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Intermonte è una Investment bank indipendente leader in Italia e punto di riferimento per gli investitori istituzionali italiani e internazionali nel segmento delle mid & small caps. Quotata sul mercato Euronext Growth Milan di Borsa Italiana, presenta un modello di business diversificato su quattro linee di attività, “Investment Banking”, “Sales & Trading”, Global Markets” e “Digital Division & Advisory”. L’Investment Banking offre servizi rivolti a imprese quotate e non quotate in operazioni straordinarie, incluse operazioni di Equity Capital Markets, Advisory, M&A e Debt Capital Markets. Le divisioni Sales & Trading e Global Markets supportano le decisioni di oltre 650 investitori istituzionali italiani ed esteri grazie a una ricerca di alto standing di più di 50 operatori professionali specializzati nelle varie asset class, azioni, obbligazioni, derivati, ETF, valute e commodities. L’ufficio studi figura costantemente ai vertici delle classifiche internazionali per qualità della ricerca e offre la più ampia copertura del mercato azionario italiano sulla base di un’elevata specializzazione settoriale. La divisione “Digital Division & Advisory” è attiva nel risparmio gestito e consulenza agli investimenti. Websim è specializzata in produzione di contenuti finanziari destinati a investitori retail. T.I.E. – The Intermonte Eye – è l’area riservata a consulenti finanziari e private banker.

  • Mid Small Cap italiane: Confermato l’approccio selettivo, quadro della liquidità ancora debole

    Mid Small Cap italiane: Confermato l’approccio selettivo, quadro della liquidità ancora debole

    A cura del Team di Ricerca di Intermonte

    • Performance (-). Il mercato azionario italiano (prezzi al 19 aprile 2023) è salito del 9,1% nell’ultimo mese e del 17,1% su base annua. L’indice FTSE Italy Mid-Cap (+5,8%) ha sottoperformato l’indice principale del 3,3% nell’ultimo mese (-5,4% YtD su base relativa), mentre l’indice FTSE Italy Small Caps (+2,0%) ha registrato una performance inferiore del 7,2% rispetto al mercato nell’ultimo mese e del -9,0% su base relativa dall’inizio del 2023. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps è cresciuto del 4,7% nell’ultimo mese, sottoperformando leggermente le mid-cap italiane.
    • Stime (-). Dall’inizio del 2023, abbiamo attuato una revisione al rialzo del +4,3% delle nostre stime sugli EPS del 2023, mentre la revisione è stata più contenuta (+2,7%) sugli EPS per il 2024. Concentrandoci sulla nostra copertura mid/small cap, dal 1° gennaio 2023 abbiamo aumentato gli EPS 2023 dell’1,9%. In particolare, nell’ultimo mese abbiamo ridotto le nostre previsioni sugli EPS per il 2023 e per il 2024 per la nostra copertura mid/small cap rispettivamente dello 0,9% e dello 0,4%, con le small cap che hanno subito una riduzione più marcata. Le nostre nuove stime sono coerenti con uno scenario macro più volatile.
    • Valutazioni (=). Se confrontiamo la performance YtD con la variazione delle stime per l’esercizio ‘23 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un re-rating del 13,2% su base annua (la stessa metrica un mese fa era pari al +2,6%); le mid-cap si sono rivalutate del 9,7%, mentre le small cap del 16,7%. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 47% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%) e in linea con il livello di un mese fa (46%).
    • Liquidità (-). Osservando l’andamento degli indici ufficiali italiani, notiamo che la liquidità delle large caps nell’ultimo mese (misurata moltiplicando i volumi medi per i prezzi medi in un determinato periodo) è al di sopra della media annuale, registrando un +9,8% in più rispetto alla media a 1 anno, anche se un mese fa la stessa metrica era pari a +39,7%. Anche la liquidità per le mid cap ha mostrato un andamento simile, con un +16,8% rispetto alla media annuale, mentre per le small cap lo stesso parametro è pari a +12,5%.
    • Strategia di investimento. Nelle ultime settimane, a causa dei continuimutamenti di scenario, la volatilità sui mercati è rimasta elevata, rendendo difficile la performance degli investitori attivi. La riapertura dei confini cinesi ha rappresentato un importante fattore di stimolo, con un aumento delle speranze di un possibile ritorno dei turisti cinesi in Europa, ma allo stesso tempo, le tensioni politiche, soprattutto tra Cina e Stati Uniti, stanno destabilizzando il quadro macro. In questo scenario, suggeriamo di rimanere concentrati su titoli di qualità, in particolare sui nomi esposti a trend di settore come rivoluzione digitale, sostenibilità, transizione verde o assistenza sanitaria per l’invecchiamento della popolazione. Tuttavia, individuiamo anche alcune opportunità tra i titoli value che sono leader di mercato nei loro settori, dato che il quadro macro si sta dimostrando più resiliente del previsto, soprattutto in Europa. Tra le mid/small cap la liquidità rimane un problema aperto, soprattutto in relazione ai significativi deflussi dai fondi PIR che, in media, rappresentano circa il 10% del flottante di questo segmento. Una nota positiva è rappresentata dalla recente approvazione da parte del governo italiano di un pacchetto di riforme (il cosiddetto ” Ddl Capitali”) volto a facilitare il finanziamento tramite il mercato azionario per le PMI italiane, che potranno beneficiare di una maggiore flessibilità in materia di governance e di un processo di quotazione accelerato. Anche se è presto per dire quale sarà l’impatto di queste misure, questo incentivo potrebbe contribuire a migliorare lo slancio del settore dopo un periodo di flussi ridotti e di mancanza di quotazioni nel settore delle mid-cap.

    PIR: i deflussi sono proseguiti nel primo trimestre 2023

    Nella sua revisione trimestrale del 22 febbraio 2023, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del 4Q22. Nel corso del trimestre, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 368 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato deflussi per 9 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 17,5 miliardi di euro, mentre 1,4 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale è ulteriormente peggiorata su base sequenziale rispetto al 3° trimestre del 2022 e al 2° trimestre del 2022, quando gli afflussi netti erano stati rispettivamente di -330 e di -96 milioni di euro. Il saldo totale YtD si attesta quindi a -773 milioni di euro, mentre gli AuM si sono attestati a 17,5 miliardi di euro, in aumento rispetto ai 16,5 miliardi di euro di fine settembre, grazie alla performance del mercato.

    Il dato di afflusso è peggiore di quello reso noto dall’Osservatorio PIR de Il Sole 24 Ore, che stimava

    286 milioni di euro di deflussi nel 4Q22 (con ottobre, novembre e dicembre rispettivamente a -92 milioni di euro, -102 milioni di euro e -92 milioni di euro).

    Per quanto riguarda i PIR alternativi, la raccolta nel 4Q22 è stata di -9 milioni di euro, in calo rispetto al 3Q22 (14,5 milioni di euro) e al 2Q22 (153 milioni di euro), con il dato annuale ’22 a 242 milioni di euro e AuM stabili a 1,44 miliardi di euro (stesso dato di fine giugno e settembre).

    Secondo l’Osservatorio PIR, i deflussi sono continuati a gennaio con -166 milioni di euro e in febbraio sono stati ancora peggiori, con -268 milioni di euro.

    Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

    Il PIR alternativo, d’altro canto, è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 30.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

    Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello europeo sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi hanno il diritto di acquistare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.

    Le nostre stime per i PIR ordinari

    Notiamo che la visibilità sulle stime future rimane bassa, ma confermiamo la nostra visione più ottimista sul 2023 rispetto al 2022 per due motivi principali: 1) le performance di mercato sono state complessivamente positive dall’inizio dell’anno e questo potrebbe spingere gli investitori retail a riprendere gli investimenti azionari in prodotti come i PIR; 2) gran parte dei deflussi nel 2022 potrebbero essere stati causati dalla scadenza del periodo di 5 anni a partire dal 2017, un anno caratterizzato da un boom di afflussi e da buone performance di mercato delle small/mid cap, il che significa che molti investitori entrati nei prodotti PIR nel 2017 potrebbero aver scelto di trarre profitto nel 2022, alla scadenza del periodo minimo di detenzione di 5 anni per godere dei benefici fiscali. Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto alto grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

    Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

    • Per il 2022, stiamo adeguando la raccolta indicata nella tabella al dato Assogestioni di -733 milioni di euro; per il 2023, ipotizziamo una raccolta lorda da nuovi sottoscrittori di PIR pari a 500 milioni di euro;
    • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 50% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
    • Infine, calcoliamo che l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo prima del termine dei cinque anni (per qualsiasi motivo) sarà pari al ~3,5% degli Assets under Management nel 2023 e oltre.
  • INTERMONTE: AL VIA UN NUOVO BOND PER INTERCETTARE AL MEGLIO LE ATTESE DEL MERCATO SULL’ANDAMENTO FUTURO DEI TASSI

    INTERMONTE: AL VIA UN NUOVO BOND PER INTERCETTARE AL MEGLIO LE ATTESE DEL MERCATO SULL’ANDAMENTO FUTURO DEI TASSI

    Il titolo, ideato da Intermonte ed emesso da Goldman Sachs, presenta una struttura unica Floating to Fixed a cedola annuale: nei primi due anni paga un tasso variabile pari all’Euribor a 3 mesi con un floor allo 0% e un cap al 4%, mentre nei successivi quattro anni il tasso sarà fisso al 4,5% annuo

    Milano, 17 aprile 2023 – Dopo anni di rendimenti poco soddisfacenti, l’intensa politica rialzista delle Banche Centrali ha fatto tornare i Bond un’asset class molto interessante. Per cogliere al meglio le opportunità offerte da questo scenario, che potrebbe non durare a lungo, la divisione digitale di IntermonteInvestment bank indipendente specializzata in intermediazione, ricerca, capital markets, M&A e advisory sul mercato italianoha ideato un nuovo Bond a 6 anni, emesso da Goldman Sachs, con struttura Floating to Fixed,ovvero che passa da un tasso variabile ad uno fisso. Questa struttura è stata pensata per cavalcare al meglio le attese del mercato sul futuro dei tassi e remunerare gli investitori nella maniera più efficiente possibile.

    Il Bond in dettaglio e la struttura Floating to Fixed

    Il titolo(codice ISIN XS2567550921), è già quotato sul mercato Euro TLX di Borsa Italiana e scadrà il 28 marzo 2029. Per i primi due anni è prevista una cedola annuale (in pagamento il 28 marzo 2024 e il 28 marzo 2025) a tasso variabile, pari al tasso Euribor a 3 mesi con un floor allo 0% e un cap al 4% lordo. Nei successivi quattro anni è prevista invece una cedola annua a tasso fisso pari al 4,5% lordo (con date di pagamento: 30 marzo 2026, 30 marzo 2027, 28 marzo 2028 e, infine, 28 marzo 2029). Le cedole variabili vengono fissate in anticipo: la prima cedola, che sarà pagata nel marzo 2024, è già stata fissata col tasso Euribor del 24 marzo 2023 e sarà pari al 3,025%. Quindi resta da stabilire soltanto la seconda cedola, che sarà pagata nel marzo 2025. 

    La caratteristica struttura di questo titolo gli consente di adattarsi ad una curva dei tassi a scadenza invertita, con tassi a breve molto più alti di quelli a lungo. Loscenario che rende interessante questa obbligazione si basa sulla previsione che, con l’avvicinarsi della conclusione della fase rialzista dei tassi da parte della BCE e l’approssimarsi di una possibile fase recessiva, sia plausibile attendersi una successiva rapida discesa dei tassi dai livelli attuali a livelli molto inferiori.Inoltre, dal momento che dopo il secondo anno il titolo sarà a tasso fisso, il prezzo del Bond sarà più reattivo alla dinamica dei tassi e, se la view di tassi calanti nel lungo termine si rivelasse corretta, gli investitori dovrebbero poter contare anche su un guadagno in conto capitale.

    «Questo Bond, ideato da Intermonte ed emesso da Goldman Sachs, è una soluzione di investimento che si adatta perfettamente al momento storico che stiamo attraversando, dove, dopo anni di oblio, il mercato obbligazionario è tornato ad offrire rendimenti attraenti. Tuttavia, occorre tenere ben presente che, come spesso accade sui mercati, questo trend potrebbe invertirsi rapidamente: per questo motivo, uno strumento Floating to Fixed consente di offrire un buon profilo rischio/rendimento agli investitori, riflettendo i rialzi dei tassi da parte della Banca Centrale Europea per i primi due anni, per poi stabilire un tasso fisso dal terzo anno in poi, quando, con molta probabilità, i tassi scenderanno» dichiara Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte.

  • Intermonte: Jody Vender entra in qualità di Senior Advisor

    Intermonte: Jody Vender entra in qualità di Senior Advisor

    Milano, 23 gennaio 2023 – Jody Vender entra come Senior Advisor in Intermonte – investment bank indipendente specializzata in intermediazione istituzionale, ricerca, capital markets, M&A e advisory sul mercato italiano. Professionista di spicco del settore finanziario italiano e tra i pionieri dell’industria del Private Equity in Italia, Vender contribuirà in particolare all’ulteriore sviluppo del business della divisione Investment Banking, grazie alla sua pluriennale esperienza e costante collaborazione con imprenditori e aziende italiane.

    Jody Vender ha alle spalle una lunga carriera accademica pressol’Università Commerciale Luigi Bocconi, dove per oltre 25 anni è stato Professore Incaricato nell’Area Finanza. “Bocconiano dell’Anno” per il 1990, è stato fondatore e membro del Consiglio Direttivo di AIFI (Associazione Italiana dei Fondi di Private Equity). Vender vanta inoltre una lunga esperienza come consigliere di amministrazione di importanti società, tra cui Buitoni, Zanussi, Mondadori, Banca Nazionale dell’Agricoltura, Recordati, Sasib, Camfin, Humanitas, Prelios, solo per citarne alcune.

    Nonostante l’impatto dell’attuale scenario geopolitico e macroeconomico sui mercati azionari a livello globale, la divisione Investment Banking di Intermonte, guidata da Fabio Pigorini, ha chiuso il primo semestre 2022 con una crescita dei ricavi a doppia cifra grazie ad un significativo aumento delle attività di M&A, contribuendo per circa il 35% ai ricavi totali netti del Gruppo.

    Fabio Pigorini, Amministratore Delegato, Head of Investment Banking di Intermonte, ha dichiarato: “Accogliamo Jody Vender con grande piacere ed orgoglio. Siamo convinti che il suo ingresso nel Gruppo contribuirà a consolidare ulteriormente la posizione di leadership che Intermonte riveste all’interno del mercato italiano. La sua grandissima esperienza, la profonda conoscenza del tessuto imprenditoriale italiano ed il suo ampio network di relazioni nel settore industriale e finanziario costituiranno un fattore fondamentale per lo sviluppo futuro del business al servizio dei nostri clienti”.

    Jody Vender ha aggiunto: “Nella mia carriera ho sempre cercato di dare un forte contributo alla crescita ed all’internazionalizzazione delle aziende, anche attraverso operazioni straordinarie. Intermonte rappresenta un importante punto di riferimento sul mercato per le imprese italiane ed una porta d’accesso privilegiata al mercato dei capitali, competenze di grande valore in un momento in cui le eccellenze imprenditoriali italiane hanno più che mai la necessità di essere accompagnate e supportate in operazioni volte allo sviluppo di lungo periodo.”

  • Report mensile sulle Mid Small Cap italiane

    Report mensile sulle Mid Small Cap italiane

    I titoli di qualità restano l’opzione migliore durante periodi di crisi di mercato

    A cura del Team di Ricerca di Intermonte

    • Performance (+). Il mercato azionario italiano (prezzi al 19 dicembre 2022) è sceso del 3,7% nell’ultimo mese e continua a scendere del 14,2% su base annua. L’indice FTSE Italy Mid-Cap (-1,3%) ha sovraperformato l’indice principale del 2,4% nell’ultimo mese (-7,2% YtD su base relativa), mentre l’indice FTSE Italy Small Caps (-0,4%) ha registrato una performance migliore del 3,3% rispetto al mercato nell’ultimo mese e un -0,3% su base relativa da inizio 2022. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps è sceso del 2,5% nell’ultimo mese, sottoperformando le mid-cap italiane.
    • Stime (=). Dall’inizio dell’anno, abbiamo rivisto al rialzo le nostre stime sugli EPS 2023 del +11,1%, grazie ai significativi upgrade degli utili dei titoli energetici, mentre in media abbiamo lasciato quasi invariate le previsioni per i restanti titoli; concentrandoci sulla nostra copertura mid/small, abbiamo tagliato gli EPS 2023 del 5,6% YTD. Nell’ultimo mese, abbiamo alzato dello 0,1% le previsioni di EPS per il 2022 e il 2023 per la nostra copertura mid/small cap.
    • Valutazioni (-). Se confrontiamo la performance YtD con la variazione delle stime per l’esercizio ‘22 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un de-rating YtD del 40,7% (era -38,5% un mese fa); le mid-cap hanno registrato un de-rating del 27,8%, mentre le small-cap hanno registrato una revisione delle stime superiore del 6,3% rispetto alla correzione del prezzo delle azioni. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 49% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%) e del livello di un mese fa (42%).
    • Liquidità (=). Osservando l’andamento dell’indice ufficiale italiano, notiamo che la liquidità per le large cap nell’ultimo mese (misurata dai volumi medi moltiplicati per i prezzi medi in un determinato periodo) è al di sotto della media annuale, risultando inferiore del 16,6% rispetto alla media a un anno, in peggioramento rispetto a un mese fa quando la stessa metrica era pari a -12,8%. È interessante notare che la liquidità delle mid cap ha subito una contrazione più significativa, con un calo del 26,5%, mentre per le small cap la stessa metrica è diminuita del 24,1%.
    • Strategia di investimento. Nell’ultimo mese, come in parte previsto, le banche centrali, con un nuovo rialzo dei tassi, hanno smorzato l’entusiasmo delle Borse che si era visto nel mese precedente. Di conseguenza, nell’ultimo mese alcuni titoli growth, compresi i titoli IT, sono nuovamente scesi. Guardando al futuro, l’aspettativa del consenso è che il 2023 possa iniziare con un nuovo calo di breve termine dei listini, ma poi dovrebbe aprirsi un periodo più positivo in quanto l’atteso rallentamento economico dovrebbe allontanare la probabilità che si rendano necessari nuovi rialzi dei tassi. In questo scenario, riteniamo che la direzione delle stime tornerà ad essere la discriminante per orientare le scelte di portafoglio e quindi confermiamo la nostra preferenza per i titoli di qualità, esposti a solidi trend di settore, in particolare quelli del comparto IT. La liquidità rimane scarsa, con riscatti in accelerazione anche per i fondi PIR che, ricordiamo, rappresentano poco meno del 10% del flottante delle mid-small cap italiane.

    Maggiori deflussi di PIR nel 3° trimestre

    Nella sua revisione trimestrale del 29 novembre 2022, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del 3Q22. Nel corso del trimestre, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 330,3 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato afflussi per 14,5 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 16,5 miliardi di euro, mentre 1,4 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale è ulteriormente peggiorata su base sequenziale rispetto al 2° trimestre del 2022 e al 1° trimestre del 2022, quando il dato era stato rispettivamente di 96 milioni e 160 milioni di euro. Il saldo totale YtD si attesta quindi a 366 milioni di euro, mentre gli AuM si sono attestati a 16,5 miliardi di euro, in calo rispetto ai 17,5 miliardi di euro di fine giugno, a causa sia dei deflussi che dell’andamento del mercato.

    Il dato di afflusso è peggiore di quello reso noto dall’Osservatorio PIR de Il Sole 24 Ore, che ha stimato 244 milioni di euro di deflussi nel 3Q22 (con luglio, agosto e settembre rispettivamente a 63 milioni di euro, 57 milioni di euro e 124 milioni di euro).Secondo l’Osservatorio PIR, i deflussi sono proseguiti in ottobre con -92,1 milioni di euro.

    Per quanto riguarda i PIR alternativi, la raccolta nel 3Q22 è stata di 14,5 milioni di euro, in calo rispetto al 2Q22 (153 milioni di euro) e al 1Q22 (83 milioni di euro), con il dato YtD a 251mln di euro e AuM stabili a 1,44 mld di euro (stesso dato di fine giugno).

    Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

    Il PIR alternativo, d’altro canto, è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 30.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

    Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello europeo sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi hanno il diritto di acquistare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.

    Le nostre stime per i PIR ordinari

    La recente volatilità e l’incertezza del mercato dovrebbero continuare, almeno nel breve periodo, e probabilmente limiteranno gli afflussi nei prossimi mesi. Alla luce dell’attuale scenario e dei dati PIR del 3° trimestre ‘22, abbiamo rivisto al ribasso le nostre ipotesi di afflusso al 2022 a -358 milioni di euro, rispetto a -159 milioni di euro e notiamo che la visibilità rimane bassa, a causa sia del contesto generale di mercato sia della specifica transizione politica italiana post-elettorale

    Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto alto grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

    Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

    • Per il 2022, ipotizziamo una raccolta lorda da parte dei nuovi sottoscrittori di PIR pari a 40 milioni di euro; 
    • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 50% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
    • Infine, calcoliamo che l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo prima del termine dei cinque anni (per qualsiasi motivo) sia pari al ~5,3% degli Assets under Management nel 2022 e oltre.
  • FLASH BCE: Lagarde dura sul sentiero di rialzo tassi mentre negli Usa rallentano i consumi

    FLASH BCE: Lagarde dura sul sentiero di rialzo tassi mentre negli Usa rallentano i consumi

    A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte

    La BCE ha oggi optato per:

    • seguire il consenso con un rialzo dei tassi di 50 pb
    • l’annuncio della partenza del QT (ossia minori reinvestimenti sul solo piano APP) a partire da marzo per 15Mld€ mensili fino alla fine del secondo trimestre

    Parto dalle conclusioni e di seguito i dettagli:

    • Una Lagarde molto dura e netta è arrivata a richiamare i mercati sul fatto che le aspettative sul tasso di approdo finale son troppo basse per poter essere compatibili con l’obiettivo del 2% in tempi celeri
    • In merito al rialzo di 50 pb ha precisato:
      • che il passaggio da 75 a 50 pb non è da intendersi come pivot
      • che la BCE continuerà a rialzare a questo ritmo in futuro

    L’atteggiamento molto duro della Lagarde può essere sintetizzato da questa sua frase:

    We have more ground to cover, we have to go longer, and we are in this long game.”

    Le parole della Lagarde sono arrivate contestualmente a dati sulle vendite al dettaglio Us di novembre che hanno segnalato un marcato rallentamento con quasi tutte le voci di spesa in calo.

    La reazione dei mercati è stata evidente: terminal rate portato in area 3,25% e riduzione marcata del differenziale tasso (al minimo dal 2020 sul comparto 10y) che ha contribuito al rafforzamento dell’euro

    Tassi impliciti future Euribr 3M (in arancione oggi vs ieri in verde)

    Tassi impliciti future Euribr 3M (in arancione oggi vs ieri in verde)
    Tassi impliciti future Euribr 3M (in arancione oggi vs ieri in verde)

    Spread tassi 10 anni Us vs Germania

    Spread tassi 10 anni Us vs Germania
    Spread tassi 10 anni Us vs Germania

    La partenza del QT a marzo con un importo superiore al minimo ipotizzato dal consenso (15 vs 10 Mld€) ha contribuito a riportare lo spread sopra i 200pb.

    In prospettiva:

    • la BCE oggi ha dato l’impressione di voler sganciarsi dalla Fed che di fatto ha marcato stretto negli ultimi mesi
    • la BCE potrebbe implementare manovre restrittive anche dopo lo stop della Fed, ossia presumibilmente dopo febbraio, di fronte ad un’inflazione euro molto più difficile da domare a causa della componente energetica
    • Tale atteggiamento potrebbe portare a fasi di maggiore turbolenza in area euro tra primo e secondo trimestre rispetto agli Usa, in vista di un potenziale impatto al rialzo sulle commodity che potrebbe arrivare dalle:
      • riaperture cinesi con il nuovo anno lunare
      • ritorno degli acquisti di gas naturale da parte della Ue. Ovviamente il tutto salvo notizie più favorevoli sul fronte forniture di gas russo in termini di quantità e prezzo
    • Successivamente bond ed equity potrebbero registrare un progressivo miglioramento con l’avvicinarsi della recessione Usa nella seconda parte del 2023, che potrebbe portare ad un rallentamento delle politiche restrittive prima da parte della Fed e solo successivamente da parte della BCE.

    DETTAGLI

    • Lo staff della BCE ha aggiornato anche le previsioni per i prossimi tre anni, con la prima volta della comparsa di stime per il 2025
    Previsioni staff BCE dicembre 2022
    Previsioni staff BCE dicembre 2022
    • Per la prima volta le previsioni coprono il 2025 con il tasso di inflazione atteso al 2,3%, ossia ancora sopra il target
    • Nel comunicato si fa riferimento al fatto che una possibile recessione potrebbe essere breve e poco profonda
    • La Lagarde ha sottolineato che le pressioni al rialzo sui salari si stanno intensificando in presenza di un mercato del lavoro forte
    • Sul tema inflazione la Lagarde ha preannunciato un calo a dicembre seguito però da un’accelerazione a gennaio/febbraio, a causa del fatto che ad inizio anno si amplifica la trasmissione a valle del caro energia.
  • FED: Powell cerca di fare da traghettatore a fine anno

    FED: Powell cerca di fare da traghettatore a fine anno

    A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte

    Milano, 15/12/2022 – La tanto attesa riunione Fed aveva come principale punto di attenzione la cosiddetta nuvola di punti, i dots che Powell aveva anticipato sarebbero stati più alti rispetto a quelli di settembre

    Promessa mantenuta in toto per il 2023 con 17 membri su 19 che hanno ipotizzato un tasso  superiore al 5% e ben due membri dei 17 che hanno segnalato un tasso intorno al 5,5%

    Powell ha alternato parole amare a parole dolci cercando di portare avanti, di fatto, il tentativo di comunicare l’intenzione di procedere con le manovre restrittive, cercando di spaventare quanto meno possibile i mercati

    Tra le parole più dure quelle relative al fatto che la Fed ha ancora strada da fare nella lotta all’inflazione, in particolare con riferimento alla dinamica salariale che pesa per circa il 55% sull’andamento del PCE, ossia l’indice sui prezzi utilizzato come riferimento dalla Fed

    Tra le parole più morbide quelle relative al fatto che il tasso di riferimento si sta avvicinando al livello ritenuto sufficientemente restrittivo

    Gli operatori però si son mostrati scettici, continuando ad ipotizzare un picco di tasso di riferimento intorno al 4,75% accompagnato dall’ipotesi di tagli dei tassi Fed nella seconda parte del 2023. Nel grafico è evidente lo scollamento tra le attese dei DOTS (in verde) verso quelle degli operatori (in viola con riferimento agli OIS) 

    • Questo atteggiamento è anche collegato al fatto che la Fed ha marcatamente tagliato le stime di crescita per il 2023 (da 1,2% a 0,5%) ed inoltre, come ammesso dallo stesso Powell, vi sono ampi margini di riduzione dell’inflazione core collegata al progressivo ridimensionamento degli affitti che pesano per oltre il 30% nell’indice dei prezzi al consumo
    • Lo stesso Powell, infine, ad apposita domanda sulla possibilità che il ritorno di rialzo possa essere ulteriormente ridotto a 25 pb a febbraio, non lo ha esplicitamente escluso, rispondendo con ” dipenderà dai dati”

    In sintesi

    La Fed appare ancora impegnata nel tentativo di portare avanti le manovre restrittive cercando di non spaventare i mercati soprattutto nel delicato momento della chiusura d’anno, memore anche della cattiva esperienza di fine 2018.

    In prospettiva 

    • L’ipotesi è che il tasso di riferimento Fed possa raggiungere un picco in area 5%, cui farebbe seguito una pausa che interesserebbe almeno il secondo trimestre, in attesa di vera conferma di inflazione in ridimensionamento. Nel frattempo, il Cpi Core (oggi al 6%) ed il PCE core (oggi al 5%) potrebbero posizionarsi su livelli pari o al di sotto del livello di inflazione, dando luogo pertanto a livelli reali di tassi Fed Funds positivi, il che nel gergo della Fed potrebbe significare aver raggiunto un livello sufficientemente restrittivo
    • Nel frattempo, i salari saranno probabilmente la variabile chiave per decidere per quanto tempo tenere i tassi fermi in prossimità dell’ipotizzato picco

    La palla passa ora alla BCE che ha come scenario di consenso un rialzo di 50 pb accompagnato da dettagli su tempistica e modalità di attuazione del QT.

    Un’ipotesi minoritaria ma non trascurabile potrebbe essere quella di 75 pb con rinvio al secondo trimestre della partenza del QT che avrebbe le seguenti argomentazioni:

    • Accontentare i falchi con un rialzo più marcato prima che si entri nel vivo della fase recessiva
    • Allo stesso tempo supportare l’euro, il che in parte limiterebbe l’inflazione importata, anche in vista dei corposi acquisti di gas liquido da fine inverno in poi, che saranno prevalentemente in dollari e non più in euro come nel caso del gas russo
    • Per le colombe potrebbe andare bene il rinvio del QT (sulla sola operazione APP) per avere qualche mese in più di BCE supportiva con i reinvestimenti in vista delle corpose emissioni del 2023 finalizzate a finanziare il caro bollette. Ivi inclusa la Germania, che ieri ha annunciato per il 2023 emissioni record di 539 Mld€, in rialzo di circa 100 Mld€ rispetto al 2022
    • A rendere meno urgente la partenza del QT anche il fatto che, nel frattempo, i rimborsi anticipati delle TLTRO hanno registrato un’accelerazione, attestandosi a circa 740Mld€ nelle prime due finestre di novembre/dicembre. Se a questo si aggiungono 50Mld€ in scadenza naturale a fine dicembre, ne consegue che per fine anno il bilancio BCE scenderà già di 800 Mld€ collocandosi complessivamente sotto gli 8000Mld€
    • In sintesi, la riduzione del bilancio si sta già materializzando tramite rimborsi anticipati delle TLTRO, il che renderebbe meno impellente la partenza del QT.
  • Powell morbido vs il numero magico del 5%

    Powell morbido vs il numero magico del 5%

    A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte

    Milano, 01/12/2022 – Come recitava una vecchia pubblicità, il discorso di Powell alla fine si è rivelato “10 piani di morbidezza”, smentendo in parte le dichiarazioni più aggressive di tre autorevoli membri Fed del calibro di Bullard, Williams e Mester, che avevano enfatizzato soprattutto il fatto che i mercati non devono sottovalutare le intenzioni aggressive della Fed pur di sedare l’inflazione

    Powell di fatto ha confermato i tre punti già ben noti ossia:

    • rallenteremo il ritmo a dicembre
    • il picco sarà superiore a quello segnalato a dicembre
    • dopo il picco, terremo i tassi fermi per un certo periodo

    Ma a sorprendere i mercati sono state soprattutto le parole aggiuntive che provo ad elencare in senso letterale:

    • “non vogliamo arrecare enormi danni all’economia con il rialzo dei tassi”
    • “non vogliamo esagerare e per questa ragione rallentiamo il ritmo di rialzo dei tassi”

    In altri termini, un tenore del discorso che ha rassicurato i mercati su intenzioni non bellicose della Fed che inizia l’atterraggio verso l’approdo finale intorno al 5% l’1 febbraio (la prima riunione Fed del 2023) prima di una pausa sui tassi per un certo tempo

    Lo stesso Powell ha richiamato il “numero magico del 5%” preannunciando che il dato sull’inflazione monitorato dalla Fed (il PCE core) di ottobre (in pubblicazione proprio oggi) è atteso proprio al 5%:

    • Probabilmente anche la dinamica salariale (in pubblicazione venerdì) si attesterà in un intorno del 5%
    • Tanti indizi che effettivamente fanno una prova sempre più certa del fatto che la Fed si fermerà al 5% nel processo di rialzo dei tassi

    Ironia della sorte, il 5% è un numero che è risuonato ieri anche nei dati sull’inflazione preliminare Euro: il dato generale è sceso dal 10,6% al 10% mentre il dato core (al netto di energia e alimentari) è rimasto inchiodato proprio al 5%

    In sostanza, anche per la BCE si pone la possibilità di rallentamento del ritmo dei rialzi a dicembre (basandosi sul rallentamento dell’inflazione) a fronte della discussione sulla partenza del quantitative tightening (ossia di lascia scadere una parte dei titoli in portafoglio senza reinvestire)  a causa della necessità di porre freno alla parte core dell’inflazione, che non accenna ancora a chinare la testa

    Il contesto di maggiore morbidezza ha trovato oggi anche la sponda cinese, con l’annuncio di misure che almeno rendono più sopportabili le misure di contenimento del Covid: quarantene più brevi e soprattutto presso le proprie abitazioni e non più nei luoghi angusti decisi dal governo

    Un modo per cercare di contenere il contagio invernale, placando gli eccessi di malumore emersi con le proteste di piazza, in attesa di poter riaprire più diffusamente con il nuovo anno lunare da febbraio (l’anno del coniglio per chi ama l’oroscopo cinese)

    Lo yuan in questa fase rappresenta il termometro più affidabile e rapido dell’attesa di riaperture con il nuovo anno invernale, con un marcato apprezzamento negli ultimi giorni verso il dollaro

    In sintesi

    • Powell ha aperto un dicembre potenzialmente favorevole complessivamente per i listini azionari ed anche per i bond
    • In termini di S&P500, su base mensile ottobre si è chiuso con + 8%, novembre +5%
      • Dicembre potrebbe almeno in parte emulare novembre
      • Qualche curva ci può essere, non sarà tutto rose e fiori, soprattutto se qualche dato macro/evento non sarà all’altezza delle più rosee aspettative, considerando anche che siamo su livelli molto bassi di volatilità (area 20 del VIX)
        • Complessivamente dicembre dovrebbe regalare un finale positivo su base mensile
    • Sul fronte tassi potrebbe continuare la fase favorevole per scadenze entro i 5 anni sia governative sia corporate, che potrebbero offrire un giusto rapporto rischio/rendimento e consentire di cavalcare curve dei tassi molto piatte e, in alcuni casi, invertite come in Germania
    • Nei primi mesi del prossimo anno le possibili riaperture cinesi ed il ritorno dell’Europa sul mercato del gas per ricominciare a ripristinare le scorte potrebbero comportare un rialzo del comparto commodity (petrolio, rame e minerale di ferro in testa) con aumento del timore che le banche centrali possano diventare meno morbide, il che potrebbe interrompere solo temporaneamente questo scenario
      • Queste fasi complessivamente si potrebbero rivelare opportunità di ingresso in ottica primo semestre
    • Verosimilmente le banche centrali potrebbero accettare di fatto un compromesso con tassi di riferimento ben al di sotto dell’inflazione, per cercare di far quadrare la difficile equazione che dovrebbe portare ad una frenata dell’economia sì ma non disastrosa, insieme a quella di cercare di arginare nel più breve tempo possibile l’iperinflazione.
  • Banche centrali in regime “cruise control adattivo”, fino ai primi meeting del 2023

    Banche centrali in regime “cruise control adattivo”, fino ai primi meeting del 2023

    A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte

    Milano, 23/11/2022

    • La fine dell’anno si avvicina e nel frattempo si può iniziare a fare un primo bilancio dell’interazione mercati/banche centrali con i relativi impatti sul mercato
    • L’alta inflazione ha costretto le banche centrali ad accelerare con le manovre restrittive, a partire dalla Fed che ai rialzi dei tassi ha anche aggiunto il quantitative tightening accelerato anche esso a settembre, insieme al ritmo di rialzo tassi, passato da giugno da 50 a 75pb
    • Un generico portafoglio globale 60% bond /40% equity da inizio anno ha raggiunto il picco massimo di calo intorno a -22% nel mese di ottobre, mettendo a segno performance simili a quelle dell’indice MSCI WORLD
    • In sintesi:
      • la tipica correlazione negativa bond/equity quest’anno non ha portato i benefici degli anni passati, in un contesto di rapido cambio di regime sui tassi indotto dalla fase iperinflattiva in atto
    • Se si passa ad osservare più direttamente il mercato azionario US, si può notare come l’indice S&P500 abbia segnato i minimi dell’anno a metà anno, aggiornandoli marginalmente ad ottobre, ma di fatto segnando un doppio minimo con i livelli di giugno
    • La variabile rimasta relativamente costante è stato il range di oscillazione della volatilità, con l’indice VIX ricompreso nel range 20/35
      • Ex post tale range è stato reso possibile principalmente dall’alternanza di toni duri/morbidi della Fed:
        • a metà anno aveva accennato all’ipotesi di rallentamento del ritmo di rialzi (che il mercato ha scambiato per pivot imminente)
        • a fine agosto riferimento all’ “andremo avanti anche con la recessione” 
        • ad ottobre il richiamo maggiore ai rischi di stabilità finanziaria, anche alla luce del caso fondi pensione Uk di settembre
    • Questo atteggiamento della Fed a ben vedere è stato recepito dagli operatori che progressivamente hanno iniziato a coprirsi sempre di meno contro rischio estremi, ad esempio di un avvitamento continuativo al ribasso dei mercati
      • A testimonianza di ciò il fatto che è sceso il costo (ossia la volatilità) contro l’assicurazione da rischi estremi, come testimoniato dalla cosiddetta SKEW in prossimità dei minimi storici
        • In altri termini gli operatori han percepito la necessità di coprirsi da acquazzoni (ossia cali limitati e controllati dell’equity) ma non uragani (alias cali continuativi ed incontrollati) 
    • Aggiungiamo un altro ingrediente: l’accelerazione del ritmo del rialzo tassi nella seconda parte dell’anno ha progressivamente interessato sempre di più la parte a breve termine della curva mentre quella a lungo termine ha seguito un percorso autonomo fino a intraprendere un sentiero dicotomico (tassi a breve al rialzo e tassi a lungo termine in calo)
    • In altri termini le curve dei tassi si sono sempre più invertite soprattutto in US
    • Tutti questi fattori possono essere i primi ingredienti utilizzabili per provare a tracciare lo scenario mercati fino ai primi mesi del 2023, ossia fino ai primi incontri FED/BCE del prossimo anno, rispettivamente 1 e 2 febbraio
    • Le banche centrali, Fed in testa, potrebbero continuare a cercare di controllare la volatilità dei mercati, nel tentativo di evitare sia avvitamenti eccessivi al ribasso sia anche eccessi di euforia: nel primo caso il rischio sarebbe quello di innescare uno dei tanti rischi di stabilità finanziaria, nel secondo caso (euforia) quello di vanificare parte degli intenti restrittivi, costringendo le stesse banche centrali a dover rincorrere i mercati alzando ulteriormente i tassi e/o accentuando il QT, il che a sua volta aumenterebbe i rischi di stabilità finanziaria (difficoltà da parte di alcune categorie di operatori, carenza di collaterale, illiquidità crescente dei mercati obbligazionari, ecc)
    • Di fatto un regime che metaforicamente potremmo definire di “cruise control adattivo” dove le banche centrali adattano i loro toni/manovre non solo ai dati macro, ma sempre più al comportamento dei mercati, con in mano la bussola rappresentata dalla volatilità che potrebbe continuare ad oscillare nel range 20/35 visto nel corso del 2022
    • Tutto questo almeno fino ai primi mesi del 2023, in attesa di verificare l’andamento dell’inflazione e l’impatto delle manovre restrittive fin qui implementate.

    Pertanto, entro i primi due meeting di febbraio FED/BCE:

    • Andamento controllato (dalle banche centrali) dell’equity tenendo a riferimento
      • il range 20/35 del VIX che potrebbe corrispondere ad un range 3600/4200 per l’indice S&P500
    • Sul fronte tassi i livelli fin qui raggiunti aprono lo spazio per opportunità di inserimento graduali e progressive innanzitutto di bond govies e corporate in portafoglio, in vista di un primo approdo sui tassi a febbraio in area 5% Fed e 2,75/3% BCE, che il mercato ha di fatto incorporato nelle attese
      • In questo caso la bussola per operatori e banche centrali potrebbe essere il monitoraggio dei tassi reali che stanno iniziando a dare segnali di top raggiunto. Il tasso reale Us 10y (in blu nel grafico) si è infatti fermato al massimo dal 2010 in area 1,70%, mentre il tasso nominale 10y (in bianco nel grafico) si è spinto  fino a segnare il top dal 2008 in area 4,35%
  • Report mensile sulle Mid Small Cap italiane

    Report mensile sulle Mid Small Cap italiane

    Risultati trimestrali nel complesso favorevoli

    A cura del Team di Ricerca di Intermonte

    • Performance (-). Il mercato azionario italiano (prezzi al 17 novembre 2022) è cresciuto del 13,6% nell’ultimo mese, ma è ancora in calo del 12,1% su base annua. L’indice FTSE Italy Mid-Cap (+10,1%) ha sottoperformato l’indice principale del 3,6% nell’ultimo mese (-9,0% su base annua), mentre l’indice FTSE Italy Small Caps (+5,9%) ha registrato una performance peggiore del 7,7% rispetto al mercato nell’ultimo mese e un -2,4% su base relativa da inizio 2022. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps è migliorato dell’8,1% nell’ultimo mese, sottoperformando le mid-cap italiane.
    • Stime (+). Dall’inizio dell’anno, abbiamo effettuato una revisione del +10,5% delle nostre stime sugli EPS 2023, guidata da significativi upgrade degli utili dei titoli energetici, mentre in media abbiamo lasciato invariate le previsioni per i restanti titoli; concentrandoci sulla nostra copertura mid/small, da inizio anno abbiamo tagliato gli EPS 2023 del 5,6%. Se cu focalizziamo sui cambi stime fatti nell’ultimo mese, abbiamo alzato le nostre previsioni sugli EPS per il 2022 e il 2023 rispettivamente del 3,2% e del 3,3%.
    • Valutazioni (=). Se confrontiamo la performance YtD con la variazione delle stime FY22 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un de-rating YtD del 38,5% (era -43,9% un mese fa); le mid-cap hanno registrato un de-rating del 27,1%, mentre le small cap hanno registrato una revisione delle stime del 2,9% superiore alla correzione del prezzo dell’azione. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 42% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%) ma leggermente al di sotto del livello di un mese fa (43%).
    • Liquidità (=). Osservando l’andamento dell’indice ufficiale italiano, notiamo che la liquidità per le large cap nell’ultimo mese (misurata dai volumi medi moltiplicati per i prezzi medi in un determinato periodo) è inferiore alla media annuale, risultando più bassa del 12,8% rispetto alla media a 1 anno, ma comunque in miglioramento rispetto a un mese fa, quando la stessa metrica era pari a -19,8%. È interessante notare che la liquidità delle mid cap ha subito una contrazione più significativa, con un calo del 18,0%, mentre per le small cap la stessa metrica è diminuita del 19,8%. Vale la pena notare che la liquidità media giornaliera per la nostra copertura mid/small cap è stata di 1,8 milioni di euro nell’ultimo mese, con un calo del 48% rispetto al periodo corrispondente di un anno fa.
    • Strategia d’investimento. Le ultime settimane sono state estremamente positive per i titoli azionari e hanno spinto le Banche Centrali ad assumere un tono più hawkish (ossia più incline a una politica monetaria restrittiva) per limitare le implicazioni sull’inflazione di un “effetto ricchezza”, soprattutto per i consumatori statunitensi. In prospettiva, è probabile che i mercati salgano qualora dei dati macro deboli suggeriscano che l’inflazione sia vicina al picco, mentre una correzione sarebbe probabile se i consumi risultassero più alti del previsto, in quanto il dato suggerirebbe la necessità di un nuovo inasprimento della politica monetaria. I risultati trimestrali sono stati generalmente positivi, con alcuni profit warning da parte del settore dei beni di consumo. Il nostro consiglio di sovrappesare i titoli del comparto IT, nonostante il supporto di dati trimestrali positivi, non ha funzionato nell’ultimo mese, ma restiamo convinti che sia solo una questione di tempo e che il re-rating riprenderà slancio. Per quanto riguarda i nomi industriali, l’assorbimento del capitale circolante netto è stata una tendenza generale e abbiamo cercato di selezionare quei nomi che giustificheranno questa decisione alla luce di solidi dati del 4Q22. Abbiamo cercato di basare le nostre idee di investimento su questi presupposti.

    Raccolta PIR in territorio negativo anche nel 3° trimestre ‘22 secondo i dati preliminari

    Il 18 maggio 2022, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del 1° trimestre 2022 nella sua revisione trimestrale. Assogestioni ha modificato la propria reportistica e ora rilascia anche i dati di raccolta dei PIR alternativi: nel primo trimestre del 2022 i PIR ordinari hanno raccolto 160,2 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato una raccolta di 83,4 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno in gestione 19,8 miliardi di euro, mentre 1,8 miliardi di euro sono investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale di 160,2 milioni di euro ha prolungato il numero di trimestri in cui si è registrato un trend positivo, iniziato nel secondo trimestre del 2021.

    Tuttavia, la situazione è peggiorata significativamente nel 2° trimestre del 2022. A settembre, Assogestioni ha segnalato deflussi dai fondi PIR ordinari nel 2° trimestre 22 per 196 milioni di euro, portando il saldo totale del 1° semestre ‘22 a 35 milioni di euro. Il dato è leggermente migliore di quello anticipato dall’Osservatorio PIR del Sole 24 Ore, che stimava 234 milioni di euro di deflussi nel 2° trimestre ‘22. A fine giugno le masse gestite si sono attestate a 17,5 miliardi di euro, in calo rispetto ai 19,8 miliardi di euro di fine marzo (-11,6%), chiaramente a causa dell’andamento dei mercati. Per quanto riguarda i PIR alternativi, la raccolta nel 2° trimestre ‘22 è stata di 153 milioni di euro, in accelerazione rispetto al 1° trimestre ‘22 (83 milioni di euro), con un dato a un anno di 236 milioni di euro e un AuM di 1,44 miliardi di euro (rispetto agli 1,8 miliardi di euro a fine marzo).

    Secondo l’Osservatorio PIR, i deflussi sono proseguiti anche in luglio, agosto e settembre, rispettivamente con -63, -57 e -124 milioni di euro, portando il dato annuale a -279 milioni di euro. L’attuale volatilità dei mercati e l’instabilità politica potrebbero continuare a influenzare negativamente gli afflussi nella seconda parte dell’anno.

    Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

    Il PIR alternativo, d’altro canto, è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 30.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

    Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello europeo sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi hanno il diritto di acquistare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.

    Le nostre stime per i PIR ordinari

    La recente volatilità e l’incertezza del mercato dovrebbero continuare, almeno nel breve periodo, e probabilmente limiteranno gli afflussi nei prossimi mesi. Alla luce dello scenario attuale e dei recenti dati preliminari del PIR monitor, abbiamo rivisto le nostre stime di afflussi per il 2022 e il 2023 rispettivamente a -159 milioni e 654 milioni di euro (da 52 e 800 milioni di euro) e notiamo che la visibilità rimane bassa, sia a causa del contesto generale di mercato, sia per la specifica transizione politica italiana post-elettorale. Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto alto grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

    Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

    • Per il 2022, ipotizziamo una raccolta lorda da parte dei nuovi sottoscrittori di PIR pari a 40 milioni di euro (da 90 milioni di euro);
    • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 60% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
    • Infine, calcoliamo che l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo prima del termine dei cinque anni (per qualsiasi motivo) sia pari al ~4,3% degli Assets under Management nel 2022 e oltre.
  • European MidCap Event: nuovo appuntamento virtuale a Madrid per il viaggio di Intermonte tra le principali piazze finanziarie d’Europa

    European MidCap Event: nuovo appuntamento virtuale a Madrid per il viaggio di Intermonte tra le principali piazze finanziarie d’Europa

    Milano, 15 novembre 2022 IntermonteInvestment bank indipendente specializzata in intermediazione istituzionale, ricerca, capital markets, M&A e advisory sul mercato italiano – torna a Madrid con una nuova tappa virtuale dell’European MidCap Event, il ciclo di incontri dedicato alle piccole e medie aziende italiane che ormai da anni rappresenta un appuntamento fisso per gli investitori europei.

    L’evento, organizzato in collaborazione con CF&B Communicationagenzia specializzata nelle relazioni tra società quotate e investitori istituzionali – si terrà giovedì 17 novembre in formato virtuale e sarà rivolto a 25 investitori provenienti da 18 case di gestione, principalmente spagnole e francesi. Tredici le eccellenze tricoloriche Intermonte, in qualità di unico partner per l’Italia, accompagnerà ai 42 meeting in calendario: AbitareIn, Avio, Banca Sistema, Civitanavi Systems, Cy4gate, Emak, Esprinet, GPI, Piaggio, Seri Industrial, Somec, The Italian Sea Group, Tinexta.

    Guglielmo Manetti, Amministratore Delegato di Intermonte, commenta: “L’eccellenza delle piccole e medie imprese italiane è ormai un valore riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo, ma oggi più che mai queste realtà necessitano di supporto concreto da parte di investitori e istituzioni finanziarie. Consapevoli di ciò, come Intermonte lavoriamo da anni per supportare la crescita di queste aziende e agevolare ogni possibile occasione di confronto e contatto con le principali case di gestione a livello europeo”.

    “Con questa nuova tappa dell’European MidCap Event Intermonte ribadisce il proprio impegno a sostegno dell’economia reale del Paese e, nello specifico, di una selezione di piccole e medie imprese che si distinguono per capacità di innovare e offrire prodotti e servizi di qualità nei più svariati settori, dallo sviluppo residenziale all’healthcare, dalla nautica alla cybersecurity”  – conclude Micaela Ferruta, Responsabile Corporate Broking e Specialist.

  • Report mensile sulle Mid Small Cap italiane

    I dati trimestrali selezioneranno i vincitori nello scenario attuale

    A cura del Team di Ricerca di Intermonte

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