Tag: eurozona

  • Inflazione in Eurozona in ripresa, +2,9% in dicembre

    Inflazione in Eurozona in ripresa, +2,9% in dicembre

    A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm*

    Milano, 5 gennaio 2023 – Dopo sei mesi consecutivi di inflazione in calo, l’Indice dei Prezzi al Consumo dell’area Euro è tornato a salire, passando dal 2,4% di novembre al 2,9% di dicembre. Le stime rilasciate questa mattina da Eurostat seguono il dato relativo all’inflazione tedesca pubblicato ieri, che mostra anch’esso una decisa accelerazione dal 2,3% di novembre al 3,8% di dicembre, trainata dall’aumento dei prezzi dell’energia dopo la scadenza delle misure governative di sostegno a famiglie e imprese per l’acquisto di gas, energia elettrica e generi alimentari.

    Pur in linea con le attese, i dati diffusi tra ieri e oggi smentiscono l’ipotesi di un taglio dei tassi da parte della BCE nel breve termine. I policymaker saranno attenti a non abbandonare troppo presto l’atteggiamento prudente che hanno avuto finora in assenza di chiari segnali di indebolimento della crescita economica o di avvicinamento dell’inflazione al target del 2%.

  • In agosto inflazione in Eurozona al 5,3%

    In agosto inflazione in Eurozona al 5,3%

    A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm

    Milano, 31 agosto 2023 – L’inflazione complessiva dell’area Euro si è attestata in agosto al 5,3%, contro il 5,1% atteso. A pesare all’interno del paniere sono soprattutto generi alimentari, alcol e tabacco, che hanno registrato un aumento del 9,8% su base annua, rispetto al 10,8% di luglio. L’inflazione nei servizi scende al 5,5% dal 5,6% di luglio, a conferma della resilienza dei consumi nonostante l’aumento del costo del credito.

    Il dibattito tra falchi e colombe è destinato a riaccendersi in vista della prossima riunione della BCE, la cui intensa politica rialzista ha notevolmente contribuito al raffreddamento della crescita economica dell’Eurozona. Per il meeting di settembre, complici i timori di deflazione, i mercati hanno iniziato a prezzare una possibile pausa nel ciclo di rialzi dei tassi, ma il fatto che l’inflazione resti su livelli storicamente elevati rende difficile prevedere con certezza un’inversione di politica monetaria.

  • Soft landing negli Stati Uniti: Regno Unito ed Eurozona potranno replicarlo?

    Soft landing negli Stati Uniti: Regno Unito ed Eurozona potranno replicarlo?

    Weekly market outlook a cura di Steven Bell, Chief Economist EMEA di Columbia Threadneedle Investments

    • I dati sull’inflazione statunitense registrano una diminuzione e l’opinione diffusa è che la recessione sembra ormai scongiurata.
    • I dati economici europei si sono rivelati negativi, sebbene riteniamo che i numeri principali non rappresentino bene l’intero contesto europeo. La fiducia dei consumatori sta migliorando.
    • L’inflazione nel Regno Unito si sta attenuando, ma la struttura del mercato immobiliare britannico rende l’economia molto più vulnerabile all’aumento dei tassi di interesse. 
    • Nonostante vi sia molta incertezza, i mercati sembrano suggerire la possibilità di un “soft landing” nel Regno Unito e nell’Eurozona.
    • È probabile che si stia raggiungendo il picco dei tassi d’interesse; tuttavia, al di là degli Stati Uniti, non ci si deve aspettare alcun taglio prima del 2024.

    I dati provenienti dagli Stati Uniti suggeriscono che l’inflazione potrebbe avviarsi verso l’obiettivo del 2% fissato dalla Federal Reserve senza bisogno di una recessione, ma tramite un “soft landing”. Finora i valori dell’inflazione dei prezzi al consumo (IPC) si sono ridotti in modo significativo e più del previsto. In particolare, gli ultimi dati sull’IPC mostrano che l’inflazione è scesa ad appena il 3% a giugno. Inoltre, l’inflazione salariale è diminuita, secondo i dati pubblicati la scorsa settimana, con una possibilità concreta che la spirale prezzi-salari si stia invertendo. Tutto questo è avvenuto con un tasso di disoccupazione ancora molto basso. Un “soft landing” statunitense non è affatto scontato, sebbene in molti siano d’accordo che avverrà. Si tratta di un grande cambiamento e una buona notizia per gli asset di rischio negli Stati Uniti e non solo.

    Ci si chiede ora se il Regno Unito e l’Eurozona saranno in grado di riproporre il successo degli Stati Uniti. Riteniamo che ci sia una concreta possibilità che questa accada, pur considerando le tempistiche prolungate e l’inizio di un periodo difficile.

    Guardando all’Eurozona, i recenti dati economici appaiono negativi, con numeri molto più bassi del previsto. In particolare, i Purchasing Managers Indices sono in territorio negativo. Le indagini sui prestiti bancari mostrano che le condizioni di credito si sono inasprite e la relativa domanda di credito è crollata. Tuttavia, la situazione potrebbe non essere così negativa come suggeriscono i titoli dei giornali. C’è un divario tra nord e sud: i volumi delle vendite al dettaglio in Germania sono stati deboli, con una crescita annuale appena positiva, mentre la Spagna ha registrato un boom dei consumi. C’è inoltre un divario settoriale: l’industria manifatturiera appare debole, mentre i servizi sono forti, e questo rappresenta un fenomeno evidente quasi ovunque. I dati relativi alla Germania e al settore manifatturiero sono molto più numerosi degli altri e per questo motivo, a nostro avviso, il quadro generale risulta distorto: la situazione non è così negativa come suggeriscono i titoli dei giornali. E la disoccupazione continua a diminuire, raggiungendo i minimi storici nell’Eurozona.

    C’è stato un significativo miglioramento della fiducia dei consumatori, mentre i risparmi non spesi potrebbero tradursi in maggiori consumi. Tuttavia, l’inflazione è ancora alta, il doppio rispetto agli Stati Uniti, e questo genera una pressione al rialzo sui salari. Sebbene l’Eurozona possa avere un’indicizzazione minore rispetto al passato, quest’ultima resta comunque molto più alta di quella degli Stati Uniti; pertanto, la spirale prezzi-salari continua ad andare nella direzione sbagliata. Il sollievo arriverà quando l’inflazione nominale scenderà, ma ci vorranno diversi mesi prima che si registri un’ulteriore diminuzione.

    Il Regno Unito, invece, presenta fattori specifici. La struttura del mercato immobiliare britannico rende l’economia più vulnerabile all’aumento dei tassi di interesse ufficiali rispetto all’Eurozona o agli Stati Uniti. Il recente aumento del 10% dei salari minimi nel Regno Unito, sebbene apprezzabile a livello sociale, ha comportato l’aumento dell’inflazione salariale. Si tratta di un evento unico e che non si ripeterà il prossimo anno. Inoltre, la debolezza della sterlina dello scorso anno sta aggiungendo ben 2 punti percentuali all’inflazione attuale: questo fenomeno è destinato ad attenuarsi e, successivamente, invertirsi in risposta al recente rafforzamento della sterlina. Gli ultimi dati sull’inflazione mostrano un netto miglioramento che proseguirà insieme al miglioramento delle bollette energetiche delle famiglie (cresciute del 200% nelle ultime rilevazioni, scenderanno del 17% il prossimo mese e diminuiranno ulteriormente ad ottobre).

    Come per l’Eurozona, anche in Gran Bretagna il punto di partenza per l’inflazione è più alto e il percorso verso un “soft landing” più incerto. La buona notizia è che i mercati finanziari hanno concesso all’Eurozona e al Regno Unito il beneficio del dubbio dopo aver visto il concretizzarsi di un “soft landing” negli Stati Uniti.