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Usura e estorsione: l’imprenditore del terrore e il giro da oltre 400mila euro

L'operazione "Ottovolante" smantella un'organizzazione criminale radicata nel tessuto economico di Reggio Emilia

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Una rete di crimini finanziari scoperta dalla Guardia di Finanza

Reggio Emilia si sveglia con una notizia sconvolgente: cinque persone arrestate nell’ambito di un’inchiesta che ha rivelato un giro d’affari illecito di proporzioni allarmanti. Usura, estorsione e favoreggiamento reale sono le accuse mosse nei confronti di un noto imprenditore reggiano e del suo entourage, che per mesi hanno operato nell’ombra, approfittando della disperazione economica di imprenditori locali.

L’indagine, denominata “Ottovolante”, ha preso avvio nell’agosto 2024 sotto la direzione della Procura della Repubblica di Reggio Emilia, guidata dal Procuratore Calogero Gaetano Paci. L’operazione ha coinvolto circa 60 finanzieri, tra cui specialisti dello SCICO (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata), che hanno condotto una serie di perquisizioni e arresti.

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Tassi d’usura fino al 177,50%: l’incubo delle vittime

Gli inquirenti hanno accertato che l’imprenditore reggiano e i suoi complici applicavano tassi d’usura fino al 177,50%, strozzando letteralmente le loro vittime, già provate da difficoltà finanziarie. Si stima che l’organizzazione abbia incassato interessi usurari per un totale di oltre 413mila euro, ponendo gli imprenditori truffati in condizioni ancora più drammatiche.

Il modus operandi era chiaro: le vittime contraevano debiti per oltre 150mila euro, ma in breve tempo si trovavano a dover restituire più del triplo solo in interessi. Le pressioni e le minacce erano costanti, portando le persone coinvolte a uno stato di terrore e instabilità psicologica. In alcuni casi, l’organizzazione non esitava a ricorrere a metodi violenti per riscuotere il denaro.

Arresti e sequestri per stroncare il racket

L’operazione ha portato all’applicazione di tre misure cautelari:

  • custodia cautelare in carcere per il capo dell’organizzazione,
  • arresti domiciliari per un complice,
  • divieto di dimora in tutta la regione Emilia-Romagna per un altro indagato.

Inoltre, la Guardia di Finanza ha proceduto al sequestro di denaro e beni per un valore complessivo di 413mila euro, cifra considerata il profitto delle attività illecite.

Il collegamento con la precedente operazione “Minefield”

Le indagini hanno rivelato un ulteriore dettaglio inquietante: il principale indiziato era già coinvolto in una precedente operazione anti-crimine, denominata “Minefield”, che aveva portato all’arresto di due esponenti di un sodalizio criminale di origine calabrese. Nonostante le misure cautelari a suo carico, l’imprenditore reggiano continuava a gestire i propri affari illeciti, dando istruzioni al suo entourage anche mentre era agli arresti domiciliari.

La Guardia di Finanza: “Un’azione chirurgica per stroncare la criminalità finanziaria”

Il caso mette in evidenza l’importanza del contrasto capillare e tempestivo ai reati di usura e estorsione, considerati estremamente pericolosi non solo per le singole vittime, ma anche per il tessuto economico locale. La Guardia di Finanza sottolinea la necessità di interventi mirati per proteggere le imprese da questi fenomeni, che rischiano di soffocare l’economia legale e creare un clima di paura e illegalità diffusa.

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