La morte di un operaio alla Torre dei Conti riaccende il tema della sicurezza: servono controlli digitali, formazione e un piano nazionale coordinato.
Una tragedia che scuote Roma
Il crollo della Torre dei Conti ai Fori Imperiali, con la morte di un operaio impegnato nei lavori di restauro, ha riportato drammaticamente l’attenzione sulla sicurezza nei cantieri. Un evento che, come afferma Giuseppe Ciarcelluto, consigliere nazionale di Unimpresa con delega alla sicurezza e presidente di Assidal, “non può essere archiviato come una fatalità”.
Ogni vita spezzata sul lavoro rappresenta, infatti, “una sconfitta per l’intero sistema Paese”, un segnale di carenze strutturali, controlli insufficienti e responsabilità frammentate che la burocrazia spesso diluisce.
L’appello di Unimpresa: nasce l’idea dell’Anagrafe unica dei cantieri
Ciarcelluto propone l’istituzione di un’Anagrafe unica dei cantieri, accessibile in tempo reale agli organi ispettivi, per evitare controlli sporadici e potenziare la trasparenza.
Questo strumento consentirebbe di monitorare costantemente i luoghi di lavoro, individuare le situazioni a rischio e intervenire prima che si verifichino tragedie.
Unimpresa chiede inoltre di rafforzare la formazione dei preposti e dei datori di lavoro, affinché la sicurezza non sia solo un obbligo normativo, ma una competenza strategica.
Prevenzione e cultura della sicurezza
La sicurezza, ricorda Unimpresa, deve essere “parte integrante del processo produttivo, non un costo da sopportare”.
Negli anni, l’associazione ha promosso corsi di formazione, protocolli operativi e collaborazioni istituzionali, ribadendo la necessità di incentivi fiscali per le imprese che investono in:
- Dispositivi di protezione individuale
- Tecnologie di monitoraggio
- Formazione del personale
Solo la prevenzione può salvare vite.
Verso un piano nazionale per la sicurezza
Unimpresa chiede ora un Piano nazionale per la sicurezza sul lavoro, che integri norme, controlli e incentivi in un unico quadro stabile e coordinato.
Per Ciarcelluto, “trasformare il dolore in impegno e la rabbia in proposta” è un dovere morale. Un Paese che non protegge chi lavora — ammonisce — “non può dirsi moderno né giusto”.
