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Procreazione assistita, la Svizzera apre alla diagnosi preimpianto

Fecondazione assistita
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«Si apre una sfida tutta nuova che permetterà di tutelare maggiormente la salute della donna e del bambino e di migliorare i successi delle terapie. Da oggi possiamo mettere in pratica tutto il potenziale di conoscenza nella diagnostica di genetica molecolare sul quale abbiamo investito molto con anni di ricerca scientifica».

[easy_ad_inject_1]Così il centro di medicina della riproduzione ProCrea di Lugano commenta il risultato del referendum svizzero sulla modifica dell’articolo 119 della Costituzione federale che si è svolto domenica 14 giugno. Dopo il Consiglio federale e il Parlamento elvetico, anche i cittadini hanno detto sì alla diagnosi preimpianto (DPI).

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«La medicina della procreazione volta pagina», osserva Michael Jemec, tra i fondatori di ProCrea e specialista in medicina della riproduzione. «Il risultato della consultazione popolare rappresenta un passo in avanti della scienza a tutela della vita. Le conoscenze e competenze acquisite da ProCrea nella genetica molecolare in anni di studi e ricerche possono trovare una concreta applicazione. La possibilità di effettuare la diagnosi preimpianto sugli embrioni rappresenta innanzitutto una garanzia per le coppie affette da malattie genetiche importanti e per quanti non riescono ad avere figli in modo spontaneo; non certo secondo è il fatto che vi è uno strumento in più per migliorare i successi delle terapie. L’atteggiamento di apertura dimostrato dalla Svizzera è di stimolo per l’intero mondo scientifico affinché possa essere ampliata la conoscenza in campo genetico».

ProCrea, che ha al suo interno un laboratorio di genetica molecolare, è un centro che fa della ricerca un punto di forza. «Le scoperte che vengono fatte in questo campo non vogliono rappresentare un elemento per introdurre delle discriminazioni e neppure per arrivare a determinare prima le caratteristiche del proprio figlio, ma sono uno strumento diagnostico per migliorare le condizioni di salute», aggiunge Jemec.

È alla salute che la modifica dell’articolo 119 guarda. Infatti con l’abrogazione del divieto di diagnosi preimpianto, vengono introdotte anche altre significative migliorie. «L’aumento del numero di embrioni prodotti per ogni ciclo di trattamento da un massimo di tre a un massimo di 12 per tutti i procedimenti di fecondazione assistita -anche per ridurre al minimo parti plurigemellari- e l’abrogazione del divieto di crioconservazione degli embrioni rappresentano dei passi importanti per la salute della donna e per la salute del nascituro», conclude Jemec.

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