Nonostante vengano quasi quotidianamente sbandierati dati riguardanti la “ripresa” dell’economia italiana, il nostro Paese è ancora ben lontano da una soglia accettabile di recupero dei livelli di PIL raggiunti prima dell’inizio della crisi: secondo l’ultimo rapporto Istat il livello del Prodotto interno lordo italiano del 2016 «è ancora inferiore di oltre il 7% rispetto al picco di inizio 2008 e solo nel 2016 ha superato quello del 2000
“L’Istat ci fa sapere che in ben altra situazione versano le economie – segnatamente il PIL – degli altri Paesi europei, decisamente più positiva: la Spagna ha recuperato quasi completamente; Francia e Germania, che già nel 2011 avevano recuperato i livelli pre-crisi di PIL, segnano progressi rispettivamente di oltre il 4% e di quasi l’8%. – spiega Coppola – Dal punto di vista congiunturale e tendenziale, l’Italia abbandona finalmente il range delle percentuali inferiori all’1% raggiungendo questa soglia – spalmata su tutto l’anno 2016 – proprio nell’ultimo trimestre dell’anno passato (rispetto al terzo trimestre la crescita è stata dello 0,2%) anche se al ribasso rispetto alla stima preliminare di fine febbraio che si attestava su valore 1,1%. Sempre l’Istat sottolinea nel suo recente rapporto sullo stato dell’economia nazionale che l’Italia resta un paese complessivamente poco internazionalizzato rispetto alle maggiori economie europee ed i dati che enuclea sono fortemente indicativi e preoccupanti: nel 2015 la quota di investimenti diretti esteri (Ide) sul Pil (25,9% in uscita e 18,6% in entrata) è meno della metà di quelle di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna. Con questi dati ed in questo “effervescente” contesto europeo, l’Italia corre il serio rischio di avere il “privilegio” – quale Paese ospitante del vertice celebrativo del 60^ anniversario della nascita dell’Unione Europea – di essere la prima Nazione del vecchio Continente ad accedere alla fascia dedicata alla “seconda velocità” così tanto cara alla Germania.