenteranno principalmente lavori originali.

    [easy_ad_inject_1]HIV – L’infezione HIV ha più di trent’anni, ma negli ultimi tempi ci sono stati dei cambiamenti epidemiologici sostanziali. Se prima l’infezione era soprattutto legata alla tossicodipendenza, oggi si trasmette quasi esclusivamente con i rapporti sessuali. Secondo gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità, le nuove diagnosi in Italia sono state 3608. Di queste l’84% sono a trasmissione sessuale: è per questo che gli specialisti della SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, chiedono attenzione costante, tutto l’anno.

    ETA’ E MANCATA INFORMAZIONE – In Italia le fasce d’età colpite sono tutte quelle sessualmente attive, ma sopratutto quelle tra i 30 e i 39 anni. “C’è una preoccupante quota di infezioni tra i 25 e i 29 anni – chiarisce una delle presidenti del Congresso, la dott.ssa Laura Sighinolfi responsabile della struttura semplice per la gestione Infezione da HIV della Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara – Questi sono nati quando l’infezione era già nota, ed una corretta informazione durante l’adolescenza avrebbe potuto evitare il contagio. E’ per questo che bisogna puntare ulteriormente alla comunicazione e la prevenzione, soprattutto per le nuove generazioni. Almeno la metà delle persone a cui viene Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara – Questi sono nati quando l’infezione era già nota, e si sarebbero potute salvare se si fosse fatta corretta informazione durante l’adolescenza. E’ per questo che bisogna puntare ulteriormente alla comunicazione e la prevenzione, soprattutto per le nuove generazioni. Almeno la metà delle persone a cui viene diagnosticata avviene con infezione avanzata. Ancora oggi il test viene fatto solo quando c’è un’indicazione clinica, cioè quando iniziano a manifestarsi i primi sintomi: accade per il 40% della popolazione italiana”.

    DONNE E GRAVIDANZA- Un discorso a parte meritano le donne in stato di gravidanza: è aumentata la sensibilità nei confronti delle donne incinta, in modo che facciano il test anche in assenza di condizioni sintomatiche, in modo da garantire la salute del bambino, o di aiutarlo preventivamente in caso contrario. La prevenzione è importante, e sarebbe bene che prima di entrare in una relazione entrambi i partner si facciano i test, e che per ogni rapporto occasionale a rischio si faccia uso di contraccettivi.

    L’IMPEGNO DELL’EMILIA ROMAGNA – RIMINI E LA PROVINCIA – “La provincia di Rimini non è stata scelata a caso per organizzare il Convegno, infatti, è quella che ha un’incidenza maggiore – aggiunge la dott,ssa Laura Sighinolfi, infettivologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, e altro presidente del Congresso – in fatto di nuovi casi, non soltanto a livello regionale ma anche a livello nazionale. In Emilia Romagna ogni anno ci sono circa 400 nuovi casi, nel periodo 2006-2013 si è avuta una media regionale di 8,7 nuovi casi ogni 100mila abitanti, superiore rispetto a quella nazionale. La zona di Rimini con 11 casi per 100mila abitanti si attesta su valori piuttosto elevati”.
    Diessecom

  • Almeno 25mila pazienti coinfetti da Hiv ed Epatite C senza farmaci. L’appello all’Aifa

    Almeno 25mila pazienti coinfetti da Hiv ed Epatite C senza farmaci. L’appello all’Aifa

    Riccione, 7 maggio 2015 – E’ entrato in vigore in Italia la determinazione di prezzo e rimborso, pubblicata in Gazzetta Ufficiale di Daclatasvir, un potente inibitore pan-genotipico del complesso di replicazione NS5A , per l’uso in associazione con altri medicinali nei genotipi 1, 3 e 4 per il trattamento dell’infezione cronica da virus dell’epatite C (HCV) in pazienti adulti.
    “L’arrivo di un nuovo farmaco nella prescrivibilità del trattamento da Epatite C – afferma il Prof. Massimo Andreoni, Presidente SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali – è un’ottima notizia sia per medici, sia per pazienti, che avranno un ulteriore strumento nella lotta contro l’infezione, ma anche per il problema della sostenibilità economica, perché più farmaci vi sono o vi saranno sul mercato, più i costi della terapia saranno ridotti”.

    [easy_ad_inject_1]IL CONGRESSO – Si parlerà anche di questo durante la VII Conferenza italiana su Aids e retrovirus (Icar), che si svolgerà dal 17 al 19 maggio a Riccione, presso il Palazzo dei Congressi. L’evento pone all’attenzione della comunità scientifica la necessità di individuare percorsi di diagnosi e cura dell’infezione da HIV che si basino sulle interazioni tra ricerca di base, ricerca diagnostico-clinica ed esigenze delle persone sieropositive – precisa una delle presidenti del Congresso la Prof.ssa Cristina Mussini dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Tra le tematiche di questa edizione ci sono la medicina di genere, declinata non solo al femminile, e la resistenza naturale all’infezione da HIV, nonché alla comprensione di nuove strategie di eradicazione.

    NUOVE LINEE GUIDA EUROPEE – Sono state presentate negli ultimi giorni le nuove linee guida europee per la cura dell’Epatite C: massima attenzione sulla questione della sostenibilità e sull’arrivo di nuovi ulteriori farmaci. Ma ancora più importante è stato il richiamo su come i pazienti con coinfezione Hiv ed Epatite, sebbene il trattamento abbia probabilità di risposta identiche a quelle del paziente monoinfetto, abbiano una evoluzione di malattia molto più rapida rispetto a quello monoinfetto e debbano pertanto avere un accesso prioritario alla terapia. In base a questo dato, confermato da altre ricerche della letteratura scientifica, le associazioni dei malati e la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali richiamano l’attenzione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e del Ministero affinchè i pazienti coinfetti possano essere considerati categoria prioritaria per il trattamento dell’epatite C.

    L’APPELLO ALL’AIFA – “Alcuni pazienti, quelli con un grado di fibrosi lieve/moderato al momento sono esclusi dal trattamento – spiega il Prof. Massimo Andreoni- e per i pazienti co-infetti è più preoccupante, in quanto l’evoluzione della malattia è più rapida. Il numero dei pazienti non trattati è difficile da stabilire, perché possono essere curati soltanto pazienti in fase avanzata di malattia. Ma si parla di diverse migliaia, sicuramente più di 10mila, mentre possiamo stimare i pazienti co-infetti nel numero di 25mila. In un criterio di sostenibilità della spesa quella dell’AIFA è una scelta logica, ma chiediamo ugualmente di trovare nuovi fondi per supportare anche questi pazienti che, se non trattati bene, possono incorrere in un’evoluzione preoccupante della malattia”.

    COSTI E OBIETTIVI – “Una discussione – spiega una dei tre presidenti del Congresso Prof.ssa Cristina Mussini che sarà riproposta e approfondita proprio durante il congresso, con gli epatologi della SIMIT e con quelli di AISF, che presenteranno lavori al fine di promuovere questa sensibilità. Infatti, sarebbe importante che, come sottolineano le nuove Linee Guida Europee, anche in Italia i pazienti con co-infezione HIV-HCV possano avere accesso ai nuovi farmaci in presenza di un grado di fibrosi anche lieve”.

  • Nuovi farmaci Epatite C: Presentata interrogazione su accesso coinfetti Hiv/Hcv

    Nuovi farmaci Epatite C: Presentata interrogazione su accesso coinfetti Hiv/Hcv

    Como, 6 maggio 2015 – L’On. Donata Lenzi (PD) aderisce all’appello della LILA e chiede al ministro della Salute se non ritenga urgente includere le persone con Hiv – su cui l’epatite C evolve più rapidamente e con esiti peggiori – tra coloro che possono essere curati prioritariamente con le nuove terapie, intervenendo nei confronti dell’Aifa.

    Non ritiene doveroso includere le persone con Hiv – su cui l’epatite C evolve più rapidamente e con esiti peggiori – tra coloro che possono essere curati prioritariamente con le nuove terapie? Non ritiene urgente intervenire nei confronti dell’Agenzia Italiana del Farmaco al fine di far valere quanto contenuto nei più importanti documenti di indirizzo nazionali ed internazionali dando accesso ai farmaci salvavita a chi oggi non ne ha con conseguenze gravissime sulla propria salute? Sono le domande che vengono poste alla ministra Beatrice Lorenzin dall’interrogazione parlamentare presentata dall’On. Donata Lenzi (PD).

    [easy_ad_inject_1]L’interrogazione ricorda che LILA Onlus – Lega Italiana per la lotta all’Aids e le associazioni Nadir e Plus hanno lanciato un appello alle istituzioni competenti affinché le persone con Hiv siano agevolate nell’accesso al trattamento, chiedendo di inserire la coinfezione Hiv-Epatite C nell’elenco delle condizioni per l’accesso prioritario alle nuove terapie per l’epatite C cronica. “In ragione della maggior progressione della malattia in chi ha l’Hiv – sottolinea l’atto parlamentare – bisogna trattare urgentemente con i nuovi farmaci tutti i pazienti coinfetti HIV/HCV, indipendentemente dal grado di fibrosi, ossia di progressione del danno epatico (quindi anche F0, F1, F2, e non solo, come accade ora, le forme gravissime F4 e, solo talvolta, F3)”.

    L’interrogazione sottolinea come questo sia “insindacabilmente raccomandato nelle più recenti Linee Guida dell’Associazione Europea per lo Studio del Fegato, nonché nel recente aggiornamento delle Linee Guida Italiane sull’utilizzo dei farmaci antiretrovirali e sulla gestione diagnostico-clinica delle persone con infezione da HIV-1 del Ministero della Salute, sezione ‘infezione da virus epatitici’ “. Infine il documento ribadisce che “nonostante le richieste della Commissione Nazionale Aids, della Consulta delle Associazioni sull’Aids e della SIMIT (Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali), i criteri di priorità al trattamento definiti dalla commissione tecnico-scientifico dell’Aifa in novembre 2014 non hanno tenuto conto di questa situazione. L’Aifa ha, infatti, scelto di non considerare la coinfezione da Hiv/Hcv come criterio che conferisce una via preferenziale per l’accesso ai nuovi farmaci antivirali diretti, ignorando così completamente una categoria di pazienti a rischio vita: le persone con coinfezione Hiv/Hcv”.

    Nel nostro paese le persone affette da coinfezione Hiv/Hcv accertata sono 33.000, tuttavia si stima che, considerando anche chi non ne è consapevole, il numero salga a 39.000.

    LILA Onlus – Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids

  • Hiv, Aids: lanciato appello per la profilassi Pre-Esposizione

    Hiv, Aids: lanciato appello per la profilassi Pre-Esposizione

    AidsRoma, 24 febbraio 2015 – Una rete di associazioni italiane ha sottoscritto il Manifesto europeo della prevenzione HIV, lanciato da decine di organizzazioni per chiedere alle industrie farmaceutiche, alle istituzioni nazionali ed europee di rendere la PrEP (profilassi pre-esposizione) disponibile e accessibile in Europa, così come già avviene negli Stati Uniti dal 2012.

    [easy_ad_inject_1]Il Manifesto, lanciato in occasione della Conferenza sui Retrovirus e sulle infezioni opportunistiche (Croi) dallo European AIDS Treatment Group, un network di oltre 110 attivisti di 40 paesi europei, e Aides, organizzazione francese di lotta all’Aids, è stato sottoscritto in Italia da: associazione Radicale Certi Diritti, Lila – Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids, Plus onlus – network di persone Lgbt sieropositive, Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli e Nadir onlus. Le associazioni chiedono, tra l’altro, all’azienda farmaceutica Gilead di presentare quanto prima una richiesta di indicazione per Truvada® come PrEP all’Agenzia Europa del Farmaco, la quale dovrebbe anche chiarire i percorsi regolatori per avere accesso alla stessa.
    Numerosi studi (Iprex, Proud, Ipergay), hanno dimostrato l’efficacia della PrEP nel ridurre drasticamente il rischio di acquisire l’infezione da Hiv attraverso rapporti sessuali tra Maschi che fanno sesso con Maschi (Msm). La stessa Organizzazione Mondiale per la Salute (Oms) ha inserito la PrEP nelle sue linee guida, come uno degli strumenti che è possibile utilizzare, come il preservativo, per prevenire il contagio tra le popolazioni più vulnerabili al rischio di infezione. Al governo italiano si chiede, oltre all’accesso alla PrEP, anche di esaminare come rendere la PrEP rimborsabile per coloro che ne hanno bisogno. Le associazioni sono disponibili a lavorare con le istituzioni per trovare un percorso di larga e piena accessibilità sanitaria ed economica al farmaco.

    Le associazioni chiedono che in Europa e in Italia uomini, donne, transgender possano accedere a una profilassi per prevenire nuove infezioni da HIV, per cui esiste un protocollo medico già da tempo sperimentato negli Stati Uniti e che è stata consigliata dall’Oms nelle sue linee guida. L’obiettivo è incrementare il numero di strumenti di prevenzione per sviluppare strategie di prevenzione combinate. Occorre garantire a tutti il diritto di scegliere se usare o meno la PrEP e di poterla usare in maniera sicura. Altrimenti il rischio è che si sviluppi ulteriormente un uso informale della PrEP senza adeguato controllo medico.
    “La PrEP è uno strumento di prevenzione che si è dimostrato scientificamente efficace”, affermano Yuri Guaiana, segretario di Certi Diritti, Alessandra Cerioli presidente di Lila, Massimo Farinella, referente salute e servizi del circolo Mario Mieli, Filippo von Schloesser presidente di Nadir e Sandro Mattioli presidente di Plus. “Di fronte ad una pandemia come quella da Hiv, noi non siamo nelle condizioni di rifiutare nessuno strumento di prevenzione”, ribadiscono i rappresentanti delle associazioni firmatarie. “La PrEP dev’essere messa a disposizione degli specialisti per le persone ad alto rischio di contagio e, quindi, inserita fra le armi a disposizione del servizio sanitario nazionale”.
    LILA Onlus – Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids

  • Aids. Un malato su due non sa di essere sieropositivo

    Aids. Un malato su due non sa di essere sieropositivo

    AidsUn malato di aids su due non sa di essere infetto. E’ uno dei dati emersi nel corso della Conferenza internazionale sull’Aids che si è svolta a Melbourne, in Australia, la scorsa settimana. Tutti possono capire il pericolo delle conseguenze che ciò può comportare. Non sapere di essere sieropositivo, di avere contratto l’aids, mette in pericolo la vita del partner, degli amici, dei familiari con cui si ha contatto ogni giorno, favorendo inconsapevolmente la diffusione del virus. Ma resta purtroppo un dato di fatto, il 50% delle persone infette da questo terribile virus, non ne è a conoscenza. E’ dunque necessario che emerga l’emerso, ed è questo uno degli obiettivi che si pone l’Organizzazione Mondiale della Sanità: far emergere i casi di malattia “inconsapevole” entro il 2030, in modo da poter arginare il diffondersi dell’aids. Secondo gli ultimi dati diffusi, l’Hiv continua a rappresentare un grave problema di salute pubblica mondiale. Nel 2013, a livello globale, sono morte circa 1 milione e mezzo di persone per cause correlate all’Hiv.

    Alla fine del 2013 i casi di infezioni registrati erano di circa 35 milioni in tutto il mondo. L’Africa subsahariana rimane la regione più colpita. Stefano Vella, ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità, nonché uno degli estensori delle linee guida Organizzazione Mondiale della Sanità sulla malattia, ha dichiarato che per poter mettere l’epidemia sotto controllo, entro i prossimi 15 anni, occorre far emergere il sommerso e raggiungere questo scopo comporterà enormi costi ma “i risultati ottenuti finora dall’alleanza di scienza, politica e società civile che combatte l’Aids, unica nel panorama mondiale, fanno ben sperare”.