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Musica

La Tempesta Gentile: intervista alla band per il disco ‘LGT’

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Rossella Bramante
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“LGT” della band La Tempesta Gentile si ispira all’osservazione del pianeta e ad una passione innata per l’astronomia per delineare un percorso sonoro in cui difficoltà e speranza si intrecciano tra sfide e territori non mappati, in una continua ricerca di leggerezza. È un’opera che mira a spalancare gli occhi dell’ascoltatore, espandendo gli orizzonti e alleggerendo il peso della gravità.

La musica ha il potere di connettere le persone. Qual è il messaggio che sperate di trasmettere ai vostri ascoltatori attraverso “LTG”?

Più che un messaggio particolare vorremmo trasmettere sensazioni, quelle che si provano durante un viaggio verso l’ignoto fuori dalla nostra comfort-zone, fra momenti caotici dove è impossibile trovare una meta o vedere uno spiraglio, squarci di luce, oasi di pace, pause improvvise che però a volte si rivelano un’illusione, insomma tanti mondi e paesaggi diversi dove testi e musica vanno a braccetto e dove crediamo in tanti si possano ritrovare.

Per elevare il concetto di viaggio e lasciarlo libero all’interpretazione di ognuno di noi, abbiamo utilizzato soprattutto metafore e immagini riguardanti gli oggetti celesti e l’osservazione del cielo, aspetti provenienti da una primordiale nostra passione per l’astronomia.

Quindi tanto spazio, tante immense strade aperte, ma soprattutto una sensazione di grande vitalità che speriamo di essere riusciti a trasmettere.

Chi ha progettato la copertina di “LTG” e quali elementi visivi avete scelto per rappresentare il tema dell’album?

L’ho progettata io (Luca), e deriva come detto dalla passione per l’astronomia che ho fin da piccolo. La foto della copertina è un particolare della grande macchia scura di Nettuno, un sistema di tempeste di enormi dimensioni che ruota attorno al pianeta, ripresa dalla sonda Voyager 2 sul finire degli anni 80. L’immagine per me è molto evocativa perché lascia aperte varie interpretazioni all’osservatore. Può essere vista come una foto del nostro cielo con un’inquietante macchia scura, oppure il particolare ravvicinato di un oggetto indefinibile, insomma mi piace lasciare questo dubbio e dare spazio alla libera interpretazione.

Qual è stata la sfida più grande nella produzione di “LTG” e come avete lavorato per superarla?

La più importante sicuramente è stata quella di avere lo stesso impatto di una rock band “tradizionale”, partendo dalla nostra particolare formula, a duo. Reinterpretare un genere così denso e stratificato come lo shoegaze con questa formula così compatta, è stata quindi una bella sfida, e tutto ciò ha richiesto in primis una conoscenza profonda dell’effettistica, applicata sia al basso che all’handpan.

Trasformare il suono di un basso in una o più chitarre non è semplice, cambia anche il modo in cui devi suonare il basso, ti trovi ad avere a che fare con arpeggi e accordi, su uno strumento che normalmente si suona nota per nota, e devi saper gestire alla perfezione i due canali di uscita.

Gli arrangiamenti vanno quindi studiati nei minimi particolari per far rendere al meglio allo stesso tempo i suoni di basso e chitarra.

È stato difficile anche imparare a creare ed utilizzare i loop dal vivo, fondamentali per stratificare i suoni. Un conto è creare loop con suoni secchi e ritmici, un altro è farlo con suoni eterei, lunghi e poco definiti. Questa è stata forse la parte più difficile, abbiamo impiegato un po’ per trovare il setup ideale, ma una volta trovata la quadra, avevamo la strada tracciata anche per la produzione dell’album, che di fatto rispecchia fedelmente il nostro suono dal vivo.

Durante le performance dal vivo, che tipo di atmosfera cercate di creare per il vostro pubblico? C’è qualche elemento scenico o visuale che accompagni la musica?

Speriamo di risultare coinvolgenti ovviamente. Essendo in soli due elementi, dobbiamo per forza cercare di essere il più possibile vari durante il live, avendo i riflettori puntati solo su noi due. Per questo ci scambiamo spesso posizione, soprattutto Giovanni che si sposta dalla batteria all’handpan e al synth, e giochiamo spesso con le dinamiche fra vuoto e pieno, cercando di traghettare l’ascoltatore da una sensazione all’altra in modo “tempestoso” ma gentile, parafrasando il nostro nome.

Potete descrivere la scaletta del tour di “LTG”? Come avete scelto i brani da eseguire dal vivo?

La scaletta ricalca per la maggior parte la tracklist di LTG, ma inseriamo sempre almeno un paio di brani nuovi, in sala prove infatti non smettiamo mai di comporre, anche ad album appena uscito, e ci piace testare i nuovi brani dal vivo, anche per perfezionarli e capire se funzionano davvero. Inoltre spesso facciamo la cover di “En Remolinos” dei Soda Stereo, un omaggio ad una delle nostre band preferite che con Dynamo ha scritto per noi una pagina davvero importante di tutto il rock in lingua latina ed è una nostra importante fonte d’ispirazione.

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