A cura di Alvaro Sanmartin, Chief Economist, Amchor IS
La maggior parte dei dati sull’attività degli ultimi mesi indicano una chiara divergenza tra l’economia degli Stati Uniti e quella dell’Eurozona. Negli Stati Uniti, nonostante i rialzi dei tassi della Fed, la crescita sembra oggi essere superiore al potenziale. Nell’Eurozona, invece, i dati macroeconomici (soprattutto in Germania) sarebbero compatibili con un’attività economica sostanzialmente stagnante. Cosa possiamo aspettarci per l’ultima parte di quest’anno e per l’inizio del 2024?
Prima previsione: rallentamento dell’economia statunitense
Anche se non vediamo ancora una recessione, riteniamo che l’economia statunitense sia destinata a rallentare nei prossimi trimestri, a tassi in linea o leggermente inferiori alla crescita potenziale.
In primo luogo, perché i tassi di interesse reali a medio e lungo termine sembrano ormai sufficientemente elevati da avere un effetto di trascinamento sull’economia statunitense. In secondo luogo, poiché l’impulso fiscale derivante sia dall’Inflation Reduction Act che da altre misure fiscali espansive adottate dalle autorità statunitensi nel recente passato dovrebbero affievolirsi nei prossimi trimestri. Terzo, perché entro la fine di quest’anno i risparmi in eccesso accumulati durante la pandemia dai consumatori statunitensi potrebbero essere quasi completamente esauriti.
Seconda previsione: crescita positiva dell’Eurozona
Nonostante la debolezza di molti dati macroeconomici, nei prossimi trimestri l’Eurozona dovrebbe raggiungere una crescita economica positiva (anche se modesta).
Ci sono diverse ragioni per sostenere questo ottimismo. I consumi privati, anche se indubbiamente influenzati dai rialzi dei tassi e da livelli di incertezza probabilmente più elevati del previsto, stanno beneficiando di un significativo effetto di coda. In secondo luogo, la politica fiscale rimane chiaramente espansiva e quindi continua a fornire un ulteriore sostegno alla domanda aggregata. In terzo luogo, la possibile imminente fine del processo di aggiustamento al ribasso che ha interessato le scorte potrebbe fornire un certo incoraggiamento al settore manifatturiero verso la fine dell’anno o all’inizio del 2024.
Infine, sebbene i tassi di interesse reali siano saliti bruscamente negli ultimi trimestri, i loro livelli attuali sono coerenti con un grado di inasprimento monetario che, a nostro avviso, è solo moderato.
Terza previsione: inflazione in calo negli Stati Uniti
È molto probabile che, da qui alla fine dell’anno, si possa assistere a un calo significativo dell’inflazione sottostante negli Stati Uniti. È molto probabile che la componente “shelter cost” dell’IPC – ovvero quella legata ai costi degli alloggi – deceleri in modo molto significativo nei prossimi mesi. In secondo luogo, l’aumento dell’immigrazione sta contribuendo ad aumentare l’offerta potenziale e quindi a ridurre le pressioni sui salari e sui prezzi. Inoltre, le aspettative di inflazione rimangono ben ancorate, e questo riduce anche la probabilità che un comportamento inadeguato di salari e prezzi nei prossimi mesi.
Quarta previsione: fine dei rialzi della Fed
Alla luce dello scenario sopra descritto per gli Stati Uniti (crescita in linea o al di sotto del potenziale, inflazione core in calo e aspettative di inflazione ben ancorate), molto probabilmente abbiamo già assistito all’ultimo rialzo dei tassi da parte della Fed in questo ciclo. Allo stesso tempo, continuiamo a ritenere che i tassi di interesse, in assenza di ulteriori shock, impiegheranno molto tempo per scendere e riteniamo anche probabile che, in un futuro non troppo lontano, possano esserci revisioni al rialzo delle stime del tasso neutrale da parte non solo della Fed, ma anche di molte altre banche centrali.
Quinta previsione: la Bce sarà più colomba e siamo positivi per la Cina
Anche nell’Eurozona esistono le condizioni per un calo sensibile dell’inflazione sottostante nel resto dell’anno, che a sua volta potrebbe consentire alla Bce di iniziare, già a settembre, un lungo periodo di pausa nei rialzi dei tassi di interesse: i salari hanno accelerato in modo significativo, ma non al punto da poter generare complicate spirali prezzo-salario; le aspettative di inflazione nell’Eurozona sono ben ancorate; allo stesso tempo, la politica monetaria, anche se in modo moderato, è diventata innegabilmente restrittiva e questo potrebbe essere sufficiente a bilanciare la domanda e l’offerta; allo stesso modo, la fine della distorsione generata da alcuni sussidi ai trasporti in Germania eserciterà una pressione al ribasso sui prezzi sottostanti proprio a partire da questo settembre.
Per quanto riguarda la Cina, e senza dimenticare i rischi che indubbiamente esistono, continuiamo ad avere una visione ragionevolmente costruttiva. Le previsioni di crescita per il 2023 sono ancora vicine al 5%, una cifra nettamente superiore a quella che ci si può ragionevolmente aspettare nel mondo sviluppato. Inoltre, una parte non trascurabile dell’attuale debolezza del settore immobiliare cinese deriva dalle misure restrittive adottate dalle stesse autorità, misure che, tra l’altro, sono state sempre più attenuate negli ultimi mesi. Infine, sebbene il governo centrale cinese e la Pboc rimangano cauti, non bisogna dimenticare che entrambe le istituzioni hanno un margine più che sufficiente per aumentare gli stimoli monetari e fiscali se lo ritengono necessario per raggiungere i loro obiettivi di crescita.
Market view
Titoli di Stato: sebbene la curva statunitense abbia registrato un significativo movimento al rialzo negli ultimi due mesi e sia, a nostro avviso, più vicina al fair value, vediamo ancora più rischi di rialzo che di ribasso nelle scadenze medie e lunghe. Continuiamo pertanto a privilegiare le posizioni focalizzate sulle scadenze brevi. Nel caso dell’Eurozona, riteniamo che i tassi a lungo termine siano ancora un po’ al di sotto del loro valore fondamentale: preferiamo, dunque, la parte breve della curva europea.
Azioni: riteniamo che il segmento value/ciclico del mercato (comprese le banche europee) dovrebbe fare meglio del segmento growth/defensive. Dal punto di vista geografico, alla luce di quanto sopra e dei livelli di valutazione relativi, preferiamo i mercati europei e dell’Asia emergente agli Stati Uniti.
Credito: il nostro scenario macro centrale è compatibile con tassi di default ragionevolmente bassi. Sul versante negativo, gli attuali bassi livelli degli spread richiedono a nostro avviso una certa cautela. In questo contesto, riteniamo opportuno combinare un’esposizione moderata al credito a bassa duration con posizioni ben selezionate in titoli di Stato dei mercati emergenti in valuta locale.
Valute: abbiamo una visione positiva su valute come NOK, NZD e AUD, in quanto offrono un’interessante combinazione di carry, stabilità macro, rating elevato e, nel caso delle ultime due, rappresentano anche un modo indiretto per acquisire esposizione alla riapertura della Cina. Allo stesso tempo, continuiamo ad apprezzare le valute dei mercati emergenti con una buona governance macro, solide prospettive di crescita e livelli di carry ragionevolmente elevati (MXN, BRL, IDR, INR). In termini di valute che potrebbero fungere da “copertura” per un investitore in euro, i livelli di dollaro nella regione di livelli del dollaro intorno a 1,10-1,12 sembrerebbero interessanti per rendere questa valuta una buona copertura per gli investitori in euro.