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Pediatri e chirurghi promuovono il mammismo: è terapeutico

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Milano, 24 maggio 2014 – Si dice che i bambini italiani siano i più viziati del mondo e che, come scriveva qualche anno fa la notissima rivista americana Newsweek, “nonostante siano famosi per il loro individualismo, gli italiani abbiano sempre l’atteggiamento di chi sa come trovare riparo tra le sottane delle loro mamme”. Tuttavia ci sono situazioni in cui il famigerato “mammismo” italico torna molto utile ed è sinonimo di funzionalità e, al tempo stesso, successo. E’ proprio grazie alla famiglia, infatti, e al fatto che i figli siano “mammoni”, che si riescono ad affrontare meglio situazioni di disagio come malattie e ricoveri. La famiglia diventa una rete che aiuta il bambino nell’affrontare le difficoltà e il recupero e si rivela una valida soluzione terapeutica.Del fenomeno degli italiani “mammoni” si è detto tutto il male possibile, soprattutto dall’estero, dove le critiche piovono pesantemente da diversi anni: secondo il mensile tedesco Focus “i ragazzi italiani non riescono a staccarsi dal nido materno e, nel 40% dei casi, da sposati cercano casa vicino a quella della mamma, mettendo sotto pressione la loro moglie, troppo spesso paragonata alla loro madre”, mentre il Sunday Times londinese definisce gli italiani “costantemente infantili e ossessionati dalla figura materna”. C’è anche chi, in questo periodo di crisi e con uno Stato poco presente, giustifica la scelta dei giovani del Belpaese di soggiornare forzatamente nell’”Hotel Mamma”: i cugini francesi, su Le Monde, scrivono infatti che “a causa dello scarso aiuto dello Stato, sono sempre di meno i giovani italiani che lasciano la casa per vivere da soli; sembrano comunque trovarsi bene in casa con mamma e papà e sono disposti a fare i pendolari ogni giorno pur di non rinunciare a questa comodità”.
Insomma, Oltralpe l’accusano di essere diseducativa, di limitare la creatività e, addirittura, di far crescere figli disadattati, ma ora, a sorpresa, arriva una promozione a pieni voti dell’”iperprotettività” tipica delle mamme e, in generale, delle famiglie di casa nostra. Parola dell’illustre luminare della chirurgia della mano Giorgio Pajardi, direttore del reparto universitario di Chirurgia della Mano e Microchirurgia dell’Ospedale San Giuseppe di Milano nonché past President della Società Italiana di Chirurgia della Mano (S.I.C.M.) e docente presso l’Università degli Studi di Milano: “Ogni anno visitiamo circa 20.000 bambini con disfunzioni alle mani e ne operiamo più di 700 – afferma il prof. Pajardi – e da questa enorme esperienza notiamo come, per la maggior parte dei casi, i bambini italiani, grazie all’affetto e alla protezione tipici delle famiglie italiane, riescano a sopportare meglio di tutti gli altri le ansie e le problematiche causate da fisioterapie complesse e da periodi di ripresa che possono diventare anche abbastanza lunghi”. Saranno pure i più mammoni, ma, come sottolinea il chirurgo del Gruppo MultiMedica, “la presenza assidua della mamma e della famiglia diventa un vero e proprio valore aggiunto nel percorso di recupero terapeutico per i bambini italiani che hanno problemi alle loro manine. La rete familiare italiana – prosegue Pajardi – sopperisce alle carenze del sistema assistenziale e provvede a supportare il bimbo a costo di qualsiasi sacrificio. Questa predisposizione aiuta i bambini ricoverati a sopportare meglio la lontananza da casa e ad affrontare serenamente ogni disagio che questo può comportare agli altri membri della famiglia”.
Sulla stessa linea d’onda anche il dottor Giuseppe di Mauro, pediatra di famiglia e Presidente della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS), il quale, partendo dal dato di fatto che tra il 40 e il 60% dei bambini sottoposti ad un intervento sviluppa ansia e stress nel periodo pre e post operatorio, spiega che “Il mammismo terapeutico, ovvero la presenza e l’affetto di un genitore al fianco di un bambino ammalato, esiste ed è un antidoto al dolore sia che debba fare un semplice prelievo, oppure una visita con il pediatra o debba sottoporsi ad un intervento. L’affetto familiare, anche apprensivo, può essere un valore aggiunto sia dal punto di vista psicologico, sia, soprattutto, da quello fisico: il bambino sente meno dolore, vive meglio il momento, sente meno ansia e stress se ha la mamma o comunque un genitore al suo fianco”. Il dottor Di Mauro aggiunge che l’Italia in questo è imbattibile, anche perché “gli ospedali italiani sono tra i pochi in Europa che permettono la presenza di un genitore la notte in ospedale – prosegue il Presidente della SIPPS – La sua presenza nei reparti pediatrici allevia molto il dolore. Il bambino italiano in questo è più coccolato rispetto a quelli stranieri e affronta meglio la situazione”.
A confermare le affermazioni degli specialisti Pajardi e Di Mauro arrivano anche i dati di un sondaggio di “Donne e Qualità della Vita”: su un panel di 500 genitori italiani, il 76% si definisce iperprotettivo con i propri bambini malati; il 58% pensa di poter competere con i pediatri nella cura del proprio figlio; il 33% non è mai soddisfatto delle cure e delle attenzioni dei medici; infine, il 20% preferisce rivolgersi ai consigli di famigliari e amici, piuttosto che ai medici.

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