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Report mensile sulle Mid Small Cap italiane

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Risultati trimestrali nel complesso favorevoli

A cura del Team di Ricerca di Intermonte

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  • Performance (-). Il mercato azionario italiano (prezzi al 17 novembre 2022) è cresciuto del 13,6% nell’ultimo mese, ma è ancora in calo del 12,1% su base annua. L’indice FTSE Italy Mid-Cap (+10,1%) ha sottoperformato l’indice principale del 3,6% nell’ultimo mese (-9,0% su base annua), mentre l’indice FTSE Italy Small Caps (+5,9%) ha registrato una performance peggiore del 7,7% rispetto al mercato nell’ultimo mese e un -2,4% su base relativa da inizio 2022. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps è migliorato dell’8,1% nell’ultimo mese, sottoperformando le mid-cap italiane.
  • Stime (+). Dall’inizio dell’anno, abbiamo effettuato una revisione del +10,5% delle nostre stime sugli EPS 2023, guidata da significativi upgrade degli utili dei titoli energetici, mentre in media abbiamo lasciato invariate le previsioni per i restanti titoli; concentrandoci sulla nostra copertura mid/small, da inizio anno abbiamo tagliato gli EPS 2023 del 5,6%. Se cu focalizziamo sui cambi stime fatti nell’ultimo mese, abbiamo alzato le nostre previsioni sugli EPS per il 2022 e il 2023 rispettivamente del 3,2% e del 3,3%.
  • Valutazioni (=). Se confrontiamo la performance YtD con la variazione delle stime FY22 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un de-rating YtD del 38,5% (era -43,9% un mese fa); le mid-cap hanno registrato un de-rating del 27,1%, mentre le small cap hanno registrato una revisione delle stime del 2,9% superiore alla correzione del prezzo dell’azione. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 42% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%) ma leggermente al di sotto del livello di un mese fa (43%).
  • Liquidità (=). Osservando l’andamento dell’indice ufficiale italiano, notiamo che la liquidità per le large cap nell’ultimo mese (misurata dai volumi medi moltiplicati per i prezzi medi in un determinato periodo) è inferiore alla media annuale, risultando più bassa del 12,8% rispetto alla media a 1 anno, ma comunque in miglioramento rispetto a un mese fa, quando la stessa metrica era pari a -19,8%. È interessante notare che la liquidità delle mid cap ha subito una contrazione più significativa, con un calo del 18,0%, mentre per le small cap la stessa metrica è diminuita del 19,8%. Vale la pena notare che la liquidità media giornaliera per la nostra copertura mid/small cap è stata di 1,8 milioni di euro nell’ultimo mese, con un calo del 48% rispetto al periodo corrispondente di un anno fa.
  • Strategia d’investimento. Le ultime settimane sono state estremamente positive per i titoli azionari e hanno spinto le Banche Centrali ad assumere un tono più hawkish (ossia più incline a una politica monetaria restrittiva) per limitare le implicazioni sull’inflazione di un “effetto ricchezza”, soprattutto per i consumatori statunitensi. In prospettiva, è probabile che i mercati salgano qualora dei dati macro deboli suggeriscano che l’inflazione sia vicina al picco, mentre una correzione sarebbe probabile se i consumi risultassero più alti del previsto, in quanto il dato suggerirebbe la necessità di un nuovo inasprimento della politica monetaria. I risultati trimestrali sono stati generalmente positivi, con alcuni profit warning da parte del settore dei beni di consumo. Il nostro consiglio di sovrappesare i titoli del comparto IT, nonostante il supporto di dati trimestrali positivi, non ha funzionato nell’ultimo mese, ma restiamo convinti che sia solo una questione di tempo e che il re-rating riprenderà slancio. Per quanto riguarda i nomi industriali, l’assorbimento del capitale circolante netto è stata una tendenza generale e abbiamo cercato di selezionare quei nomi che giustificheranno questa decisione alla luce di solidi dati del 4Q22. Abbiamo cercato di basare le nostre idee di investimento su questi presupposti.

Raccolta PIR in territorio negativo anche nel 3° trimestre ‘22 secondo i dati preliminari

Il 18 maggio 2022, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del 1° trimestre 2022 nella sua revisione trimestrale. Assogestioni ha modificato la propria reportistica e ora rilascia anche i dati di raccolta dei PIR alternativi: nel primo trimestre del 2022 i PIR ordinari hanno raccolto 160,2 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato una raccolta di 83,4 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno in gestione 19,8 miliardi di euro, mentre 1,8 miliardi di euro sono investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale di 160,2 milioni di euro ha prolungato il numero di trimestri in cui si è registrato un trend positivo, iniziato nel secondo trimestre del 2021.

Tuttavia, la situazione è peggiorata significativamente nel 2° trimestre del 2022. A settembre, Assogestioni ha segnalato deflussi dai fondi PIR ordinari nel 2° trimestre 22 per 196 milioni di euro, portando il saldo totale del 1° semestre ‘22 a 35 milioni di euro. Il dato è leggermente migliore di quello anticipato dall’Osservatorio PIR del Sole 24 Ore, che stimava 234 milioni di euro di deflussi nel 2° trimestre ‘22. A fine giugno le masse gestite si sono attestate a 17,5 miliardi di euro, in calo rispetto ai 19,8 miliardi di euro di fine marzo (-11,6%), chiaramente a causa dell’andamento dei mercati. Per quanto riguarda i PIR alternativi, la raccolta nel 2° trimestre ‘22 è stata di 153 milioni di euro, in accelerazione rispetto al 1° trimestre ‘22 (83 milioni di euro), con un dato a un anno di 236 milioni di euro e un AuM di 1,44 miliardi di euro (rispetto agli 1,8 miliardi di euro a fine marzo).

Secondo l’Osservatorio PIR, i deflussi sono proseguiti anche in luglio, agosto e settembre, rispettivamente con -63, -57 e -124 milioni di euro, portando il dato annuale a -279 milioni di euro. L’attuale volatilità dei mercati e l’instabilità politica potrebbero continuare a influenzare negativamente gli afflussi nella seconda parte dell’anno.

Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

Il PIR alternativo, d’altro canto, è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 30.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello europeo sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi hanno il diritto di acquistare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.

Le nostre stime per i PIR ordinari

La recente volatilità e l’incertezza del mercato dovrebbero continuare, almeno nel breve periodo, e probabilmente limiteranno gli afflussi nei prossimi mesi. Alla luce dello scenario attuale e dei recenti dati preliminari del PIR monitor, abbiamo rivisto le nostre stime di afflussi per il 2022 e il 2023 rispettivamente a -159 milioni e 654 milioni di euro (da 52 e 800 milioni di euro) e notiamo che la visibilità rimane bassa, sia a causa del contesto generale di mercato, sia per la specifica transizione politica italiana post-elettorale. Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto alto grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

  • Per il 2022, ipotizziamo una raccolta lorda da parte dei nuovi sottoscrittori di PIR pari a 40 milioni di euro (da 90 milioni di euro);
  • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 60% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
  • Infine, calcoliamo che l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo prima del termine dei cinque anni (per qualsiasi motivo) sia pari al ~4,3% degli Assets under Management nel 2022 e oltre.
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