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  • Banche centrali, azioni e obbligazioni: cosa aspettarsi dai mercati a novembre

    Banche centrali, azioni e obbligazioni: cosa aspettarsi dai mercati a novembre

    A cura di Andrea Delitala, Head of Investment Advisory di Pictet Asset Management

    20.11.2023

    • Riteniamo che per vedere un taglio da parte delle banche centrali dovremmo registrare ulteriori progressi sul fronte del rientro dell’inflazione, o avere maggiori evidenze di un più marcato deterioramento dell’attività. Nel nostro scenario di base i primi tagli arriveranno entro l’estate 2024.
    • Le forte reazioni da parte dei bond americani sono l’espressione di una Fed meno hawkish e la conseguente reazione all’annuncio di emissioni governative meno gravose da parte del Tesoro americano.
    • Prevediamo margini di recupero per le azioni a seguito di un assestamento dei rendimenti obbligazionari. I titoli tecnologici e growth, più penalizzati dal rialzo dei tassi di interesse, saranno anche quelli che ne dovrebbero beneficiare di più.

    I dati americani sono forti per quel che riguarda il terzo trimestre, il che induce a rivedere al rialzo le previsioni per il 2024, nel nostro caso dallo 0,5 a circa 1%, ma un po’ meno per il mercato del lavoro, dove la disoccupazione, invece, è risalita al 3,9%. Sono in flessione, invece, i sondaggi, il PMI e l’ISM, soprattutto dei servizi. In particolare, i ritmi di crescita americani, alimentati dai risparmi in eccesso, che a loro volta hanno sostenuto i consumi, sono destinati a diminuire a causa, appunto, dell’esaurirsi di questo cuscinetto nel prossimo trimestre o due.

    L’inflazione rientra, invece, nonostante una crescita superiore al previsto nei primi trimestri dell’anno, a riprova del ruolo rivestito dalla normalizzazione dell’offerta. Insomma, non si parla più di interruzione della catena di produzione e distribuzione.

    Per quel che riguarda l’Europa, invece, i dati delle attività economiche restano depressi, mentre l’inflazione rientra più velocemente del previsto. Sebbene lo scenario di base sia, anche per l’Europa, di soft landing, come ha ribadito il Fondo Monetario Internazionale, per l’Eurozona il rischio di recessione – non solo tecnica – è più evidente che non in America.

    Per i mercati, comunque, la cosa più importante in queste ultime settimane è stato il regalo americano di Halloween: emissioni del Tesoro più leggere sul lungo termine e Federal Reserve meno hawkish. Occasione in cui Powell ha sottolineato un paio di aspetti molto importanti. Per prima cosa ha preso atto della restrizione finanziaria dovuta ai rialzi dei tassi di interesse a lunga, precisando tuttavia che la Fed reagirà a questo fenomeno solo qualora diventi persistente. In secondo luogo, dopo oltre il 5% di rialzi in un anno e mezzo, e tenendo conto del fatto che vi sono dei ritardi negli effetti macroeconomici di tali rialzi, la Fed ritiene al momento che il rischio di errore per eccesso di zelo sia simmetrico a quello di sbagliare per difetto.

    Pertanto, riteniamo che per vedere un taglio da parte delle banche centrali dovremmo registrare ulteriori progressi sul fronte del rientro dell’inflazione, o avere maggiori evidenze di un più marcato deterioramento dell’attività economica. Personalmente, credo che siamo sulla buona strada per vedere progressi sul fronte del rientro dell’inflazione verso il 2% in America, mentre in Europa appare più probabile il rischio di un peggioramento del quadro di crescita economica.

    Nel nostro scenario di base i primi tagli arriveranno entro l’estate 2024, leggermente in ritardo rispetto a quanto previsto dal mercato. Tagli che, però, potrebbero anche proseguire più speditamente rispetto ai tre tagli impliciti nei tassi a termine, cioè i forward, entro la fine dell’anno prossimo. La normalizzazione piena verso i livelli di lungo periodo, quelli che chiamiamo tassi neutrali (che in termini nominali sono tra il 2,5 e il 3 per l’America e tra il 2 e il 2,5 per l’Europa) richiederà comunque almeno un altro anno.

    Guardando ai mercati finanziari e al loro recente andamento, il sostanzioso rally di inizio novembre rappresenta per noi più una correzione di una fase ossessiva sui tassi di interesse, rispetto a un’euforia. Riteniamo, infatti, che il rialzo dei tassi di interesse americani degli ultimi quattro mesi sia il frutto di preoccupazioni lecite (sebbene eccessive), che vanno dallo stato della finanza pubblica americana, al livello di equilibrio dei tassi nel lungo termine e ad altri fattori tecnici un po’ autoreferenziali (quali il term premium) e, quindi, il rialzo del decennale in quattro mesi dal 4 al 5% (quasi 1% anche in termini reali) non crediamo sia giustificato dal punto di vista fondamentale.

    Come dicevamo prima, la crescita ad oggi è forte ma non sostenibile a questi ritmi, mentre l’inflazione è in discesa con aspettative ancorate. La forte reazione, quindi, delle ultime sedute da parte dei bond americani, e non solo, sono sì causa di una Fed meno hawkish ma si devono anche all’annuncio di emissioni governative meno gravose da parte del Tesoro americano.

    La combinazione di questi elementi è un fattore di supporto per i bond, e lo sarà nei prossimi mesi, così come le borse beneficeranno di riflesso della distensione sui tassi.

    Attualmente il mercato resta sgradevolmente volatile, sebbene le valutazioni di oggi, soprattutto quelle obbligazionarie, sono più giustificate di quelle di fine ottobre. Nel complesso, riteniamo che il peggio sia ormai alle spalle, anche perché le autorità americane hanno in qualche modo preso atto di questo eccesso di volatilità e hanno mostrato una maggiore attenzione a questa erraticità, se non anche alla divergenza dai fondamentali dei titoli di Stato americani.

    Pure in un contesto, quindi, di volatilità e incertezza persistente ci aspettiamo un calo ulteriore di circa mezzo punto, quindi a ridosso del 4%, per il decennale americano nell’arco dei prossimi tre o quattro trimestri. Questo avrà a sua volta effetti di trascinamento sui rendimenti obbligazionari del resto del mondo, anche se su scala ridotta per l’Europa e amplificata per i mercati emergenti. Unici in controtendenza i giapponesi, che stanno abbandonando la politica di controllo della curva dei rendimenti, e vedranno quindi rendimenti del JGB in salita.

    Per le azioni prevediamo margini di recupero una volta che vedremo la stabilizzazione o, meglio, l’assestamento dei rendimenti obbligazionari, soprattutto americani. Più che da sorprese sugli utili, quindi, ci aspettiamo che la spinta azionaria si esprima in termini valutativi, con un’espansione dei multipli, cioè del rapporto prezzo/utili da qua a fine anno.

    I titoli tecnologici, growth e, in generale, quelli più penalizzati dal rialzo dei tassi di interesse, saranno pertanto anche quelli che ne dovrebbero beneficiare di più.

  • Azioni & obbligazioni: bene i Treasury, in calo titoli energetici e tech

    Azioni & obbligazioni: bene i Treasury, in calo titoli energetici e tech

    A cura della Strategy Unit di Pictet Asset Management

    17.11.2023

    • Uno sguardo sui titoli di Stato del mondo: sovrappesiamo i Paesi emergenti, sottopesiamo il Giappone
    • Ottobre in rosso: l’aumento delle tensioni geopolitiche, la maggiore volatilità dei mercati e le comunicazioni contrastanti sugli utili hanno peggiorato il sentiment degli investitori. Nel complesso, le azioni hanno perso il 2,7% in valuta locale
    • L’aumento dell’avversione al rischio si è dimostrato una manna per il bene rifugio per eccellenza, l’oro, salito del 7,5% il mese scorso

    L’ondata di vendite di titoli di Stato statunitensi ha superato ogni previsione. I rendimenti a dieci anni dei Treasury USA hanno raggiunto il massimo degli ultimi 16 anni, superando quota 5%, circa 100 punti base in più rispetto alle nostre stime di fair value (4% circa). In un momento in cui la più grande economia mondiale sembra destinata a rallentare e i rischi geopolitici sono in aumento, rendimenti così alti appaiono molto interessanti a qualsiasi investitore che desideri rafforzare le proprie difese. Il nostro modello classifica i titoli di Stato statunitensi come “convenienti” per la prima volta da giugno 2021. Per questi motivi manteniamo il nostro sovrappeso sui Treasury USA. 

    Continuiamo, inoltre, a sovrappesare le obbligazioni in valuta locale dei mercati emergenti: questa asset class ha già beneficiato dei tagli dei tassi d’interesse delle banche centrali dei Paesi in via di sviluppo. La prospettiva di un apprezzamento delle valute dei mercati emergenti, però, significa che tali obbligazioni potrebbero guadagnare ancora di più: sembra infatti probabile che le economie emergenti possano superare le proprie controparti sviluppate.

    Fig. 1 – L’oro splende

    Prezzo dell’oro vs tassi reali statunitensi e dollaro

    Fonte: Refinitiv, Pictet Asset Management. Dati relativi al periodo dal 01/04/2022 al 25/10/2023.

    Per contro, continuiamo a sottopesare i titoli di Stato giapponesi. L’inflazione è ancora in aumento nella terza maggiore economia mondiale, che registra al contempo una forte crescita. Ciò suggerisce che la Bank of Japan non avrà altra scelta se non quella di abbandonare la sua politica monetaria ultra accomodante, sempre meno sostenibile , rialzando i tassi d’interesse nei prossimi mesi.

    Per quanto riguarda il credito societario, sottopesiamo le obbligazioni high yield statunitensi: è probabile che i tassi di insolvenza dai bassi livelli attuali aumenteranno di pari passo con l’irrigidimento dei criteri di concessione di prestito. L’oro dovrebbe beneficiare del calo dei tassi reali statunitensi e dell’indebolimento del dollaro, elementi che potrebbero tenere banco il prossimo anno. La nostra posizione resta di sovrappeso, sebbene la sua valutazione sia resa difficile dalla resilienza finora mostrata e dal rafforzamento che ha fatto seguito al conflitto tra Israele e Hamas (si veda la Fig.1).

    Sostenuto da un rendimento migliore rispetto alle altre valute dei mercati sviluppati, il dollaro ha tenuto bene; tuttavia, il biglietto verde si trova ora ad affrontare la prospettiva di un calo sostenuto a causa di quello che consideriamo un deterioramento dei fondamentali economici statunitensi: prevediamo infatti che nel 2024 la crescita del PIL statunitense sarà inferiore a quella della maggior parte dei Paesi sviluppati. Per il resto, sovraponderiamo il franco svizzero, una valuta rifugio che beneficia della dinamica favorevole dell’inflazione nazionale.

    Panoramica dei mercati globali: ottobre in rosso

    Ottobre è stato un mese difficile per i mercati globali, terminato in rosso dalla maggior parte delle asset class. L’aumento delle tensioni geopolitiche (in particolare in Medio Oriente), la maggiore volatilità dei mercati e le comunicazioni contrastanti sugli utili hanno peggiorato il sentiment degli investitori. Nel complesso, le azioni hanno perso il 2,7% in valuta locale. La debolezza è stata diffusa e ha interessato tutte le principali regioni, colpendo sia i mercati sviluppati che quelli emergenti.

    A oggi i risultati trimestrali per le aziende sia dell’S&P 500 che dello STOXX 600 hanno superato le aspettative; ciononostante, la crescita dei ricavi è stata contenuta e le indicazioni per il futuro sono rimaste per lo più invariate. Il calo dell’8% dei prezzi del petrolio ha fatto scendere i titoli energetici. Nel frattempo, i timori di crescita economica hanno pesato sui settori ciclici come titoli industriali, beni di consumo voluttuari e materiali. Anche il settore IT, il più performante quest’anno, ha chiuso il mese in rosso, segnando però un calo di appena il -0,8%. Il settore utility è stato l’unico a conseguire un piccolo rendimento positivo.

    Fig. 2 – Sempre più in alto

    Rendimenti dei Treasury statunitensi a 10 anni, %

    Fonte: Bloomberg, Pictet Asset Management. Dati dal 12/04/2023 al 25/10/2023.

    Le obbligazioni globali si sono indebolite, scendendo dello 0,9% nel corso del mese. Le perdite sono state particolarmente marcate per i Treasury USA, con i rendimenti del decennale che hanno superato il livello del 5% per la prima volta in 16 anni (si veda la Fig.2). L’ondata di vendite è stata innescata da una combinazione tra resilienza dei dati economici (che ha ridotto la probabilità di tagli dei tassi nel prossimo futuro) e attesa di volumi considerevoli di emissioni del Tesoro statunitense, volte a finanziare un allargamento del deficit di bilancio.

    Nel mese di ottobre il dollaro ha perso il suo slancio al rialzo, ma ha ricevuto sostegno dai rendimenti, sempre più favorevoli rispetto alle restanti valute dei mercati sviluppati.

    L’aumento dell’avversione al rischio si è dimostrato una manna per il bene rifugio per eccellenza, l’oro, salito del 7,5% a ottobre.


    Le informazioni, opinioni e stime contenute nel presente documento riflettono un’opinione espressa alla data originale di pubblicazione e sono soggette a rischi e incertezze che potrebbero far sì che i risultati reali differiscano in maniera sostanziale da quelli qui presentati.

  • Pictet AM – Sui mercati globali le azioni perdono slancio, mentre il Giappone attira investitori

    Pictet AM – Sui mercati globali le azioni perdono slancio, mentre il Giappone attira investitori

    A cura della Strategy Unit di Pictet Asset Management

    18.09.2023

    •   Il settore dell’energia, spinto dall’aumento dei prezzi del petrolio, è stato l’unico a chiudere in territorio positivo. I titoli tecnologici hanno interrotto bruscamente il recente rally per via dei timori degli investitori in merito alle valutazioni elevate. Tuttavia, i flussi in entrata nel settore sono rimasti solidi.

    •   Manteniamo una posizione di sovrappeso sui mercati emergenti, esclusa la Cina. I tagli dei tassi d’interesse nella regione dovrebbero far salire le valutazioni delle azioni dei mercati emergenti. Al contempo, regioni come l’America Latina offrono buone dinamiche fiscali, in particolare Brasile e Messico.

    •   Restiamo positivi sui titoli di qualità, il che giustifica il nostro sovrappeso sulle azioni svizzere. Sottopesiamo l’Europa nel suo complesso, in quanto la crescita economica regionale inizia a essere penalizzata dalla stretta monetaria e dal calo della crescita del credito.

    •   Il Giappone è l’unica delle grandi economie sviluppate le cui prospettive di crescita rimangono solide. Secondo le nostre attese, la crescita è infatti superiore al potenziale. Prevediamo che la crescita degli utili per azione sul mercato nipponico sarà la più robusta tra i mercati sviluppati, pari al 7,2% nel 2023 e al 6,2% nell’anno successivo.

    Le azioni perdono slancio

    I mercati azionari globali hanno perso slancio ad agosto, con un ribasso di circa il 2% a fine mese, in valuta locale. A preoccupare gli investitori sono il rallentamento della crescita economica in Cina e l’impatto a più lungo termine dei tassi d’interesse statunitensi elevati.  

    La stagione degli utili ha infuso un po’ di speranza, in particolare negli Stati Uniti, dove i cali dei profitti delle aziende sono stati inferiori al previsto. La stagione delle trimestrali americane è quasi terminata e, secondo i dati I/B/E/S di Refinitiv, circa il 79% delle aziende dell’S&P 500 ha superato le previsioni degli analisti. In Europa, dove la stagione è solo a metà strada, la situazione non è altrettanto positiva. Le previsioni sono state superate solo dal 53% delle società dello STOXX 600 che hanno già pubblicato i risultati del secondo trimestre.

    Ciò si rispecchia sull’andamento del mercato azionario in agosto, con i titoli europei in calo di circa il 3%, mentre il mercato statunitense ha perso un più modesto 1,7%.

    Sono state registrate perdite praticamente in tutte le principali regioni azionarie, ad eccezione del Giappone, che ha chiuso invariato in valuta locale. L’indebolimento dello yen e lo scenario economico in sostanziale miglioramento si sono dimostrate una manna per le società giapponesi e per i prezzi dei titoli azionari.

    Fig. 1 – Dollaro e tassi USA

    I differenziali di rendimento favorevoli sostengono il dollaro ad agosto

    Fonte: Refinitiv, dati relativi al periodo dal 01/01/2021 al 30/08/2023

    Tra i settori, quello dell’energia, spinto dall’aumento dei prezzi del petrolio, è stato l’unico a chiudere in territorio positivo. I titoli tecnologici hanno interrotto bruscamente il recente rally per via dei timori degli investitori in merito alle valutazioni elevate. Tuttavia, i flussi in entrata nel settore sono rimasti solidi.

    Sul mercato dei titoli di Stato dei Paesi sviluppati, i Treasury USA hanno restituito la performance più debole (con un calo dell’1% circa), poiché gli investitori hanno iniziato a scontare la possibilità che la Fed possa proseguire la sua politica di aumento dei tassi di interesse, mantenendoli ai livelli attuali più a lungo. 

    I rendimenti statunitensi in aumento hanno contribuito a risollevare il dollaro, che ad agosto ha guadagnato l’1,7% rispetto a un paniere di valute ponderate per gli scambi commerciali. 

    Ciò, a sua volta, ha pesato sulle obbligazioni in valuta locale dei mercati emergenti, che hanno perso il 2,7%. Sul sentiment e sulle performance hanno inciso anche i timori in merito alla crescita economica cinese.

    Il richiamo del Giappone

    Gli investitori stanno riscoprendo il Giappone. I flussi in entrata nel mercato azionario nazionale da parte degli investitori stranieri sono i più forti degli ultimi dieci anni.

    La forte congiuntura e i cambiamenti della normativa sugli investimenti nazionali suggeriscono un notevole margine di crescita per questa domanda. Di conseguenza, abbiamo portato i titoli azionari giapponesi da neutrali a sovrappeso.

    Il Giappone è l’unica delle grandi economie sviluppate le cui prospettive di crescita rimangono solide. Secondo le nostre attese, la crescita è infatti superiore al potenziale. Prevediamo che la crescita degli utili per azione sul mercato nipponico sarà la più robusta tra i mercati sviluppati, pari al 7,2% nel 2023 e al 6,2% nell’anno successivo. 

    In aggiunta alla solida ripresa interna, a sostenere gli utili societari ha contribuito la debolezza dello yen.  Le valutazioni dei titoli giapponesi restano eque, mentre l’impegno degli investitori esteri rimane inferiore al potenziale, nonostante abbiano aumentato le loro allocazioni negli ultimi mesi. 

    Il dividend yield dei titoli giapponesi ha superato con decisione quello degli Stati Uniti nel 2018 e i riacquisti di azioni sono stati in crescita ogni anno dal 2009 (con la sola eccezione del 2020). Allo stesso tempo, le aziende giapponesi hanno flussi di cassa positivi e molto solidi, oltre ad abbondanti disponibilità di cassa, mentre quelle statunitensi hanno debiti elevati. Dopo un lungo periodo di deflazione, è probabile che l’inflazione spingerà le aziende giapponesi a utilizzare in modo più efficace questa liquidità.

    Fig. 2 – L’attrattiva del Giappone

    Raffronto Giappone vs USA: crescita reale del PIL; utili; dividend yield; rendimento obbligazionario reale; %

    Fonte: Revinitiv, Pictet Asset Management. Il rendimento degli utili si basa sugli utili a termine su 12 mesi, 2023/24; il CAGR PIL reale si basa sulle relative previsioni del team macro di PAM, mentre i rendimenti obbligazionari reali a 10 anni si basano sull’attuale rendimento nominale di un bond sovrano a 10 anni meno le previsioni inflazionistiche per il 2024 del team macro di PAM. Dati al 29/08/2023.

    Per il resto, manteniamo la nostra posizione neutra sulle azioni statunitensi.  Sebbene le valutazioni azionarie statunitensi siano lievemente scese nel corso dell’ultimo mese, il mercato è ancora relativamente caro, specie rispetto alle obbligazioni. Ad esempio, il rendimento degli utili a termine a 12 mesi sull’S&P 500 è del 5,4%, mentre i T-bills statunitensi a tre mesi offrono il 5,5% e l’indice Bloomberg Corporate Investment Grade Bond Index il 5,8%. Alle attuali condizioni, gli investitori in titoli azionari statunitensi non sono compensati a sufficienza per il rischio che si assumono. 

    Per il resto, manteniamo una posizione di sovrappeso sui mercati emergenti, esclusa la Cina. I tagli dei tassi d’interesse nella regione dovrebbero far salire le valutazioni delle azioni dei mercati emergenti. Al contempo, regioni come l’America Latina offrono buone dinamiche fiscali, in particolare Brasile e Messico. Restiamo positivi sui titoli di qualità, il che giustifica il nostro sovrappeso sulle azioni svizzere. Sottopesiamo l’Europa nel suo complesso, in quanto la crescita economica regionale inizia a essere penalizzata dalla stretta monetaria e dal calo della crescita del credito. Prevediamo una contrazione degli utili societari europei del 2,1% quest’anno, ben inferiore alle ipotesi degli analisti (crescita del 3,3%).

    Continuiamo a sovraponderare i servizi di comunicazione. Il settore ha registrato forti aumenti degli utili. I migliori risultati dell’anno, ad esempio, sono stati registrati negli ultimi tre mesi dai comparti media e intrattenimento. Continuiamo, inoltre, a sovraponderare i beni di prima necessità. Negli ultimi tempi, questo settore difensivo è stato relativamente resiliente, anche se i clienti iniziano a essere penalizzati da tassi alti e da inflazione elevata. Dall’altro lato, sottopesiamo il settore immobiliare, che continua a dover affrontare sfide strutturali. Le valutazioni paiono interessanti, ma non mancano le cattive notizie.

  • COMGEST: AZIONI USA – L’ANNO DELL’EFFICIENZA

    COMGEST: AZIONI USA – L’ANNO DELL’EFFICIENZA

    Christophe Nagy, Gestore del fondo Comgest Growth America di Comgest

    Un periodo senza precedenti per l’economia statunitense ha costretto le aziende a ottimizzare i processi, offrendo ampie opportunità ai fornitori di servizi “problem solving”. Gli eventi degli ultimi tre anni sono stati a dir poco straordinari. Abbiamo assistito a una pandemia globale, a un’ingente ondata di stimoli fiscali, a una guerra sul suolo europeo e a un’improvvisa stretta della politica monetaria. Di conseguenza, lo scenario economico è stato costretto a evolversi, con un aumento del costo del capitale, un mercato del lavoro rigido che fa lievitare i costi e una crescente preoccupazione per la gestione delle risorse limitate.

    È attraverso questa lente che le aziende devono analizzare il mondo e adattare i loro rispettivi processi per fare di più con meno. Abbiamo sentito molti gruppi dirigenziali definire il 2023 “l’anno dell’efficienza” e questo rispecchia molto i cambiamenti a cui stiamo assistendo nel mercato, come una rinnovata spinta verso la digitalizzazione, l’esternalizzazione dei servizi specialistici e un aumento del taglio dei costi. Riteniamo che ciò faccia parte di un cambiamento strutturale dell’economia.

    Si pensi, ad esempio, al fornitore di software Oracle. Fondata solo due anni dopo Microsoft, Oracle è diventata il fornitore dominante di software e tecnologie per database. Si tratta di una parte stabile e critica dell’infrastruttura dei clienti con contratti a lungo termine. Inoltre, l’azienda ha pazientemente aggiunto nuove opzioni alla sua offerta, diventando uno dei maggiori fornitori al mondo di pianificazione delle risorse aziendali in cloud. In sintesi, riteniamo che si tratti di una società con solide basi, attraverso un’attività tradizionale che genera elevata liquidità e che sta accelerando la sua crescita per soddisfare le esigenze dei clienti in questo nuovo contesto.

    Un altro esempio è GXO Logistics, una società statunitense a bassa capitalizzazione che gestisce magazzini per una vasta gamma di clienti blue-chip come Amazon, Nike e Boeing. I problemi della catena di fornitura sono stati uno dei principali fattori di differenziazione per le aziende durante la pandemia di Covid-19, con strozzature derivanti dalla Cina e da altri hotspot produttivi considerati come significativi fattori sfavorevoli. Di conseguenza, le opzioni di stoccaggio sono diventate sempre più pertinenti per i team di gestione di tutto il mondo. Tuttavia, l’ampliamento dei magazzini aziendali e delle catene di fornitura può essere complesso e richiede investimenti e competenze in aree quali l’automazione. Queste complessità spingono sempre più verso l’esternalizzazione, che è l’ambito in cui GXO è riuscita a prosperare, in quanto azienda leader nella logistica a contratto. Oltre all’offerta di servizi, apprezziamo particolarmente questa attività in quanto è caratterizzata da contratti a lungo termine, protezione dall’inflazione e garanzie di volumi minimi, il che offre come investitori un forte livello di visibilità.

    Trovare la posizione ideale

    Se da un lato la crescita è ovviamente un bene per un investimento, dall’altro non tutta la crescita è creata allo stesso modo. In qualità di investitori orientati alla crescita a lungo termine, abbiamo imparato a delineare le varie fasi del ciclo di crescita di una società e i livelli di maturità. Grazie a questo processo, abbiamo identificato quello che riteniamo il punto più favorevole della maturazione di un’azienda per l’investimento, che si verifica tra la fase di crescita iniziale e il declino nella la fase di ex-crescita. A nostro avviso si tratta di un periodo di “crescita costante e sostenibile”.

    Classifichiamo i primi segmenti della curva a S quality growth come Concept, Shooting Stars e Hyper Growth – corrispondenti essenzialmente alle prime fasi dello sviluppo di un’azienda, in cui l’opportunità di crescita esponenziale è al suo apice. Pur riconoscendone l’attrattiva in questa fase del ciclo, si tratta di un investimento da cui di solito ci asteniamo a causa della relativa mancanza di visibilità sui dati chiave e delle valutazioni tipicamente elevate. Un buon esempio è rappresentato da Peloton, che ha sovraperformato il mercato in modo significativo durante la pandemia, ma da allora è sceso ben al di sotto della media del mercato. Questo esempio sintetizza perfettamente il rischio di investire nella fase iniziale del ciclo di crescita, quando è più difficile valutare i fondamentali di un’azienda e perché di norma ci orientiamo verso l’estremità più matura dello spettro.

    La nostra preferenza è quella di investire in società che sono nel pieno delle loro forze, che riteniamo in grado di produrre un rendimento sostenibile e di detenerle a lungo termine. Ciò ci porta a una crescita costante e sostenibile. All’interno di quest’area, tendiamo a selezionare società che hanno modelli di business solidi e in grado di offrire una buona visibilità su utili, ricavi e altre metriche chiave. Riconosciamo inoltre che in questa fase di maturazione di una società, qualsiasi discrepanza con le valutazioni iniziali si è probabilmente regolata e le società sono scambiate in misura più prossima al loro valore intrinseco.

    Ovviamente facciamo alcune eccezioni a questa filosofia d’investimento. Tra gli esempi ci sono solitamente società che sembrano trovarsi nella fase Ex-Growth del loro ciclo, il che può aver fatto evolvere la loro offerta o diramato in altre aree. Ma, in generale, siamo alla ricerca di aziende di qualità con una base consolidata sul mercato.

    Un’opportunità di crescita unica

    Gli Stati Uniti sono noti per la loro cultura imprenditoriale e la loro capacità innovativa e continuano a offrire opportunità di crescita di qualità. Negli ultimi 15 il previsto aumento degli utili per azione a 12 mesi negli Stati Uniti (S&P500) è stato in media dell’1,6% superiore a quello dell’Europa (STOXX 600).

    Gli eventi degli ultimi tre anni hanno ridisegnato il modo in cui operano le aziende e hanno evidenziato la necessità di un’ottimizzazione. Con l’aumento dei costi in tutti i settori, le aziende non possono permettersi di appesantire i propri processi e quindi la necessità di servizi basati su soluzioni non è mai stata così grande. A nostro avviso si tratta di una fase importante del percorso del mercato statunitense, continuiamo a investire nelle società che riteniamo più adatte a far fronte a queste sfide.

  • GAM: Il punto sulle Azioni Cinesi

    GAM: Il punto sulle Azioni Cinesi

    A cura di Jian Shi Cortesi, Investment Director, Azioni growth Asia/Cina di GAM

    Guardando storicamente all’indice MSCI China, l’indice si trova attualmente nella fascia più bassa. Da un punto molto basso nell’ottobre 2022, l’indice ha registrato un forte rimbalzo sulla speranza di una riapertura dopo le restrizioni zero Covid della Cina. Tuttavia, negli ultimi mesi il mercato è rimasto deluso e il prezzo delle azioni ha subito una nuova correzione. Attualmente è inferiore di oltre il 50% rispetto al picco precedente. L’indice MSCI China ha registrato una performance modesta da 10 anni a questa parte. Ciò dimostra la scarsa valutazione del mercato, poiché negli ultimi 10 anni sia l’economia che gli utili societari sono cresciuti, ma i prezzi delle azioni non sono aumentati di pari passo a causa della contrazione delle valutazioni. L’indice MSCI Asia presenta un quadro simile. Dopo il rimbalzo dell’ottobre dello scorso anno, l’indice ha subito una leggera correzione, ma ha fatto meglio dell’MSCI China Index. Il motivo principale è che gli altri mercati asiatici, come la Corea del Sud, Taiwan e l’India, hanno registrato performance molto migliori negli ultimi mesi.

    Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale (FMI), quest’anno circa il 70% della crescita globale proverrà dall’Asia: circa un terzo dalla Cina, il 15% dall’India e il resto dall’Asia. Il contributo dell’India alla crescita globale sarà superiore a quello dell’intero emisfero occidentale messo insieme. Molti parlano di una crescita del PIL cinese deludente quest’anno. Tuttavia, dobbiamo metterla in prospettiva. Ad esempio, nonostante le sfide economiche in Europa, il mercato sta andando bene, mentre in Cina ci si chiede se la crescita del PIL sarà del 4%, 5% o 6%. Il valore assoluto ci mostra come la Cina e l’Asia rimangano il motore principale della crescita globale.

    Misure di sostegno

    Recentemente si è appreso che il governo cinese sta lavorando per sostenere ulteriormente il mercato immobiliare. Abbiamo già assistito a una serie di misure di sostegno, ma su scala limitata. Sono stati ridotti i tassi dei mutui, soprattutto per gli acquirenti della prima casa, ma non in misura significativa. Anche le restrizioni all’acquisto di case sono state allentate in alcune città più piccole, ma in alcune città più grandi ci sono ancora restrizioni. Ad esempio, in alcune località è necessario pagare le tasse a livello locale per tre anni per poter acquistare un immobile. Negli ultimi due anni, il governo aveva regole molto rigide sui prestiti bancari per gli operatori del settore. Il governo ha allentato le regole per alcuni grandi costruttori, ma c’è spazio per un’ulteriore espansione di questa politica di sostegno. Infine, un’altra politica di sostegno potrebbe essere quella di consentire agli immobiliaristi di raccogliere capitali per gestire la propria situazione di liquidità. Se dovessimo assistere a un ulteriore sostegno politico al settore immobiliare, si tratterebbe molto probabilmente di politiche del genere.

    È importante osservare che il problema del mercato immobiliare in Cina è legato ai costruttori di case; alcune società di edilizia residenziale si sono indebitate pesantemente e hanno avuto problemi di liquidità. Tuttavia, gli acquirenti di case in generale non hanno problemi: possono pagare il mutuo. Tutto ciò è molto diverso dalla crisi dei subprime negli Stati Uniti nel 2008. In prospettiva, il mercato spera in politiche più favorevoli per stimolare i consumi. Un catalizzatore positivo per le azioni cinesi sarebbe una maggiore comunicazione tra Stati Uniti e Cina. Ciò potrebbe risollevare il sentiment e permettere alle valutazioni di espandersi.

    Driver di crescita

    A nostro avviso, il driver più sicuro per i prezzi delle azioni è la crescita degli utili. Guardando alle proiezioni di crescita degli utili, la crescita più rapida quest’anno proverrà dal settore dei servizi, non a caso dopo la riapertura post Covid. Prevediamo che il settore dei beni e quello finanziario, così come i settori legati agli investimenti in fixed asset, cresceranno tra il 12% e il 14%. L’area che appare debole è quella manifatturiera, in particolare quella legata all’elettronica di consumo, che si ripercuote anche sulla domanda di hardware tecnologico e semiconduttori. La stima di crescita complessiva degli EPS è del 16%. Nel primo trimestre abbiamo assistito a ottimi utili provenienti dall’universo MSCI China. In particolare, le società internet hanno guidato la crescita degli utili e hanno registrato risultati migliori del previsto. Tuttavia, il mercato non ha ancora reagito.

    Vediamo opportunità di investimento in:

    – La riapertura della Cina, comprese le piattaforme di viaggio, l’abbigliamento sportivo e i ristoranti.

    – Nell’ambito della riforma delle imprese a conduzione statale (SOE, State-owned enterprises, imprese a conduzione statale). Si tratta di un settore su cui la Cina fa affidamento per i futuri pagamenti delle pensioni e il governo ha espresso l’obiettivo di migliorare le valutazioni delle SOE. Oggi molte SOE sono scambiate al di sotto del valore contabile.

    – Energia pulita: negli ultimi 12 mesi abbiamo assistito a una forte correzione dei prezzi delle azioni delle società dell’energia pulita.

    – Infine, il ciclo tecnologico sta toccando il fondo per quanto riguarda il settore della tecnologia di Taiwan e della Corea. Abbiamo visto che negli ultimi due anni molti di questi titoli sono scesi a valutazioni vicine ai minimi storici. Questi settori hanno iniziato a riprendersi e il sentiment degli investitori ha iniziato a scaldarsi, visto il potenziale beneficio che la domanda di AI computing può apportare a queste aziende.

  • Le azioni possono sopravvivere alla lotta contro l’inflazione?

    Le azioni possono sopravvivere alla lotta contro l’inflazione?

    A cura di Steven Bell, Chief Economist EMEA di Columbia Threadneedle Investments

    13.06.2023 – Le ultime notizie e i recenti sviluppi indicano che i tassi d’interesse saranno alti ancora a lungo. Tuttavia, anche se ciò non ha giovato ai titoli di Stato, la nostra asset class preferita al momento, non riteniamo che questo abbia modificato il nostro outlook fondamentale e continuiamo a essere neutrali sulle azioni, preferendo mantenerci cauti e selettivi.

    Il rischio di una contrazione del credito negli Stati Uniti è stato scongiurato dal rapido intervento della Fed sulla crisi bancaria. Questo allontana le nostre aspettative di recessione negli Stati Uniti, rendendole meno certe. Tuttavia, la presenza di frodi ha artificialmente incrementato le richieste di disoccupazione e questo implica che il mercato del lavoro statunitense è rimasto in realtà rigido e pertanto i salari torneranno a essere la principale preoccupazione della Fed. Ciò significa che la stretta creditizia negli Stati Uniti continua, riflettendo l’inasprimento della politica monetaria. Quindi, sebbene le notizie sul calo dell’inflazione fossero positive, l’aspettativa di un taglio dei tassi deve essere rimandata fino a quando l’inflazione salariale non tornerà a diminuire, il che è ancora molto probabile come conseguenza di una recessione.

    Fig. 1 – Forte contrazione del credito alle piccole imprese negli Stati Uniti

    Indice di disponibilità di prestiti

    Stati Uniti

    Come previsto, il crollo della SVB e la mini-crisi delle banche statunitensi di medie dimensioni hanno causato una forte contrazione della disponibilità di credito. Ma, sorprendentemente, il sondaggio successivo ha rivelato che si è trattato solo di una battuta d’arresto. Ciò significa che la rapida azione della Fed ha evitato una contrazione del credito. Tuttavia, rimane ancora una stretta creditizia che riflette l’inasprimento della politica monetaria. Nel complesso, questo scenario allontana le nostre aspettative di recessione negli Stati Uniti, rendendole meno certe.

    Un altro dato che si è rivelato falsato riguarda il ritmo di aumento delle richieste di disoccupazione negli Stati Uniti. La maggior parte è dovuta a un solo Stato, il Massachusetts, in cui sono state scoperte diverse frodi. Ciò significa che il mercato del lavoro statunitense rimane rigido e che i salari restano la principale preoccupazione della Fed..

    Questo dato è particolarmente deludente, poiché il nostro modello di previsione e i dati mensili indicavano che la componente principale dell’inflazione statunitense si era esaurita. Se il mercato del lavoro si fosse allentato in concomitanza con il calo dell’inflazione, ciò avrebbe potuto favorire un aggiustamento più morbido verso aspettative salariali più sostenibili. Sebbene la tanto pronosticata recessione statunitense sia ora più lontana, non ci aspettiamo che la Fed agisca diversamente da mantenere le condizioni di politica monetaria rigide fino a quando i salari non si saranno ridotti.

    Fig. 2 – Allentamento del mercato del lavoro statunitense distorto da frodi nei da

    Europa

    Alcuni indicatori chiave per l’economia tedesca, che ricopre un ruolo cruciale in UE, sono peggiorati, sebbene siamo oggi più entusiasti delle prospettive per l’economia dell’eurozona. Tuttavia, riteniamo che gli scarsi ordini manifatturieri tedeschi riflettano l’attuale ciclo di riduzione delle scorte a livello globale, nonché l’abbandono degli investimenti nelle industrie ad alta intensità energetica. Anche la debolezza delle vendite al dettaglio tedesche potrebbe riflettere uno spostamento verso i servizi e le esperienze piuttosto che verso i beni, oppure il fatto che i consumatori tedeschi stiano prolungando le loro vacanze in luoghi come la Spagna, dove i volumi di vendita al dettaglio sono aumentati fino al 10%

    Rimaniamo fiduciosi che il calo significativo non solo dei prezzi attuali dell’energia, ma anche di quelli per il prossimo inverno, rispetto al picco raggiunto lo scorso anno, si tradurrà in una riduzione dell’inflazione, con un aumento della fiducia e della spesa dei consumatori che, a sua volta, avvierà un circolo virtuoso per il resto dell’economia. Il fatto che i consumatori europei abbiano effettivamente aumentato i risparmi durante la recente contrazione indica la possibilità di ripresa.

    La BCE dovrà continuare ad aumentare i tassi di interesse. I salari stanno aumentando e quest’anno si prevede un’accelerazione con l’entrata in vigore dell’indicizzazione retrospettiva.

    Fig. 3 – Il divario di fiducia dei consumatori rispetto agli USA si sta riducendo rapidamente

    Azioni USA sottotono, dollaro in indebolimento, obbligazioni in rialzo

    Il passaggio dal quantitative easing (QE) al quantitative tightening (QT) ha avuto un forte impatto. Lo vediamo riflesso nel tasso privo di rischio, con i TIPS (Treasury inflation-protected securities) decennali statunitensi che ora rendono oltre l’1,4%, contro un rendimento reale fortemente negativo durante il QE. Anche se le recenti notizie sull’inflazione e sui tassi d’interesse sono andate nella direzione sbagliata, vediamo un buon valore nei titoli di Stato a questi livelli.

    Pur essendo complessivamente neutrali sulle azioni, siamo negativi sulle azioni statunitensi. Non si tratta di un risultato a livello di indice, ma di un rally molto limitato, con guadagni di soli cinque titoli che hanno rappresentato più di tutto il rally dell’S&P 500 quest’anno. Negli Stati Uniti i margini di profitto delle aziende si stanno comprimendo e c’è anche la probabilità di una recessione. In Europa, invece, i margini si stanno ampliando e vediamo la possibilità di sorprese economiche positive, dato che l’Europa gode di un circolo virtuoso di inflazione più bassa e domanda più forte.

    Alla fine del 2023 i tassi di interesse statunitensi potrebbero essere inferiori a quelli europei. Si tratterebbe di un cambiamento drammatico, la prima volta nella storia dell’euro, che porterebbe a una debolezza del dollaro USA.

    Fig. 4 – Enormi variazioni dei tassi reali USA a 10 anni

    Per ulteriori informazioni si veda il sito internet di Columbia Threadneedle Investments: www.columbiathreadneedle.it

    [1] Al 31 marzo 2023.

    [2] Fonte: Rapporto sugli utili relativo al primo trimestre 2023 di Ameriprise Financial.

  • Perché le azioni sono vulnerabili?

    Perché le azioni sono vulnerabili?

    a cura di Steven Bell, Chief Economist EMEA di Columbia Threadneedle Investments

    •                  La crescita globale sta reggendo, le preoccupazioni per la contrazione del credito si stanno attenuando e si è raggiunto un accordo sul tetto del debito USA

    •                  Nonostante questi aspetti positivi, permangono alcune preoccupazioni sull’andamento dei titoli azionari per il resto del 2023

    •                  Abbiamo riscontrato alcuni segnali di indebolimento del mercato del lavoro statunitense e, con i margini sotto pressione, le aziende americane potrebbero iniziare a tagliare posti di lavoro

    •                  Dovremo probabilmente aspettarci ulteriori aumenti dei tassi e, sebbene gli utili delle società dell’S&P 500 abbiano sorpreso in positivo, le aspettative erano state pesantemente riviste al ribasso

    •                  Le azioni non sembrano a buon mercato e le previsioni di crescita degli utili per il resto del 2023 e per il 2024 ci appaiono troppo ottimistiche

    •                  Al momento preferiamo restare cauti nei confronti delle azioni.  Non ci aspettiamo un calo drammatico, ma riteniamo le obbligazioni più interessanti su base relativa

    A prima vista, il contesto per le azioni sembra buono. La crescita globale sta reggendo, gli ultimi dati degli Stati Uniti danno un mercato del lavoro forte. Il timore di una contrazione del credito negli Stati Uniti sta svanendo e la questione del tetto del debito è stata risolta. L’inflazione è in calo e, almeno in Europa e negli Stati Uniti, anche l’inflazione core sta scendendo. Molti sperano che i tassi di interesse siano ormai vicini a un picco.

    Ciononostante, riteniamo che i titoli azionari possano trovarsi in difficoltà per la fine dell’anno. In primo luogo, sebbene gli ultimi dati relativi alle buste paga negli Stati Uniti siano risultati forti, vi sono diversi segnali che indicano una certa debolezza. I dati dei sondaggi, infatti, suggeriscono che la propensione all’assunzione sia diminuita in modo significativo. Inoltre, alcune distorsioni statistiche sembrano aver amplificato i dati recenti, che sono destinati ad invertirsi nei prossimi mesi. Le aziende statunitensi hanno subito una compressione dei margini, che solitamente porta a tagli di posti di lavoro. La stretta creditizia è stata forse scongiurata, ma è ancora in atto una stretta creditizia, con la domanda e l’offerta di credito sotto pressione. Sebbene il quadro dell’inflazione sia migliorato negli Stati Uniti, i prezzi del settore dei servizi sono ancora fermi e sembrano necessari ulteriori rialzi dei tassi affinché la Fed raggiunga e mantenga il suo obiettivo del 2%.

    Tutto ciò suggerisce che gli utili societari subiranno nuove pressioni. La recente stagione dei bilanci delle società dell’S&P 500 ha prodotto numeri migliori del previsto, ma le aspettative erano state fortemente ridimensionate in anticipo. Gli utili si sono comunque rivelati inferiori alle aspettative settimane prima della pubblicazione dei dati.

    Inoltre, l’aumento dei tassi d’interesse reali richiede una valutazione più bassa per gli asset di rischio. Il rendimento dei titoli del Tesoro USA protetti dall’inflazione è ora dell’1,6%, rispetto al -1% di quando la Federal Reserve acquistava obbligazioni nell’ambito del suo programma di Quantitative Easing. Ora si sta invertendo la rotta, ma i titoli azionari statunitensi sono tutt’altro che a buon mercato: il rapporto prezzo/utili per le società dell’S&P 500 si avvicina a 20, sia su base trimestrale che prospettica. La ben nota ascesa fulminea di una manciata di mega aziende tecnologiche ha spinto al rialzo il mercato complessivo. Per il mercato più ampio, le aspettative di guadagno per il 2023 sono state ridotte, ma gli analisti prevedono una ripresa della crescita a due cifre nel 2024. Questa previsione appare troppo ottimistica.

    Per questi motivi, al momento guardiamo con cautela alle azioni e preferiamo la sicurezza delle obbligazioni. Non prevediamo un calo drammatico, ma la recente ripresa ci sembra eccessiva.