Tag: Alzheimer

  • A Napoli: Alzheimer, sabato e domenica workshop sul “Manifesto di legislatura”

    L’evento con i ministri Tajani, Bernini e Schillaci, e col governatore De Luca e il sindaco Manfredi

    NAPOLI – Un approccio nuovo, unitario, nella lotta contro l’Alzheimer e le demenze. Un innovativo modo di pensare e di affrontare le sfide future che sempre più coinvolgeranno istituzioni, personale sanitario, associazioni, cargiver e tutte le parti in causa. Per discuterne, nel prossimo week end, ci sarà un importante appuntamento al Complesso Monumentale di S. Maria la Nova, piazza S. Maria la Nova 44, a Napoli. L’Intergruppo Parlamentare Alzheimer e neuroscienze, presieduto dall’on. Annarita Patriarca e dalla sen. Beatrice Lorenzin, ha organizzato una due giorni dal titolo “Uniti contro l’Alzheimer”. Un evento che si snoderà tramite gli incontri di sabato 16 (dalle ore 9.30 alle 18:00) e domenica 17 (dalle ore 9.30 alle 12.45) dicembre prossimi.

    Un convegno multidisciplinare che vedrà la partecipazione dei Ministri Anna Maria Bernini (Università e Ricerca), Orazio Schillaci (Salute) e Antonio Tajani (Affari Esteri). Ci saranno ancora Vincenzo De Luca (Presidente della Regione Campania) e Gaetano Manfredi (sindaco di Napoli), e il presidente della Società italiana di neurologia, Alessandro Padovani. Interverranno, inoltre, i più importanti interlocutori politici, scientifici, tecnici e delle associazioni di volontariato. Durate l’incontro sarà siglato il “Manifesto di legislatura” per definire i pilastri dell’impegno condiviso in 10 azioni concrete da implementare entro il termine legislatura e mettere, così, a fuoco gli obiettivi e le iniziative necessarie per rispondere alle sfide storiche poste dalla patologia alla società e al sistema sanitario. Impegni essenziali che devo essere affrontati con un’alleanza e in piena collaborazione fra tutti perché l’Alzheimer è un tema che non conosce barriere.

    In Italia, infatti, si stimano oggi circa 1.200.000 casi di demenza, di cui circa 700.000 di malattia di Alzheimer. Le proiezioni, da qui ai prossimi decenni, vedono un incremento notevole della prevalenza soprattutto per via del processo di invecchiamento della popolazione italiana. Questa patologia è la terza causa di morte tra gli over 65 in Europa occidentale ed una delle principali cause di disabilità nella popolazione over 60 a livello mondiale. Ci si trova, quindi, di fronte ad un bivio storico sollecitato dal progresso della Scienza: se le prospettive di cura finora sono state limitate, i risultati della ricerca iniziano a intravedersi, con prospettive di potenziali terapie volte a rallentare il decadimento cognitivo e nuove opportunità diagnostiche per l’identificazione precoce dei pazienti. Prioritario riflettere su come rendere il nostro Servizio Sanitario e Sociale pronto ad accogliere le future innovazioni e garantire equità e tempestività di accesso ai servizi e alle prossime opportunità di trattamento per i cittadini italiani.

  • GIORNATA MONDIALE DELL’ALZHEIMER, L’APPELLO ALLE ISTITUZIONI: “ILLUMINIAMO I PALAZZI DI VIOLA”

    GIORNATA MONDIALE DELL’ALZHEIMER, L’APPELLO ALLE ISTITUZIONI: “ILLUMINIAMO I PALAZZI DI VIOLA”

    In occasione del 21 settembre, giorno dedicato alla sensibilizzazione sulla patologia, la proposta dell’Intergruppo Parlamentare Alzheimer e Neuroscienze “per supportare la conoscenza della malattia e sottolineare l’importanza di istituire nuovi percorsi diagnostico-terapeutici”

    Roma, 4 settembre 2023 – Le malattie neurodegenerative e in particolare la malattia di Alzheimer rappresentano una delle più grandi sfide in ambito sanitario e medico in un Paese come l’Italia, il secondo più longevo al mondo, e si qualificano come un vero e proprio problema di salute pubblica, in crescita esponenziale, con un forte impatto per il sistema sanitario, sociale ed economico nazionale. Ogni anno il 21 settembre si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale dell’Alzheimer, istituita nel 1994 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Alzheimer’s disease international (Adi) con l’obiettivo di supportare la conoscenza di questa patologia e sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sull’importanza di affrontare questa malattia a livello socio-sanitario e assistenziale.

    La malattia di Alzheimer è la più comune forma di demenza. Insorge più frequentemente dopo i 65 anni di età e colpisce più spesso le donne. Nel mondo, secondo i dati dell’OMS, oltre 55 milioni di persone convivono con la demenza, una delle principali cause di disabilità e non autosufficienza tra le persone anziane, e sono 700.000 i casi solo in Italia. L’azlheimer si attesta come terza causa di morte tra gli over 65 in Europa occidentale a seguito di complicanze legate allo sviluppo della malattia e una delle principali cause di disabilità nella popolazione over 60 a livello mondiale.

    Come tutte le forme di demenza l’Alzheimer comporta un progressivo decadimento delle funzioni cognitive, a cominciare dalla memoria. Per questa ragione il simbolo di questa giornata è il “non ti scordar di me”, dal caratteristico colore viola.

    Come segno di vicinanza ai pazienti italiani affetti da Alzheimer e ai loro caregiver e come segnale di supporto ai tanti medici e ricercatori che ogni giorno lottano contro questa patologia, abbiamo chiesto al Presidente della Camera, Lorenzo Fontana, e del Senato, Ignazio La Russa, di illuminare di viola la facciata dei Palazzi la sera del 21 settembre. Ci piacerebbe che il nostro appello fosse raccolto anche da tutte le altre principali istituzioni, associazioni e realtà impegnate in quest’area terapeutica: è fondamentale che arrivi un segnale forte circa la necessità di considerare queste patologie come un problema primario di sanità pubblica, affrontando i temi più critici in modo strutturale e con azioni concrete, come il rifinanziamento del Fondo per l’Alzheimer e le demenze per il prossimo triennio”, ha detto l’On. Annarita Patriarca, co-promotrice, assieme alla Sen. Beatrice Lorenzin, dell’Intergruppo Parlamentare per le Neuroscienze e l’Alzheimer nato nel luglio scorso e che oggi conta oltre 60 parlamentari tra Camera e Senato.

    Tenere alta l’attenzione su questa patologia è un passo molto importante e necessario per favorire anche una migliore presa in carico del paziente, a partire dalla diagnosi precoce della malattia, seguita da un approccio personalizzato e il rafforzamento di una rete integrata di assistenza sanitaria presente sul territorio, che faciliti l’accesso alle prestazioni, alla continuità assistenziale, e allo sviluppo di percorsi clinici e di ricerca comuni. Per questo siamo fiduciosi che il Ministero della Salute rifinanzi il fondo per l’Alzheimer e le demenze“, sottolinea la Sen. Beatrice Lorenzin. Dal punto di vista economico, in Italia i costi legati alla malattia di Alzheimer sono stimati in € 15,6 miliardi, di cui l’80% sono sostenuti direttamente dalle famiglie dei pazienti[1]. Per questa ragione tra gli obiettivi dell’Integruppo c’è quello di favorire lo stanziamento di risorse dedicate alla diagnostica e al trattamento dei pazienti, al fine di creare nuovi percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali a livello regionale e locale.

    Alla fine di quest’anno, terminerà il finanziamento del Fondo per l’Alzheimer e le demenze, istituito nel 2020 con l’obiettivo di migliorare la protezione sociale delle persone affette da demenza e di garantire la diagnosi precoce e la presa in carico tempestiva delle persone affette da malattia di Alzheimer attraverso il finanziamento delle linee di azione previste dalle regioni in applicazione del Piano nazionale demenze e per l’acquisto da parte delle regioni di apparecchiature sanitarie per la diagnosi precoce, trattamento e monitoraggio dei pazienti con malattia di Alzheimer.

     [1]http://www.alzheimer-aima.it/documenti/202109%20-%20AIMA%20e%20SIN_7%20BUONI%20MOTIVI.pdf

  • Una scoperta storica L’anticorpo monoclonale donanemab rallenta la progressione dell’Alzheimer in fase iniziale.

    Una scoperta storica L’anticorpo monoclonale donanemab rallenta la progressione dell’Alzheimer in fase iniziale.

    A cura del Dr Giovanni Ghirga

    L’anticorpo monoclonale donanemab rallenta la progressione dell’Alzheimer in fase iniziale.

    Il farmaco sperimentale donanemab può rallentare la progressione della malattia di Alzheimer in fase iniziale. L’anticorpo monoclonale prende di mira l’amiloide proteico che danneggia i neuroni nel cervello. Tra le persone che hanno iniziato a prenderlo nelle prime fasi dell’Alzheimer, il 47% non ha avuto alcuna progressione della malattia in alcuni aspetti dopo un anno, rispetto al 29% che ha assunto un placebo.

    Il Donanemab non migliora i sintomi e non avvantaggia le persone nelle fasi successive dell’Alzheimer o quelle con una variazione genetica comune che aumenta il rischio di sviluppare la demenza.
    La scoperta è storica, afferma il ricercatore di Alzheimer Bart De Strooper. “Tutto in questo processo ci dice che dobbiamo evitare che l’amiloide si accumuli”.

    Reardon S. Alzheimer’s drug donanemab helps most when taken at earliest disease stage, study finds. Nature. 2023 Jul;619(7971):682-683. doi: 10.1038/d41586-023-02321-1. PMID: 37460689.

  • Ricercatori hanno scoperto un biomarcatore del sangue che potrebbe segnalare il rischio di demenza con molti anni di anticipo

    Ricercatori hanno scoperto un biomarcatore del sangue che potrebbe segnalare il rischio di demenza con molti anni di anticipo

    A cura del Dr Giovanni Ghirga


    prima si individua la malattia di Alzheimer ed altre condizioni simili e migliori saranno le opzioni terapeutiche.  Ricercatori hanno scoperto un biomarcatore del sangue che potrebbe segnalare il rischio di demenza con molti anni di anticipo.

    Un team del National Institute on Aging, dell’Università del Texas e della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health negli Stati Uniti, così come di altre istituzioni in tutto il mondo, ha esaminato i dati su 10.981 individui raccolti nel corso di 25 anni.

    In particolare, i ricercatori hanno analizzato il proteoma di questi individui: l’insieme completo di proteine espresse in un corpo, le quali guidano tutti i tipi di processi biologici dalla comunicazione cellulare ai livelli ormonali.

    L’analisi ha rivelato 32 proteine che, se trovate a livelli insolitamente alti o bassi nel sangue nelle persone di età compresa tra i 45 ed i 60 anni, erano associate a un aumentato rischio di sviluppare demenza più avanti nella vita.

    Il presente studio ha sfruttato i dati di più coorti per identificare e caratterizzare 32 proteine e 4 reti proteiche nel plasma di adulti di mezza età che erano fortemente associate al rischio di demenza nei decenni successivi.

    Questo studio non si spinge fino a capire perché questi squilibri proteici sono collegati al rischio di demenza, ma gli stessi potrebbero aiutare gli scienziati a valutare più accuratamente il rischio di demenza negli anziani.

    Risulta interessante notare che molte delle proteine non erano direttamente coinvolte nel funzionamento del cervello. Questo conferma i risultati delle precedenti ricerche le quali mostrano che l’insorgenza della demenza e i suoi fattori scatenanti sottostanti non sono qualcosa che accade esclusivamente nel cervello.

    Molte delle proteine identificate erano collegate alla proteostasi, la sana regolazione del proteoma. Questo processo aiuta a prevenire  le aggregazioni di proteine che si trovano nel cervello delle persone che hanno sviluppato l’Alzheimer.

    Altre proteine hanno svolto ruoli chiave nel sistema immunitario, forse dimostrando che c’è qualcosa in una reazione o in un fallimento del sistema immunitario che aumenta le possibilità di inizio della demenza.

    C’è ancora molta strada da fare con questa ricerca ma alla fine potremmo arrivare alla fase in cui il sangue può essere testato per i segni del rischio di demenza. Se questi segni vengono rilevati prima è possibile mettere in atto trattamenti personalizzati.

    Un giorno potremmo comprendere appieno come iniziano condizioni come il morbo di Alzheimer e quella rivelazione potrebbe arrivare osservando squilibri ed anomalie al di fuori del cervello.

    “Stiamo assistendo ad un così grande coinvolgimento della biologia periferica decenni prima della tipica insorgenza della demenza”, ha commentato a Nature il neuroscienziato Keenan Walker, del National Institute on Aging .

    Keenan A. Walker et al. Proteomics analysis of plasma from middle-aged adults identifies protein markers of dementia risk in later life.Sci. Transl. Med.15,eadf5681(2023).DOI:10.1126/scitranslmed.adf5681

    Circa 55,2 milioni di persone soffrono di demenza in tutto il mondo. Il numero di persone che vivono con la demenza dovrebbe salire a 78 milioni entro il 2030.

    World Health organization. Global action plan on the public health response to dementia. 2017-2025. 

  • CALDO E SONNO: esiste una predisposizione genetica alla siesta che sembra essere associata a un maggior sviluppo cerebrale e a un ridotto rischio di malattia di Alzheimer

    CALDO E SONNO: esiste una predisposizione genetica alla siesta che sembra essere associata a un maggior sviluppo cerebrale e a un ridotto rischio di malattia di Alzheimer

    La Società Italiana di Neurologia diffonde i risultati di un importante studio scientifico

    Roma, 19 luglio 2023. Il caldo estivo favorisce la voglia di dormire durante il giorno. Su un tema così attuale in questo periodo di temperature record, la Società Italiana di Neurologia diffonde i risultati di importanti studi scientifici che dimostrano i benefici della siesta.

    L’estate scorsa uno studio della Northwestern University pubblicato su Current Biology (https://www.cell.com/current-biology/fulltext/S0960-9822(22)01209-X) aveva indicato che le temperature superiori a 25 gradi spingono facilmente alla siesta perché esiste un termometro cerebrale che regola il metabolismo corporeo a seconda delle temperature esterne.

    “Col riscaldamento globale queste temperature sono state ormai abbondantemente superate – afferma il Prof. Alfredo Berardelli, Presidente della Società Italiana di Neurologia – ma, secondo uno studio appena pubblicato dalle Università di Montevideo e Londra  e dal Center for Genomic Medicine di Boston e dal Broad Institute di Cambridge, esiste una predisposizione genetica alla siesta che al contempo sembra essere associata a un maggior sviluppo cerebrale e a un ridotto rischio di malattia di Alzheimer (https://doi.org/10.1016/j.sleh.2023.05.002 )”.

    MEGLIO SIESTE BREVI I benefici cerebrali si evidenziano con una siesta compresa fra 5 e 15 minuti e possono protrarsi fino a 1 o 3 ore dopo il sonnellino pomeridiano.

    Se la siesta supera mezz’ora invece si osserva un transitorio deterioramento delle performance cognitive.

    VALUTAZIONE GENOMICA Lo studio ha esaminato circa 500mila soggetti di ambo i sessi con età compresa fra 40 e 69 anni che sono stati prima valutati con studi GWAS, cioè di associazione genome-wide che valuta tutte le variazioni geniche tra gli individui in esame, correlandole alle differenze di alcuni tratti particolari.

    “I soggetti del campione sono stati poi valutati tramite imaging cerebrale – ha commentato il Prof.

    Giuseppe Plazzi, Responsabile dei Laboratori per lo Studio e la Cura dei Disturbi del Sonno dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna – ed è risultato che la predisposizione genetica al sonnellino diurno era associata a un volume cerebrale totale maggiore di 15,80 cm3, che secondo gli autori potrebbe suggerire che regolari sonnellini diurni forniscono una certa protezione contro la neurodegenerazione, compensando la carenza di sonno notturno”.

    Non risultava comunque aumentato il volume dell’ippocampo né miglioravano il tempo di reazione e la memoria visiva.

    ANNI GUADAGNATI Considerando che altri studi indicano un declino generale del volume cerebrale totale compreso tra lo 0,2% e lo 0,5% all’anno, questa scoperta potrebbe indicare che chi abitualmente fa la siesta guadagna fra i 2,6 e i 6,5 anni di invecchiamento cerebrale.

    ALTRI STUDI La mancata evidenza di un’associazione tra la siesta, il volume dell’ippocampo e i miglioramenti cognitivi potrebbe però indicare che altre aree cerebrali come ad esempio quelle preposte alla vigilanza possono essere influenzate dall’abituale sonnellino diurno e occorreranno altri studi per individuare questa relazione

  • PIENA APPROVAZIONE DA FDA A LECANEMAB PER TRATTAMENTO MALATTIA DI ALZHEIMER

    PIENA APPROVAZIONE DA FDA A LECANEMAB PER TRATTAMENTO MALATTIA DI ALZHEIMER

    La Società Italiana di Neurologia (SIN) e l’Associazione Autonoma Aderente alla SIN per le Demenze (SIN-DEM) sono pronte a raccogliere la sfida che nasce da questa nuova opportunità che rallenta il decorso nelle fasi iniziali di malattia

    Roma10 luglio 2023. La piena approvazione appena concessa dalla FDA (la Food & Drug Administration USA) al farmaco Lecanemab (Leqembi®) per la malattia di Alzheimer prodotto da Eisai-Biogen apre nuovi scenari che richiederanno un ulteriore sforzo da parte di tutti gli attori coinvolti nella gestione della classe dei farmaci innovativi cui Lecanemab appartiene.

    REGISTRO USA. In USA, ad esempio, Medicare richiederà a medici e farmacisti ospedalieri di attivare un registro ove riportare informazioni cliniche su ogni paziente prima e durante il trattamento col farmaco in modo di avere dati di Real World Evidence a lungo termine.

    PIANO DEMENZE. Nel nostro Paese, grazie al Piano delle Demenze e alla rete dei Centri per i Disturbi Cognitivi e per le Demenze, sono garantite in quasi tutto il territorio sia diagnosi tempestive e accurate sia cure adeguate.

    Le istituzioni sono vicine alle famiglie dei malati con Alzheimer e sono già in atto diverse iniziative che mirano a portare al centro delle attività del SSN la malattia di Alzheimer e le demenze.

    SIN e SIN-DEM. La Società Italiana di Neurologia (SIN), insieme all’Associazione Autonoma Aderente alla SIN per le Demenze (SIN-DEM), è pronta a raccogliere la sfida che nasce dalla nuova opportunità di un prodotto che rallenta il decorso nelle fasi iniziali di malattia pur comportando un certo rischio di effetti collaterali in alcuni pazienti.

    La piena approvazione della FDA ha infatti confermato che Lecanemab è efficace e ha un profilo rischi/benefici positivo.

    PAZIENTI A RISCHIO. I rischi di edemi ed emorragie cerebrali emersi negli studi preclinici sono risultati correlati a specifiche categorie di pazienti e siamo certi che in tutto il mondo ciò rappresenterà un’importante linea guida di trattamento per i pazienti a rischio e cioè:

    • chi assume anticoagulanti
    • chi presenta microemorragie cerebrali alla RMN
    • chi ha un genotipo APOE4.

    27 PER CENTO. L’approvazione FDA si è basata su uno studio molto ampio che ha dimostrato come Lecanemab determini in 18 mesi una progressione clinica inferiore del 27% rispetto al placebo.

    Il dato è certamente incoraggiante ma richiederà comunque studi di efficacia e sicurezza più lunghi.

    EMA e AIFA. Ancora non sappiamo quale sarà la decisione di EMA e AIFA, ma siamo consapevoli del fatto che la Malattia di Alzheimer è molto complessa e che già oggi si può fare molto controllando i fattori di rischio cardiovascolari e adottando stili di vita adeguati.

    Sarà importante non trovarci impreparati e la Società Italiana di Neurologia e la SINDEM sono pronte.

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  • GIUGNO MESE MALATTIA DI ALZHEIMER. La Società Italiana di Neurologia fa il punto sulla ricerca scientifica

    GIUGNO MESE MALATTIA DI ALZHEIMER. La Società Italiana di Neurologia fa il punto sulla ricerca scientifica

    Roma, 23 giugno 2023. In occasione di Giugno Mese dell’Alzheimer, iniziativa promossa dall’Alzheimer’s Association USA  (https://www.alz.org/get-involved-now/advocate) e dalle Associazioni Pazienti, la Società Italiana di Neurologia (https://www.neuro.it/web/eventi/NEURO/index.cfm) mette a fuoco le ultime novità sulla Malattia di Alzheimer che solo in Italia colpisce circa 600.00 persone.

    Ciò che sta cambiando è il crescere delle evidenze scientifiche a favore della possibilità di individuare i soggetti a rischio tramite marcatori plasmatici più facilmente accessibili tramite semplici prelievi ematici.

    Alcuni di questi, come le proteine fosfo-Tau, GFAP e neurogranina, possono indicare se l’accumulo di amiloide nel cervello rappresenta solo una soglia di rischio o se invece indica già la presenza di  malattia.

    La questione è di elevata importanza perché diversi studiosi concordano sul fatto che la prevenzione deve passare attraverso il controllo di tali parametri in associazione a quello dei noti fattori di rischio cardiovascolare e alle norme di vita con attività fisica costantecontrollo del peso e un’alimentazione sana a base di legumi, frutta fresca e secca, pesce, limitando invece carni rosse e grassi animali.

    “Nelle ultime settimane – commenta il Prof. Alessandro Padovani, Direttore Clinica Neurologica Università degli Studi di Brescia – ha suscitato interesse l’osservazione riportata su Nature Medicine da un gruppo di ricercatori internazionali secondo cui un’alterazione genetica casuale verificatasi a carico della proteina cerebrale reelina, che normalmente regola le funzioni neuronali, ha determinato una cosiddetta gain-of-function, cioè un guadagno di funzione. La variazione genetica, a cui è stata data la sigla RELN-COLBOS, ha portato infatti i due soggetti, un uomo e una donna, che l’hanno avuta a una trasformazione della loro reelina in un baluardo allo sviluppo della malattia di Alzheimer”.

    I due soggetti infatti nonostante presentassero tutti i marker plasmatici e di imaging di malattia non si sono ammalati resistendo a lungo al suo sviluppo. Questa scoperta apre scenari interessanti per eventuali terapie geniche che permettano di stimolare la produzione di reelina protettiva nei pazienti a rischio.

    Per quanto riguarda le terapie farmacologiche, la Food & Drug Administration americana ha approvato l’impiego di un nuovo farmaco monoclonale: il Lecanemab.

    Siamo in attesa di capire come si esprimerà l’Agenzia Europea per il Farmaco (EMA) nei prossimi mesi.

    “I risultati degli studi condotti con farmaci anti-amiloide – afferma il Prof. Alfredo Berardelli, Presidente della Società Italiana di Neurologia – indicano di fatto che è possibile modificare il decorso della malattia, anche se non in modo eguale in tutti i malati. Diversi pazienti sembrano rispondere in modo assai favorevole, altri, invece, in modo poco favorevole, mentre altri ancora riportano eventi avversi, talora anche gravi. A tal riguardo, sono in corso anche nel nostro Paese indagini per comprendere chi sia a rischio di effetti collaterali e come prevedere in anticipo chi è a rischio di esserne colpito nel corso del trattamento”.

    Dopo i tanti studi concentratisi sulla proteina beta-amiloide uno studio ha recentemente dimostrato che è possibile ridurre la neurodegenerazione nei pazienti con malattia di Alzheimer agendo con farmaci che bloccano l’espressione della proteina Tau. Le indagini necessitano di conferma ma supportano precedenti studi a favore del ruolo fondamentale che la proteina Tau svolge al fianco della beta amiloide nello sviluppo della malattia.

    Infine, sono sempre più numerosi gli studi sui trattamenti non farmacologici mediante l’utilizzo di correnti elettriche transcraniche o stimolazioni magnetiche transcraniche. I dati sembrano indicare non solo un effetto positivo sui sintomi cognitivi, ma anche effetti biologici protettivi che riducono l’azione tossica dell’amiloide.

    L’esordio classico della Malattia di Alzheimer è rappresentato dalla comparsa insidiosa e progressiva di deficit della capacità di formare nuovi ricordi (memoria di fissazione o anterograda), a fronte di una relativamente conservata capacità di rievocare memorie più o meno remote. Successivamente, nel giro di qualche anno, tendono a comparire difficoltà di orientamento temporale (es. nel riferire la data e l’ora del giorno) e spaziale, di comprensione e recupero vocaboli comuni, di riconoscimento di persone note e di utilizzo degli oggetti, mentre il deficit mnesico diviene progressivamente sempre più severo.

    Nelle fasi avanzate il paziente può non riuscire a distinguere il giorno dalla notte, a riconoscere il proprio domicilio, i familiari o addirittura sè stesso allo specchio, ad esprimersi verbalmente in maniera corretta e a svolgere movimenti più o meno complessi.

    Tutto ciò impatta naturalmente sulla sua capacità di occuparsi della casa, vestirsi e curare l’igiene personale, cucinare, utilizzare il denaro, uscire di casa e spostarsi da solo, assumere correttamente i farmaci, comunicare con gli altri, e così via.

    Inoltre, anche il movimento e la deambulazione divengono sempre più difficoltosi e incerti.

    L’aspettativa di vita dalla diagnosi di demenza di Alzheimer è in media di 10 anni circa.

  • Esce il videoclip del brano “Fammi sentire in un sogno” di Claire D in occasione della giornata mondiale dedicata all’Alzheimer

    Esce il videoclip del brano “Fammi sentire in un sogno” di Claire D in occasione della giornata mondiale dedicata all’Alzheimer

    In occasione della giornata mondiale dedicata all´Alzheimer, che si celebra il 21 settembre, uscirà il videoclip del brano “Fammi sentire in un sogno”, di Claire D, alter ego artistico di Chiara Lo Presti, cantante di origine siciliana.

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  • Alzheimer: una nuova molecola studiata in un modello animale apre nuovi scenari per la cura della malattia 

    Alzheimer: una nuova molecola studiata in un modello animale apre nuovi scenari per la cura della malattia 

    Uno studio congiunto Istituto Besta e Mario Negri, pubblicato sulla rivista “Molecular Psychiatry”, offre risultati promettenti per lo sviluppo di una strategia di cura della malattia nella fase precoce, dimostrando l’efficacia di una nuova molecola somministrata per via intranasale in un modello animale. 

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  • MALATTIA DI ALZHEIMER – AL VIA IN 7 CENTRI ITALIANI IL PRIMO PROGETTO PILOTA DI TELEMEDICINA PER L’IDENTIFICAZIONE E IL MONITORAGGIO A DISTANZA DELL’ALZHEIMER E ALTRE FORME DI DEMENZA.

    • La Società Italiana di Neurologia (SIN) e l’azienda di biotecnologie Biogen mettono a punto il primo sistema digitale di valutazione cognitiva a distanza per facilitare il processo di diagnosi e il monitoraggio delle persone con malattia di Alzheimer e altre forme di demenza
    • Nel progetto pilota saranno coinvolti sette centri specialistici, che utilizzeranno la nuova piattaforma di tele-neuropsicologia per la diagnosi e l’effettuazione a distanza di controlli periodici delle persone con malattia di Alzheimer.
    • Il progetto è il risultato del tavolo di lavoro congiunto avviato nel 2020 dalla Società Italiana di Neurologia (SIN), dalla Società Italiana di Neuropsicologia (SINP) e dalla Società Italiana di Neurologia – Demenze (SINDEM).
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  • Coronavirus e demenza: 10 consigli utili per affrontare il periodo a casa insieme alle persone con demenza

    Coronavirus e demenza: 10 consigli utili per affrontare il periodo a casa insieme alle persone con demenza

    La Federazione Alzheimer Italia ha stilato un decalogo di consigli pratici dedicati ai familiari di persone con demenza per aiutarli ad affrontare al meglio la giornata insieme a loro

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  • Giornata Mondiale della Malattia di Alzheimer: la ricerca sulle terapie al centro dell’impegno della Società Italiana di Neurologia

    Giornata Mondiale della Malattia di Alzheimer: la ricerca sulle terapie al centro dell’impegno della Società Italiana di Neurologia

    Roma, 21 settembre 2017 – La Malattia di Alzheimer, la più comune forma di demenza, rappresenta una delle sfide sanitarie più grandi del nostro secolo. Viene definita dal G8 come una priorità, con l’ambizione di trovare una cura entro il 2025. Proprio questo importante obiettivo è al centro della Giornata Mondiale della Malattia di Alzheimer che si celebra oggi, 21 settembre 2017, e rappresenta uno degli impegni prioritari della Società Italiana di Neurologia.
    Nel mondo, questa patologia colpisce circa 40 milioni di persone e solo in Italia vi sono circa un milione di casi, per la maggior parte oltre i 60 anni. Oltre gli 80 anni ne è affetto un anziano su 4. Questi numeri sono destinati a crescere progressivamente per il progressivo aumento della durata della vita, soprattutto nei paesi in via di sviluppo: si stima un raddoppio dei casi ogni 20 anni.

    Nei pazienti affetti da Alzheimer le cellule cerebrali subiscono un processo degenerativo che le colpisce in maniera progressiva e che porta inizialmente a sintomi quali deficit di memoria, soprattutto per fatti recenti, e successivamente a disturbi del linguaggio, perdita di orientamento spaziale e temporale e progressiva perdita di autonomia che definiamo come “demenza”.
    A tali deficit spesso si associano problemi psicologici e comportamentali, come depressione, incontinenza emotiva, agitazione, vagabondaggio, che rendono necessario un costante accudimento del paziente, con un grosso peso per i familiari.

    “Dopo il fallimento delle terapie attuate nella fase di demenza conclamata – dichiara il Professor Carlo Ferrarese, Direttore Scientifico del Centro di Neuroscienze di Milano, Università di Milano-Bicocca, Direttore della Clinica Neurologica, Ospedale San Gerardo di Monza -, le sperimentazioni cliniche attuali sono rivolte alla prevenzione della malattia. Questo è oggi possibile perché sono da poco disponibili nuove tecniche che permettono di determinare le alterazioni di una proteina ritenuta la prima causa di malattia, prima che questa si manifesti clinicamente. Da vari anni è noto infatti che alla base della malattia vi è l’accumulo progressivo nel cervello della proteina, chiamata beta-amiloide, che distrugge le cellule nervose ed i loro collegamenti”.
    “Oggi– prosegue il Professor Ferrarese – sappiamo che la beta amiloide inizia ad accumularsi nel cervello anche decenni prima delle manifestazioni cliniche della malattia, grazie ad una tecnica che consente di dimostrarne l’accumulo nel cervello, mediante la Positron Emission Tomography (PET), con la somministrazione di un tracciante che lega tale proteina. Analogamente è possibile analizzare i livelli di beta-amiloide nel liquido cerebrospinale, mediante una puntura lombare”.

    Queste tecniche permettono di stabilire un rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer prima della comparsa dei deficit cognitivi e rendono quindi fattibile l’avvio di strategie terapeutiche preventive. Queste ultime sono basate su molecole che determinano una riduzione della produzione di beta-amiloide, con farmaci che bloccano gli enzimi che la producono (beta-secretasi) o, in alternativa, con anticorpi capaci addirittura di determinare la progressiva scomparsa di beta-amiloide già presente nel tessuto cerebrale. Questi anticorpi, prodotti in laboratorio e somministrati sottocute o endovena, sono in grado di penetrare in parte nel cervello e rimuovere la proteina, in parte di facilitare il passaggio della proteina dal cervello al sangue, con successiva eliminazione.

    Queste terapie sono attualmente in fase avanzata di sperimentazione in tutto il mondo, su migliaia di pazienti nelle fasi iniziali di malattia o addirittura in soggetti sani che hanno la positività dei marcatori biologici (PET o liquorali). La speranza è di modificare il decorso della malattia, prevenendone l’esordio, dato che intervenire con tali molecole nella fase di demenza conclamata si è dimostrato inefficace.

    La Società Italiana di Neurologia conta tra i suoi soci circa 3000 specialisti neurologi ed ha lo scopo istituzionale di promuovere in Italia gli studi neurologici, finalizzati allo sviluppo della ricerca scientifica, alla formazione, all’aggiornamento degli specialisti e al miglioramento della qualità professionale nell’assistenza alle persone con malattie del sistema nervoso.

  • Alzheimer. Presentazione della ricerca AIMA – CENSIS sull’Impatto economico e sociale della malattia

    Alzheimer. Presentazione della ricerca AIMA – CENSIS sull’Impatto economico e sociale della malattia

    Un’occasione per fare il punto sulla situazione della realtà milanese e metropolitana. L’esperienza della buona pratica del Pio Albergo Trivulzio

    Milano, 21 Aprile 2016 – Presentata oggi nella sede del Pio Albergo Trivulzio a Milano, la ricerca condotta in collaborazione tra l’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer (AIMA) e il CENSIS avente come oggetto: “L’impatto economico e sociale della malattia di Alzheimer: rifare il punto dopo 16 anni”. Un importante aggiornamento della fotografia sul tema realizzata da due precedenti ricerche condotte nel 1999 e nel 2006.
    Preceduto dai saluti di Maurizio Carrara e Claudio Sileo, rispettivamente Presidente del Comitato di Indirizzo e Direttore Generale dell’ASP Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio, di Giulio Gallera, Assessore reddito di autonomia e Inclusione Sociale della Regione Lombardia e di Pierfrancesco Majorino, Assessore alle Politiche Sociali e Cultura della Salute del Comune di Milano, l’incontro è stato introdotto da Patrizia Spadin, Presidente di AIMA, a cui è seguita la presentazione dei risultati della ricerca da parte di: Ketty Vaccaro, Responsabile Area Welfare e Salute CENSIS, Gabriella Bottini, docente dell’Università di Pavia e Responsabile del Centro di Neuropsicologia Cognitiva dell’Ospedale Niguarda e Cinzia Negri Chinaglia, Direttore della Raibilitazione Alzheimer del PAT.
    A seguire un confronto sui risultati, moderato da Fabio Turone, Giornalista, Presidente Science Writers in Italy, tra autorevoli esperti: Marco Bosio, Direttore Generale ATS Città Metropolitana di Milano, Isabella Menichini, Direttore Domiciliarità e Cultura della Salute del Comune di Milano, Graziella Filippini, direzione Scientifica della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico ‘Carlo Besta’ di Milano, Stefano Landini, segretario regionale Spi Cgil Lombardia, Graziano Pirotta, Presidente Dipartimento Welfare Anci Lombardia.
    L’obiettivo di questo terzo e nuovo studio è stato quello di analizzare l’evoluzione negli ultimi 16 anni della condizione dei malati e delle loro famiglie. Anche in questo caso è stata realizzata un’indagine nazionale che ha privilegiato il punto di vista dei caregiver dei malati di Alzheimer.
    Dal confronto con le precedenti indagini, si osserva un progressivo innalzamento dell’età media dei malati con Alzheimer (73,6 anni nel 1999, 77,8 anni nel 2006 e 78,8 anni nel 2015) e al contempo dei caregiver coinvolti nella loro assistenza (53,3 anni nel 1999, 54,8 anni nel 2006 e 59,2 anni nel 2015).
    Tra i molti e importanti dati raccolti, spicca il costo medio annuo per paziente stimato, comprensivo sia dei costi familiari che di quelli a carico del SSN e della collettività, che è risultato pari a 70.587 euro, di cui il 27% circa (18.941 euro) afferisce ai costi diretti e il 73,2% ai costi indiretti (51.645 euro).
    Un dato che già di per sè, tenuto conto del numero stimato delle persone affette da Alzheimer, assume la dimensione di una vera emergenza nazionale. Dato che i malati sono stimati tra i 500/550 mila, il solo costo monetario diretto risulterebbe di circa 10 miliardi di euro all’anno, al netto dei costi indiretti e della sofferenza sociale che determina.

    A fronte delle stime epidemiologiche nazionali, tenuto conto dello specifico innalzamento dell’età media della popolazione cittadina, le persone affette da demenze senili nella sola Milano potrebbero oscillare attorno alle 30.000 unità.
    “Intervenire nella situazione milanese, stante la sua composizione demografica e l’atomizzazione della struttura familiare, è una necessità ancora più urgente – commenta Patrizia Spadin, Presidente di AIMA -. Gli attuali servizi forniti in regime di Assistenza Domiciliare Integrata sono del tutto insufficienti per dare cura e assistenza adeguata ai pazienti e ai caregiver. Le modalità della presa in carico del malato di Alzheimer e i risultati conseguiti al Pio Albergo rappresentano un modello importante da ampliare in loco e da replicare a livello metropolitano”.
    “Al Pio Albergo Trivulzio – spiega Cinzia Negri Chinaglia, Direttore III Unità Operativa Complessa di Riabilitazione Alzheimer del Pio Albergo Trivulzio -, attualmente, sono 276, su 580, gli ospiti in Residenza Sanitaria Assistenziale affetti da demenza grave. Nel contesto dei reparti Riabilitativi, su 884 pazienti trattati dall’1/4 al 31/10/2015 la prevalenza di demenza è risultata del 23%, di cui una quota ricoverata nel Nucleo Alzheimer Riabilitativo. L’esperienza del Pio Albergo è sicuramente un modello qualificante del ruolo che strategicamente può giocare il servizio pubblico, anche se non vanno sottovalutate le esigenze di sostenibilità del suo bilancio”.
    “La progettualità del PAT – conclude Maurizio Carrara, Presidente del Comitato di Indirizzo e Direttore Generale dell’ASP Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio – di sviluppare l’offerta domiciliare appare coerente e sinergica con i bisogni del malato e della famiglia fatti emergere dal Rapporto. Non va però dimenticato che già oggi, nel complesso, offriamo servizi e cure che necessitano di professionalità e di strumentazioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative complesse e costose che travalicano di gran lunga la semplice assistenza e che mettono a dura prova l’equilibrio economico della gestione del Pio Albergo Trivulzio”.
    Il contributo, infatti, che il PAT riceve per pazienti affetti da Demenze da Regione Lombardia e Comune di Milano o da Regione Lombardia e familiari oscilla tra i 100 e i 130 euro al giorno per RSA Alzheimer e di 156 euro al giorno per la Riabilitazione”.

  • Alzheimer: gli ultimi dati della ricerca alla luce della Dementia Friendly Community

    Alzheimer: gli ultimi dati della ricerca alla luce della Dementia Friendly Community

    Milano, 16 settembre 2015 – In occasione della XXII Giornata Mondiale Alzheimer (che si celebrerà il 21 settembre), la Federazione Alzheimer Italia, in collaborazione con UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione) e Fondazione Golgi Cenci, ha organizzato questa mattina a Milano presso Palazzo Marino il convegno scientifico in chiave divulgativa “RICORDATI DI ME – Gli ultimi dati della ricerca scientifica alla luce della Dementia-friendly Community”.

    [easy_ad_inject_1]L’incontro, a ingresso libero, si è rivolto ai numerosi familiari dei malati e agli operatori del settore presenti in Sala Alessi.

    Dopo i saluti di Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali e Cultura della salute del Comune di Milano, Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia, ha aperto i lavori sottolineando l’importanza sia della ricerca scientifica sia della creazione di “Dementia-Friendly Communities” intorno ai malati e alle loro famiglie per farli sentire ancora parte della loro comunità e aiutarli a convivere con la malattia, perché la vita non termina quando inizia la demenza. Ne presenta un modello italiano: la struttura in provincia di Torino “Rifugio Re Carlo Alberto”, che ha ricevuto il premio EFID AWARD 2014 per il progetto “Noi con voi – Ambasciatori per l’Alzheimer” e, inoltre, la bella iniziativa di raccolta fondi di Fabio Marelli, dj di Discoradio, “Un salto per l’Alzheimer” a favore di Alzheimer Milano (buonacausa.org/cause/unsalto).

    Francesco Brancati, giornalista d’agenzia da 40 anni, fino al 2008 in seno alla redazione milanese dell’Ansa e dagli anni 80 in prima linea per la Salute e la Ricerca biomedica, diventa presidente dell’UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione) dal febbraio 2010. Ha moderato la prima sessione di argomento scientifico e di ricerca del convegno.

    Stefano Govoni, ordinario di Farmacologia all’Università di Pavia molto noto per le sue ricerche sulla malattia di Alzheimer, ha parlato di “Ricerca sulle demenze: l’etica del labirinto” paragonando la ricerca scientifica a un labirinto. La mole di conoscenze che da un anno all’altro si accumula è straordinaria, ma quando si cerca, ogni settembre, di tradurla in avanzamenti utili per gli ammalati ci si trova in difficoltà e si comincia a fare un bilancio tra avanzamenti e percorsi futili, senza sbocco: le scelte sbagliate nel labirinto! Così come ogni labirinto ha un’uscita, ma i tentativi per trovarla passano attraverso errori e false speranze, anche nella ricerca bisogna essere sempre pronti a tornare indietro e ripartire con l’esplorazione.
    Claudio Mariani, ordinario di Neurologia all’Università degli Studi di Milano e direttore dell’Unità di Neurologia dell’Ospedale Sacco di Milano, nella sua relazione “Recenti progressi nella diagnosi precoce” sostiene che “riconoscere e trattare precocemente (idealmente in fase preclinica) la malattia di Alzheimer è uno degli obiettivi principali della ricerca”.

    Antonio Guaita, direttore della Fondazione Golgi Cenci, è intervenuto sul tema “Oggi è già domani: le possibilità di intervento per i malati di Alzheimer e altre demenze” spiegando che è importante attuare strategie in grado di assicurare il benessere del malato e di chi se ne prende cura, e ne illustra alcune tra cui le “Dementia-Friendly Communities” che iniziano a essere sperimentate in molti Paesi europei.

    Michele Farina, giornalista del Corriere della Sera alla redazione Esteri, ha conosciuto l’Alzheimer in famiglia e per questo ha cominciato un viaggio nell’Italia delle demenze, viaggio che dura tuttora, raccontato nel libro “Quando andiamo a casa? Mia madre e il mio viaggio per comprendere l’Alzheimer”. Ha presentato i relatori della seconda sessione del convegno.

    Marc Wortmann, direttore esecutivo di Alzheimker’s Disease International (ADI), ha presentato il Rapporto Mondiale Alzheimer 2015 che stima circa 47 milioni le persone affette da demenza nel mondo con una previsione di raddoppio ogni 20 anni: nel 2050 saranno 131,5 milioni, 818 miliardi di dollari i costi che raggiungeranno 1000 miliardi di dollari in soli tre anni. Ogni anno sono quasi 10 milioni i nuovi casi, l’equivalente di uno ogni 3 secondi. Wortmann, inoltre, ha proposto una panoramica delle iniziative di “Dementia-Friendly Communities” in tutto il mondo.

    Marco Trabucchi, ordinario di Neuropsicofarmacologia all’Università Tor Vergata di Roma, direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia e presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, con il suo intervento “La sofferenza dell’ammalato di demenza: una comunità solidale può essere di lenimento?” ha spiegato come aiutare il malato a sentirsi a casa propria e la famiglia ad aprirsi e non vergognarsi, creando loro intorno un’atmosfera amichevole e costituendo delle “città solidali”. Tre sono le parole chiave di questo modello: dignità, libertà, autonomia. Si tratta di una rivoluzione low-cost fatta di piccoli interventi diffusi, da sviluppare a livello locale con l’impulso di amministrazioni e sindaci.

    Ha chiuso il convegno la premiazione, da parte della presidente Salvini Porro e di Francesco Brancati, dei cinque giornalisti vincitori della quarta edizione del Premio “Alzheimer: informare per conoscere – Cura, Ricerca, Assistenza”.
    Federazione Alzheimer Italia

  • Giornata Mondiale Alzheimer. Il 16 settembre il convegno “Ricordati di me”

    Giornata Mondiale Alzheimer. Il 16 settembre il convegno “Ricordati di me”

    Milano, 10 settembre 2015 – In occasione della XXII Giornata Mondiale Alzheimer, la Federazione Alzheimer Italia, in collaborazione con UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione) e Fondazione Golgi Cenci, organizza mercoledì 16 settembre, dalle ore 9 alle ore 13, a Milano presso la Sala Alessi di Palazzo Marino (piazza della Scala 2), il convegno scientifico in chiave divulgativa “RICORDATI DI ME – Gli ultimi dati della ricerca scientifica alla luce della Dementia-friendly Community”.

    [easy_ad_inject_1]Con ingresso libero e gratuito, il convegno è rivolto ai familiari dei malati, agli operatori del settore e a tutti coloro che desiderano conoscere e capire la malattia di Alzheimer, e cosa significa affrontare e gestire la vita a fianco di una persona che ne è affetta.
    Accanto alla ricerca scientifica, argomento cardine del convegno sarà la Dementia-friendly Community, ovvero la costruzione di supporti, situazioni e rapporti che aiutano concretamente le persone affette da demenza e i loro familiari a convivere con il dramma della malattia, puntando a un miglioramento dell’inclusione e della qualità di vita.

    Dopo un saluto iniziale da parte di Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia, numerosi e rilevanti sono gli interventi di carattere scientifico, tenuti da relatori di fama internazionale, che si susseguiranno nella mattinata.
    Il prof. Stefano Govoni, ordinario di Farmacologia all’Università di Pavia molto noto per le sue ricerche sulla malattia di Alzheimer, parlerà di “Ricerca sulle demenze: l’etica del labirinto”.
    Seguirà il prof. Claudio Mariani, ordinario di Neurologia all’Università degli Studi di Milano e direttore dell’Unità di Neurologia dell’Ospedale Sacco di Milano, che illustrerà i “Recenti progressi nella diagnosi precoce”.
    Il dott. Antonio Guaita, direttore della Fondazione Golgi Cenci, interverrà poi sul tema “Oggi è già domani: le possibilità di intervento per i malati di Alzheimer e altre demenze”.
    Marc Wortman, direttore esecutivo di ADI – Alzheimer’s Disease International, giungerà in Italia appositamente per partecipare al convegno e illustrare una “Global Overview of Dementia Friendly Communities initiatives” (Panoramica globale delle iniziative di Dementia-friendly Community). Verrà contestualmente presentato il nuovo Rapporto Mondiale Alzheimer.
    Infine il prof. Marco Trabucchi, ordinario di Neuropsicofarmacologia all’Università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia oltre che Presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, spiegherà “La sofferenza dell’ammalato di demenza: una comunità solidale può essere di lenimento?”.

    Chiuderà il convegno la premiazione, da parte della presidente Salvini Porro e del presidente di Unamsi Francesco Brancati, dei cinque giornalisti vincitori della quarta edizione del Premio “Alzheimer: informare per conoscere – Cura, Ricerca, Assistenza”.

    La malattia di Alzheimer
    Demenza è un termine usato per descrivere diverse malattie che comportano l’alterazione progressiva di alcune funzioni (memoria, pensiero, ragionamento, linguaggio, orientamento, personalità e comportamento) di severità tale da interferire con gli atti quotidiani della vita. La demenza non ha confini sociali, economici, etnici o geografici. La malattia di Alzheimer è la più comune causa di demenza (rappresenta il 60% di tutti i casi). È un processo degenerativo che colpisce progressivamente le cellule cerebrali, provocando quell’insieme di sintomi che va sotto il nome di “demenza”, cioè il declino progressivo e globale delle funzioni cognitive e il deterioramento della personalità e della vita di relazione.
    Nel 2013 le persone affette da demenza in tutto il mondo sono 44 milioni (nel 2010 se ne stimavano 35 milioni), con una previsione di raggiungere i 76 milioni nel 2030 (stima precedente: 66 milioni) e i 135 milioni nel 2050 (stima precedente: 115 milioni). Entro il 2050 il 71% dei malati vivrà in Paesi a basso e medio reddito. Ogni anno si registrano 150mila nuovi casi di demenza. (Fonte: ADI, “L’impatto globale della demenza 2013-2050”, 5 dicembre 2013).
    In Italia si stima che la demenza colpisca 1.200.000 persone, e di queste circa 700mila soffrano della malattia di Alzheimer. (Fonte: Studio Alcove, Alzheimer Cooperative Valuation in Europe, 2013)

  • Alzheimer: studio longitudinale su volontari 70enni per creare banca dati per la ricerca

    Alzheimer: studio longitudinale su volontari 70enni per creare banca dati per la ricerca

    Milano, 4 giugno 2015 – Sono 1.321 i volontari tra i 70 e i 74 anni, abitanti ad Abbiategrasso ( Milano), che hanno partecipato a uno studio scientifico sull’invecchiamento cerebrale contribuendo alla costruzione di una grande “banca” di dati e di materiale biologico (DNA, cellule, sangue) da utilizzare per la ricerca scientifica sull’Alzheimer.

    Lo studio, denominato “Invecchiamento Cerebrale in Abbiategrasso” (InveCe.Ab), è stato condotto dalla Fondazione Golgi Cenci – centro di ricerca con sede ad Abbiategrasso rinomato a livello internazionale – con il contributo della Federazione Alzheimer Italia – la maggiore organizzazione nazionale non profit dedicata alla promozione della ricerca sulle cause e la cura dell’Alzheimer, oltre che al sostegno dei malati e dei loro familiari – e con la collaborazione dell’Università di Pavia.

    [easy_ad_inject_1]I volontari abbiatensi si sono sottoposti per tre volte (la prima nel 2009, poi nel 2012 e infine nel 2014) a un prelievo del sangue, un’intervista sociale, una valutazione neuropsicologica e una visita medica. Grazie a loro, oggi presso la Fondazione Golgi Cenci è presente un consistente “deposito fruttifero” da far rendere in termini di conoscenza scientifica per studiare i vari aspetti dell’invecchiamento cerebrale e del deterioramento cognitivo sia di tipo Alzheimer che di altra natura.
    Lo studio è stato reso noto a livello internazionale grazie alla registrazione presso il National Institute of Health degli USA, e ci sono state inoltre pubblicazioni su riviste internazionali sia sulla parte metodologica che sui primi dati sulla prevalenza della demenza.

    Dalle prime analisi dei dati, è emerso un preciso profilo anagrafico-sociale dei partecipanti, comprendente le abitudini alimentari e la propensione alle attività ricreative, a seconda del sesso e dell’età (si conferma per esempio che ad Abbiategrasso si usa molto la bicicletta e si legge quotidianamente il giornale).
    Nel corso dei sei anni delle tre valutazioni è emerso un calo, prevedibile e legato all’invecchiamento, nella memoria di una lista di parole, mentre per il ricordo di un racconto dalla trama logica la perdita è molto minore e addirittura si riscontra qualche miglioramento. Ciò sottolinea l’importanza per il cervello dell’organizzazione delle informazioni che si vogliono ricordare.
    Emerge inoltre come la demenza e la malattia di Alzheimer siano legati all’età: la prevalenza della demenza è raddoppiata in 5 anni (dal 3,3 al 6,8% ), un risultato in linea con i dati europei. Per la salute in generale si è riscontrato solo un 10% dei volontari che non presenta alcun problema medico.

    Sempre grazie alla Fondazione Golgi Cenci, si parla di unicità a livello per un progetto che sta muovendo i primi passi e che vedrà il suo compimento nei prossimi anni: si tratta della Banca del Cervello, ovvero secondo le parole del direttore della fondazione, prof. Antonio Guaita “una raccolta post mortem di encefali a scopo di studio a disposizione della comunità scientifica; per questo si parla di “banca” anche se i frutti sono in ambito scientifico e non economico. Oltre alle informazioni che si apprendono al microscopio, sono ugualmente significative le cose di cui veniamo a conoscenza della persona, in quanto le vicende della vita rendono unico il cervello di ognuno di noi”.

  • Alzheimer, in Italia coinvolto il 9% della popolazione

    Alzheimer, in Italia coinvolto il 9% della popolazione

    Pistoia, 13 maggio 2015 – I più importanti specialisti e ricercatori in materia di malattie neurodegenerative, tornano a riunirsi il 15 e 16 maggio all’Auditorium di Pistoia per il 6° Congresso Nazionale sui Centri Diurni Alzheimer: geriatri, neurologi, psichiatri, psicologi, infermieri, fisioterapisti, ma anche professionisti di settori connessi, architetti, informatici, vivaisti, oltre a molti specializzandi delle 40 scuole italiane di geriatria.

    [easy_ad_inject_1]Grazie all’Università di Firenze, che cura la parte scientifica, e in particolare alla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, il congresso si conferma tra i principali centri di riferimento italiani nello studio e nella sperimentazione di nuove forme di assistenza delle demenze senili e dell’Alzheimer, fenomeni in continua crescita collegati all’invecchiamento della popolazione.

    “Dall’Alzheimer non si guarisce”, ha ricordato il professor Ivano Paci, presidente della Fondazione, presentando oggi il programma, “ma i Centri Diurni possono fare molto per ritardarne il decorso offrendo ai pazienti e ai loro familiari un’assistenza sempre più qualificata. Purtroppo risorse e strutture non bastano a far fronte all’enorme domanda e troppe tragedie continuano a consumarsi nella solitudine delle pareti domestiche. Occorre informare, sensibilizzare e la stampa può svolgere un ruolo decisivo. Auspico perciò un’attenzione dei media costante e attiva anche, ma non solo, in occasione del convegno”.

    Siamo del resto in piena emergenza mondiale sanitaria, sociale ed economica anche a causa dell’assenza di farmaci capaci di guarire, ha spiegato il professor Giulio Masotti, presidente onorario della Società italiana di Geriatria e Gerontologia che presiede il congresso coi colleghi Carlo Adriano Biagini (Pistoia) e Alberto Cester (Dolo – Venezia).
    Oggi si stima che in Italia i malati siano già 1,3 milioni circa, 84 mila in Toscana. La casistica italiana, 1,3 milioni di anziani con demenza, significa che vi sono coinvolte almeno altrettante famiglie, ovvero almeno 4 milioni di persone, in totale circa il 9% dei 60 milioni di abitanti. Cifre impressionanti, che si moltiplicheranno nei prossimi anni. Cifre dietro cui si nascondono sofferenze insopportabili, dignità degradate e drammi familiari che non di rado finiscono in tragedia.

    “Il convegno”, ha aggiunto il professor Masotti programma alla mano, “presenterà non poche novità. Ad esempio l’ingresso dell’informatica nella ricerca sull’Alzheimer, oltre ai risultati delle ricerche più avanzate sulle patologie cerebrali e sui farmaci e quelli di numerosi promettenti test terapeutici condotti senza farmaci anche in Toscana: con la musica, l’arte, gli animali, l’attività fisica, la cura dei giardini”.

    E’ del resto ormai acclarato (vedi il progetto Train the Brain del CNR) che esercitare il cervello in ogni possibile modo e fare attività fisica costante aiuta non solo a prevenire la demenza, ma riesce anche a ritardare e perfino a far notevolmente regredire malattie già in atto.

    “In questo”, sostiene Masotti, “i Centri Diurni sono fondamentali, così come è essenziale il livello dell’assistenza. Se non possiamo guarire, dobbiamo fare di tutto per migliorare la qualità della vita dei pazienti e dei loro familiari. In proposito il congresso presenterà le nuove Linee Guida per i Centri Diurni, ossia regole per tutti che consentano di passare dalla fase pioneristico-individualista a un’assistenza standard di alto profilo scientificamente validata. Ci stiamo lavorando da molti anni, adesso le Linee Guida sono definite anche alla luce degli studi più recenti”.

  • Pistoia città leader nella lotta all’Alzheimer

    Pistoia città leader nella lotta all’Alzheimer

    Pistoia, 6 maggio 2015 – Sia il Piano nazionale per le Demenze, sia quello appena messo a punto dalla Regione Toscana saranno presentati il 15 e 16 maggio a Pistoia nel corso del 6° Convegno nazionale sui Centri Diurni Alzheimer. Tra gli altri, la neurobiologa Maria Grazia Spillantini, docente all’università di Cambridge in odore di Premio Nobel, che riferirà sulle ultime ricerche in tema di basi molecolari della neuro-degenerazione.

    [easy_ad_inject_1]Grazie a questi e numerosi altri autorevoli interventi Pistoia si conferma leader in Italia nello studio e nella gestione dell’Alzheimer, malattia in continuo aumento come conseguenza del progressivo invecchiamento della popolazione. Nella provincia di Pistoia si stimano ormai oltre 6000 casi, in Toscana 84 mila.
    Presidente del congresso è, come noto, il geriatra professor Giulio Masotti affiancato dai colleghi Carlo Adriano Biagini (Pistoia) e Alberto Cester (Dolo-Venezia), mentre il comitato scientifico è composto dagli specialisti Maria Chiara Cavallini, Mauro Di Bari, Niccolò Marchionni e David Simoni e coordinato dal professor Enrico Mossello.

    Fondamentale il ruolo della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, presieduta dal professor Ivano Paci, che promuove e sostiene il congresso fin dalla prima edizione oltre a finanziare varie attività sperimentali con la collaborazione dell’Unità di Ricerca in Medicina dell’Invecchiamento dell’Università di Firenze.
    Mancando ancora farmaci risolutivi, la rete dei Centri Diurni, per quanto esigua rispetto ai bisogni, resta del resto strategica per alleviare almeno in parte il dramma, la sofferenza e i disagi vissuti da migliaia di pazienti e dalle loro famiglie. Un’adeguata assistenza può far molto, ricorda il professor Masotti. Benché inguaribile, la malattia può essere frenata con attività fisica e terapie psicologiche (arte, piante, animali, colori).

    Le esperienze condotte in questi anni offrono risposte incoraggianti e il convegno ospiterà appunto numerosi interventi in proposito oltre a studi sui nuovi farmaci, le terapie, le stesse sensazioni (gioia, dolore) di pazienti spesso incapaci di esprimersi.
    Tra i molti relatori il presidente della Società italiana di Psicogeriatria Marco Trabucchi, (La crisi persistente, i servizi per la demenza e i diritti dei cittadini), lo psichiatra milanese Leo Nahon (La gioia possibile nella persona con demenza), la psicobiologa del CNR Nicoletta Berardi (Il progetto Train the Brain), il neurologo dell’università di Firenze Sandro Sorbi (Prevalenza, incidenza e durata delle demenze).

    Saranno inoltre presentate le nuove Linee guida per i Centri Diurni Alzheimer, mentre una sessione, moderata dal direttore della Società della Salute Pistoiese Daniele Mannelli e dal cardiologo Andrea Ungar, sarà dedicata al geriatra Francesco Antonini e al Centro sociale di Lastra a Signa da lui ideato.
    Il congresso è patrocinato dalla Facoltà di Medicina dell’Università di Firenze, dal Comune di Pistoia, dall’ASL 3 Pistoia, dalla Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, Dall’Associazione Italiana di Psicogeriatria e dall’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer. Info: www.centridiurnialzheimer.it.