Tag: occupazione

  • Calo dell’occupazione a maggio: primo segno negativo dopo tre mesi di crescita

    Calo dell’occupazione a maggio: primo segno negativo dopo tre mesi di crescita

    Occupazione: un calo mensile ma una crescita annua

    Dopo un periodo di tre mesi consecutivi di crescita, l’occupazione in Italia ha registrato un calo dello 0,1% a maggio, equivalente a 17.000 unità in meno rispetto ad aprile. Il tasso di occupazione mensile è sceso al 62,2%. Tuttavia, su base annua, l’occupazione è aumentata del 2%, con un incremento di 462.000 unità.

    Crescita dei dipendenti permanenti e degli autonomi

    Nonostante il calo generale, è stato osservato un aumento nel numero di dipendenti permanenti e lavoratori autonomi. Al contrario, i contratti a termine hanno subito una diminuzione. Complessivamente, il numero di occupati in Italia ha raggiunto i 23 milioni e 954.000 unità a maggio.

    Stabilità del tasso di disoccupazione e aumento dell’inattività

    Sempre nel mese di maggio, il tasso di disoccupazione si è mantenuto stabile al 6,8%, mentre la disoccupazione giovanile è salita leggermente al 20,5% (+0,1%). Il tasso di inattività ha registrato un lieve aumento, passando al 33,1% (+0,1%).

  • Tassi, occupazione e petrolio: a cosa guardano i mercati

    Tassi, occupazione e petrolio: a cosa guardano i mercati

    • Nonostante la decisione della Fed di lasciare i tassi d’interesse invariati fosse ampiamente prevista, i mercati hanno reagito in modo piuttosto brusco, con il rendimento del decennale statunitense che è sceso di circa 40 punti base la scorsa settimana
    • Gli ultimi dati sull’occupazione negli Stati Uniti evidenziano una leggera contrazione dei nuovi posti di lavoro e un lievissimo aumento della disoccupazione, lasciando intendere che la politica monetaria restrittiva della Fed potrebbe finalmente cominciare a dimostrarsi efficace
    • Il Tesoro americano prevede un’emissione trimestrale di debito pari a 112 miliardi di dollari, una cifra inferiore alle aspettative di alcuni investitori che potrebbe aver contribuito all’impennata dei rendimenti a cui abbiamo assistito la scorsa settimana
    • Oggi la quotazione del Brent è sostanzialmente sovrapponibile a quella del periodo precedente alla crisi in Israele, ma un peggioramento della situazione geopolitica 
    • potrebbe portare il prezzo del petrolio fino ai 150 dollari al barile

    A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm

    Milano, 7 novembre 2023 – La scorsa settimana l’attenzione dei mercati si è concentrata sui tassi di interesse, lasciati invariati sia dalla Federal Reserve statunitense che dalla Bank of England. Nonostante le mosse di entrambe le banche centrali fossero ampiamente previste, i mercati hanno reagito in modo piuttosto brusco, con il rendimento del decennale statunitense che è sceso di circa 40 punti base. Una reazione che può essere, in parte, ricondotta alle parole pronunciate dal presidente Powell nel corso della conferenza stampa post-riunione, che gli investitori hanno interpretato come il segnale di una fine ormai prossima del ciclo di rialzi dei tassi. 

    I mercati hanno seguito con attenzione anche gli ultimi dati sull’occupazione negli Stati Uniti: il rapporto stilato mercoledì dall’agenzia di elaborazione delle buste paga ADP dipinge il quadro di un mercato del lavoro in rallentamento, una tesi supportata anche dai Non-Farm Payroll di venerdì 3 novembre, che registrano una leggera contrazione dei nuovi posti di lavoro e un lievissimo aumento della disoccupazione. Questi ultimi dati suggeriscono che la politica monetaria restrittiva della Fed potrebbe finalmente iniziare ad avere effetto, nonostante l’ultimo rapporto sul Pil Usa evidenzi una crescita economica ancora solida. 

    Le ultime considerazioni riguardano l’entità di nuovo debito che il governo Usa sarebbe pronto ad emettere: il deficit di bilancio degli Stati Uniti è già piuttosto elevato in rapporto al PIL e si prevede crescerà ulteriormente, nonostante l’aumento del costo di emissione. L’attuale impasse politico rende inoltre difficile per il governo adottare le misure per la riduzione del deficit che pure sarebbero necessarie. Il Tesoro americano prevede un’emissione trimestrale di debito pari a 112 miliardi di dollari, una cifra inferiore alle aspettative di alcuni investitori che potrebbe aver contribuito all’impennata dei rendimenti a cui abbiamo assistito la scorsa settimana. 

    Infine, mentre il conflitto in Medioriente non accenna ad esaurirsi, alcuni report mettono in evidenza quanto un peggioramento della situazione geopolitica potrebbe pesare sul prezzo del petrolio, che secondo la Banca Mondiale potrebbe arrivare a toccare i 150 dollari al barile in uno scenario di cosiddetta “grande perturbazione”. Considerando che negli ultimi vent’anni il prezzo del petrolio ha in diverse occasioni superato i 120 dollari al barile, queste stime non ci appaiono del tutto irrealistiche. Ancora più interessante è la questione del prezzo attuale del petrolio: oggi la quotazione del Brent è sostanzialmente sovrapponibile a quella del periodo precedente alla crisi in Israele. Diverse le ragioni che potrebbero essere alla base di questo fenomeno, tra cui il fatto che gli investitori petroliferi ritengono poco probabile un’escalation del conflitto. Ci auguriamo che questa interpretazione si dimostri corretta, ma occorrerà tenere monitorata da vicino la questione. 

  • PIMCO: Rapporto sull’occupazione negli Stati Uniti di giugno

    PIMCO: Rapporto sull’occupazione negli Stati Uniti di giugno

    A cura di Tiffany Wilding, Managing Director e Economist di PIMCO

    Cosa è successo? Il rapporto sull’occupazione di giugno è stato più debole del previsto, in quanto l’aumento stagionale dei salari di giugno registrato l’anno scorso è stato assente quest’anno e i licenziamenti sono stati evidenti in diversi settori più deboli. Anche le revisioni del mese precedente sono state negative, riducendo la media mobile a 3 mesi degli aumenti mensili dei salari a 240k rispetto alle 280k del mese scorso (prima delle revisioni). Altrove il tasso di disoccupazione è salito e l’inflazione dei salari orari medi è cresciuta del 4,4% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso – invariata rispetto al mese precedente.

    Cosa significa? Il mercato del lavoro sembra ancora resistente, con un tasso di disoccupazione vicino ai minimi storici al 3,6%. Anche l’offerta di lavoro continua a migliorare, con un ulteriore aumento della partecipazione alla prima età questo mese. Tuttavia, i dati più recenti evidenziano licenziamenti in molti dei settori più deboli e, estrapolando una tendenza lineare, si potrebbe ipotizzare una crescita dei salari pari a zero entro la fine dell’anno. In passato, in contesti economici caratterizzati da una politica monetaria restrittiva, le buste paga tendevano a decelerare fino a quando non cadevano in recessione. Di solito, il momento “wile-E-coyote” si è verificato 16 mesi dopo il picco del ritmo mensile delle buste paga (che in questo ciclo sarebbe stato nel 1° trimestre del 2023), ma per ora il rallentamento del mercato del lavoro, più resistente, continua.

    Quale sarà il prossimo passo?  Riteniamo che il rapporto odierno sia abbastanza forte da mantenere la Fed sulla strada del rialzo a luglio, ma rafforza la nostra idea di base secondo cui l’indebolimento dell’economia (e del mercato del lavoro) potrebbe in ultima analisi impedire alla Fed di effettuare rialzi oltre l’estate.

  • Cambiamento climatico, azzeramento delle emissioni nette e il mito dell’occupazione

    Cambiamento climatico, azzeramento delle emissioni nette e il mito dell’occupazione

    A cura di Iain Richards, Direttore globale per l’investimento responsabile di Columbia Threadneedle Investments

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  • Economia. In Germania record di occupati: sono 42 milioni e mezzo

    Economia. In Germania record di occupati: sono 42 milioni e mezzo

    euro
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    Mentre in Italia continuiamo a contare i record di disoccupati soprattutto tra i giovani e soprattutto nel sud, in un’altra nazione dell’Unione Europea che spende con la nostra stessa moneta, l’euro (loro però lo chiamano “oiro”), la Germania appunto, segna al contrario un record di occupati. Secondo i dati difusi dall’Istat tedesca (che si chiama Destatis) in Germania il numero degli occupati è salito nel secondo trimestre a circa 42,5 milioni di persone, il secondo miglior risultato mai registrato dalla riunificazione tedesca del 1989.
    Rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente l’occupazione è aumentata dello 0,8%, pari a 340mila persone,mentre dal primo trimestre c’è stata una crescita dello 0,1%, attesa per effetti stagionali.
    E voi che ne pensate?