C’è un tipo di indagine che possiamo fate tutti: basta entrare in metropolitana, o in un treno e in un autobus, e guardare la gente intorno a noi. Su 10 persone, almeno 8 saranno con lo sguardo chino e un cellulare in mano. La nostra vita è cambiata, le nostre abitudini sono tutte online.
Se questa ricerca la possiamo fare tutti, a confermarla servono i dati dello studio condotto da Eurostat, che ha cercato di capire come passano il tempo i cittadini europei, di età compresa tra i 16 e i 74 anni. E nel report, che conferma le tendenze di prima della pandemia, si legge ad esempio che nel 2020 in Europa ben il 75% dei cittadini ha utilizzato servizi online per leggere notizie, giornali o riviste.
Da non sottovalutare anche la porzione di utenti che ha utilizzato internet per giocare online. Oltre alle console e alle piattaforme di gioco digitale, anche i casinò online sono divenuti una delle tendenze del periodo di lockdown, come testimonia il successo di strumenti di acquisizione clienti come i bonus senza deposito.
Si fa presto a dire dunque che gli italiani, come tutti gli altri europei, siano internet e social dipendenti. A invertire il trend c’è una nuova ricerca, denominata Eurostat Regional Yearbook, che ha messo il nostro paese all’ultimo posto per quanto riguarda l’utilizzo di Facebook, Instagram e compagnia. Solo il 48% degli intervistati italiani, infatti, dice di essere un utente attivo su queste piattaforme. Valore simile a quello riportato dalla Bosnia Erzegovina, che non è però sotto il 50%, ma niente a che vedere rispetto a Islanda, con 94% di dato, Norvegia, all’88% e infine Danimarca, che conclude il podio con l’85%.
I motivi della differenza? Secondo Eurostat “potrebbero essere, almeno in parte, connesse al fatto che le persone dispongano o meno di un accesso a Internet”. Niente a che vedere quindi con la cultura o le reti sociali diverse. I fattori preponderanti sono altri: “la privacy e la volontà degli individui di condividere i propri dati online”, ad esempio, oppure “l’invecchiamento della popolazione nelle regioni prevalentemente rurali”.
La ricerca si sofferma poi sull’età: i nostri ragazzi tra i 16 e 24 anni sono infatti connessi in maniera attiva al pari dei loro colleghi europei (cifra all’87%), attratti dalle possibilità di internet, dal gambling, dai social di ultima generazione e dalle altre piattaforme di streaming. Diverso invece è il discorso per gli over 65, che restano al 22%. Un gap, questo, che deve essere colmato visto che ormai tutta la nostra vita, e tutti i nostri servizi, sono online.
Serve aggiornamento e istruzione, perché la cittadinanza digitale è sempre più realtà.
C’è un tipo di indagine che possiamo fate tutti: basta entrare in metropolitana, o in un treno e in un autobus, e guardare la gente intorno a noi. Su 10 persone, almeno 8 saranno con lo sguardo chino e un cellulare in mano. La nostra vita è cambiata, le nostre abitudini sono tutte online.
Se questa ricerca la possiamo fare tutti, a confermarla servono i dati dello studio condotto da Eurostat, che ha cercato di capire come passano il tempo i cittadini europei, di età compresa tra i 16 e i 74 anni. E nel report, che conferma le tendenze di prima della pandemia, si legge ad esempio che nel 2020 in Europa ben il 75% dei cittadini ha utilizzato servizi online per leggere notizie, giornali o riviste.
Da non sottovalutare anche la porzione di utenti che ha utilizzato internet per giocare online. Oltre alle console e alle piattaforme di gioco digitale, anche i casinò online sono divenuti una delle tendenze del periodo di lockdown, come testimonia il successo di strumenti di acquisizione clienti come i bonus senza deposito.
Si fa presto a dire dunque che gli italiani, come tutti gli altri europei, siano internet e social dipendenti. A invertire il trend c’è una nuova ricerca, denominata Eurostat Regional Yearbook, che ha messo il nostro paese all’ultimo posto per quanto riguarda l’utilizzo di Facebook, Instagram e compagnia. Solo il 48% degli intervistati italiani, infatti, dice di essere un utente attivo su queste piattaforme. Valore simile a quello riportato dalla Bosnia Erzegovina, che non è però sotto il 50%, ma niente a che vedere rispetto a Islanda, con 94% di dato, Norvegia, all’88% e infine Danimarca, che conclude il podio con l’85%.
I motivi della differenza? Secondo Eurostat “potrebbero essere, almeno in parte, connesse al fatto che le persone dispongano o meno di un accesso a Internet”. Niente a che vedere quindi con la cultura o le reti sociali diverse. I fattori preponderanti sono altri: “la privacy e la volontà degli individui di condividere i propri dati online”, ad esempio, oppure “l’invecchiamento della popolazione nelle regioni prevalentemente rurali”.
La ricerca si sofferma poi sull’età: i nostri ragazzi tra i 16 e 24 anni sono infatti connessi in maniera attiva al pari dei loro colleghi europei (cifra all’87%), attratti dalle possibilità di internet, dal gambling, dai social di ultima generazione e dalle altre piattaforme di streaming. Diverso invece è il discorso per gli over 65, che restano al 22%. Un gap, questo, che deve essere colmato visto che ormai tutta la nostra vita, e tutti i nostri servizi, sono online.
Serve aggiornamento e istruzione, perché la cittadinanza digitale è sempre più realtà.