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  • Azionario USA: lo slancio è destinato a continuare?

    Azionario USA: lo slancio è destinato a continuare?

    A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm*

    Milano, 30 gennaio 2023 – Quando si riflette sulle prospettive di mercato per il 2024 e oltre, uno degli interrogativi principali resta l’azionario statunitense, non solo per via del suo peso elevato sui mercati globali (circa il 60% di un ETF ponderato per la capitalizzazione di mercato), ma anche per la sua performance storica. Il grafico seguente confronta i rendimenti relativi per gli ETF di Stati Uniti, Europa, Regno Unito e Mercati Emergenti: la sovraperformance dei primi è evidente e per i portafogli a rischio più elevato la scelta dell’esposizione azionaria Usa ha rappresentato uno dei principali driver di performance.

    Sarebbero molte le prospettive da cui analizzare l’andamento dell’azionario Usa, tra cui ad esempio la performance dei titoli tech, ma in questa occasione ci soffermeremo su due aspetti fondamentali: gli utili societari e le valutazioni.

    Il grafico seguente confronta l’equity Usa con una misura degli utili societari ed evidenzia come, nel tempo, il valore aggregato delle aziende cresca al crescere degli utili.

    Se si traccia lo stesso grafico per le azioni dei mercati emergenti, si nota subito che qui il quadro degli utili è stato più eterogeneo nel tempo: in particolare, nell’ultimo decennio la crescita degli utili registrata sui mercati emergenti è stata più lenta rispetto a quella delle società Usa.

    Le società britanniche hanno ottenuto risultati migliori delle attese in termini di utili, nonostante un maggiore livello di volatilità durante il periodo pandemico.

    La brillante performance dell’azionario Usa, però, non è riconducibile soltanto al rafforzamento degli utili, anche la valutazione relativa ha svolto un ruolo importante. Il grafico seguente mostra l’andamento del rapporto prezzo/utili forward per Stati Uniti, Regno Unito ed Europa ex-UK nell’ultimo decennio (a partire dal febbraio 2014). In primo luogo, si nota come dopo il Covid si sia verificata una divergenza significativa tra azioni statunitensi, britanniche ed europee, con una rivalutazione delle prime rispetto alle seconde, sull’onda dell’ottimismo nei confronti del settore tecnologico Usa (che rappresenta un peso massimo nell’indice) e delle prospettive di crescita generalmente più solide. In secondo luogo, appare notevole il de-rating del Regno Unito, più economico di circa il 20% rispetto al 2014.

    Dunque, la combinazione tra crescita sostenuta degli utili e valutazioni elevate ha contribuito a proiettare i titoli azionari statunitensi davanti ai loro peer globali nell’ultimo decennio. Come dobbiamo porci rispetto al futuro? Da molto tempo le valutazioni delle azioni statunitensi sono relativamente più alte rispetto a quelle del resto dei mercati sviluppati, ma è difficile stabilire quando questo comincerà ad essere un elemento determinante. Al tempo stesso, anche le prospettive degli utili sono probabilmente migliori, nonostante siano guidate da un numero relativamente ristretto di Big Tech. Al momento sembra probabile che lo slancio degli utili sia destinato a continuare, ma scommettere in modo troppo aggressivo contro le azioni statunitensi è stato storicamente un gioco difficile da giocare.

  • GAM: Mercato azionario asiatico interessante, con l’opportunità di sfruttare le anomalie dei prezzi

    GAM: Mercato azionario asiatico interessante, con l’opportunità di sfruttare le anomalie dei prezzi

    A cura di Jian Shi Cortesi, Investment Director, Azioni growth Asia/Cina di GAM

    Asia: crescita e basse valutazioni

    L’Asia offre un’interessante combinazione tra la crescita a lungo termine robusta e le valutazioni contenute, mentre la Cina e altri Paesi della regione sono ancora i motori della crescita globale. Secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI), l’Asia ha contribuito al 70% circa della crescita globale nel 2023, e prevediamo che la percentuale resti alta anche nel 2024. La Cina probabilmente raggiungerà una crescita del Pil del 4-5% anche grazie alle politiche introdotte nel 20231. Taiwan e Corea dovrebbero beneficiare della ripresa della domanda di semiconduttori e hardware tecnologico. La crescita in India verosimilmente continuerà ad accelerare grazie all’espansione del settore manifatturiero.

    Tecnologia: un segmento di crescita importante in Asia

    Uno dei settori alla base della crescita in Asia è quello tecnologico. Primo, i settori correlati ai semiconduttori stanno prosperando in Cina che sta cercando di diventare autosufficiente nei semiconduttori dopo le restrizioni imposte dagli Stati Uniti alle vendite nel Paese. Tutti i segmenti correlati, dal software di automazione della progettazione elettronica EDA fino alla fonderia, sono in rapida crescita in Cina. Secondo, l’India e il Sud-est asiatico stanno beneficiando del ricollocamento delle catene di distribuzione di tecnologia, soprattutto nel campo del montaggio. Terzo, le società internet in Cina puntano sempre più frequentemente ai mercati esteri per crescere al di là dei mercati locali. Tra queste, Temu (lanciata da PDD), Shopee (società fondata a Singapore e partecipata di Tencent), Lazada (controllata di Alibaba), TikTok (controllata di ByteDance) e SHEIN (società privata cinese). Il Sud-est asiatico è stato un mercato interessante rispetto agli Stati Uniti, all’Europa e all’America Latina per via del suo maggiore potenziale di crescita e dell’accettazione da parte dei consumatori. Le vendite dell’e-commerce nel Sud-est asiatico, secondo McKinsey, sono quintuplicate tra il 2016 e il 2021. Nei prossimi anni ci aspettiamo un consolidamento e un cambio di strategia a favore di una crescita redditizia.

    Cina: verso industrie ad alto valore aggiunto

    Un altro fattore che caratterizza la crescita in Asia è la transizione della Cina da un’economia basata sul settore immobiliare a un’economia più diversificata e ad alto valore aggiunto. Le azioni asiatiche sono sottovalutate a causa delle eccessive pressioni a vendere. L’indice MSCI Asia ex Japan in questo momento si trova sui minimi storici. Negli ultimi tre anni la Cina è stato il freno principale per la performance dell’azionario in Asia, mentre altri mercati asiatici hanno fatto relativamente meglio. L’indice MSCI China è crollato di quasi il 60% dai picchi del 2021 (al 31 ottobre 2023). L’economia cinese sta subendo una profonda transizione per ridurre la sua dipendenza dal settore delle costruzioni e puntare sulle industrie ad alto valore aggiunto.

    Nel 2024, la stagnazione del settore immobiliare e il ricollocamento del manifatturiero di basso profilo verso Paesi più convenienti continueranno a gravare sulla crescita economica. Tuttavia, accelerando il fallimento e la liquidazione delle attività delle società di sviluppo immobiliare in crisi, si contribuirà a una ripresa del settore. Tra i principali fattori alla base della crescita economica in Cina nel 2024 ci saranno il manifatturiero avanzato (aeroplani e robotica), le nuove energie (solare), i veicoli elettrici, i consumi esperienziali (viaggi), l’autonomia tecnologica (intelligenza artificiale e semiconduttori), oltre al settore sanitario e biotech.

    Considerata la natura anticiclica della politica cinese, crediamo che il governo del Paese proseguirà anche l’anno prossimo con le politiche volte a stabilizzare le vendite di immobili e a stimolare la crescita economica. L’inflazione contenuta favorisce politiche monetarie espansive. La crescita economica, secondo noi, sarà favorita dalla spesa fiscale nell’edilizia sociale e dalle ripercussioni locali delle iniziative One Belt One Road.

    Opportunità di sfruttare le anomalie dei prezzi

    Nonostante le difficoltà e le incertezze, lo scenario di mercato attuale offre numerose opportunità di investimento interessanti, in particolare in Cina. L’indice MSCI China è rimasto indietro rispetto alla crescita economica e degli utili per 10 anni. Le aree che sono meno comprese dagli investitori sono quelle che offrono le opportunità più interessanti.Molte società hanno generato ottimi utili, ma finora alcune sono state ignorate dal mercato. Alcuni titoli hanno reagito bene alla crescita degli utili, tra cui le società di formazione. Molte aziende asiatiche dispongono di abbondante liquidità e hanno annunciato piani di riacquisto di azioni proprie. La liquidità abbondante consente anche di aumentare le distribuzioni di dividendi. Entrambi questi fattori potrebbero far salire i prezzi azionari.

    Rileviamo opportunità nei seguenti ambiti:

    • Il ciclo tecnologico è in ripresa in Asia, grazie ai produttori di semiconduttori e hardware in Corea, Cina e Taiwan.
    • L’intelligenza artificiale si sta facendo strada. I titoli correlati all’AI, tra cui le società internet cinesi del settore, hanno ottime prospettive di crescita.
    • La crescita a lungo termine nei viaggi e nella formazione, tra cui la preparazione dei test per studiare all’estero e le piattaforme di viaggi online, dipende dall’ascesa della classe media e dalla domanda di esperienze di qualità.
    • I veicoli elettrici e i produttori di batterie, dove i leader di settore hanno un vantaggio competitivo in un mercato in rapida crescita.
    • La crescita a lungo termine del sanitario e l’ascesa delle biotecnologie in Asia, tra cui alcune delle principali aziende farmaceutiche e le organizzazioni di produzione e sviluppo a contratto in India, Corea e Cina, sono favorite dall’invecchiamento della popolazione, dalla consapevolezza su salute e benessere, e dall’innovazione in campo biotecnologico.

    1  1 https://www.imf.org/en/News/Articles/2023/11/07/pr23380-imf-staff-completes-2023-article-iv-mission-to-the-peoples-republic-of-china#:~:text=%E2%80%9CThe%20Chinese%20economy%20is%20on,sector%20and%20subdued%20external%20demand.

  • Nell’anno del soft landing l’azionario terrà banco, alla ricerca delle prossime magnifiche 7

    Nell’anno del soft landing l’azionario terrà banco, alla ricerca delle prossime magnifiche 7

    A cura di Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management 

    24.01.2024

    Sul fronte macro, lo scenario è chiaro per l’Europa, dove è attesa una lieve recessione, meno per gli Usa, dove ci si interroga sulle nuances dell’atterraggio morbido. Sarà crescita sotto il potenziale o tenuta sostanziale con inflazione in calo? Nel resto del mondo i fari sono puntati sulla stagione elettorale che potrebbe generare tensioni. La sfida sull’equity – da cui non è ancora il momento di scappare – sarà ora riuscire a individuare i campioni di domani

    Il 2024 sarà l’anno del soft landing. Lo scenario è ampiamente scontato dal consenso, pur esistendo un certo margine di incertezza sulle sfumature che lo caratterizzeranno. Ci aspetterà una crescita sotto il potenziale o l’instaurarsi di una dinamica che impedirà all’inflazione di rientrare rapidamente, anche in presenza di una tenuta sostanziale della crescita, come abbiamo visto succedere in maniera sorprendente nel 2023, in particolar modo negli Stati Uniti?

    La teoria troverebbe fondamento nella prevalenza delle dinamiche del ‘supply side’, secondo cui gran parte di quello che è successo nel periodo post Covid deriva da fluttuazioni dell’offerta, prima trattenuta dai lockdown, poi rilasciata e ora in fase di normalizzazione rispetto alla domanda. In questo quadro, l’inflazione potrebbe verosimilmente continuare a convergere rapidamente verso il target.

    Europa e Usa: luci e ombre del mondo sviluppato

    Tornando al consenso, per quanto riguarda l’Europa è sbilanciato verso un lieve rischio recessivo, che potrebbe aggravarsi qualora le tensioni geopolitiche in essere dovessero peggiorare ulteriormente. L’inflazione dell’area euro si prevede in discesa vicino al target del 2%, a meno di nuovi shock esogeni (per esempio sull’energia).

    Fig.1 Da stagflazione a stabilizzazione. Soft Landing, o No Landing?

    Sul fronte Usa le stime sono maggiormente divergenti: la maggior parte degli analisti stima una crescita vicina al potenziale e con un’inflazione in calo, ma ancora lontana dal target del 2%. Rispetto ai singoli fattori di crescita ed inflazione, sulla prima peserà anche l’esaurirsi del cuscinetto di risparmi in eccesso accumulato durante il Covid grazie alle ampie sovvenzioni statali. La seconda questione è un po’ più controversa: negli Stati Uniti l’inflazione è generata soprattutto da servizi e, dunque, da salari. I dati non sono del tutto coerenti: se l’indice Ism sui servizi mostra, nell’ultima rilevazione, un calo rilevantissimo, i numeri sul mercato del lavoro restano difficili da leggere perché stiamo assistendo a un calo dell’occupazione simultaneo a quella dell’offerta di lavoro, che mantiene quindi inalterata la disoccupazione. L’ultimo dato sul rapporto Vacancies/Disoccupati si attesta su un valore di 1,4 (numero dei posti disponibili per ogni disoccupato). Per trovarsi in equilibrio quest’ultimo dovrebbe convergere verso 1, per la qual cosa sarà necessario un calo di circa 2,5 milionidi vacancies o un aumento analogo di disoccupati. È un valore inferiore al dato dello scorso anno, posizionandoci in una situazione non preoccupante ma ancora non ideale.

    Nel complesso, il sistema economico Usa continua a mostrare una straordinaria elasticità e flessibilità, che sta consentendo una ripresa dei guadagni di produttività (1,5%). Quest’ultima, risalita al 2,4% sopra la tendenza storica (1,5%), tiene il passo (anzi supera l’andamento) dei salari reali, a loro volta finalmente tornati in territorio positivo (circa 1%) grazie a salari nominali in progresso del 4,1% con inflazione al 3,1%. Questa configurazione contribuisce alla tenuta dei margini aziendali (e quindi sostiene le valutazioni azionarie).

    Il mondo emergente: il new normale della Cina e il rischio geopolitico innescato dall’ondata elettorale

    Quanto al resto del mondo, rileviamo che in corso d’anno ci saranno elezioni che coinvolgeranno ben 54 Paesi. Tra gli appuntamenti più importanti Indonesia, Taiwan, Corea, India e Sud Africa, a cui vanno aggiunte le elezioni del Parlamento Europeo, Regno Unito, Stati Uniti e Messico. Non tutte avranno delle rilevanti implicazioni di mercato. A rappresentare elementi di criticità sono le elezioni di Taiwan e quelle del Sud Africa, dove potremmo assistere a cambiamenti di policy.

    Discorso a parte merita la Cina, su cui molti sono i punti di domanda. Innanzitutto, nel Paese del Dragone sta diminuendo, come in Usa, l’eccesso di risparmio accumulato nel biennio pandemico. Tuttavia, da un lato continuano a salire i depositi delle famiglie rispetto al PIL e dall’altro la dinamica delle vendite al dettaglio, pur mostrando un modesto recupero, rimane ancora ben al di sotto del potenziale. Si tratta, in entrambi i casi, di segnali di sfiducia che i consumatori cinesi stanno mostrando nei confronti della propria economia. Un atteggiamento che deriva principalmente dallo stato del mercato immobiliare: l’indice dell’attività immobiliare indica un andamento di 28 punti percentuali sotto il trend degli ultimi dieci anni e in calo a doppia cifra anno su anno. Per risolvere questa crisi servirebbe una politica molto più aggressiva da parte del governo centrale cinese, che consisterebbe nel trasferimento dei debiti delle autorità e delle imprese locali al governo. La fiducia è venuta meno anche da parte degli investitori internazionali, causando un de-rating secolare degli utili. Il P/E relativo dello Hang Seng rispetto allo S&P 500 è ai minimi di dieci anni, con un valore inferiore alle dieci volte. Ma, pur considerando questo parametro favorevole delle valutazioni a sconto, i fattori di rischio elencati suggeriscono cautela.

    Azionario: perché vale ancora la pena investire in tecnologia USA

    Per analizzare le prospettive del mercato azionario bisogna considerare tre variabili chiave e la loro possibile evoluzione: gli utili, il prezzo/utili e l’andamento dei titoli protagonisti del rally nel 2023. Dalla stagione degli utili, appena inaugurata con le grandi banche USA, ci si aspetta per l’ultimo trimestre del 2023 un EPS medio di 55 dollari, leggermente inferiore ai 56 dollari dello stesso periodo dell’anno precedente. Se guardiamo la previsione degli utili a 12 mesi, secondo il consensus quest’ultime sono tutte in aumento: precisamente dell’11,2% per gli Stati Uniti, dell’8,1% per il Giappone, del 5% per l’Europa e del 18% per i Paesi Emergenti. Tuttavia, secondo le stime top-down degli utili elaborate dal modello proprietario di Pictet AM, c’è spazio per delusioni nel 2024 (in attesa di un ritorno al trend base nel 2025). In particolare, ci aspettiamo una variazione positiva del 2,5% per gli Stati Uniti, del 3% per l’Europa e del 10% per gli emergenti, molto divergente da quella del mercato. Questa divergenza non è peraltro anomala: tipicamente nei primi mesi dell’anno gli analisti rivedono l’ottimismo di partenza e riportano le stime su valori più contenuti.

    Fig.2 Premio per il rischio azionario

    Il secondo valore da considerare è il Prezzo/utili: quello che si è visto è un enorme re-rating degli USA rispetto al resto del mondo. Rispetto agli ultimi dieci anni, il P/E USA si è collocato nell’ultimo anno ampiamente sopra la media (+17%), diversamente da altre aree del mondo come il Regno Unito (-18%), tradizionalmente uno dei mercati più a sconto dal punto di vista valutativo, o Hong Kong (-23%). che si trovano in una situazione diametralmente opposta. Sul piano settoriale, è evidente l’eccezionalità del settore IT, che nell’ultimo anno ha visto valori superiori del 39% rispetto all’ultimo decennio, e che chiaramente va di pari passo con l’eccezionalità degli Stati Uniti. Di contro, l’Energy ha rappresentato il comparto a sconto, in quanto ciclico e succube della retorica ESG (-36% rispetto alla media del decennio). Se guardiamo il P/E in termini reali, ovvero confrontandolo con il suo inverso che è l’earning yield, se ne trae un premio al rischio (ERP) contenuto per l’equity. Il premio richiesto oggi per investire in azioni si colloca al 3%, circa la metà dell’ERP a trent’anni che si colloca invece intorno al 5,5%. A che livelli di utili questo ERP è ancora sufficiente per gli investitori? Per rispondere è necessario valutare il livello dei tassi reali a lungo termine (di cui sono una buona proxy i tassi dei T bond decennali oggi all’1,8%) e, considerando un P/E medio intorno a 20, possiamo concludere che l’EPS annuo che rende un premio a rischio del 3% accettabile si colloca su una media di 230 dollari; la stima di consenso è oggi di 239 dollari. Si tratta quindi di un valore che è compatibile con l’utile atteso e pertanto non giustifica, in questo momento, una presa di profitto sull’azionario basata puramente su motivi valutativi.

    L’ultimo punto riguarda la performance delle magnifiche sette che hanno determinato 600 punti dei mille punti di avanzamento dell’S&P 500 nell’ultimo anno (oggi a quota 4800). Le 7 aziende appartengono a tre diversi industrie: Information Technology (Microsoft, Apple, Nvidia), consumi discrezionali (Amazon e Tesla) e servizi di telecomunicazione (Google e Meta). Guardando alle revisioni degli utili ed alle sorprese che hanno generato queste performance, non è sufficiente nemmeno l’analisi settoriale, occorre scendere al dettaglio della singola azione. Ognuna ha avuto un destino diverso: per qualcuna non ci sono state revisioni, per altre aggiustamenti al rialzo e per un paio addirittura al ribasso. Emblematico è il caso di Nvidia, passata da una stima delle vendite di 30 miliardi a inizio anno a 60 miliardi di dollari a fine 2023, così come gli utili per azione sono passati da 4 a 12 dollari.

    Fig.3 Le valutazioni relative alle Magnifiche 7 non mostrano eccessi rispetto alla dinamica degli utili

    Tuttavia, questi dati da soli non forniscono indicazioni sufficienti all’investitore in merito alla necessità di poter trarre vantaggio da queste società. È un tema di prospettive: le valutazioni relative delle Magnifiche 7 non mostrano eccessi rispetto alla dinamica degli utili. Il quadro attuale è ben diverso da quello del 2000: le protagoniste sono state società ben gestite, con fondamentali finanziari eccezionalmente solidi e caratterizzate da una redditività aziendale ragguardevole. Col passare del tempo, il tema dell’AI evolverà, evolveranno i protagonisti e occorrerà capacità di selezione.

  • Robeco: Azionario emergente, venti di cambiamento

    Robeco: Azionario emergente, venti di cambiamento

    A cura di Wim-Hein Pals, Head of Emerging Markets Equities di Robeco

    Le azioni dei mercati emergenti hanno registrato una performance positiva in un contesto di rialzo dei rendimenti statunitensi e di sfide geopolitiche in Ucraina e Medio Oriente.

    Prima di parlare di prospettive, vediamo di approfondire la situazione geopolitica, in una logica di più lungo periodo. A questo proposito, emergono tre questioni. Innanzitutto, vi è il ruolo essenziale che alcuni Paesi emergenti svolgono nella produzione di tecnologie informatiche cruciali. Ad esempio, l’IA generativa sarebbe impossibile senza la fornitura di chip di memoria ad alta tecnologia. In particolare, le aziende coreane e taiwanesi, attive nell’hardware informatico, sono leader mondiali nel loro settore. Hanno svolto un ruolo chiave nella catena di fornitura ai massimi livelli e continueranno a farlo. La Cina intende recuperare terreno in questo settore e diventare autosufficiente nella tecnologia di fascia alta, ma il Paese è in ritardo di almeno tre anni rispetto a Corea e Taiwan. I player principali di questi Paesi continueranno a operare ai massimi livelli anche negli anni a venire.

    Cina + 1

    In secondo luogo, c’è la cosiddetta strategia “Cina +1”, alla quale aderiscono sempre più aziende operanti a livello globale. Con questo termine si intende la necessità che le grandi industrie di Stati Uniti, Europa e Giappone diventino meno dipendenti dalla Cina in termini di produzione. Un argomento economico importante è che la Cina ha smesso di essere un “paradiso dei bassi salari”. L’India, l’Indonesia, le Filippine e il Vietnam hanno ottenuto risultati migliori e sono diventati un’alternativa interessante per le aziende occidentali. L’espansione della capacità produttiva non è quindi più una pratica standard in Cina. Oltre a questi Paesi asiatici, anche il Messico e il Brasile ne escono molto meglio. Il Messico, in particolare, sta beneficiando di questa tendenza, nota anche come “nearshoring”. Si tratta di costruire impianti di produzione americani appena al di là del confine, in Messico, dove la produzione è molto più economica e la comunità imprenditoriale non deve tenere conto delle sanzioni del governo statunitense.

    Ciò è in contrasto con le restrizioni commerciali imposte dagli Stati Uniti in alcuni settori nei confronti della Cina. Infine, c’è la valutazione dei cambiamenti geopolitici nel corso del prossimo decennio. Il baricentro si sta spostando dall’Occidente – guidato dagli Stati Uniti – alla Cina e all’India. Il panorama è ora molto più diviso tra i tre principali blocchi economici e politici: Stati Uniti, Europa e Asia, con delegazioni nelle grandi istituzioni attualmente dominate da Stati Uniti ed Europa. La Cina e l’India, pur essendo rivali strategici, diventeranno contrappesi politici ed economici sempre più importanti per gli Stati Uniti e l’Europa. Istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale saranno gestite in modo più equo in base al ruolo che un Paese svolge sulla scena mondiale, in termini di dimensioni dell’economia e della popolazione.

    Il potere politico si sta spostando verso est

    Bisogna inoltre tenere presente che le attuali sanzioni sulla tecnologia “sensibile” rinviano lo sviluppo della Cina al massimo di qualche anno. Ma il rinvio non significa certo cancellazione. Quindi, abituatevi a un nuovo equilibrio geopolitico nel mondo, con un maggiore potere per i principali Paesi emergenti, come Cina, India, ma anche Brasile, Messico e Indonesia. In realtà, una rappresentazione del mondo molto migliore di quella attuale, con una quota di potere sproporzionata nel tradizionale mondo sviluppato. Sulla scena finanziaria globale, i Paesi emergenti citati sono altrettanto sottorappresentati, se si guarda ai vari indici azionari. Vediamo quindi un grande potenziale di rialzo e un crescente afflusso di denaro verso i Paesi attualmente poco investiti.

    Tre driver per le azioni dei mercati emergenti

    Guardando alle prospettive a breve termine, concludiamo che le prospettive per i mercati emergenti per il prossimo trimestre e per il prossimo anno sono positive e le ragioni sono tre. In primo luogo, vediamo che i rendimenti del Tesoro USA a 10 anni hanno raggiunto un picco del 5% (attualmente al 4,1%), il che lascia spazio a una maggiore propensione al rischio da parte degli investitori. Pertanto, dato il rischio più elevato percepito per gli asset dei mercati emergenti, prevediamo un miglioramento del sentiment e quindi dei flussi di fondi verso le azioni dei mercati emergenti. In secondo luogo, la valutazione a buon mercato dimostra l’attrattiva di lungo periodo, anche se sappiamo che la valutazione di per sé è un pessimo indicatore di timing. Infine, un indicatore di timing migliore è rappresentato dalla crescita degli utili. Dopo un calo degli utili del 5% nell’MSCI EM nel 2023, il consenso stima una crescita degli utili del 18% per il prossimo anno. I venti di coda per il rimbalzo degli utili sono: (1) l’enorme crescita dei numeri coreani e taiwanesi, grazie alla forte resistenza del settore dell’hardware IT, e (2) la riduzione dei tassi di interesse per le società dei mercati emergenti, grazie al diffuso allentamento monetario in tutta l’area.

  • J. SAFRA SARASIN Outlook 2024: Restiamo cauti sul mercato azionario

    J. SAFRA SARASIN Outlook 2024: Restiamo cauti sul mercato azionario

    A cura di Karsten Junius, CFA, Chief Economist di J. Safra Sarasin

    Restiamo cauti sul mercato azionario globale per il 2024. Questa opinione è dovuta principalmente alle valutazioni degli Stati Uniti, che sono prezzate per uno scenario macro molto favorevole e, di conseguenza, non sono in linea con il nostro scenario macro di base. Tuttavia, riteniamo che vi siano opportunità all’interno del mercato azionario, mentre continuiamo a preferire il reddito fisso. Per questo motivo, la nostra classifica privilegia i settori che potrebbero beneficiare di tassi più bassi. In termini di regioni, il mercato dell’area dell’euro appare più interessante dopo la recente sottoperformance e dato che potrebbe ricevere un certo sostegno da una stabilizzazione del ciclo in Cina. Inoltre, le azioni svizzere dovrebbero trarre vantaggio dall’attenuarsi dei venti contrari ai tassi e le azioni giapponesi potrebbero invertire alcuni dei loro recenti guadagni a causa del rimbalzo dello yen in un ciclo globale in rallentamento.

    Il mercato azionario statunitense rimane prezzato per un contesto economico molto favorevole. Il premium che gli investitori azionari possono guadagnare rispetto ai titoli del Tesoro USA nei prossimi 12 mesi è al livello più basso degli ultimi 20 anni. A questi livelli, le azioni appaiono interessanti solo se la crescita del PIL e degli utili dovesse reggere e accelerare nei prossimi anni. Con l’aumento della crescita del PIL statunitense a quasi il 5% (annualizzato) nel terzo trimestre, i timori di recessione si sono completamente dissolti e i prezzi di mercato sono tornati a livelli visti solo durante le più forti espansioni economiche degli ultimi 30 anni.

    A nostro avviso, questa situazione non è sostenibile. È improbabile che l’economia americana continui ad avere una crescita del PIL del 3%-4% nei prossimi trimestri, piuttosto che rallentare ai tassi di crescita medi di lungo periodo e potenzialmente entrare in recessione a metà del 2024. Guardando all’indicatore di crescita del PIL della Fed di Atlanta, che è stato estremamente accurato nel prevedere la crescita del PIL in una fase molto precoce del terzo trimestre, la normalizzazione del ciclo sta già diventando visibile. Al momento indica che la crescita del PIL dovrebbe attestarsi intorno al 2% nel 4° trimestre, il che farebbe propendere per un premio al rischio azionario nettamente superiore ai livelli attuali.

    Tuttavia, è improbabile che un aggiustamento del premio per il rischio azionario sia determinato solo dal calo dei mercati azionari. Se la crescita dovesse rallentare, un calo dei rendimenti contribuirebbe probabilmente a normalizzare il premio di rischio azionario. Per quanto riguarda l’impatto sul premio di rischio azionario, un calo di 100 pb del rendimento a 10 anni equivale all’incirca a un calo del 10%-15% del livello dell’indice azionario. Pertanto, se la crescita dovesse rallentare al 2,5% in modo duraturo, il premio di rischio azionario dovrebbe salire al 3%. Se i rendimenti scendessero di 150 pb in un simile scenario, il mercato azionario statunitense dovrebbe scendere di circa il 10% per riportare in equilibrio il premio di rischio azionario e la crescita del PIL, secondo la loro relazione teorica.

    La conclusione più ovvia di queste osservazioni è una chiara preferenza per il reddito fisso. Se la crescita degli Stati Uniti dovesse scendere dai livelli attualmente elevati, come prevediamo avvenga nel 2024, il potenziale di riprezzamento del reddito fisso è notevole, mentre il rialzo per le azioni sarebbe molto limitato. Ciò si ripercuote sulle nostre preferenze settoriali globali. Preferiamo i settori che di solito beneficiano di un riprezzamento dei tassi e che resistono anche se il ciclo dovesse rallentare. Tra questi vi sono i tipici settori difensivi come i beni di prima necessità e l’assistenza sanitaria, ma anche i settori più a leva dell’universo difensivo, come i servizi di pubblica utilità e gli immobili residenziali.

    Per quanto riguarda le nostre preferenze regionali, le valutazioni forniscono un messaggio piuttosto chiaro. Ogni regione è valutata in modo più interessante rispetto agli Stati Uniti sulla base dei PE forward a 12 mesi e la maggior parte delle regioni scambia al di sotto delle proprie medie decennali. Questo si aggiunge a un quadro ciclico che nell’ultimo anno è stato sostanzialmente più debole in Europa e in Asia, il che implica che la maggior parte dei mercati, a parte gli Stati Uniti, sono prezzati per la debolezza macro che stanno vivendo. Abbiamo aggiornato i titoli azionari dell’area dell’euro dalla posizione di least preferred, dato che sono prezzati per un rallentamento e che potrebbero trarre sostanziali benefici se la Cina riuscisse a rilanciare il proprio ciclo macro. I dati più recenti suggeriscono almeno che una stabilizzazione non è in corso.

    Negli ultimi mesi l’impulso creditizio cinese ha oscillato intorno alla linea dello zero, il che fornisce un certo sostegno all’area dell’euro. In genere, i PMI dell’area dell’euro seguono l’impulso creditizio cinese con un ritardo di circa 9 mesi. Ciò significa che, anche se c’è una sostanziale incertezza su come sarà l’economia cinese in futuro, i recenti sforzi del governo per stabilizzare la crescita al 5% dovrebbero avere un impatto positivo a breve termine sulla crescita dell’area dell’euro. A parte questo, riteniamo che nel 2024 il mercato svizzero dovrebbe fare molto meglio di quanto non abbia fatto nel 2023, in quanto l’aumento dei tassi sarà probabilmente un vento contrario molto più contenuto e le sue caratteristiche difensive saranno positive. Al contrario, è probabile che le azioni giapponesi invertano alcuni dei guadagni registrati negli ultimi mesi, che sono stati in gran parte il risultato della debolezza dello yen. La fine del rialzo dei rendimenti statunitensi significherebbe anche la fine della debolezza dello yen. Pertanto, uno yen più forte dovrebbe pesare sulle azioni giapponesi rispetto al resto del mondo nel 2024.

  • Pictet AM – Prospettive di crescita globale: favorite le obbligazioni dei mercati emergenti e l’azionario di qualità

    A cura della Strategy Unit di Pictet Asset Management

    17.01.2024

    • Azioni e obbligazioni hanno registrato un forte rally, in scia alle attese degli investitori di un allentamento monetario aggressivo nel 2024; i tassi diminuiranno, ma non così bruscamente come previsto dai mercati
    • Le azioni svizzere e giapponesi rappresentano interessanti opportunità di investimento, se confrontate con quelle statunitensi, che appaiano più costose
    • La diversificazione degli investimenti si estende anche alle valute, con un’aspettativa di indebolimento del dollaro statunitense e un focus su mercati emergenti

    Il 2023 era iniziato con prospettive incerte per l’economia globale, timori di un’inflazione incontrollata e di un aumento dei tassi di interesse che avrebbero potuto innescare una recessione globale. Un anno dopo, gli investitori si trovano davanti a un significativo cambiamento del panorama economico. L’economia globale potrebbe rallentare, ma rimane abbastanza resiliente da evitare un hard landing. L’inflazione è in calo in tutto il mondo, sebbene con qualche ostacolo, fatto che incoraggerà la maggior parte delle principali banche centrali a terminare la politica di stretta monetaria e a iniziare a tagliare i tassi di interesse nei prossimi mesi. Nelle ultime settimane del 2023, le aspettative per uno scenario “Goldilocks” di questo tipo hanno dato luogo a un forte trade reflazionistico sui mercati. Ma abbiamo motivi per essere cauti, non da ultimo perché sembra che gli investitori stiano correndo troppo in un momento in cui le dinamiche di mercato di fine anno potrebbero distorcere i prezzi. Ecco perché preferiamo essere in linea con il benchmark nella nostra asset allocation, declassando le obbligazioni a neutrali e promuovendo a neutrale la liquidità. Rimaniamo neutrali anche sulle azioni.

    La nostra analisi del ciclo economico mostra che è improbabile che gli Stati Uniti riacquistino presto la leadership nella crescita tra le economie sviluppate. I settori manifatturiero e immobiliare hanno subito un rallentamento, mentre gli indicatori anticipatori suggeriscono che gli investimenti di capitale si contrarranno nei prossimi mesi in linea con le basse aspettative di spesa futura. Inoltre, ci aspettiamo un prossimo rallentamento dei consumi statunitensi nei servizi. Questo perché i consumatori statunitensi stanno esaurendo una buona parte dei propri risparmi, scesi a soli 337 miliardi di dollari in ottobre rispetto al massimo di 1.800 miliardi di dollari a metà 2021. Prevediamo che tale cifra si azzererà entro la fine del primo trimestre del 2024. Allo stesso tempo, il mercato del lavoro statunitense mostra i primi segni di indebolimento. Le offerte di lavoro sono calate di circa 3 milioni rispetto al picco raggiunto a metà del 2022. Per tali ragioni, anche con un calo dell’inflazione più rapido del previsto, non crediamo che la Fed riterrà opportuno intervenire per abbassare i tassi reali. Ci aspettiamo che la banca centrale USA tagli i tassi tre o quattro volte quest’anno, uno scenario molto meno accomodante di quanto prezzato dal mercato obbligazionario.

    La nostra analisi della liquiditàsupporta la nostra posizione neutrale nell’asset allocation. L’eccesso di liquidità globale, ovvero la differenza tra il tasso di incremento dell’offerta di denaro e la crescita del PIL nominale, è solo leggermente positivo. A nostro avviso, eventuali futuri tagli dei tassi da parte della Fed sarebbero finalizzati a evitare tassi di interesse reali eccessivamente elevati. Ciò significa che le aspettative del mercato di un allentamento fino a 150 punti base, il doppio di quanto segnalato nell’ultimo meeting della Fed, appaiono eccessive. È altrettanto improbabile che altre banche centrali operino tagli aggressivi dei tassi d’interesse, dato il rischio di riaccendere l’inflazione. Per contro, riteniamo che l’allentamento della politica monetaria della Cina sia insufficiente. Le autorità monetarie hanno bisogno di ulteriori tagli dei tassi di interesse per contrastare le pressioni derivanti dalla riduzione del debito di bilancio strutturale che mette a rischio i settori dell’economia fortemente indebitati.

    Il nostro modello di valutazione mostra che le azioni sono ancora relativamente care anche dopo il rally obbligazionario, in particolare negli Stati Uniti, dove il premio per il rischio azionario si attesta a un minimo pluriennale del 3,8%. Prevediamo che la crescita degli utili societari delle aziende sviluppate sarà ben inferiore alle stime degli analisti, soprattutto negli Stati Uniti, dove il nostro scenario di base per un aumento dell’EPS del 2,5% è meno di un quinto delle stime di mercato. Sebbene le obbligazioni offrano valore nel lungo termine, in particolare i Treasury, l’asset class sembra leggermente ipercomprata considerando il recente rally. Pertanto, i nostri indicatori tecnici sono neutrali sia per le azioni che per le obbligazioni.

    Fig.1 – Griglia mensile dell’asset allocation

    GENNAIO 2024

    Fonte: Pictet Asset Management

    Regioni e settori azionari: troppo e troppo presto

    L’eccezionale performance di fine anno del mercato azionario ha realizzato, in poco più di un mese, gran parte delle aspettative per l’intero 2024. Di conseguenza, rimaniamo cauti sull’asset class, nonostante i segnali positivi provenienti dalla Fed in merito alla probabilità di un taglio dei tassi. Gli investitori hanno scontato rapidamente uno scenario “Goldilocks” di inflazione in rapido calo e di rispettivi tagli dei tassi di interesse, in un contesto di crescita relativamente stabile. In particolare, i titoli azionari statunitensi sembrano aver fatto il passo più lungo della gamba, sia dal punto di vista tecnico che di valutazione, motivo per cui manteniamo un sottopeso sul mercato. Un segnale di allarme emerge quando si confrontano i rapporti P/E delle azioni statunitensi con le misure di volatilità del mercato. Rispetto all’indice VIX, il P/E delle azioni statunitensi è stato superiore ai livelli attuali solo una volta negli ultimi 30 anni (Fig.2). Preso singolarmente, questo dato suggerisce che le azioni statunitensi sottoperformeranno le obbligazioni del 15% nel corso dell’anno. Sulla base del solo P/E, invece, il mercato è sopravvalutato di circa il 5%. Il risultato è che qualsiasi ulteriore guadagno per i titoli statunitensi può avvenire solo attraverso un aumento della crescita degli utili societari. Naturalmente, la liquidità della Fed avrà un ruolo nel comportamento dei mercati azionari. A partire dalla pandemia, calcoliamo che circa l’80% della varianza del mercato azionario statunitense derivi dalla posizione di liquidità relativa della Fed. I fattori tecnici relativi alle operazioni monetarie della Fed nei prossimi mesi potrebbero ancora far guadagnare un paio di punti percentuali a questo rally.

    Fig.2 – Valutazioni eccessive?

    Indice S&P 500 vs rapporto forward P/E a 12 mesi S&P 500 diviso per l’indice VIX

    Fonte: Refinitiv, Pictet Asset Management. Dati relativi al periodo dal 29/06/1990 al 15/12/2023.

    Dall’altra parte, se il mercato statunitense appare nuovamente costoso, le azioni di altri Paesi sembrano più appetibili: continuiamo a sovrappesare le azioni svizzere e giapponesi. Il mercato svizzero è orientato verso i titoli di qualità, che riteniamo essere quelli in cui gli investitori dovrebbero allocare il capitale in questa fase del ciclo economico. L’ottima performance delle azioni giapponesi quest’anno implica che il mercato offre meno valore rispetto al passato, ma per il momento le spinte strutturali legate all’uscita dalla deflazione e un forte programma di riforme societarie continuano ad essere di supporto. Tra i comparti, privilegiamo i titoli quality e value. Manteniamo il sovrappeso sull’energia. Sebbene i prezzi del petrolio si siano ridotti, un calo dei tassi di interesse dovrebbe sostenere la domanda. Allo stesso tempo, le tensioni in Medio Oriente, non da ultimo gli attacchi alle navi nel Mar Rosso da parte dei ribelli e dei pirati dello Yemen, potrebbero innescare un’impennata dei prezzi del greggio. Un contesto economico più debole dovrebbe continuare a favorire i beni di consumo di prima necessità, in cui deteniamo una posizione superiore all’indice, e penalizzare i consumi discrezionali, in cui manteniamo un sottopeso. Il consumatore statunitense è rimasto sorprendentemente resiliente finora, ma riteniamo che ci siano segnali di allarme provenienti dalle famiglie a basso reddito e dal mercato del lavoro. Nel lungo termine, l’andamento delle azioni dipenderà dal comportamento delle economie, ovvero se ritorneranno al regime post-crisi finanziaria globale di disinflazione e tassi di interesse vicini allo zero o a un’era pre-2008 di inflazione più pronunciata e tassi reali più alti.

    Reddito fisso e valute: margine di crescita per i mercati emergenti

    La rarità tende a rendere le cose più preziose. Il prossimo anno, con il rallentamento dell’economia mondiale, la crescita diventerà un bene sempre più raro. Tra i pochi a possederlo ci saranno i mercati emergenti (ME) e ciò dovrebbe giocare a favore delle loro obbligazioni in valuta locale. Prevediamo che la crescita nei Paesi sviluppati si dimezzerà nel 2024 scendendo allo 0,8%, ben al di sotto del suo potenziale. Per contro, il ritmo di espansione nei Paesi in via di sviluppo dovrebbe effettivamente accelerare leggermente fino a raggiungere il 3,9%, appena al di sopra del potenziale. La nostra ricerca mostra che un premio di crescita significativo e in aumento che tende a favorire le valute e le obbligazioni dei mercati emergenti, e per tale ragione continuiamo a sovrappesare il debito in valuta locale dei paesi emergenti.

    Anche i Treasury USA hanno potenziale di crescita, nonostante il recente e significativo rally. In primo luogo, i nostri modelli di valutazione suggeriscono che le obbligazioni statunitensi appaiono particolarmente interessanti rispetto alle azioni statunitensi. In secondo luogo, i Treasury tendono a performare bene in tempi di maggiore avversione al rischio, e potrebbero quindi rappresentare un’utile copertura in un anno in cui le tensioni politiche globali sono destinate a rimanere elevate: in numerosi Paesi (non da ultimo negli Stati Uniti) sono previste elezioni e vi è molta incertezza sul percorso di crescita, inflazione e tassi. Data l’attuale curva dei rendimenti statunitense relativamente piatta, vediamo il miglior potenziale nei titoli con maturity a breve termine (fino a circa 5 anni). Per i titoli di riferimento a 10 anni, le nostre previsioni di inflazione e crescita suggeriscono un rendimento al fair value pari al 3,75%, rispetto ai livelli attuali pari a circa il 3,9%. Con le aspettative sull’inflazione ora tornate ai livelli pre-Covid, vediamo valore nelle obbligazioni statunitensi protette dall’inflazione, soprattutto per i portafogli globali multi asset.

    Fig.3 – Vantaggio in termini di rendimento

    Obbligazioni sovrane dei mercati sviluppati ed emergenti, rendimenti reali a 10 anni, %

    Fonte: Refinitiv DataStream, FMI, Pictet Asset Management. * Rendimenti reali basati sul rendimento dei titoli di Stato a 10 anni in valuta locale meno il tasso di inflazione a lungo termine previsto (utilizzando le previsioni del FMI per il 2028). Dati relativi al periodo dal 19/12/2018 al 19/12/2023.

    Per quanto riguarda i mercati del credito, continuiamo a privilegiare le obbligazioni di elevata qualità, in particolare il debito investment grade statunitense. Il credito ha tenuto molto bene, soprattutto in un momento di rallentamento della crescita economica e di aspettative in calo per la crescita degli utili societari. Le obbligazioni high yield non sono invece al momento particolarmente interessanti. Sebbene il recente calo dei rendimenti obbligazionari riduca il costo di rifinanziamento del debito per i debitori non investment grade, riteniamo che gli spread high yield statunitensi (circa 350 punti base alla fine di dicembre 2023) siano troppo esigui per essere giustificati a fronte del fatto che i tassi di insolvenza sembrano destinati ad aumentare. In effetti, si tratta di uno degli asset a reddito fisso più costosi della nostra griglia di valutazione.

    Per quanto riguarda le valute, vediamo un ulteriore indebolimento del dollaro statunitense. Con il calo dei tassi di interesse statunitensi (prevediamo da tre a quattro tagli nel 2024) i differenziali dei tassi di interesse smetteranno di sostenere il biglietto verde. Il dollaro è sotto pressione anche a causa della sua elevata valutazione e di un picco nella performance relativa dell’economia statunitense. I beneficiari del calo della valuta statunitense includeranno le valute dei mercati emergenti. Ma siamo anche positivi sullo yen giapponese e sul franco svizzero. Sia in Giappone che in Svizzera assisteremo a un progressivo inasprimento della politica monetaria rispetto al resto dei Paesi sviluppati. Secondo i nostri modelli, lo yen è sottovalutato di circa il 20-30% e, a differenza di altre grandi banche centrali, la Bank of Japan (BoJ) sta assumendo un atteggiamento più aggressivo. Riteniamo che l’imminente normalizzazione della politica della BoJ, insieme agli afflussi di capitale, sarà un potente catalizzatore per trainare lo yen verso l’alto. Il franco svizzero, invece, beneficia delle sue proprietà difensive, nonché della crescita non inflazionistica e della disciplina fiscale del Paese. Manteniamo, infine, il sovrappeso sull’oro con un target di prezzo di 2.150 dollari l’oncia entro la fine del 2024. L’oro non è a buon mercato, ma l’atteso calo dei tassi USA e del dollaro, nonché l’offerta mondiale piatta, compensano abbondantemente.

  • Capital Group: La nuova normalità per l’azionario nel 2024

    Capital Group: La nuova normalità per l’azionario nel 2024

    A cura di Winnie Kwan, Gestore di portafoglio di Capital Group

    La parola chiave, per noi, è “normalizzazione”. Stiamo entrando in un contesto di probabile normalizzazione di inflazione e tassi d’interesse. L’era del quantitative easing (QE) è finita, e dobbiamo iniziare a fare i conti con tassi d’interesse reali nei mercati sviluppati compresi tra l’1 e il 2%, livelli più elevati di quelli a cui molti di noi sono stati abituati per oltre un decennio.

    Un altro aspetto in via di normalizzazione è il rapporto tra azionario e obbligazionario. I dati storici ci dicono che le due asset class hanno generato contemporaneamente rendimenti positivi nell’arco di 33 degli ultimi 46 anni. L’unico anno in cui è accaduto l’opposto è stato il 2022. Ma considerate le loro performance nel 2023, sembra che stiamo tornando a un rapporto più normale tra le due asset class.

    Al momento c’è un’enorme quantità di liquidità ai margini, con circa 5600 miliardi di dollari USA investiti in strumenti del mercato monetario a fine settembre 2023. La liquidità, ultimamente, ha generato rendimenti apprezzabili grazie all’aumento dei tassi d’interesse registrato in tutti i mercati sviluppati. Ma quando la sua quantità raggiunge livelli così inediti, si tratta spesso di un segnale che gli investitori farebbero bene a valutare la possibilità di diversificare.

    Guardando agli ultimi quattro cicli di aumento dei tassi negli Stati Uniti (dal 1977 al 2023), nei 12 mesi successivi all’ultimo rialzo da parte della Federal Reserve USA (Fed) i titoli azionari a livello globale hanno generato un rendimento cumulativo medio del 14%. La liquidità ha reso solo il 4,5%, mentre il rendimento dell’obbligazionario si situa all’incirca a metà tra quello di liquidità e azioni. Ipotizzando che la storia si ripeta, una volta che i tassi avranno raggiunto il proprio picco i rendimenti dei fondi del mercato monetario scenderanno e agli investitori converrà diversificare tra azioni e obbligazioni.

    Nel 2023 l’indice S&P 500 ha messo a segno ottimi risultati (con rendimenti da inizio anno a oggi pari al 14,6% ), trainati tuttavia in buona parte dai titoli delle “magnifiche sette”: Alphabet, Amazon, Apple, Meta Platforms, NVIDIA e Tesla. Al di fuori di queste sette società le valutazioni sono reputate abbastanza normali. Di fatto alcuni settori sono in perdita sull’anno dato che l’economia statunitense si trova nel bel mezzo di una “rolling recession”, che si ha quando diversi settori sperimentano una flessione in diversi momenti.

    Nel 2022, ad esempio, il settore immobiliare residenziale USA ha evidenziato una brusca contrazione dopo che la Fed ha iniziato a innalzare aggressivamente i tassi d’interesse. Oggi sembra che stia iniziando a riprendersi, mentre altre aree del mercato immobiliare, come quello commerciale, rimangono in crisi.

    Il settore dei semiconduttori, allo stesso modo, è stato fortemente penalizzato dai timori sulle catene di approvvigionamento e dalla minore domanda di chip nel 2022, con il conseguente crollo dei titoli. Nel 2023, invece, il contesto si è stabilizzato, con la ripresa della domanda e i titoli del settore divenuti una delle forze trainanti dei mercati azionari globali.

    L’industria chimica mostra poi segnali di un esaurimento delle scorte, e una situazione simile si registra anche in determinati segmenti del settore industriale. Il messaggio, insomma, è che l’azionario ha ancora molto da offrire e che gli investitori rimasti finora a guardare possono ancora trarre profitto dall’asset class.

    Un’area che ci piace in questo momento è quella dei titoli azionari dividend. Nel 2022 le azioni che versano dividendi hanno agito da cuscinetto, controbilanciando in parte i ribassi, ma nel 2023 hanno sottoperformato il resto del mercato. Una parte di questa sottoperformance è giustificata dall’aumento dei rendimenti dei Treasury USA a lungo termine, che ha penalizzato i risultati di molti “bond proxy” .

    Abbiamo l’impressione che alcune aree dell’azionario dividend siano state punite ingiustamente, tra cui quella dei “dividend grower”, che versano sistematicamente dividendi via via maggiori. Dalle analisi di Capital Group emerge che i dividend grower sono tipicamente società di maggiore qualità caratterizzate da una migliore allocazione del capitale. Ciò dipende dal fatto che si tratta generalmente di aziende con utili in crescita e flussi di cassa disponibili tali da favorire la crescita dei dividendi. Questi titoli, di conseguenza, presentano una volatilità generalmente inferiore e hanno maggiori chance di battere il mercato sottostante. Dato il numero di società penalizzate dalla più ampia flessione dei titoli dividend, i dividend grower rappresentano di certo un’interessante area in cui andare alla ricerca di opportunità alle porte del 2024.

    Un’altra conseguenza di ciò è il potenziale ampliamento dell’attuale rally del mercato azionario. La storia ci insegna che i rally di una ristretta platea di titoli in seguito a una recessione sono stati spesso seguiti da stabili guadagni da parte del mercato nel suo insieme, il che significa che è possibile trovare opportunità anche al di fuori delle magnifiche sette.

    Sotto il profilo settoriale, stiamo guardando ai settori industria, sanità ed energia. Il mix tra basse valutazioni e vincoli all’offerta ha dato luogo a un gran numero di opportunità interessanti tra le aziende energetiche statunitensi ed europee. Un altro settore interessante è quello delle tecnologie mediche negli Stati Uniti a causa del derating subito nel 2023 nonostante un’innovazione ininterrotta.

    Per quanto riguarda l’innovazione, pensiamo che rappresenti un fattore essenziale per il successo degli investimenti a lungo termine. L’innovazione favorisce crescita e produttività. E una maggiore produttività può aiutare a porre un freno all’inflazione. I nostri professionisti degli investimenti continuano a svolgere ricerche sull’IA e la conclusione, per ora, è che sarà un grosso affare.

    Stiamo iniziando ad assistere all’adozione, da parte di molte aziende a livello globale, dell’IA generativa per accelerare la propria trasformazione digitale e aumentare la propria produttività migliorando i processi di lavoro già esistenti.

    Un esempio in tal senso è quello di una multinazionale europea di bevande alcoliche e non. La società ha impiegato cinque anni a trasformare i propri dati operativi in un formato digitale e leggibile a macchina. Sfruttando l’IA generativa è poi riuscita ad analizzare istantaneamente i dati sulle proprie vendite dentro e al di fuori dei propri locali commerciali. L’azienda, in tal modo, ha potuto ricavare informazioni in tempo reale su quanto inventario dedicare a ciascun punto vendita o ristorante. Il risultato finale? A parità di budget, oggi la società è in grado di portare avanti 15 campagne di brand marketing allo stesso tempo contro le sole cinque del passato.

  • GAM: Azionario Mercati Emergenti – Il rischio di restare esclusi

    GAM: Azionario Mercati Emergenti – Il rischio di restare esclusi

    A cura di Tim Love, Investment Director responsabile delle strategie azionarie dei paesi emergenti di GAM

    I mercati azionari emergenti sono ancora sottopesati, sottovalutati e poco apprezzati, a nostro giudizio, più che negli ultimi dieci anni. Ciò che manca, secondo noi, è un catalizzatore “risk-on” in grado di liberare il loro intrinseco potenziale di rendimento e far apprezzare agli investitori il limitato potenziale di ribasso di quest’asset class. In breve, i mercati emergenti offrono un profilo di rischio e rendimento invidiabile.

    I mercati internazionali oscillano tra uno scenario Goldilocks e la prospettiva di tassi di interesse alti più a lungo, mentre i flussi locali sono in forte aumento in India, Cina e Taiwan. A ciò si aggiunge la prospettiva di una traiettoria al rialzo durata un decennio e il rischio concreto di non trovarsi pronti quando finalmente ci sarà la svolta per le azioni dei mercati emergenti.

    Ci sono diversi possibili catalizzatori, tra cui il dollaro e il rendimento dei titoli del Tesoro al picco, dopo che l’indice in dollari ha toccato il massimo in 26 anni. Entrambi i fattori favorirebbero molto le azioni dei mercati emergenti, in particolare i titoli value. Crediamo che le azioni dei mercati emergenti si trovino in una situazione rara, in un’ottica a lungo termine, ovvero presentano entry point ciclici estremamente interessanti, oltre che fattori secolari favorevoli, una confluenza di elementi potente ma rara. Giovano in particolare le valutazioni cross-asset convenienti delle azioni dei mercati emergenti, con ampi dividendi demografici e un Pil pro capite in aumento (soprattutto in India). Anche se la crescita economica globale fosse deludente, è improbabile che le azioni dei mercati emergenti riportino performance inferiori ai Paesi sviluppati. Secondo noi, hanno un buon potenziale di rialzo in dollari.

    I fattori trainanti per i mercati azionari emergenti sono molteplici. Tra i fattori ciclici positivi ci sono il Pil e i ricavi aziendali più elevati di quelli dei mercati sviluppati, oltre a una “crescita a prezzi ragionevoli” più bassa, in presenza di un buon rendimento. Le azioni dei mercati emergenti, a nostro giudizio, sono interessanti per chi investe in valore, crescita e rendimento.

    L’evoluzione delle azioni dei mercati emergenti

    Quest’asset class non assomiglia più molto al vecchio indice dei mercati emergenti di un decennio fa. Nel 2004 l’indice aveva solo quattro Paesi investment grade ai primi 11 posti, oggi ce ne sono nove. Il debito e le dinamiche di servizio del debito nei mercati emergenti, sia per i titoli di Stato che per le obbligazioni societarie, sono assai inferiori a quelli dei Paesi sviluppati. I Paesi emergenti hanno generalmente evitato il decennio di Quantitative Easing caratterizzato da tassi reali negativi e, ciononostante, presentano ancora carry elevati, sebbene le banche centrali segnalino un’inflazione dei prezzi alla produzione e al consumo inferiore ai tassi nominali. I due Paesi non investment grade, Sud Africa e Brasile, hanno valute relativamente stabili, malgrado l’incertezza sulle aspettative sul Pil globale.

    La presenza di centri d’eccellenza nella robotica/intelligenza artificiale (Corea/Cina), veicoli elettrici (Cina), consulenza globale (India), materiali per veicoli elettrici (platino in Sud Africa, litio/rame in America Latina, terre rare in Malesia) e centri industriali d’alta gamma per l’onshoring in Polonia/Messico e Vietnam/Romania, sono fonti importanti degli investimenti esteri diretti e degli utili per azione dei Paesi emergenti. Non sono più le economie degli anni ‘90 basate sulle esportazioni, agricole e a basso valore aggiunto. La qualità e la capacità di resistenza portano a una maggiore stabilità degli utili per azione, e potenzialmente a un obiettivo di espansione dei multipli più alto.

    La domanda locale in India è enorme, basti pensare al numero dei nuovi conti bancari negli ultimi dieci anni (più dell’UE). A ciò si aggiunga che l’economia cinese beneficerà degli stimoli fiscali introdotti. e si giunge a un lungo elenco di fattori strutturali positivi. Nel breve termine, un’economia pianificata come la Cina può risolvere le problematiche economiche più direttamente, con il coordinamento a livello statale.

    Il rischio di restare esclusi

    Le valutazioni e i prezzi delle azioni dei mercati emergenti sono vicino ai minimi storici, mentre l’opposto vale per le azioni dei mercati sviluppati. Il periodo 2010-2023 assomiglia al decennio perduto dei mercati azionari emergenti, per via delle crisi asiatiche e della SARS nel 1994-2004, prima della massiccia rivalutazione successiva.

    Un primo catalizzatore è stato il segnale di riduzione del costo del capitale a fine ottobre/inizio novembre 2023. Abbiamo assistito a un rally dell’azionario, al calo dei rendimenti obbligazionari e alla svalutazione del dollaro dopo la pubblicazione di dati che indicavano il rallentamento dell’inflazione complessiva e core a ottobre. I dati più deboli del previsto hanno alimentato la speranza che il ciclo di rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve fosse giunto al termine e che ci sarebbero stati dei tagli nel 2024. In tale scenario, le azioni dei mercati emergenti dovrebbero continuare a sovraperformare gli strumenti alternativi cross-asset, nonché le azioni dei mercati sviluppati.

    Il rischio è chiaramente di restare esclusi, non il contrario, eppure le azioni dei mercati emergenti vengono ancora erroneamente percepite come dipendenti dal flusso degli utili per azione del passato. Noi crediamo che la percezione sia rimasta indietro rispetto alla realtà. La paura di restare tagliati fuori e di non riuscire a sfruttare un rally emerge quando si comprende che il costo opportunità potrebbe essere alto. A quel punto si comprenderanno i meriti di quest’asset class. A noi sembra dunque che la definizione stessa di mercati azionari emergenti non sia corretta, così come i prezzi e la conoscenza di questi mercati. Crediamo che la rivalutazione dei multipli di utile possa riaccendere l’entusiasmo come avvenne nel 2004/2008. E anche questa volta potrebbe toglierci il fiato.

  • GAM: Azioni giapponesi più brillanti

    GAM: Azioni giapponesi più brillanti

    A cura di Lukas Knüppel, Investment Manager e gestore del fondo GAM Star Japan Leaders di GAM

    Ad oggi, il mercato azionario giapponese è stato uno dei più performanti nel 2023, con l’indice TOPIX (Tokyo Stock Price Index) in rialzo del 25,9% su base annua al 27 novembre 2023. Questo risultato è superiore a quello dell’indice S&P 500, che nello stesso periodo è salito del 18,5%. Una delle ragioni della forte performance del mercato è il rally del valore in Giappone. Abbiamo assistito a una consistente sovraperformance del valore rispetto alla crescita e alla qualità, e il fattore alla base di questa spread è il movimento al rialzo del tasso di interesse statunitense e l’iniziativa del Japan Exchange Group (JPX). Il JPX ha chiesto alle società quotate in borsa di migliorare il rendimento del capitale proprio (ROE) e il rapporto prezzo/valore contabile (PBR), concentrandosi sulle società con ROE e PBR più bassi e appartenenti alla categoria value. Sebbene i titoli value abbiano superato i titoli growth, riteniamo che anche i titoli growth e quality siano pronti per un futuro brillante, dato che i tassi d’interesse statunitensi stanno raggiungendo il loro picco e che i titoli growth e quality sono meglio posizionati per dimostrare la loro forza reddituale e l’efficienza del capitale.

    I cambiamenti di politica della Bank of Japan e le prospettive salariali in Giappone

    In Giappone, la combinazione di alti costi di produzione dovuti all’aumento dei prezzi delle materie prime importate e di una politica monetaria allentata ha portato a un deprezzamento dello yen. Ciò ha innescato l’inflazione in Giappone dopo tre decenni, una notizia gradita ai politici giapponesi poiché consente all’economia del Paese, impantanata in decenni di crescita stagnante e deflazione o disinflazione, di uscire dalla crisi innescando una crescita trainata dagli investimenti privati.

    Il Giappone sta assistendo all’inflazione per la prima volta da decenni e ciò potrebbe rappresentare un’opportunità per la BoJ di passare a un percorso di normalizzazione dei tassi di interesse. Il Ministero delle Finanze giapponese potrebbe aumentare il tasso di interesse presunto pagato sulle obbligazioni nella proposta di bilancio annuale del governo per la prima volta in 17 anni nell’anno fiscale 2024, riflettendo i cambiamenti di politica della BoJ che hanno permesso un aumento dei rendimenti.

    La politica della BoJ prevede un leggero rialzo dei tassi l’anno prossimo, anche se non sarà così drastico come quello che abbiamo visto negli Stati Uniti o in Europa. Tuttavia, in Giappone si registra ancora un piccolo rialzo dei rendimenti; le banche giapponesi, inoltre, hanno registrato performance piuttosto positive negli ultimi due anni proprio in previsione di questa eventualità. Se la BoJ dovesse alzare i tassi nell’anno nuovo, ciò sarebbe in contrasto con le aspettative di altre banche centrali, come la Fed e la Banca Centrale Europea, che ci aspettiamo riducano i tassi sempre nell’anno nuovo. Pertanto, riteniamo che la valuta yen si rafforzerà.

    Sebbene vi sia una crescente aspettativa che la BoJ possa porre fine alla sua lunga politica di tassi di interesse negativi nel 2024, ciò dipende anche dalle prospettive salariali future, che sono incerte. Nonostante la continua inflazione degli ultimi due anni, l’aumento dei salari è rimasto indietro, con una conseguente diminuzione dei salari reali. Le grandi aziende quotate in borsa hanno annunciato aumenti salariali, il che è un segnale positivo per l’economia. Tuttavia, resta da vedere se tali aumenti avverranno anche nelle società a media e piccola capitalizzazione. Una volta confermata la ricontrattazione a livello nazionale, la BoJ avrà più opzioni in termini di controllo del rendimento negativo.

    Ordini di robotica industriale e macchine utensili in Giappone

    Uno degli indicatori chiave del settore industriale in Giappone è rappresentato dalle statistiche mensili degli ordini di robotica industriale e di macchine utensili. Questi riflettono la domanda e gli investimenti nell’automazione e nella produzione, che sono essenziali per la competitività e l’innovazione delle aziende giapponesi.

    Gli ordini di robotica industriale e di macchine utensili hanno attraversato un ciclo discendente negli ultimi due anni, raggiungendo minimi paragonabili alla crisi di Covid del 2020. Tuttavia, prevediamo che presto si registrerà una ripresa, dato che i fondamentali continuano a migliorare.

    Anche il settore dei servizi in Giappone è andato molto bene l’anno appena concluso, poiché il Paese si è ripreso dalla pandemia di Covid e ha ripreso le sue normali attività. Uno dei segni più evidenti di questa ripresa è l’industria del turismo, che è tornata ai livelli di visitatori stranieri precedenti al Covid. Si tratta di uno sviluppo positivo per l’economia giapponese, poiché il turismo contribuisce alla crescita dei consumi e dell’occupazione, oltre che allo scambio e alla diversità culturale.

    Un altro fattore che influisce sulla performance delle azioni giapponesi sono i prezzi delle materie prime e i costi della logistica, che influenzano i costi degli input e i margini. Questi ultimi hanno registrato una tendenza al ribasso dopo il picco raggiunto a metà del 2021, determinato dalle interruzioni della catena di approvvigionamento e dalla domanda repressa dopo le serrate. Prevediamo che questa tendenza continuerà nel 2024, quando i problemi della catena di approvvigionamento saranno risolti e la domanda si normalizzerà. Ciò rappresenterebbe un vento di coda per le aziende, che beneficerebbero di costi di input più bassi e di una maggiore redditività. Da un punto di vista fondamentale, siamo positivi per i prossimi due anni in termini di crescita degli utili.

    Prospettive positive

    A nostro avviso, le prospettive per le azioni giapponesi sono favorevoli, in quanto molti titoli hanno attualmente prezzi interessanti, sia su base relativa che assoluta, con una governance aziendale e una crescita in miglioramento. Per gli investitori, riteniamo che ciò rappresenti un’opportunità interessante per sfruttare i venti di coda che sostengono il mercato azionario giapponese.

  • GAM: AZIONARIO EUROPA LE PROSPETTIVE RESTANO POSITIVE PER IL SETTORE BANCARIO EUROPEO

    GAM: AZIONARIO EUROPA LE PROSPETTIVE RESTANO POSITIVE PER IL SETTORE BANCARIO EUROPEO

    A cura di Niall Gallagher, Investment Director di GAM

    Crediamo che ci siano le prospettive per una rivalutazione delle azioni europee nel 2024. Il mercato azionario europeo (rappresentato dall’indice MSCI Europe) presenta valutazioni ancora interessanti, con PE a termine di 12,5, inferiore ai valori medi a lungo termine, mentre la crescita degli utili prevista per i prossimi due anni è del 6% nel 2024 e del 9% nel 20251. Anche il rendimento da dividendi previsto è assai interessante al 3,7%2 (ben oltre i valori medi), mentre i riacquisti di azioni proprie stanno diventando una componente sempre più importante del mercato europeo, in particolare grazie alle banche e all’energia, con un incremento del rendimento da dividendi del 2% circa che comporta un rendimento da distribuzioni complessivo del 5,7%. Nonostante il sentiment negativo che circonda l’economia europea, è importante ricordare che solamente il 42% dei ricavi dell’indice MSCI Europe deriva dall’Europa occidentale. La maggior parte dei ricavi proviene oggi dalle regioni del mondo in più rapida crescita. In ultima analisi, la diversa esposizione porta a un aumento del tasso di crescita strutturale di quest’asset class. Il multiplo PE a termine della nostra strategia (la media ponderata del multiplo del rapporto tra prezzo e utile a termine delle posizioni della strategia) è in linea con l’indice MSCI. In questo momento ciò indica la mancanza di una preferenza in termini di stile, che riflette il nostro processo di investimento flessibile e non vincolato a uno stile specifico.

    Nonostante il processo di investimento concentrato, i fattori di performance eterogenei nel corso del 2023 dimostrano la nostra intenzione di fondare sia la selezione dei titoli che la costruzione del portafoglio sull’assunzione di rischi idiosincratici, evitando di essere coinvolti nel tedioso dibattito tra titoli growth e value. Secondo noi, è la strategia migliore per gestire il portafoglio e generare alpha nel lungo periodo. Speriamo che tale approccio ci aiuti a non cadere nelle trappole cognitive, dove dobbiamo giustificare la presenza in portafoglio di titoli costosi, oppure nelle trappole di valore che derivano dall’adesione a uno stile di investimento specifico. Ricordiamo ai lettori una delle nostre citazioni preferite di Warren Buffett tratta dalla relazione annuale di Berkshire Hathaway del 1992.

    In previsione del 2024 le prospettive restano, a nostro giudizio, positive per il settore bancario europeo. I prezzi delle azioni sul mercato non riflettono la sostenibilità dell’aumento degli utili/ROE a fronte del ritorno a tassi di interesse positivi. A nostro giudizio, il ritorno ai tassi di interesse estremi del periodo 2008-2021, il minimo in diversi secoli secondo la Bank of England, appare altamente improbabile, eppure è quanto viene scontato nei prezzi azionari. Finché i tassi di interesse resteranno oltre il 2%, le banche potranno continuare a registrare un ROE interessante, ben oltre le stime conservative sul costo del capitale. Eppure, la maggior parte del settore scambia ancora a un valore inferiore a quello contabile, nonostante il rendimento del patrimonio netto tangibile sia tra il 12% e il 20% per la maggior parte dei titoli. Non ha senso.

    Il settore dell’energia condivide alcune “caratteristiche di mercato” tipiche del settore bancario, con valutazioni molto basse rispetto ai dati storici e rendimenti di cassa elevati grazie ai dividendi e ai riacquisti di azioni proprie. Probabilmente ciò dipende dal fatto che molti investitori si rifiutano di investire in questo settore, perché il loro mandato lo preclude oppure perché si sono dimenticati o non sanno come analizzare il settore, come per le banche. Abbiamo già spiegato molte volte negli ultimi tre anni che prevediamo che il prezzo del petrolio resti intorno a un range più alto nei prossimi dieci anni per via della notevole riduzione degli investimenti fissi su scala globale nell’estrazione di idrocarburi a fronte di una domanda (ancora) in aumento, tenendo conto che i Paesi in via di sviluppo non OCSE desiderano lo stesso standard di vita delle classi medie nei Paesi OCSE. Inoltre, nel settore dell’energia probabilmente emergeranno carenze e inefficienze di prezzo a causa degli investimenti di capitale insufficienti. Ciò offrirà opportunità di guadagno in un’ampia gamma di segmenti, tra cui raffinazione, trading, gas naturale liquefatto (GNL), marketing e rivendita al dettaglio. È praticamente impossibile congegnare politiche così sbagliate come quelle dell’energia in Europa che però offrono opportunità di guadagno per le società del settore dell’energia, oltre a ROE interessanti. È importante ricordare che le società europee dell’energia integrate avranno un ruolo importante nella transizione energetica. Noi crediamo che la transizione energetica di fatto non sarà possibile senza le competenze tecniche e il peso finanziario delle società europee dell’energia. Le aziende europee operano in diversi ambiti, tra cui lo sviluppo dell’energia eolica e solare (onshore e offshore), idrogeno blu e verde, ricarica di veicoli elettrici, biocarburanti, carburante sostenibile per l’aviazione, cattura e immagazzinamento del carbonio, e noi continueremo a sostenerle nel processo di decarbonizzazione.

    A parte le banche e l’energia, abbiamo un’esposizione importante in aree del mercato che beneficeranno dei fattori di crescita strutturale. Puntiamo sulle migliori società a livello globale, dove le valutazioni azionarie sono adeguate e interessanti. Le aree più appetibili in questo senso sono i semiconduttori e le società tecnologiche esposte agli investimenti in semiconduttori, tra cui Infineon, STM, ASM International, BE Semiconductor e Atlas Copco. Il principale fattore trainante per Infineon e STM è il settore automotive, dove la transizione ai veicoli elettrici, la sicurezza e la guida autonoma aumenteranno moltissimo la presenza dei semiconduttori per automobile. La crescita secolare sarà dunque favorita dalla maggiore penetrazione di queste tecnologie. In particolare, nei semiconduttori per il settore automobilistico (per l’intera serie delle applicazioni automotive) apprezziamo il fatto che, una volta integrati in un veicolo, la domanda sarà generalmente robusta poiché i produttori di automobili tendono a non cambiare le componenti in termini dei semiconduttori utilizzati, a meno che non si proceda con una profonda revisione del veicolo. Inoltre, prevediamo una crescita molto robusta grazie all’elettrificazione, per esempio con le rinnovabili, e la crescita esplosiva del fabbisogno di energia dei data centre. Sembra difficile credere che Infineon e STM scambiano intorno alle valutazioni minime in dieci anni, considerata la loro posizione di leadership nei rispettivi segmenti, e le valutazioni molto più alte dei concorrenti statunitensi, in aggiunta alla crescita strutturale robusta. I titoli in portafoglio nel campo degli investimenti fissi in semiconduttori, sia ASM International che BE Semiconductor, hanno registrato una straordinaria rivalutazione del prezzo azionario nel 2023 e scambiano a multipli più vicini ai livelli più alti delle medie storiche. Per questo abbiamo effettuato delle prese di profitto, tuttavia continuiamo a rilevare fattori di crescita strutturale importanti per i semiconduttori.

    Anche in altre aree notiamo una combinazione interessante tra valutazioni, crescita strutturale e rendimenti discreti, ovvero nei settori che beneficeranno della decarbonizzazione e della transizione verso net zero. I titoli esposti al processo di elettrificazione (entro il 2050 bisognerà aumentare due o tre volte la trasmissione e la distribuzione della generazione di elettricità) comprendono Prysmian, Schneider, oltre naturalmente a Infineon e STM. I titoli esposti al mercato dell’involucro edilizio, dove è emersa la necessità dell’introduzione di norme più rigide sull’efficienza termale e sulle nuove costruzioni, comprendono Kingspan e Saint Gobain. Tra i titoli esposti all’idrogeno verde e blu ci sono Linde, Atlas Copco e naturalmente le nostre posizioni nel settore dell’energia. La transizione verso net zero richiederà un consistente aumento degli investimenti fissi fisici, molto più di quanto è stato prospettato all’elettorato dai politici, e questo sarà un fattore trainante della domanda per molte delle società che abbiamo in portafoglio.

    A parte le posizioni già illustrate, trainate da fattori di crescita strutturale identificabili, investiamo molto in robusti fattori idiosincratici. Tra questi titoli ci sono Ryanair, Volvo Trucks, Novo Nordisk e Inditex. Il fattore trainante per Ryanair è la giustapposizione tra una posizione di mercato molto solida nei voli a breve distanza in Europa, e il controllo dei costi e il piano di consegna di nuovi aeromobili in una fase in cui l’offerta nel settore è carente e la domanda da parte dei clienti si va normalizzando dopo la pandemia. Il titolo scambia a valutazioni eccezionalmente basse e generà un buon flusso di cassa grazie all’aumento delle tariffe e al calo dell’intensità del capitale. La società è all’avanguardia nel settore dell’aviazione anche sul fronte ambientale, le emissioni di carbonio per passeggero-chilometro sono molto basse e l’azienda ha una strategia chiara per l’uso di carburante sostenibile. Novo Nordisk fa progressi grazie alla domanda esplosiva dei farmaci per la perdita di peso e per i risultati eccellenti della sperimentazione clinica concentrata sui rischi per le malattie cardiovascolari e renali. Siamo assolutamente convinti del potenziale a lungo termine di questi farmaci per migliorare la nostra salute, ma il percorso non sarà lineare e le valutazioni sono alte rispetto ai dati storici.

  • Schroders – Outlook azionario globale: i tre cambiamenti da apportare ai portafogli per affrontare il “3D Reset”

    Schroders – Outlook azionario globale: i tre cambiamenti da apportare ai portafogli per affrontare il “3D Reset”

    A cura di Alex Tedder, Head of Global and Thematic Equities, Schroders

    Nonostante i rispettabili rendimenti azionari globali del 2023, con l’MSCI World salito finora al 9,1% in dollari, il quadro è tutt’altro che positivo.

    Un insieme di fattori, associato a quello che abbiamo definito 3D Reset, sta determinando un cambio di regime. Nel 2024 le incertezze persisteranno e i mercati azionari resteranno probabilmente volatili. Come sempre, tuttavia, potrebbe rivelarsi esatto il vecchio adagio secondo cui “c’è sempre un mercato toro da qualche parte”. Riteniamo, infatti, che molte aree potrebbero rivelarsi molto redditizie nel 2024.

    Il 3D Reset e i tre cambiamenti da apportare ai portafogli

    Negli ultimi dieci anni, la caratteristica più evidente dei mercati finanziari è stata probabilmente la costante diminuzione del costo del rischio. La politica attuata dalle banche centrali dopo la crisi finanziaria globale ha azzerato i tassi di interesse, con un effetto drammatico sui prezzi degli asset, che sono saliti di molto.

    Poi è arrivata la pandemia, seguita a ruota dalla guerra in Ucraina: questi eventi hanno cristallizzato pressioni che si stavano accumulando ormai da tempo. I fattori in gioco sono molteplici, ma riteniamo si possano raggruppare in tre categorie: 1) i vincoli demografici; 2) gli imperativi di decarbonizzazione; 3) le iniziative di deglobalizzazione. Insieme determinano quello che chiamiamo 3D Reset. 

    Guardando agli ultimi 10 anni, fino al 2021, quello che gli investitori potevano fare sembra davvero semplice: comprare azioni, investire nei titoli growth (soprattutto tecnologici), investire principalmente negli Stati Uniti, non preoccuparsi delle valutazioni e sfruttare la situazione (finanziare con il debito). Chiunque abbia seguito questo approccio ha ottenuto ottimi risultati. 

    Tuttavia, con il 3D reset, per chi investe nell’azionario, è giunta l’ora di cambiare mentalità, in tre modi specifici: 1) aumentando la diversificazione geografica (meno Stati Uniti, più resto del mondo); 2) prestando maggiore attenzione alle implicazioni dei cambiamenti strutturali e 3) focalizzandosi su valutazioni, qualità e rischi.

    1. Guardare oltre gli Stati Uniti, in particolare a mercati poco amati come Giappone e Regno Unito

    Come Warren Buffett ci ricorda regolarmente, è dura scommettere contro l’S&P500. Dalla fine del 2010, l’S&P ha realizzato un rendimento cumulativo del 340% in dollari contro il 95% dell’azionario europeo e il 20% dei mercati emergenti; nello stesso periodo la Cina ha registrato un rendimento negativo.

    Negli Stati Uniti il settore corporate resta, nel complesso, il meglio gestito e il più innovativo di tutti. È probabile che l’S&P continui a scambiare con un premio sugli altri mercati. Va tuttavia notato che il divario delle valutazioni tra Stati Uniti e resto del mondo attualmente si attesta a livelli estremi: la capitalizzazione di mercato del gruppo “Super-7” è superiore a quella di Regno Unito, Francia, Cina e Giappone messi insieme. Storicamente, per quanto le polarizzazioni possano spesso durare a lungo, è inevitabile che a un certo punto il divario si riduca.

    Per essere chiari: non siamo negativi sul mercato statunitense. Escludendo le Super-7 e altri nomi ad alta crescita, l’S&P500 scambia solo leggermente al di sopra della sua media di lungo periodo; anzi, in molti casi le azioni statunitensi a piccola e media capitalizzazione hanno valutazioni attraenti. Quanto alle Super-7, anche se forse non hanno più tanta strada da percorrere, restano casi unici con modelli di business potenti e altamente redditizi. Non spariranno tanto presto.

    Tuttavia, dopo anni di rendimenti deludenti, è molto probabilmente giunto il momento di tornare a guardare a mercati poco amati come Giappone e Regno Unito.

    Il mercato giapponese è in ritardo dal 1992, quando la bolla dei prezzi degli asset scoppiò con conseguenze catastrofiche sull’economia. Dopo vent’anni senza inflazione e con lo yen svalutato del 50% rispetto al dollaro USA, l’economia giapponese è ora altamente competitiva.

    Negli ultimi 20 anni il Regno Unito ha costantemente sottoperformato l’indice mondiale. Eppure, sotto la superficie, il Regno Unito ha molto da offrire. La governance e la trasparenza contabile sono in generale le migliori della categoria. Le società del FTSE sono per lo più aziende globali con un’ampia esposizione ai mercati growth. E delle circa 1.800 altre società quotate, molte sono sottovalutate e poco studiate. Ma soprattutto, il mercato britannico scambia a uno sconto significativo, sia in termini storici sia rispetto al resto del mondo.

    1. Pensare a temi strutturali di lungo periodo

    Gli argomenti a favore della decarbonizzazione sono schiaccianti. Superate molte delle pressioni sui costi post-pandemia e la questione della sovraccapacità di alcune aree delle energie rinnovabili, sembra che questo sia un ottimo momento per prendere in considerazione il tema della transizione energetica.

    Chiaramente la tecnologia è fondamentale per affrontare molte delle attuali sfide strutturali: l’energia solare e la cattura del carbonio, per esempio, sono temi centrali per la transizione energetica. Analogamente, la sfida demografica troverà ampia risposta nelle scoperte mediche, nell’automazione e nell’intelligenza artificiale.

    L’intelligenza artificiale ha catturato l’immaginazione degli investitori e, naturalmente, c’è il rischio sostanziale che su di essa si ponga troppa enfasi, ma la logica sottesa all’entusiasmo del mercato è inconfutabile. Secondo PWC, entro il 2030 il valore economico potenziale dell’intelligenza artificiale raggiungerà i 17.000 miliardi di dollari l’anno. Rispetto all’attuale PIL mondiale di circa 110.000 miliardi di dollari, si tratta di una somma straordinaria e le opportunità nell’area dell’automazione si riveleranno probabilmente immense.

    1. Il prezzo è ciò che paghi, il valore è ciò che ottieni

    In un contesto di tassi d’interesse elevati, le valutazioni contano molto di più. Per questo, a nostro avviso, bisogna concentrarsi sulle valutazioni o, più precisamente, sul value for money. Se gli ultimi dieci anni sono stati all’insegna della crescita (soprattutto dei ricavi), i prossimi dieci saranno probabilmente molto più incentrati sulla ricerca di società che offrano un concreto valore reale.

    Con questo non intendiamo semplicemente le società a buon mercato. Solitamente i titoli a buon mercato hanno un buon motivo per essere tali. Le società dei settori tradizionali quali energia, finanza e industria non solo sono altamente cicliche, ma devono anche affrontare le grandi disruption causate dalla transizione verso le nuove tecnologie; per contro, una società che scambia a un prezzo alto secondo le metriche attuali può rivelarsi un bluff se non assicura una crescita e flussi di cassa sostenuti per il futuro.

    Riteniamo che agli investitori convenga concentrarsi sul lungo periodo, individuare le aree sottovalutate di crescita strutturale e puntare con decisione su società che offrono un vantaggio competitivo duraturo. Come sempre, il prezzo che si paga per un titolo è, appunto, ciò che si paga e il valore è ciò che si ottiene. I mercati azionari globali sono ricchi di valore, soprattutto per gli investitori pazienti.

  • Azionario 2024: selezione dei titoli impeccabile per navigare un contesto di rischi elevati 

    Azionario 2024: selezione dei titoli impeccabile per navigare un contesto di rischi elevati 

    A cura di Melda Mergen, Responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments

    11.12.2023

    Per far fronte ai molteplici driver macro potenzialmente generativi di volatilità nel mercato azionario nel 2024 servirà costruire portafogli resilienti. A fronte dei numerosi potenziali fattori di incertezza che l’euiqty dovrà affrontare il prossimo anno, tra cui inflazione, recessione, elezioni e rischi geopolitici, gli investitori dovranno correre ai ripari creando un portafoglio in grado di fornire alfa, concentrandosi in primis sull’analisi dei fondamentali, piuttosto che limitarsi ad affrontare un simile scenario puntando su titoli growth invece che value o sulle large cap rispetto alle small cap.

    I “tassi più alti più a lungo” creeranno una distinzione più netta tra vincitori e vinti

    Guardando agli Stati Uniti, sembra che la Fed abbia concluso il ciclo di rialzo dei tassi, con la prospettiva di una pausa prolungata dato il contesto caratterizzato da inflazione vischiosa, dati sul mercato del lavoro stabili e una crescita economica altrettanto solida. È bene ricordare che lo sforzo operato dalle Banche centrali per riportare sotto controllo l’inflazione ha un impatto diretto sulle aziende. In primo luogo, questo incide in maniera significativa sulla domanda, in quanto i consumatori, una volta esauriti  i loro risparmi, risentiranno maggiormente della stretta monetaria, riducendo i consumi non solo di beni voluttuari. In secondo luogo, l’incremento dei costi del fare impresa e di finanziamento graverà particolarmente sulle imprese di dimensioni ridotte, le cui attività operative dipendono da finanziamenti a breve termine. Infine, il potere di determinazione dei prezzi, che ha finora mantenuto alti i profitti di molte aziende, potrebbe indebolarsi in quanto sta diventando sempre più difficoltoso per le imprese trasferire l’aumento dei propri costi sui consumatori finali.

    Riteniamo che al momento il rischio principale per i mercati sia che gli investitori stanno sottovalutando l’effettiva portata di un potenziale rallentamento economico. Infatti, considerando i livelli attuali di crescita economica, appare improbabile poter raggiungere l’obiettivo inflazionistico fissato dalla Fed al 2% senza una recessione potenzialmente grave. Pertanto, risulta essenziale sapere distinguere tra “vincitori e vinti” e la chiave per farlo sarà individuare aziende con bilanci solidi e molteplici fattori di crescita oltre alla riduzione dei costi (Figura 1).

    Figura 1: i driver macro del 2024 

    Fonte: Columbia Threadneedle Investments, Novembre 2023; per scopo illustrativo

    I colossi tech non saranno gli unici a trainare il mercato statunitense

    Nel 2023, trainati da rosee prospettive sulle infinite possibilità dell’IA, molti dei rendimenti accumulati dall’S&P500 sono riconducibili alle performance di una ristretta cerchia di aziende tecnologiche. In Columbia Threadneedle siamo convinti che l’Intelligenza Artificiale rappresenterà un elemento chiave di trasformazione e crescita economica trasversale, e non solo in relazione al settore tecnologico. Tuttavia, riteniamo che le tempistiche del mercato non siano realistiche e ipotizziamo l’avverarsi di tali previsioni tra tre-cinque anni, piuttosto che tra 12-24 mesi. Dall’altra parte, la concentrazione delle performance nel 2023 ha creato opportunità per gli investitori che si affidano alla ricerca, in quanto il bacino di aziende tecnologiche e di altri settori potenzialmente trascurati dal mercato è oggi più ampio. Riteniamo quindi che quando il trend di crescita farà ritorno il mercato sarà meno monolitico e le opportunità saranno più distribuite.

    Con la prospettiva di un rallentamento economico è bene considerare anche un potenziamento delle allocazioni strategiche al di fuori degli Stati Uniti, con un focus particolare su mercati emergenti e small cap, due aree in cui, a nostro avviso, gli investitori detengono ad oggi allocazioni insufficienti. Attualmente le small cap sono convenienti poiché in caso di recessione sarebbero le prime ad essere colpite. Tuttavia, riteniamo vi siano buone opportunità di selezione dei titoli sia nelle small cap growth che in quelle value. Inoltre, in termini di rapporto prezzo/utili le valutazioni in Europa sono più interessanti rispetto agli Stati Uniti, ma i titoli potrebbero essere più sensibili ai fattori macro e ai tassi. In un simile scenario resta fondamentale, ancora una volta, un’attenta selezione.

    Opportunità di investimento

    Attualmente, i rendimenti della liquidità e dei mercati monetari sono ai massimi quindicennali, affermandosi come strumento preferito dagli investitori. Tuttavia, in un contesto di inflazione strutturalmente più elevata, gli investitori avranno bisogno di una rivalutazione del capitale, oltre che di reddito, per raggiungere gli obiettivi di investimento di lungo termine. Infatti, sebbene la liquidità offra un rendimento interessante in questo momento, è destinata a scendere non appena le banche centrali taglieranno i tassi. Un’ottima fonte di reddito sostitutiva sono le azioni a dividendo, che potrebbero offrire anche una rivalutazione del capitale. I titoli che pagano dividendi non sono però tutti uguali. Per generare flussi di reddito sostenibili bisogna trovare aziende che accrescano i dividendi e che siano dotate di bilanci in grado di sostenere tali distribuzioni anche a fronte di un aumento della volatilità.

    Figura 2: trovare aziende di qualità può contribuire a generare performance superiori durante periodi di recessione

    (Rendimenti medi cumulativi dei fattori, S&P 500, media %, durante le recessioni[1])

    Fonte: Columbia Threadneedle Investments. I periodi di recessione considerati sono: bolla delle dot-com (03/2001-11/2001), crisi finanziaria globale (12/2007-06/2009) e pandemia del 2020 (02/2020-04/2020). In verde sono indicati i primi cinque titoli migliori e in rosso gli ultimi cinque. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. Non è possibile investire direttamente in un indice.

    In conclusione, il 2024 si profila come un anno potenzialmente difficile per gli investimenti azionari, ma restiamo convinti che le azioni rappresentino sempre investimenti strategici di lungo periodo. Se ai fattori di rischio non si oppongono scelta di investimento attive, e basate sulla ricerca di opportunità nel sovrappesare e sottopesare le società, gli investitori continueranno ad eguagliare le perdite subite da un indice come l’S&P 500. Pertanto, anche qualora gli investitori non ritengano necessario incrementare la propria allocazione azionaria, riteniamo cruciale  astenersi dal vendere sulla base della mera volatilità a breve termine. Anche nell’eventualità di un effettivo rallentamento economico, quanti punteranno su società con solidi fondamentali avranno comunque l’opportunità di incrementare le proprie posizioni strategiche a lungo termine a prezzi interessanti.

    [1] I calcoli dei fattori si basano sull’S&P 500 e sono calcolati mensilmente. Gli spread dei fattori riflettono il 20% superiore di titoli meno il 20% inferiore di titoli su base ponderata per la radice quadrata della capitalizzazione di mercato. Rapporto tra free cash flow ed enterprise value (FCF/EV) – FCF degli ultimi dodici mesi (TTM) diviso per l’enterprise value. Utili al lordo di interessi, imposte, deprezzamenti e ammortamenti. Margine (EBITDA) – dividendo EBITDA TTM diviso per i ricavi TTM. Redditività del capitale proprio (ROE) – Utile netto degli ultimi 12 mesi calcolato in rapporto al common equity medio dell’ultimo anno. Rapporto utili prospettici/prezzo (E/P) – Utili per azione stimati a 12 mesi divisi per il prezzo corrente. Qualità degli utili – Variazione a 12 mesi delle attività operative nette calcolata sulle attività totali medie dell’ultimo anno. Altrimenti noto come fattore di accantonamento operativo totale. Riacquisti di azioni proprie – Variazione a 12 mesi delle azioni ordinarie in circolazione riportate a bilancio. Sorpresa del cash flow operativo (OCF) – Variazione del cash flow operativo dichiarato rispetto al risultato di quattro trimestri prima, calcolata in base alla deviazione standard delle sorprese OCF negli ultimi 12 trimestri. Il fattore finale è la media ponderata delle variazioni degli ultimi quattro trimestri. Rendimento del mese precedente – Rendimento del titolo nell’ultimo mese. Price momentum – Dinamica del prezzo a 12 mesi escluso il mese più recente. Rapporto debito/attivi – Debito totale medio nell’ultimo anno rapportato alla media degli attivi totali nell’ultimo anno. Stabilità dei ricavi – Deviazione standard dei ricavi degli ultimi 12 trimestri rapportata alla media dei ricavi degli ultimi 12 trimestri moltiplicata per -1. Sentiment degli analisti – Variazione delle previsioni di utile per azione (EPS) degli analisti. Rapporto valore contabile/prezzo – Common equity corrente diviso per l’attuale capitalizzazione di mercato. Tasso di crescita a lungo termine – Previsione degli analisti relativa alla crescita degli utili a lungo termine. Dimensioni – Capitalizzazione di mercato della società. Rendimento da dividendo – Previsione del dividendo corrente per azione in rapporto alla quotazione attuale. Beta – Correlazione di un titolo con il mercato complessivo negli ultimi due anni.

  • Beutel Goodman: Azionario USA di fronte a una nuova bolla tecnologica

    A cura di Rui Cardoso, co-portfolio manager di BA Beutel Goodman US Value, rappresentato in Italia da Amchor IS

    Rui Cardoso, gestore del portafoglio del fondo BA Beutel Goodman US Value Fund, rappresentato in Italia da Amchor IS
    Rui Cardoso, gestore del portafoglio del fondo BA Beutel Goodman US Value Fund, rappresentato in Italia da Amchor IS

    Il mercato azionario statunitense è attualmente caratterizzato da una grande dicotomia tra un piccolo numero di titoli a grande capitalizzazione e il resto del mercato. A parte queste mega-cap, il resto del mercato è per lo più ignorato o depresso. Vediamo, quindi, delle opportunità nei titoli e nei settori che scambiano a livelli depressi. Se si guarda all’S&P 500, può sembrare che non ci siano molte occasioni value, ma se si scava un po’ più a fondo, si vedono alcune grandi opportunità in diversi tipi di azioni e settori.

    Settori da tenere d’occhio

    Gli investitori value si espongono spesso a settori come l’energia, l’industria mineraria, i servizi di pubblica utilità o il settore immobiliare. Ci concentriamo sulla qualità delle aziende. Se i tassi d’interesse dovessero rimanere più alti a lungo, eviteremmo le società che presentano un rischio di bilancio e un forte indebitamento, soprattutto nei prossimi due anni, quando dovranno rifinanziare il loro debito.

    Come investitori value, vediamo valore in settori come quello farmaceutico. Si tratta di un settore che sembra essere piuttosto depresso, a parte le aziende produttrici di farmaci per il diabete e per la perdita di peso, come Eli Lilly. Questi sono titoli molto costosi, ma il resto del settore è piuttosto interessante per quanto riguarda le valutazioni. I beni di consumo sono un’altra area che il mercato sta ampiamente ignorando. Il settore è costoso, ma ci sono anche alcune grandi aziende che sono vicine a livelli di valutazione depressi.

    Il rischio di una nuova bolla tecnologica

    Quando le valutazioni sono così elevate, le aspettative di crescita e redditività futura sono difficili da soddisfare. L’attenzione degli investitori è indubbiamente concentrata sui “Magnifici Sette”.  Amazon, Apple, Alphabet, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla hanno attualmente valutazioni molto elevate che fanno pensare a una nuova bolla tecnologica. Queste aziende sono fondamentalmente solide, ma il divario tra i titoli growth e value, in questo momento, è così ampio come non lo è stato dal 2000. I Magnifici Sette, che stanno guidando la maggior parte della performance del mercato, hanno valutazioni pari a 27 volte gli utili, mentre l’indice Russell 1000 Value era pari a circa 15 volte gli utili a fine settembre. Riteniamo che questo divario sia insostenibile e che possa portare a una ripresa dei titoli value o a una riduzione delle valutazioni dei titoli growth.

    A nostro avviso, questa bolla si basa sulle valutazioni e non sui fondamentali. Le attività di queste società stanno andando abbastanza bene, ma con la maturazione di questi mercati (Apple, ad esempio, nella vendita di telefoni cellulari), sarà probabilmente più difficile per loro guadagnare ulteriori quote di mercato. La loro posizione è ormai così dominante che sarà difficile per loro crescere nei prossimi dieci anni come hanno fatto negli ultimi dieci. Eppure, il multiplo di queste aziende è più alto di quello di dieci anni fa. Questo, a nostro avviso, non è corretto. Quando il mercato si rende conto che i mercati finali stanno diventando maturi, è probabile che i multipli diminuiscano. È quello che è successo nei primi anni 2000. Ma il mercato potrebbe anche scendere rapidamente, se si verificasse uno shock esterno che ancora non vediamo: ad esempio, la spesa per il cloud rallenta molto più rapidamente di quanto gli investitori si aspettino, o l’ascesa di nuovi disruptor, sono entrambe delle possibilità.

    Le opportunità value nel settore tecnologico

    Vediamo un grande valore in alcuni titoli tecnologici in settori specifici. Una delle nostre maggiori partecipazioni è Amdocs, che produce software per le telecomunicazioni. L’azienda è dominante nel suo settore, con rapporti di fiducia con i clienti (tra i quali figurano Vodafone e Telefonica in Europa e America Latina). Amdocs ha sede negli Stati Uniti e i suoi software devono essere installati, mantenuti e aggiornati; pertanto, i legami con i clienti sono forti e i rapporti di lunga durata generano in genere molti flussi di cassa. La crescita degli utili è stata costante, ma il mercato ha ampiamente trascurato il titolo. Nonostante sia un’azienda ben gestita e con un bilancio solido, ha una valutazione molto più bassa rispetto al mercato generale e al settore IT. Lo stesso vale per altri titoli tecnologici del nostro portafoglio.

    Molti degli standard per il 5G, il 4G e il 3G provengono da Qualcomm, che detiene una posizione dominante nel suo settore. L’azienda riceve royalties per ogni telefono venduto, il che l’ha resa un’attività molto redditizia. L’azienda produce anche semiconduttori, ma viene scambiata con una valutazione depressa soprattutto perché il mercato ritiene che il mercato dei cellulari sia ormai maturo. Il mercato lo pensa per Qualcomm, ma non lo pensa necessariamente per Apple, per cui, a nostro avviso, si tratta di una grande discrepanza. Per Qualcomm c’è anche il rischio che Apple produca i propri chip.

    Quindi, supponiamo che il mercato dei cellulari sia maturo e che le vendite diminuiscano. Qualcomm dovrebbe comunque essere in grado di crescere, in quanto potrebbe spostarsi maggiormente verso gli usi industriali e automobilistici della sua tecnologia. Le nostre auto stanno diventando come grandi smartphone e, a nostro avviso, Qualcomm è ben posizionata per cogliere nuove opportunità di mercato.

  • Schroders – Azionario USA: le Super 7 continueranno a brillare anche nel prossimo futuro?

    Schroders – Azionario USA: le Super 7 continueranno a brillare anche nel prossimo futuro?

    A cura di Alex Tedder, Head of Global & Thematic Equities, e Paddy Flood, Global Sector Specialist, Technology, Schroders

    Negli ultimi anni, una delle caratteristiche più notevoli del mercato azionario è stato il successo dellegrandi aziende tecnologiche statunitensi. La loro performance è stata così stellare che sono state raggruppate con etichette come “FAANG”, “Tech Giant” e più recentemente “Magnifiche 7” o “Super 7”, si tratta di: Apple, Microsoft, Amazon, Alphabet, Meta, Nvidia e Tesla.

    Il 2023 si preannuncia come un altro anno solido per queste aziende. Ciò è dovuto, in parte, all’impatto dell’intelligenza artificiale generativa. Il lancio di ChatGPT nel novembre 2022 ha creato un rinnovato entusiasmo per le aziende considerate in una posizione dominante in questo settore.

    Il designer di semiconduttori Nvidia, ad esempio, ha visto il prezzo delle sue azioni aumentare di oltre il 200% da inizio anno. Di fronte a movimenti di questo tipo, molti investitori potrebbero chiedersi se il futuro sarà altrettanto brillante. Noi crediamo che ci siano motivi per pensarlo.

    Prima di entrare nei dettagli, è importante sottolineare alcune osservazioni chiave. La prima è che l’inconveniente principale di un appellativo come “Super 7” è che crea un falso senso di somiglianza. Sebbene vi sia una certa sovrapposizione, ad esempio la rivalità nei servizi cloud tra Amazon, Google (Alphabet) e Microsoft, vi sono anche enormi differenze tra queste aziende.

    Il secondo punto è che si deve ricordare che una grande capitalizzazione di mercato può essere giustificata da grandi fondamentali. Potrebbe sembrare ovvio, ma queste aziende sono tra le più redditizie e generatrici di flussi di cassa al mondo. Per questo motivo, hanno valutazioni superiori alla media nel mercato azionario.

    Infine, attribuire tutta la performance di queste azioni all’entusiasmo per l’IA generativa non rende loro onore. Sebbene l’Intelligenza artificiale generativa sia stata e sarà un importante volano per alcune di queste aziende (come nel caso di Nvidia), la loro forza nel 2023 non può essere attribuita esclusivamente all’IA.

    La transizione al cloud offre un’enorme opportunità di crescita

    Il cloud computing rimarrà una tendenza significativa per diversi anni a venire. Anche se negli ultimi mesi si è registrata una leggera moderazione nella spesa per il cloud, i vantaggi dell’esternalizzazione dell’archiviazione e della gestione dei dati, in termini di costi, flessibilità e sicurezza, implicano che le aziende continueranno a migrare verso il cloud nel prossimo futuro. Secondo una stima di Amazon di aprile, il 90% della spesa globale in IT si basa ancora su hardware gestito localmente e di proprietà dell’azienda.

    Esiste un’enorme opportunità di crescita per le aziende che dispongono dei fondi e delle capacità tecniche per fornire l’infrastruttura necessaria a questa transizione verso il cloud. Non sorprende che i maggiori gruppi tecnologici dominino la fornitura di servizi cloud attraverso le loro sussidiarie AWS (Amazon), Azure (Microsoft) e GCP (Google). Ed è probabile che gli stessi continuino a guidare il mercato.

    Oltre alle loro attività cloud, Microsoft, Amazon e Google hanno altre opportunità di crescita significative. La suite di prodotti software aziendali di Microsoft è ampiamente utilizzata da aziende di tutte le dimensioni in tutto il mondo. La crescita di questi prodotti sarà probabilmente stimolata dal lancio di miglioramenti dell’intelligenza artificiale generativa, come Microsoft Co-pilot per Office.

    Amazon ha un’attività di e-commerce dominante che attualmente è sotto-monetizzata, ma che dovrebbe dimostrare un miglioramento della redditività con l’ammortamento dei significativi investimenti effettuati negli ultimi anni.

    Google detiene una posizione di forza grazie a Google Search e YouTube, e probabilmente continuerà a innovare e a fornire servizi pubblicitari sempre più efficaci ai clienti. La combinazione di asset cloud e attività adiacenti significa che Microsoft, Amazon e Google continueranno a crescere a tassi rispettabili nel prossimo futuro. Per il resto, Meta deve affrontare la sfida di gestire un’attività di social media globale in un mondo turbolento, nonché le persistenti preoccupazioni sulla struttura di governance dell’azienda, in particolare il controllo di Mark Zuckerberg sulla società. Tuttavia, Meta ha intrapreso investimenti prudenti e innovazioni di prodotto negli ultimi due anni. L’azienda si è adattata ai cambiamenti della privacy nel mercato pubblicitario, è riuscita a competere con successo contro rivali emergenti come TikTok, e ha rafforzato il coinvolgimento dei clienti attraverso piattaforme come Instagram e WhatsApp.

    Gli altri componenti delle Super7, Apple, Tesla e Nvidia, devono affrontare una serie di sfide diverse. Apple è un’azienda che continua ad offrire alcuni dei migliori prodotti di consumo al mondo. Tuttavia, i suoi mercati finali stanno maturando, in particolare quello degli smartphone, dove i tassi di penetrazione sono elevati in tutto il mondo. C’è anche il rischio sempre presente dell’innovazione nella tecnologia wireless. D’altro canto, Apple genera un enorme flusso di cassa, gran parte del quale viene restituito agli azionisti attraverso i buyback. 

    Tesla è stata pioniera nella creazione dell’industria dei veicoli elettrici e vanta notevoli vantaggi competitivi grazie alle sue dimensioni, ai processi di produzione leader di mercato e alle soluzioni software. Tuttavia, potrebbe essere vulnerabile alla pressione sui prezzi con l’intensificarsi della concorrenza nel settore dei veicoli elettrici.

    Nvidia è un enabler chiave del lancio dell’AI generativa in tutto il mondo. Le GPU (unità di elaborazione grafica) dell’azienda sono i prodotti migliori della categoria, in grado di gestire i calcoli complessi richiesti dai modelli linguistici di grandi dimensioni che alimentano le applicazioni di questa nuova tecnologia. Dopo un’accelerazione straordinaria, si prevede che il fatturato raddoppierà su base annua nel 2023. Tuttavia, la sostenibilità del profilo di crescita dell’azienda è incerta. Nel breve termine, uno scenario di eccesso di capacità è del tutto plausibile, soprattutto perché i clienti chiave, come i fornitori hyperscaler, in passato hanno avuto una spesa volatile.

    Nel complesso, anche se potrebbe essere allettante abbandonare le Super 7 dopo un anno di performance così solide, riteniamo che un approccio più sfumato sia quello giusto. Il gruppo è eterogeneo, ma unito dal denominatore comune di forti franchise aziendali in aree in crescita.

  • COMGEST: LE AZIENDE STORICHE EUROPEE SOSTENGONO IL MERCATO AZIONARIO

    COMGEST: LE AZIENDE STORICHE EUROPEE SOSTENGONO IL MERCATO AZIONARIO

    Alistair Wittet, Gestore del fondo Comgest Growth Europe di Comgest

    In un contesto di inflazione e tassi d’interesse elevati in Europa, alcune società di prestigio stanno dimostrando che l’età è uno stato mentale e che l’esperienza, soprattutto nel navigare in mercati difficili, è ciò che conta davvero.

    Quest’anno ricorre il centenario di Novo Nordisk, un’azienda sanitaria danese i cui rimedi per il diabete mirano a trattare il crescente mercato finale di circa 400 milioni di pazienti in tutto il mondo. Nel corso del suo secolo di attività, l’azienda ha colto le opportunità dei mercati adiacenti che beneficiano delle sue terapie farmacologiche, passando dall’insulina al GLP-1 (un ormone che stimola l’organismo a produrre più insulina) ai prodotti per l’obesità. Grazie all’innovazione costante, quest’ultimo mercato ha aperto una strada di crescita completamente nuova che ha permesso all’azienda di diventare “l’azienda di maggior valore in Europa nel settembre 2023, superando il colosso del lusso LVMH.

    Anche se questo sembra un risultato significativo, Novo Nordisk non è l’unica ad aver raggiunto questo obiettivo. Ci piacciono molto le società che vantano una notevole longevità, e che continuato a registrare una crescita sostenibile per lunghi periodi di tempo, con un’elevata visibilità degli utili.

    In primo luogo, un mercato finale in crescita strutturale è molto importante per una società che ha una crescita sostenibile a lungo termine. Come mostra L’Oréal, i cui prodotti di bellezza sono stati introdotti per la prima volta sul mercato francese nel 1909. Dato che i prodotti di bellezza e cosmetici sono in uso da migliaia di anni, è relativamente sicuro affermare che probabilmente lo saranno ancora per molti altri.

    In secondo luogo, le aziende possono crescere anche ampliando il proprio mercato di riferimento e spostandosi in mercati adiacenti, come dimostrano gli spostamenti di Novo Nordisk nelle terapie ormonali e per la perdita di peso.

    Un altro fattore importante è la capacità di aumentare la quota di mercato in mercati finali frammentati. In un mercato estremamente frammentato come quello della bellezza, la quota controllata da L’Oréal è passata dal 10% del 2001 a circa il 15% nel 2022.  L’azienda ha incrementato la propria quota di mercato attraverso l’espansione organica dei marchi esistenti, l’acquisizione di nuovi marchi e l’espansione in questi settori, come l’acquisizione dell’azienda di trattamenti per la pelle CeraVe. Sei anni dopo aver potenziato la distribuzione e il marketing di CeraVe attraverso la solida ed esperta rete di L’Oréal, l’azienda è passata da 150 milioni di euro di vendite a oltre 1 miliardo di euro.

    Anche la coerenza della strategia e della gestione è indice di un’azienda duratura. L’Oréal, ad esempio, ha avuto solo sei amministratori delegati nel corso dei suoi 114 anni di vita.

    Un’altra strada per prolungare l’esistenza di un’azienda è la sua capacità di innovare, reinventare e trasformarsi. 

    INTELLIGENZA ARTIFICIALE: L’ASCESA DELLE MACCHINE

    Come già detto, ci sono diversi modi per determinare la capacità di tenuta di un’azienda. L’intelligenza artificiale (IA) potrebbe offrire alle aziende l’opportunità non solo di reinventarsi, ma anche di espandere i propri mercati di riferimento e altro ancora. In seguito all’entusiasmo suscitato quest’anno da ChatGPT e dai progressi dell’IA, abbiamo valutato ogni posizione all’interno dei nostri portafogli con l’obiettivo di capire in che modo potrebbero essere influenzate, pur essendo consapevoli che il rapido cambiamento è inevitabile in questo campo.

    Siamo certi che l’IA avrà un impatto positivo su alcune società, come ASML, il produttore olandese di chip per semiconduttori. L’introduzione dell’IA da parte di un numero sempre maggiore di aziende farà crescere la domanda di chip all’avanguardia prodotti dalle macchine di ASML. ASML domina il mercato globale delle apparecchiature di litografia utilizzate nell’industria dei semiconduttori con una quota di mercato complessiva superiore all’80% e una quota del 100% sulle macchine EUV (extreme ultraviolet), che producono microchip avanzati che alimentano smartphone più intelligenti, biotecnologie, IA e altro ancora.

    In tutto il settore del software, sulla base delle nostre ricerche, abbiamo approfittato della debolezza dei prezzi delle azioni di alcune delle nostre società in portafoglio e abbiamo aumentato le nostre allocazioni. Ad esempio, abbiamo identificato società come Accenture e Halma come aziende solide che attualmente stanno attraversando problemi a breve termine.

    L’intelligenza artificiale è stata la principale forza trainante della domanda di semiconduttori negli ultimi anni. Il mercato dei semiconduttori è cresciuto, secondo le stime, del 6% all’anno da quando i PC sono diventati di uso comune negli anni ’90. Il boom degli smartphone ha poi spinto la domanda di semiconduttori, ma ora l’intelligenza artificiale è diventata un fattore chiave. I server AI contengono semiconduttori per circa 30 volte rispetto a un server generico. L’industria sta ponendo una notevole enfasi sui modelli linguistici di grandi dimensioni per la domanda di semiconduttori per i prossimi 10 anni, e oggi il consenso è che il fatturato dei semiconduttori AI dovrebbe aumentare di circa il 150% nei prossimi cinque anni, passando da 50 a 120 miliardi di dollari entro il 2027.

    Molti sottovalutano l’impatto che l’IA avrà nello stesso modo in cui è stato sottovalutato Internet; è probabile che la piena portata degli usi di questa tecnologia non si realizzerà prima di molti anni. Anticipare il modo in cui le nostre aziende potrebbero essere influenzate offre un’altra strada per determinare la loro longevità a tali cambiamenti di mercato.

    ATTENZIONE AI FONDAMENTALI

    Il 2023 è stato un anno guidato dai fondamentali: gli utili sottostanti e la traiettoria di crescita delle società. A nostro avviso è molto importante investire in società consolidate che possono continuare a generare crescita in un contesto difficile. Cerchiamo di individuare aziende con una crescita sostenibile, visibile in grado di resistere a un contesto di mercato occasionalmente difficile.

    Novo Nordisk, L’Oréal e altre società del nostro portafoglio hanno resistito a crisi su crisi: dallo scoppio della bolla delle “dot-com”, alla crisi del debito europeo, fino alla pandemia di Covid-19. Molte di queste aziende hanno persino beneficiato dell’impatto della pandemia Covid-19. Ci sono stati anche effetti di trascinamento, come ad esempio l’accelerazione delle strategie di digitalizzazione e di e-commerce da parte delle aziende a causa delle serrate, che hanno aiutato le loro catene di fornitura a raccogliere i benefici derivanti dall’accelerazione della digitalizzazione.

  • Economia verso il soft landing mentre l’inflazione rallenta: riflettori puntati su azionario Usa ed Europa

    Economia verso il soft landing mentre l’inflazione rallenta: riflettori puntati su azionario Usa ed Europa

    A cura di Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management

    13.11.2023

    Le previsioni sulla congiuntura globale sono diverse rispetto a quelle dello scorso giugno: da entrambi i lati dell’Atlantico le attese sono di crescita moderata e inflazione sotto controllo, il migliore dei mondi possibili per gli investimenti, anche perché la politica restrittiva delle banche centrali sembra arrivata al capolinea. Si possono trovare opportunità sia nell’equity sia nei bond. Fari su obbligazioni governative USA a lungo termine, i soliti noti di Wall Street e sul lusso europeo; titoli energetici come copertura dai rischi geopolitici.

    Le ombre nere di una possibile recessione d’autunno, che fino a giugno si stagliavano minacciose contro l’economia globale, sembrano svanite. Le previsioni per il 2024 sono tutte a favore di un soft landing, caratterizzato da crescita congiunturale moderata e inflazione sotto controllo. Per gli Usa la Fed delinea una proiezione di crescita del PIL dell’1,5% e un tasso di inflazione del +2,5%, con il consenso degli analisti che si attesta leggermente al di sotto di queste cifre (+1% la previsione di crescita del Pil e +2,7% quella dell’inflazione). Per quanto riguarda l’Europa, Bce e analisti sono allineati con queste aspettative, in quanto prevedono una crescita moderata e un’inflazione non problematica. Segnatamente, l’Eurotower stima il Pil in aumento dell’1%, l’inflazione al +3,2% e il consenso rispettivamente a +0,7% e +2,7%.

    Il Fondo Monetario Internazionale, che si è riunito a Marrakech a ottobre, nell’ultimo outlook sull’economia globale ha confermato previsioni simili: nel 2024 il PIL degli Usa aumenterà del +1,5% e quello europeo del +1,2%. Ma il dato che deve essere sottolineato ancora una volta è che, soprattutto per gli Stati Uniti, le stime suggeriscono una crescita del PIL accompagnata da un calo dell’inflazione, il che rappresenta una delle migliori combinazioni possibili. Anche in area Euro, nonostante i ritardi nella fase ciclica e la nuova fiammata dei prezzi energetici, ci sono molte indicazioni che suggeriscono una tendenza deflazionistica anche nel Vecchio Continente: uno scenario che inizia a essere condiviso anche dagli economisti più hawkish.

    Effetto Covid: l’onda lunga della pandemia condiziona ancora i mercati

    Le previsioni sul ritracciamento dell’inflazione sono rafforzate anche dall’osservazione dell’impatto che il COVID-19 ha avuto sulla dinamica di domanda e offerta. In altre parole, poiché l’inflazione deriva principalmente dagli eventi straordinari del biennio pandemico, la loro conclusione dovrebbe accompagnarsi a una mitigazione anche dei prezzi. Durante la pandemia, infatti, la domanda è stata compressa dai lockdown estesi, mentre l’offerta si è ridotta a causa delle interruzioni nelle catene di approvvigionamento. In risposta sono state adottate politiche economiche ultra accomodanti per risollevare l’economia, stimolando una crescita esplosiva e, come conseguenza, un aumento dell’inflazione nel 2021-2022.

    Nel 2022 le misure di stimolo sono state gradualmente ridotte e la domanda si è normalizzata. Al momento stiamo assistendo anche a una normalizzazione dell’offerta, uno sviluppo del tutto positivo perché contribuisce a contenere l’inflazione senza compromettere la crescita economica. Attualmente, la maggior parte delle voci di spesa nel paniere del consumatore statunitense mostra un aumento delle quantità e prezzi stabili.

    Figura 1

    Persistono alcuni elementi di incertezza per le aziende, le cui emissioni a costo zero arriveranno a scadenza nel 2025

    Nonostante il quadro generale sia abbastanza positivo, persistono elementi di preoccupazione, per due motivi. In primo luogo, si ritiene che la robusta crescita economica conservi tracce residue dell’eredità della pandemia, possa, cioè, essere in parte dovuta all’eccesso di risparmio accumulato durante i lockdown dalle famiglie e poi riversato sull’economia massicciamente alla fine della crisi. Quella liquidità si è poi esaurita contestualmente all’arrivo dell’inflazione. Lato imprese, invece, molte di loro hanno emesso obbligazioni aziendali a tassi di interesse molto bassi durante la lunga fase di politiche monetarie accomodanti. Queste obbligazioni arriveranno a scadenza e dovranno essere rifinanziate a tassi più elevati tra il 2025 e il 2026, con conseguente aumento dei costi a carico delle imprese, elementi che potrebbero compromettere la crescita: non a caso, l’attenzione del mercato finanziario si sta spostando dalla paura dell’inflazione al timore di una crescita economica insufficiente.

    Dove andranno i tassi di interesse? Il ciclo restrittivo sembra giunto al capolinea

    I tassi di interesse sono un argomento chiave in questo contesto. La Bce ha interrotto il ciclo di rialzi per la prima volta dal 2022; la Fed potrebbe avere margine per un ultimo aumento nel 2023, ma gli utili dati e le ultime comunicazioni di Powell lasciano immaginare che anche negli USA il ciclo di rialzi abbia sia terminato. Esiste un disallineamento nelle previsioni sulla direzione della politica monetaria dei prossimi mesi: nel 2024 la Fed prevede due tagli e il mercato ne stima più di tre; mentre dal 2025 la situazione si inverte con il mercato che si colloca su un livello di tassi superiore a quello della Fed, guardando già al tasso terminale.

    Figura 2

    Come orientarsi, quindi? Una risposta è possibile trovarla nelle curve obbligazionarie. I mercati obbligazionari hanno attraversato un periodo di volatilità a partire dalla metà di agosto, con un aumento dei tassi e la contemporanea correzione dell’equity. È importante comprendere le ragioni di questa turbolenza. Contrariamente alle aspettative, la causa principale di questa situazione non è l’inflazione, che si è attestata su livelli inferiori rispetto alla fine di giugno; al contrario, è la curva dei tassi reali che ha superato il 2,50% su tutte le scadenze. I tassi reali a lungo termine dipendono da considerazioni di lungo termine: riflettono la velocità di crociera dell’economia, dipendono da fattori strutturali come demografia e produttività. Attualmente sono oltre un punto al di sopra dei valori di giugno, nonostante il recupero delle prime giornate di novembre. Difficile trovare spiegazioni convincenti, ma è importante notare come una parte consistente di questi movimenti sia dovuta a fattori tecnici (emissioni, comportamento istituzioni estere). È quindi legittimo aspettarsi una stabilizzazione del mercato obbligazionario, soprattutto per quanto riguarda le scadenze lunghe della curva americana.

    Nel medio termine le azioni battono i bond

    Per capire come questo quadro macro influirà sui mercati dobbiamo partire dall’assunto che la straordinaria condizione di correlazione tra azioni ed obbligazioni sperimentata nel 2022 e nei tre mesi appena passati del 2023 (agosto-ottobre) sia destinata a non ripetersi. Lo scenario diventa gestibile in termini di costruzione di portafoglio nel momento in cui si transita dalla paura dell’inflazione alla preoccupazione per la crescita economica. Gli investitori che puntano sulla decorrelazione tra diverse classi di attività nel 2024 possono trovare opportunità sia nel mercato azionario sia in quello obbligazionario, tenendo conto dei diversi fattori di rischio e rendimento.

    Un confronto tra i rendimenti attesi delle azioni e delle obbligazioni evidenzia alcune considerazioni chiave. Attualmente, il rendimento atteso delle azioni, con un rapporto prezzo/utili (P/E) di 20, è del 5%, mentre il rendimento reale delle obbligazioni è del 2,3%. Questa differenza implica un rendimento aggiuntivo del 2,7% rispetto alle obbligazioni, che è ai minimi dal 2002 e visto da solo renderebbe l’acquisto di obbligazioni più attraente rispetto alle azioni. Questo vale se si limita lo sguardo al lato della “domanda”, ovvero paragonando dinamicamente due attività finanziarie concorrenti. Tuttavia, spostandoci sul fronte dell’offerta, interviene un altro fattore: il numero di azioni disponibili sul mercato negli ultimi 20 anni si è paradossalmente ridotto, mentre il numero di obbligazioni sovrane, societarie e finanziarie è continuato ad aumentare. La scarsità di offerta di azioni è in gran parte attribuibile ai programmi di acquisto di azioni proprie (“buyback”) condotti dalle grandi società tecnologiche, dai farmaceutici, dalle banche e dalle aziende energetiche. Dei circa 2000 mila miliardi di dollari di utili delle società dell’S&P 500 i buyback rappresentano una cifra pari alla metà: poco meno di un trilione di dollari di riacquisto di azioni proprie all’anno. Questo aspetto può alterare il confronto del rendimento relativo tra azioni ed obbligazioni oggi rispetto agli ultimi dieci anni. Infatti, se guardiamo ai multipli di aziende come Google, che attualmente opera con un rapporto P/E previsto del 18 rispetto agli utili del 2024, o Meta (P/E 2024 a 17) è evidente che siano leggermente più care rispetto al mercato nel suo insieme (a quota 14). Ma si tratta di una differenza allineata a quello degli ultimi dieci anni. Estendendo il ragionamento alle cosiddette “magnifiche 7” (Apple, Microsoft, Google, Meta, Nvidia, Amazon, Tesla), si vede come, a dispetto di valutazioni generose come lo sono state in media, si ottiene una crescita degli utili vastamente superiori.

    Figura 3

    D’altro canto, sul fronte obbligazionario gli alti rendimenti comportano rischi aggiuntivi, in particolare quello di volatilità, che si è attestato per questa asset class nell’ordine del 10-15%, non collimando con il profilo di un rischio moderato di chi acquista sul mercato obbligazionario. In conclusione, è importante sottolineare come ci siano opportunità sia sul mercato azionario sia su quello obbligazionario: diventa sempre più concreta la possibilità di investire su entrambe le attività, visto che è sempre più vicino un mondo di correlazioni più utili alla costruzione di portafoglio.

  • Finlabo: Azionario Europa, rischio trappola sulle large cap sopravvalutate

    Finlabo: Azionario Europa, rischio trappola sulle large cap sopravvalutate

    A cura da Alessandro Guzzini, Ceo Finlabo Sim e gestore di Finlabo Dynamic Equity

    L’economia globale è prossima a entrare in una fase di recessione. L’Europa si trova già in questa fase mentre, negli USA, i principali anticipatori dell’andamento del ciclo economico mostrano una probabilità estremamente elevata di una recessione entro il 2024. Il deterioramento dei dati macroeconomici e delle condizioni finanziarie è ormai evidente. L’inversione della curva dei titoli del Tesoro mostra uno spread tra i titoli a scadenza a 2 anni e quelli con scadenza a 10 anni paragonabile a quello che si è registrato a fine anni ’70.

    Nelle fasi finali di bull market azionario non è raro vedere i titoli a maggiore capitalizzazione fare da scudo contro i cali in Borsa e scendere in seguito rispetto ad altri titoli. In questo ambiente, il rischio però è che alcune posizioni particolarmente sovraffollate, reputate più sicure dal mercato, si trasformino invece in trappole da cui poi è più difficile uscire, soprattutto se dovessero esserci accelerazioni al ribasso sul mercato, con perdite maggiori rispetto ad altri segmenti che hanno già prezzato in precedenza il rischio di recessione.

    Eccesso di euforia

    Nell’ultima grande crisi finanziaria, le small e mid cap americane iniziarono a sottoperformare verso la fine del 2007. Dopo il fallimento di Lehman Brothers, il 15 settembre 2008, iniziarono a recuperare facendo meglio delle blue chip che crollarono in Borsa. Nonostante sia improbabile il ripetersi di uno scenario visto quindici anni fa, è quasi certo dal punto di vista statistico che l’attuale spread tra le small e le large cap sia destinato prima o poi a chiudersi. Il modo più probabile, secondo noi, è che ciò avvenga con la discesa delle blue chip. Ci sono dei segnali in questa direzione anche in Europa dove, per esempio, Novo Nordisk, società danese che opera nel settore dei farmaci per il diabete e l’obesità, è oggi tra i top performer in Borsa, oltre a essere tra i titoli a più grande capitalizzazione e anche tra i più cari. Il titolo è arrivato a quotare quasi 15 volte i ricavi, in un settore nel quale, in media, le aziende non superano tre volte i ricavi. Secondo noi, attorno a questi titoli large cap c’è un eccesso di euforia che non prezza correttamente i rischi derivanti dalla concorrenza nel settore farmaceutico e dalla diversa regolamentazione dei farmaci nei vari paesi.

    Maggiori opportunità nei titoli value

    Come negli Usa, anche in Europa i titoli small e mid cap hanno già incamerato nei prezzi il rischio recessione, mentre le Borse sono state sostenute soprattutto dai titoli large cap e growth, una dinamica riscontrabile soprattutto a Piazza Affari e sul mercato azionario francese. In Europa un catalizzatore per la chiusura dello spread tra large cap e small/mid cap potrebbe derivare dal ritorno a una inclinazione positiva della curva dei rendimenti non appena le banche centrali andranno a ridurre i tassi. L’ingresso in una recessione e il successivo allentamento monetario, in quanto crediamo che i tassi abbiano toccato il picco a livello nominale e reale, potrebbero spingere invece quei temi di Borsa che sono oggi particolarmente penalizzati, come nel caso dei titoli ciclici e di quelle aziende meno esposte al ciclo economico, ma particolarmente sensibili all’aumento dei tassi.

    Cinque titoli da monitorare in Europa

    Un settore particolarmente interessante e sottovalutato è l’immobiliare, dove l’aumento dei tassi ha impattato sull’attività delle imprese del settore che hanno sottoperformato in Borsa e oggi mostrano rendimenti attesi molto elevati. In questo segmento, vediamo del valore in Icade, società immobiliare francese controllata dalla Caisse des dépôts et consignations, che ai prezzi attuali sconta un rendimento atteso superiore al 10% annuo. Vediamo una possibilità di un repricing molto significativo del titolo a fronte di uno scenario sul breve-medio termine con tassi, nominale e reali, in discesa.

    Tra gli altri titoli che riteniamo interessanti, c’è Hochschild Mining, società mineraria quotata alla Borsa di Londra, che ha ottenuto un rinnovo ventennale della concessione in Perù ed è prossima ad avviare una nuova miniera in Brasile. Opera in un settore, quello aurifero, che dovrebbe trarre beneficio sia da un rallentamento dell’economia a livello globale, o da una recessione, sia da condizioni monetarie più favorevoli da parte delle banche centrali.

    Un altro settore che ci convince è quello dell’Oil & Gas. Una quota consistente di flussi negli ultimi anni è andata su fondi molto stringenti dal punto di vista Esg. L’eccessiva selettività ha portato a una profonda sottovalutazione di alcune società escluse dai fondi sostenibili e che ora offrono rendimenti attesi superiori, in alcuni casi, anche del 20%, e costituiscono interessanti opportunità di acquisto sul mercato. In questo segmento ci ha convinto la società spagnola Repsol, che oggi il mercato valuta 4,5 volte gli utili, sebbene le prospettive di crescita del titolo siano incoraggianti anche per la recente dinamica dei prezzi che ha iniziato a girare al rialzo. Una dinamica simile è riscontrabile nel gruppo Tlc Proximus, società belga che è arrivata quotare circa sette volte gli utili, con dividendi attesi di circa il 10% e stime sulla profittabilità al rialzo. Nel settore finanziario, infine, troviamo eccessivamente sottovalutata l’austriaca Raiffeisen Bank, che oggi è prezzata poco sopra 3 volte gli utili, penalizzata dopo il conflitto in Ucraina per l’esposizione al mercato russo. Prevediamo un forte upside per questa banca, che continua a mostrare fondamentali solidi, anche a seguito dell’annuncio una forte riduzione del portafoglio prestiti in Russia. Inoltre, la banca ha confermato l’intenzione di cedere la controllata russa.

  • Capital Group: Propensione per l’incertezza, è giunto il momento di riconsiderare i mercati azionari?

    Capital Group: Propensione per l’incertezza, è giunto il momento di riconsiderare i mercati azionari?

    A cura di Andy Budden, Investment Director di Capital Group

    Da marzo 2022, la Federal Reserve (Fed) statunitense ha aumentato il proprio tasso di interesse di riferimento di oltre il 5%, rispondendo a livelli di inflazione che non si registravano dagli anni ‘80. Altre banche centrali dei mercati sviluppati a livello globale hanno avviato azioni analoghe. Di conseguenza, per la prima volta da decenni gli investitori hanno potuto accedere a rendimenti significativi sui depositi di liquidità e sui fondi del mercato monetario. Questi rendimenti interessanti, unitamente ai risultati negativi a doppia cifra dei mercati azionari globali nel 2022 e alla maggiore volatilità dei mercati registrata quest’anno, hanno comportato l’uscita di ingenti flussi dai fondi azionari verso i fondi del mercato monetario e i depositi vincolati.

    Di recente, tuttavia, il mercato sta scontando sempre più una minore probabilità che si verifichino ulteriori rialzi dei tassi di interesse, che potrebbero addirittura subire dei tagli nel corso del 2024. I rischi di recessione si sono ampiamente ridotti, la crescita degli utili è aumentata. Qualora i tassi di interesse avessero effettivamente raggiunto il picco, la storia insegna che per gli investitori potrebbe essere giunto il momento di riportare le azioni all’interno dei loro portafogli. Se consideriamo gli ultimi periodi in cui la Fed ha smesso di aumentare i tassi di interesse, il rendimento medio delle azioni globali nei 300 giorni successivi è stato dell’11,8%, rispetto al 4,3% relativo alla liquidità. In effetti, l’enorme quantità di denaro che potrebbe tornare a confluire nei mercati azionari potrebbe di per sé contribuire a un rally di tali mercati.

    Analisi più in dettaglio

    Gli investitori che all’inizio dell’anno hanno abbandonato le azioni per passare alla liquidità o alle obbligazioni a breve termine, seguendo l’esempio di molti operatori del settore della gestione patrimoniale, potrebbero chiedersi se non abbiano già perso il rally. Dall’inizio dell’anno a fine agosto, le azioni globali sono salite del 14,8% rispetto al 3,6% della liquidità e all’1,7% delle obbligazioni a breve termine. Tuttavia, è stato ben documentato che la maggior parte di questi guadagni è attribuibile ai cosiddetti “magnifici 7”, ovvero Tesla, Apple, NVIDIA, Microsoft, Amazon, Meta e Alphabet, che da sole hanno contribuito a più del 50% del rendimento totale. Sebbene le prospettive di crescita di queste sette società possano rimanere solide in futuro, riteniamo che vi siano ancora molte opportunità per le società con fondamentali interessanti in altri settori. Inoltre, l’ultimo consensus di mercato suggerisce sempre più un atterraggio morbido per l’economia globale. Con l’allontanarsi del rischio di recessione, il futuro appare più roseo per un’ampia gamma di società e i fattori di crescita secolari potrebbero registrare guadagni significativi per coloro che beneficiano di tendenze a lungo termine quale l’innovazione nel settore sanitario e gli effetti complessivi dell’IA.

    In seguito al cambiamento dirompente rappresentato dal COVID e agli eventi in Ucraina, riteniamo che si stia verificando una desincronizzazione dell’economia globale. Di fatto, alcuni settori hanno già subito la loro recessione: quello dei viaggi ha registrato una recessione acuta durante il COVID, ma da allora si è costantemente ripreso; i semiconduttori hanno avuto una massiccia correzione delle scorte l’anno scorso, ma ora il settore si sta riprendendo, mentre l’edilizia abitativa ha subito un forte shock con l’aumento dei tassi di interesse, ma ora sembra a sua volta in ripresa. Ci sono tuttavia altri settori che continuano a rallentare: l’energia ne è un buon esempio, così come alcuni comparti del settore manifatturiero. In questo contesto, la selezione dei titoli sarà fondamentale. Un approccio attivo agli investimenti è in grado di ridurre i rischi di investire in società con valutazioni eccessive e di individuare opportunità interessanti in settori poco apprezzati. Questo vale in generale per qualsiasi contesto di mercato, ma riteniamo che le tendenze secolari di alcuni settori possano offrire agli investitori solide opportunità a lungo termine.

    Motivi per accogliere con favore la situazione attuale

    Tra le aree che riteniamo offrire particolari opportunità vi sono le seguenti:

    Sanità: Ci stiamo affacciando a un’epoca d’oro per lo sviluppo di farmaci che potrebbero migliorare notevolmente la qualità della vita delle persone grazie ai progressi della terapia genica, del sequenziamento del DNA, nonché della diagnostica e del trattamento basati sull’intelligenza artificiale (IA).

    IA: Il prossimo impulso al trend della rivoluzione digitale verrà dall’adozione di massa e dalla commercializzazione dell’IA. Poiché l’IA permea ormai ogni aspetto delle nostre vite, la profondità della ricerca globale diventerà ancora più cruciale per individuare investimenti di successo a lungo termine. La gamma di opportunità è enorme e comprende calcolo (processori, stoccaggio, memoria), infrastrutture, sviluppatori e beneficiari virtualmente infiniti in tutti i principali settori.

    Prodotti Industriali: Un’ondata pluriennale di incentivi fiscali potrebbe sostenere una futura ripresa economica solida negli Stati Uniti. Riteniamo che leggi come l’Infrastructure Investment and Jobs Acts (IIJA), che prevede una nuova spesa di 500 miliardi di dollari da qui al 2030, favoriranno diverse società di carattere ingegneristico ed edilizio, oltre a quelle che operano nel settore dei materiali da costruzione. Inoltre, il reshoring dovrebbe favorire diverse società che sfruttano l’automazione.

    Implicazioni per gli investimenti

    Sebbene la liquidità offra attualmente un rendimento interessante rispetto alla storia recente e funga da bene rifugio in un contesto di incertezza economica, evitando le azioni gli investitori corrono il rischio di un calo dei rendimenti in futuro nonché di un costo opportunità relativo alla perdita di ottimi guadagni. La combinazione di spread più elevati e rendimenti in calo presenta opportunità interessanti nel comparto obbligazionario, ma per ottenere un portafoglio ben bilanciato con un potenziale di rendimento più elevato nel corso del tempo è necessario abbinare a questo un ritorno selettivo agli investimenti azionari. Storicamente, le performance delle azioni sono state ottime dopo la fine delle politiche di stretta monetaria. A nostro avviso, è giunto il momento di riconsiderare i mercati azionari, adottando un approccio attivo in grado di offrire flessibilità e diversificazione in un contesto di mercato in espansione, bilanciando al contempo rischi e opportunità.