Oltre 36.000 ricoveri in 10 anni, costi fino a 46.000 euro a paziente e una rete di centri di riferimento ancora inadeguata
Un fardello pesante per una malattia rara
Le vasculiti ANCA-associate (AAV) non sono solo patologie rare e complesse, ma rappresentano un vero e proprio fardello clinico ed economico per il Servizio Sanitario Nazionale e per i pazienti stessi. Lo conferma il recente studio presentato a Roma in occasione della Giornata Mondiale delle Vasculiti, che ha analizzato i dati delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) degli ultimi dieci anni.
I numeri parlano chiaro: oltre 36.000 ricoveri per AAV in un decennio, con costi medi pari a €32.285 per paziente affetto da GPA (Granulomatosi con poliangioite) e €46.023 per MPA (Poliangioite microscopica). Una spesa ingente che riflette anche la complessità della gestione e la carenza di percorsi terapeutici coordinati.
Ritardi nella diagnosi e disparità territoriali
Il tempo medio per arrivare a una diagnosi è stimato in 6 mesi, un’eternità per una malattia che può colpire reni, polmoni, sistema nervoso e altri organi vitali. Secondo il Professor Luca Quartuccio, le AAV hanno una mortalità 2,3 volte più alta rispetto alla popolazione generale. E spesso, dietro questa statistica, si nasconde la difficoltà di accedere a centri specializzati.
La mobilità interregionale dei pazienti, alla ricerca di cure migliori, aggiunge ulteriori costi: circa 4.000 euro in più per paziente. Un dato che evidenzia una rete sanitaria frammentata e la necessità urgente di uniformare i percorsi diagnostici e terapeutici.
La voce dei pazienti e l’impegno delle istituzioni
A testimoniare la drammaticità della situazione è Ruben Collet, presidente dell’A.I.V.A., affetto egli stesso da AAV: “Molti pazienti aspettano anni per ricevere una diagnosi corretta. Questo compromette irreversibilmente la qualità della vita e la gestione della malattia.”
Il senatore Orfeo Mazzella, presente all’incontro, ha ricordato il suo impegno per le malattie rare e l’emendamento 1206 per centralizzare l’acquisto dei farmaci orfani, con l’obiettivo di garantire cure tempestive e omogenee in tutta Italia.
Serve una rete nazionale di presa in carico
Lo studio, curato da CERGAS-SDA Bocconi, mostra la necessità di un coordinamento nazionale, con percorsi multidisciplinari che includano reumatologi, nefrologi, pneumologi e altri specialisti. Solo così sarà possibile intervenire precocemente, ridurre i costi, e soprattutto, salvare vite.
Il vero obiettivo? Trasformare la rarità in priorità, offrendo ai pazienti dignità, ascolto e accesso equo alle cure.
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