Tag: demenza

  • Demenze: semplificati i controlli e l’accesso ai farmaci per i pazienti grazie all’intervento delle società scientifiche

    Demenze: semplificati i controlli e l’accesso ai farmaci per i pazienti grazie all’intervento delle società scientifiche

    FINALMENTE QUALCOSA CAMBIA NEL TRATTAMENTO DELLE DEMENZE

    Roma, 3 aprile 2023. La SINDEM (www.sindem.org) insieme alle altre società scientifiche nazionali coinvolte nelle tematiche delle demenze e dei disturbi cognitivi  come la SIN (Società Italiana di Neurologia), l’AIP (Ass. It. Psicogeriatria) e SINeG (Soc. It. Neurogeriatria)], e la SIMMG (Società dei Medici di Medicna generale), si è fatta promotrice di un’iniziativa tesa ad aggiornare e semplificare la nota 85, risalente al 2010, per l’accesso alle terapie da parte degli oltre 800mila pazienti italiani affetti da Demenza di Alzheimer e demenze correlate.

    L’audizione con l’AIFA svoltasi nel maggio 2022, ha riscosso interesse e l’Agenzia Italiana del Farmaco, dopo aver coinvolto il Tavolo Nazionale Demenze (che include il Ministero della Salute, l’ISS e le Regioni) ha recepito la necessità di modificare i criteri di rimborsabilità di questi farmaci che risalivano al 2010.

    Amalia Cecilia Bruni (Presidente SINDEM quando è stata avviata l’iniziativa) e Camillo Marra (attuale presidente SINDEM) sottolineano che le modifiche alla nota 85 non si limitano alla SOLA MODIFICA DELLA RIMBORSABILITA’ ma contengono aggiornamenti anche di altri aspetti, precisando che:

    NOVITA’ DI TRATTAMENTO

    Il monitoraggio delle terapie farmacologiche era legato a vecchi criteri di sicurezza (visite a 1, 3 e 6 mesi) che, dopo 20 anni di pratica clinica, sono stati modificati:

    • La nota ora permette un monitoraggio meno rigido e più personalizzato alle esigenze del singolo paziente.
    • La visita di controllo nei casi stabilizzati può essere distanziata anche a un anno, se il caso lo consente, e ciò permette da un lato una riduzione di visite inutili e dall’altro di lasciare liberi spazi per pazienti meno stabili e che necessitano di monitoraggio più stretto.
    • Anche la durata della cura viene svincolata dai rigidi punteggi del MMSE, il test di valutazione cognitiva generale. Alla luce dei numerosi studi che indicano l’efficacia di questi farmaci anche in fasi molto iniziali e molto più gravi di quanto prima limitato dalla precedente nota il farmaco potrà essere prescritto sulla base del giudizio del medico e nell’ambito di una valutazione clinica complessiva.
    • Da ultimo l’osservazione che i farmaci per malattia di Alzheimer (Memantina e inibitori Colinesterasi) si siano dimostrati più efficaci se dati in combinazione ha portato ad un’ulteriore modifica della nota che ora prevede la possibilità di effettuare la prescrizione combinata in politerapia di tali farmaci.
  • Un domani le comuni vaccinazioni potrebbero essere un modo per ridurre il rischio di sviluppare la demenza

    Un domani le comuni vaccinazioni potrebbero essere un modo per ridurre il rischio di sviluppare la demenza

    A cura del dr. Giovanni Ghirga

    Un domani le comuni vaccinazioni potrebbero essere un modo per ridurre il rischio di sviluppare la demenza. Negli USA una persona su nove di età pari o superiore a 65 anni ha avuto il morbo di Alzheimer nel 2022 e innumerevoli altri ne sono stati colpiti indirettamente, come operatori sanitari e contribuenti.

    Al momento non esiste una cura: i trattamenti disponibili si concentrano principalmente sulla prevenzione incoraggiando i fattori protettivi come l’esercizio fisico e una dieta sana e riducendo i fattori aggravanti, come il diabete e l’ipertensione.

    Uno di questi fattori aggravanti sono le infezioni virali. I ricercatori hanno identificato che alcuni virus come il virus dell’herpes simplex di tipo 1 (HSV-1, causa dell’herpes labiale), il virus della varicella zoster (VZV, causa della varicella e l’herpes zoster) e il SARS-CoV-2 (causa della COVID-19 ) possono portare a un rischio più elevato di malattia di Alzheimer e demenza dopo l’infezione.

    Capire come e quando questi virus contribuiscono alla malattia potrebbe aiutare gli scienziati a sviluppare nuove terapie per prevenire la demenza. Tuttavia, i ricercatori non sono stati in grado di rilevare in modo coerente i virus sospetti nel cervello delle persone morte di Alzheimer.

    Poiché il processo della malattia di Alzheimer può iniziare decenni prima dei sintomi, alcuni ricercatori hanno proposto che i virus agiscano precocemente in modo ” mordi e fuggi “; innescano una cascata di eventi che portano alla demenza senza poi lasciare traccia di loro. In altre parole, quando i ricercatori analizzano i cervelli dei pazienti, qualsiasi componente virale rilevabile è sparito ed è difficile stabilire il nesso di causalità.

    Concentrandoci sul punto di ingresso più vulnerabile al cervello, il naso, gli scienziati hanno scoperto una rete genetica che fornisce la prova di una robusta risposta virale.

    Molti dei virus implicati nella demenza, compresi gli herpesvirus e il virus che causa il COVID-19, entrano nel naso e interagiscono con il sistema olfattivo.

    Il sistema olfattivo è costantemente bombardato da odori, sostanze inquinanti e agenti patogeni. Le particelle inalate attraverso le narici si legano a specifici recettori olfattivi nel tessuto che riveste la cavità nasale.

    Questi recettori inviano messaggi ad altre cellule in quello che viene chiamato il bulbo olfattivo, il quale agisce come una stazione di ritrasmissione che trasmette questi messaggi lungo i lunghi nervi del tratto olfattivo. Questi messaggi vengono poi trasferiti all’area del cervello responsabile dell’apprendimento e della memoria, l’ippocampo.

    L’ippocampo svolge un ruolo fondamentale assegnando informazioni contestuali agli odori, come il pericolo derivante dal cattivo odore di propano o il conforto dall’odore di lavanda. Quest’area del cervello è anche gravemente danneggiata nella malattia di Alzheimer, causando devastanti deficit di apprendimento e memoria.

    Per l’85-90% dei malati di Alzheimer, la perdita dell’olfatto è un segno precoce della malattia.

    Il meccanismo che porta alla perdita dell’olfatto nella malattia di Alzheimer è relativamente sconosciuto.

    Allo stesso modo dei muscoli che si atrofizzano per mancanza di utilizzo, si ritiene che la deprivazione sensoriale porti all’atrofia delle regioni cerebrali specializzate nell’interpretazione delle informazioni sensoriali. Un forte input sensoriale a queste regioni è fondamentale per mantenere la salute generale del cervello.

    Sulla base di questi risultati, gli scienziati ipotizzano che le infezioni virali e la conseguente infiammazione e demielinizzazione all’interno del sistema olfattivo, possano interrompere la funzione dell’ippocampo compromettendo la comunicazione dal bulbo olfattivo. Questo scenario potrebbe contribuire alla neurodegenerazione accelerata osservata nella malattia di Alzheimer.

    Questi studi suggeriscono che la vaccinazione può essere una misura potenziale per prevenire la demenza. Ad esempio, la vaccinazione contro il virus dell’influenza stagionale e l’ herpes zoster è associata rispettivamente a un rischio ridotto fino al 29% e al 30% di sviluppare la demenza.

    Ulteriori ricerche su come le infezioni virali possono innescare la neurodegenerazione potrebbero aiutare nello sviluppo di farmaci antivirali e vaccini contro i virus implicati nella malattia di Alzheimer.

    ScienceAlert HEALTH

    19 January 2023

    By ANDREW BUBAK ET AL., THE CONVERSATION

  • ESTATE E CALDO: I CONSIGLI DELLA SOCIETA’ ITALIANA DI NEUROLOGIA

    PER GLI ANZIANI E I PAZIENTI CON DEMENZA

    Roma, 15 luglio 2021. L’estate porta con sé condizioni climatiche solitamente più gradevoli di altri periodi dell’anno, ma per gli anziani e le persone più fragili il caldo estivo può rappresentare un rischio, in particolare durante le ondate di calore. Questo fenomeno si verifica quando si registrano temperature molto elevate, diurne e notturne, protratte per un tempo superiore alle 48 ore, in combinazione ad un livello elevato di umidità.

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  • Quando l’intelligenza artificiale aiuta a personalizzare le terapie per le persone a rischio demenza

    Quando l’intelligenza artificiale aiuta a personalizzare le terapie per le persone a rischio demenza

     Lo studio del giovane ricercatore dell’IRCCS Fondazione Stella Maris finanziato per la ricerca finalizzata dal Ministero della salute con AOUP e Humanitas

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  • DDL Bilancio: presentati 3 emendamenti per investire 15 milioni nel Piano Nazionale Demenze

    Roma 9 dicembre 2020 – Demenze: buone notizie per i malati e i loro caregiver. Presentati oggi ben tre emendamenti al DDL Bilancio per investire sul Piano Demenze Italiano: una presa in carico da parte della politica senza precedenti. “È una notizia che rende felice l’intera comunità scientifica: la presentazione di questi tre emendamenti indica che la politica si sta interessando concretamente alle demenze, definite una priorità di salute pubblica dall’Organizzazione Mondiale della Sanità” ha dichiarato il Prof. Gioacchino Tedeschi, Presidente della Società Italiana di Neurologia – SIN.

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  • Coronavirus e demenza: 10 consigli utili per affrontare il periodo a casa insieme alle persone con demenza

    Coronavirus e demenza: 10 consigli utili per affrontare il periodo a casa insieme alle persone con demenza

    La Federazione Alzheimer Italia ha stilato un decalogo di consigli pratici dedicati ai familiari di persone con demenza per aiutarli ad affrontare al meglio la giornata insieme a loro

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  • Una sindrome di demenza trattabile: l’idrocefalo cronico normoteso dell’adulto

    Una sindrome di demenza trattabile: l’idrocefalo cronico normoteso dell’adulto

    Milano, 27 maggio 2015 – Oggi, 27 maggio, presso il centro Congressi della Camera di Commercio di Milano alle ore 17.00 si terrà un incontro aperto a Medici e al pubblico dedicato alla patologia dell’Idrocefalo Cronico Normoteso nell’anziano. L’evento, organizzato e coordinato dal professor Giovanni Broggi è rivolto a tutti i pazienti che soffrono di disturbi dell’equilibrio e della memoria e ai loro famigliari, ai medici di medicina generale, neurologi, neurochirurghi, geriatri, neuropsicologi, psicogeriatri, neuroradiologi e esperti di medicina neuroriabilitativa e punta l’attenzione sull’importanza di un corretto approccio diagnostico perché, secondo i più recenti studi epidemiologici sull’argomento, la condizione di “malattia sommersa” che ancora circonda l’idrocefalo normoteso potrebbe portare a sottostimare il numero complessivo dei casi.

    [easy_ad_inject_1]L’Idrocefalo normoteso dell’anziano è una malattia meno conosciuta della malattia di Alzheimer, eppure rappresenta una percentuale attorno al 20% del totale delle demenze diagnosticate negli over 65, cioè interessa l’1.5% di tutta la popolazione con età superiore a 65 anni. Spesso i sintomi (difficoltà nel camminare, deficit cognitivo, incontinenza) sono confusi con quelli dell’Alzheimer, del Parkinson o di altre forme di demenza senile, perché più comuni. ma, a differenza delle altre demenze che sono spesso irreversibili, l’idrocefalo è curabile.

    Il percorso diagnostico è pertanto decisivo: una diagnosi errata può significare per il paziente la limitazione all’utilizzo di una terapia inadeguata con conseguente condizione di incurabilità. Alcuni test clinici permettono di sospettare la diagnosi corretta, che viene poi convalidata con esami neuro-radiologici ed altri accertamenti strumentali.

    Così un percorso che dal medico di famiglia porti al neurologo, e eventualmente al neurochirurgo, si traduce nella maggioranza dei casi in un esito positivo. La neurochirurgia offre, ai pazienti affetti da idrocefalo normoteso, prospettive di ottima cura che, a fronte di una diagnosi corretta e tempestiva, sfiorano la quasi totalità dei casi. L’intervento neurochirurgico consiste nel posizionamento, all’interno del cranio, di un catetere di piccole dimensioni connesso a una valvola regolabile, e facilmente gestibile, che ripristina la circolazione del liquido cefalo-rachidiano, drenando l’eccesso nella cavità addominale, dove i suoi componenti di proteine e elettroliti possono essere riassorbiti e riutilizzati.

    Prof. Giovanni Broggi

  • Alzheimer, in Italia coinvolto il 9% della popolazione

    Alzheimer, in Italia coinvolto il 9% della popolazione

    Pistoia, 13 maggio 2015 – I più importanti specialisti e ricercatori in materia di malattie neurodegenerative, tornano a riunirsi il 15 e 16 maggio all’Auditorium di Pistoia per il 6° Congresso Nazionale sui Centri Diurni Alzheimer: geriatri, neurologi, psichiatri, psicologi, infermieri, fisioterapisti, ma anche professionisti di settori connessi, architetti, informatici, vivaisti, oltre a molti specializzandi delle 40 scuole italiane di geriatria.

    [easy_ad_inject_1]Grazie all’Università di Firenze, che cura la parte scientifica, e in particolare alla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, il congresso si conferma tra i principali centri di riferimento italiani nello studio e nella sperimentazione di nuove forme di assistenza delle demenze senili e dell’Alzheimer, fenomeni in continua crescita collegati all’invecchiamento della popolazione.

    “Dall’Alzheimer non si guarisce”, ha ricordato il professor Ivano Paci, presidente della Fondazione, presentando oggi il programma, “ma i Centri Diurni possono fare molto per ritardarne il decorso offrendo ai pazienti e ai loro familiari un’assistenza sempre più qualificata. Purtroppo risorse e strutture non bastano a far fronte all’enorme domanda e troppe tragedie continuano a consumarsi nella solitudine delle pareti domestiche. Occorre informare, sensibilizzare e la stampa può svolgere un ruolo decisivo. Auspico perciò un’attenzione dei media costante e attiva anche, ma non solo, in occasione del convegno”.

    Siamo del resto in piena emergenza mondiale sanitaria, sociale ed economica anche a causa dell’assenza di farmaci capaci di guarire, ha spiegato il professor Giulio Masotti, presidente onorario della Società italiana di Geriatria e Gerontologia che presiede il congresso coi colleghi Carlo Adriano Biagini (Pistoia) e Alberto Cester (Dolo – Venezia).
    Oggi si stima che in Italia i malati siano già 1,3 milioni circa, 84 mila in Toscana. La casistica italiana, 1,3 milioni di anziani con demenza, significa che vi sono coinvolte almeno altrettante famiglie, ovvero almeno 4 milioni di persone, in totale circa il 9% dei 60 milioni di abitanti. Cifre impressionanti, che si moltiplicheranno nei prossimi anni. Cifre dietro cui si nascondono sofferenze insopportabili, dignità degradate e drammi familiari che non di rado finiscono in tragedia.

    “Il convegno”, ha aggiunto il professor Masotti programma alla mano, “presenterà non poche novità. Ad esempio l’ingresso dell’informatica nella ricerca sull’Alzheimer, oltre ai risultati delle ricerche più avanzate sulle patologie cerebrali e sui farmaci e quelli di numerosi promettenti test terapeutici condotti senza farmaci anche in Toscana: con la musica, l’arte, gli animali, l’attività fisica, la cura dei giardini”.

    E’ del resto ormai acclarato (vedi il progetto Train the Brain del CNR) che esercitare il cervello in ogni possibile modo e fare attività fisica costante aiuta non solo a prevenire la demenza, ma riesce anche a ritardare e perfino a far notevolmente regredire malattie già in atto.

    “In questo”, sostiene Masotti, “i Centri Diurni sono fondamentali, così come è essenziale il livello dell’assistenza. Se non possiamo guarire, dobbiamo fare di tutto per migliorare la qualità della vita dei pazienti e dei loro familiari. In proposito il congresso presenterà le nuove Linee Guida per i Centri Diurni, ossia regole per tutti che consentano di passare dalla fase pioneristico-individualista a un’assistenza standard di alto profilo scientificamente validata. Ci stiamo lavorando da molti anni, adesso le Linee Guida sono definite anche alla luce degli studi più recenti”.

  • Pistoia città leader nella lotta all’Alzheimer

    Pistoia città leader nella lotta all’Alzheimer

    Pistoia, 6 maggio 2015 – Sia il Piano nazionale per le Demenze, sia quello appena messo a punto dalla Regione Toscana saranno presentati il 15 e 16 maggio a Pistoia nel corso del 6° Convegno nazionale sui Centri Diurni Alzheimer. Tra gli altri, la neurobiologa Maria Grazia Spillantini, docente all’università di Cambridge in odore di Premio Nobel, che riferirà sulle ultime ricerche in tema di basi molecolari della neuro-degenerazione.

    [easy_ad_inject_1]Grazie a questi e numerosi altri autorevoli interventi Pistoia si conferma leader in Italia nello studio e nella gestione dell’Alzheimer, malattia in continuo aumento come conseguenza del progressivo invecchiamento della popolazione. Nella provincia di Pistoia si stimano ormai oltre 6000 casi, in Toscana 84 mila.
    Presidente del congresso è, come noto, il geriatra professor Giulio Masotti affiancato dai colleghi Carlo Adriano Biagini (Pistoia) e Alberto Cester (Dolo-Venezia), mentre il comitato scientifico è composto dagli specialisti Maria Chiara Cavallini, Mauro Di Bari, Niccolò Marchionni e David Simoni e coordinato dal professor Enrico Mossello.

    Fondamentale il ruolo della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, presieduta dal professor Ivano Paci, che promuove e sostiene il congresso fin dalla prima edizione oltre a finanziare varie attività sperimentali con la collaborazione dell’Unità di Ricerca in Medicina dell’Invecchiamento dell’Università di Firenze.
    Mancando ancora farmaci risolutivi, la rete dei Centri Diurni, per quanto esigua rispetto ai bisogni, resta del resto strategica per alleviare almeno in parte il dramma, la sofferenza e i disagi vissuti da migliaia di pazienti e dalle loro famiglie. Un’adeguata assistenza può far molto, ricorda il professor Masotti. Benché inguaribile, la malattia può essere frenata con attività fisica e terapie psicologiche (arte, piante, animali, colori).

    Le esperienze condotte in questi anni offrono risposte incoraggianti e il convegno ospiterà appunto numerosi interventi in proposito oltre a studi sui nuovi farmaci, le terapie, le stesse sensazioni (gioia, dolore) di pazienti spesso incapaci di esprimersi.
    Tra i molti relatori il presidente della Società italiana di Psicogeriatria Marco Trabucchi, (La crisi persistente, i servizi per la demenza e i diritti dei cittadini), lo psichiatra milanese Leo Nahon (La gioia possibile nella persona con demenza), la psicobiologa del CNR Nicoletta Berardi (Il progetto Train the Brain), il neurologo dell’università di Firenze Sandro Sorbi (Prevalenza, incidenza e durata delle demenze).

    Saranno inoltre presentate le nuove Linee guida per i Centri Diurni Alzheimer, mentre una sessione, moderata dal direttore della Società della Salute Pistoiese Daniele Mannelli e dal cardiologo Andrea Ungar, sarà dedicata al geriatra Francesco Antonini e al Centro sociale di Lastra a Signa da lui ideato.
    Il congresso è patrocinato dalla Facoltà di Medicina dell’Università di Firenze, dal Comune di Pistoia, dall’ASL 3 Pistoia, dalla Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, Dall’Associazione Italiana di Psicogeriatria e dall’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer. Info: www.centridiurnialzheimer.it.

  • Alzheimer e demenze, se ne parla al Congresso Nazionale sulle Malattie Degenerative

    Alzheimer e demenze, se ne parla al Congresso Nazionale sulle Malattie Degenerative

    alzheimerGenova 20 febbraio 2015 – Si terrà a Genova a Palazzo Ducale dal 26 al 28 marzo 2015 il X Congresso Nazionale sulle malattie degenerative organizzato da SINdem (Società Italiana Neurologia delle Demenze), la società scientifica italiana più autorevole nel campo delle demenze, intitolato Malattia di Alzheimer e Demenze: il Futuro è Adesso. Tra i relatori, il Professor Colin L. Masters, massimo esperto mondiale sulla malattia di Alzheimer – attualmente Direttore Esecutivo del Mental Health Research Institute (MHRI – Melbourne) – che nel 1985 assieme al Professor Konrad Beyreuther ha isolato la beta-amiloide, la proteina che causa la malattia.

    [easy_ad_inject_1]Nei tre giorni dell’evento, esperti di fama internazionale presenteranno le varie problematiche legate alle malattie neurodegenerative dandone letture personalizzate alla luce delle evidenze scientifiche. Accanto ai temi generali di aggiornamento il Congresso tratterà argomenti specifici emergenti nel panorama scientifico o di carattere particolarmente controverso. Si tratterà di simposi che riguarderanno l’utilizzo della diagnostica per l’imaging dell’amiloide nella diagnosi di demenza, il problema del riconoscimento di forme di demenza non Alzheimer per le quali è necessaria l’attenzione da parte del neurologo (Demenza con Corpi di Lewy e Demenza Fronto-Temporale) e infine le demenze come manifestazione di malattie ereditarie a esordio tardivo (come nel caso della Malattia di Niemann-Pick).

    Sono inoltre previste sessioni congiunte con la Società Italiana di Farmacologia (SIF) e con la Associazione per lo Studio della Malattia Frontotemporale (AIMFT). La sessione congiunta con la SIF riguarderà il tema dei rapporti fra neurodegenerazione e cancro, la seconda sarà incentrata sui risultati di ricerche italiane sulla Demenza Fronto-Temporale nelle sue diverse varianti.

  • Predire Alzheimer e demenza senile con esame del sangue

    Predire Alzheimer e demenza senile con esame del sangue

    alzheimer
    Alzheimer

    Dall’Inghilterra arriva la notizia della possibilità di predire le malattie neurogenerative come Alzehimer e demenza, e dunque permettere di intervenire in anticipo, con un semplice esame del sangue con un costo che va dai 150 ai 430 euro.

    A mettere su il test è stato un team di ricercatori britannici del King’s College di Londra, coordinati dal Prof Simon Lovestone, in collaborazione con la società Proteome Sciences che ha pubblicato uno studio sull’ Alzheimer’s & Dementia journal identificando un set di dieci proteine la cui presenza nel sangue è predittiva del rischio di sviluppare la patologia neuro-degenerativa.

    In dieci anni di lavoro gli scienziati hanno in un primo momento analizzato 26 proteine che in passato sono state collegate da altri studi all’Alzheimer. Successivamente hanno fatto un prelievo sanguigno su un campione di 1148 persone, tra le quali 476 ammalati di Alzheimer, 220 persone con un lieve declino cognitivo e 452 individui anziani ma non affetti da demenza senile.

    Da questa prima analisi è risultato che 16 delle 26 proteine inizialmente chiamate in causa erano presenti sia negli individui ammalati che in quelli che presentavano un deterioramento delle capacità mnemoniche e cognitive. In seguito a un successivo esame sono rimaste poi 10 proteine la cui presenza poteva essere predittiva nell’87 per cento dei casi dello sviluppo dell’Alzehimer entro un anno.

    Una analisi predittiva dunque è importante come spiega il prof. Lovestone “L’Alzheimer inizia a erodere il cervello e a esercitare i suoi devastanti effetti anni prima che il paziente venga diagnosticato e molti test farmaceutici falliscono proprio perché nel momento in cui il paziente inizia ad assumere il farmaco il cervello è ormai già compromesso”.