Tiroide sotto attacco: la nuova frontiera dell’immunoterapia che cambia le regole del gioco

cura tiroide

Dallo studio NePenThe una svolta nel trattamento del carcinoma tiroideo ad alto rischio: l’immunoterapia prima della chirurgia potrebbe rivoluzionare la sopravvivenza

Il carcinoma tiroideo e la sfida dei tumori ad alto rischio

Il carcinoma della tiroide è una delle neoplasie endocrine più diffuse, con circa 11.378 nuove diagnosi in Italia nel 2024, secondo i dati AIRTUM. Colpisce soprattutto le donne (più di 8.300 casi) e rappresenta, sotto i 49 anni, la seconda forma tumorale più frequente dopo quello al seno. La maggior parte dei casi è altamente curabile, con una sopravvivenza a 10 anni superiore al 90% nelle forme ben differenziate, ma non mancano le eccezioni che richiedono strategie più aggressive.

Quando il tumore non si vede, ma si fa sentire

Nella sua forma più subdola, il tumore tiroideo può essere del tutto asintomatico, manifestandosi solo come un nodulo alla base del collo. In questi casi, è fondamentale una diagnosi precoce attraverso esami del sangue (FT3, FT4, TSH)ed eventualmente ecografie, citologie o scintigrafie tiroidee, su consiglio dello specialista. Le forme avanzate, fortunatamente rare, possono coinvolgere strutture vitali come trachea, laringe ed esofago, rendendo cruciale la tempestività della diagnosi e della terapia.

Dalla chirurgia all’era dell’immunoterapia

Il carcinoma differenziato della tiroide, che costituisce il 90-95% dei casi, viene tradizionalmente trattato con chirurgia (tiroidectomia) seguita da iodio radioattivo. Eppure, in circa il 15% dei pazienti, il tumore risulta resistente a questo trattamento. Qui entra in scena l’immunoterapia, una delle innovazioni più promettenti della medicina oncologica moderna, capace di stimolare il sistema immunitario a combattere il tumore.

Lo studio NePenThe: anticipare la cura per potenziarne l’efficacia

Nel contesto della Giornata Mondiale della Tiroide (25 maggio), lo studio clinico NePenThe emerge come una luce nel buio per i pazienti ad alto rischio. Coordinato da IRCCS Maugeri di Pavia e in collaborazione con i principali poli oncologici italiani, lo studio mira a valutare l’efficacia dell’immunoterapia prima dell’intervento chirurgico in 25 pazienti. Di questi, 20 riceveranno immunoterapia neoadiuvante, mentre 5 seguiranno il trattamento standard.

L’obiettivo? Risvegliare le difese immunitarie

“La carenza di risposta immunitaria è spesso alla base dello sviluppo dei tumori”, spiega la prof.ssa Laura Locati. L’idea è quindi quella di “invertire” il microambiente immunosoppressivo del carcinoma tiroideo ad alto rischio, offrendo al sistema immunitario una possibilità di reazione prima della rimozione chirurgica. Parallelamente, lo studio indaga anche biomarcatori predittivi, come la radiomica da risonanza magnetica, per comprendere in anticipo l’efficacia del trattamento.

Grazie all’immunoterapia neoadiuvante, anche il carcinoma tiroideo ad alto rischio potrebbe smettere di essere un tumore “orfano” di soluzioni terapeutiche efficaci. Una speranza concreta per il futuro dei pazienti, e un esempio di come l’innovazione scientifica possa cambiare radicalmente il paradigma terapeutico.

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