
L’inarrestabile corsa al ribasso, il taglio dei salari per non delocalizzare, contratti di solidarietà che allargano la fascia dei lavoratori poveri estendendola ben oltre la galassia degli 8 milioni di precari… E una caduta del reddito che non basteranno certo i 10 miliardi promessi da Matteo Renzi ad arrestare. Gad Lerner, nella quarta puntata di FISCHIA IL VENTO, il programma di informazione e approfondimento coprodotto da Repubblica e laeffe, in onda mercoledì 19 marzo alle ore 21.30 sul canale 50 del digitale terrestre, racconta l’emergenza lavoro che investe il sistema industriale del Paese senza sconti e distinzioni, da Pordenone a Cesano Boscone, da Roma a Pinerolo, e torna sul nuovo piano per il lavoro del Governo Renzi.Tito Boeri (economista e firma di Repubblica) boccia il provvedimento, in particolare in riferimento ai contratti a tempo determinato “il limite di 8 proroghe è molto alto… da oggi i contratti saranno quasi tutti a termine”, sulla stessa linea anche Maurizio Landini (segretario generale FIOM) “penso sia sbagliato far diventare il contratto a termine la forma di possibili assunzioni perché questo vuol dire aumentare la precarietà”.
Intanto soffiano i venti della crisi: Debora Serracchiani (presidente Regione Friuli Venezia Giulia) e il Presidente dell’unione industriali illustrano la vertenza Electrolux dove istituzioni e lavoratori sono impegnati a trattare per scongiurare il trasferimento in Polonia del colosso svedese. E ancora il caso del call center E-Care, in crisi perché un’ora di lavoro costa 15 euro contro i 3 dei colleghi albanesi o le conseguenze della privatizzazione della Croce Rossa, per cui operatori rischiano di vedersi decurtati gli stipendi del 30% e di perdere il diritto a un’assunzione stabile dopo vent’anni di precariato.
E la perdita di reddito si accompagna a quella dell’identità: come testimonia il regista Paolo Virzì che, cresciuto tra Livorno e Torino, ha raccontato spesso il mondo del lavoro nei suoi film. Oggi, dice il regista, l’operaio è solo e il sindacato è vissuto come un intralcio.
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