
“Kintsugi” di Anna Cantagallo, edito da Castelvecchi, è un romanzo sulla rinascita e la forza interiore. Ispirato all’arte giapponese del kintsugi, racconta la storia di Marigiò, una donna che, attraverso le ferite del tradimento e il peso della memoria, trova la forza di ricomporsi.
L’autrice intreccia il percorso della protagonista con i cambiamenti storici del Novecento, rendendola testimone di un’epoca in trasformazione. Il perdono, soprattutto verso sé stessi, è la chiave che trasforma le cicatrici in segni di bellezza e consapevolezza.
Un romanzo intenso, che invita a vedere nelle proprie ferite non debolezze, ma tracce preziose di crescita e resilienza.
Nel romanzo “Kintsugi”, hai scelto di utilizzare l’arte giapponese del kintsugi come metafora. Come questa metafora si riflette nel percorso interiore di Marigiò?
Alcuni anni orsono ho avuto l’occasione di vedere una mostra sul Giappone e di apprezzare particolari manufatti. Si trattava di alcune tazze di ceramica semplicissime, ma rese straordinarie da venature d’oro. Mentre giravo intorno alla teca che le conteneva, ho attirato la curiosità del curatore della mostra che ha avuto la gentilezza di acculturarmi sul Kintsugi, cioè su quell’ antica arte nipponica di riparare degli oggetti andati in frantumi, riassemblati poi con una colla arricchita di polvere d’oro.
L’oggetto riparato sarà diverso da prima, mostrando nelle venature i segni del trauma. Il curatore mi aveva sottolineato come questa arte si può intendere come una metafora della vita.
La traccia visiva di quella tazza e la risonanza della chiacchierata successiva mi erano rimaste dentro. Ne ho voluto fare il tema centrale del percorso interiore di Marigiò arrivata alla maturità con il suo fardello di dolori, tradimenti e rimorsi.
Marigiò attraversa vari stadi della vita, da figlia a madre e poi nonna. Quali sono state le sfide nel rappresentare la sua evoluzione attraverso questi ruoli, specialmente in relazione ai cambiamenti storici e sociali del Novecento?
Quando ho iniziato a scrivere la saga, sapevo già che mi aspettava una sfida importante. Raccontare i cambiamenti sociali che fanno da sfondo alle vicende personali è stato uno stimolo per approfondire i cambiamenti interiori della protagonista. Marigò vive appieno l’evoluzione dei tempi sia nelle scelte che nella maturazione emotiva. Ne ho fatto una testimone dei mutamenti dei costumi partendo dalla seconda metà del Novecento fino agli inizi del secondo millennio. D’altra parte, il mio scopo era proprio quello di evidenziare questa importante trasformazione sociale.
Il tradimento è un tema forte nel romanzo. In che modo il tradimento influisce sul processo di “riparazione” di Marigiò e come cambia la sua percezione delle relazioni interpersonali?
Il tema del tradimento è centrale in questo romanzo perché tutti, ma proprio tutti, ne conosciamo ne conosciamo le varie declinazioni. Il tradimento rompe bruscamente il legame di un NOI storico (come quello familiare) o di un NOI nuovo (affinità emotive) o di un altro NOI costruito gradualmente (condivisione ideologica, religiosa ecc). Il tradimento è un gorgo che afferra e travolge. La vita d’improvviso si oscura. Niente sarà come prima. Così lo definisco, citandomi, nel retro di copertina. Del tradimento ne parlo dettagliatamente in editoriali che stanno uscendo con cadenza settimanale su mediterraneaonline.eu. Marigiò ha perpetrato dei tradimenti e lei stessa è stata tradita. Guardandosi dentro, capirà il suo processo interiore.
Nel tuo romanzo, la memoria è un elemento centrale. Come la memoria viene utilizzata per ricostruire e “riparare” la vita di Marigiò, e quale ruolo gioca nel rafforzare il legame tra passato e presente? La lacca d’oro, simbolo di perdono e guarigione, appare come un elemento chiave nella narrazione. Come pensi che il perdono possa influire sulla capacità di trasformare le ferite del passato in qualcosa di prezioso?
La memoria è il processo d’immersione della propria vita interiore; la memoria aiuterà Marigiò a riassemblare i pezzi andati in frantumi della sua vita. La memoria sarà il collante necessario a rimettere insieme passato e presente. Si tratta di un processo faticoso, doloroso e non scevro di rancori. Tuttavia, è il perdono verso altri, ma principalmente quello verso se stessi, che diventerà la polvere d’oro da spalmare sul collante della memoria. La vita di Marigiò andata in frantumi, immaginata come una tazza rotta e irreparabile, torna indietro nei fotogrammi. Un pezzo dopo l’altro tutto va a ricomporsi. La lacca arricchita con l’oro darà una luce specialissima ai segni delle ferite.
Nulla sarà come prima, ma sarà meglio di prima.